Passa ai contenuti principali

ruote di bicicletta, vento, api...

Ho ricominciato in questi giorni ad usare la bicicletta, dopo almeno trent'anni di assoluta inerzia. Da ragazzina abitavo in cima ad una salitona sfiancante (o almeno a me pareva tale!), quindi appena in possesso dell'abbonamento ai mezzi pubblici prima, di una vecchia auto scassata poi, la bicicletta è stata "inevitabilmente" relegata in fondo alla cantina a sgonfiarsi ed arrugginire per un bel trentennio, indipendentemente dai miei vari traslochi, che mi trasferivano comunque sempre in zone un po' periferiche.

Da quando sono venuta ad abitare più vicino al centro pedonale, invece, a parte gli spostamenti necessari al lavoro ho cominciato a girarmi la città a piedi, riscoprendola da una prospettiva lenta e più disponibile alla curiosità. L'unico problema erano le distanze, che a volte mi costringevano a camminate di una mezz'ora in andata ed altrettanto in ritorno... e così ecco il colpo di genio e la riesumazione della bicicletta!

Dopo una energica opera di restauro il mezzo è ora da una settimana parcheggiato (quasi) sfavillante a fianco dell'automobile e l'altra sera l'ho inforcato di nuovo per raggiungere un'amica (decisamente moooolto più ciclista di me, devo ammettere) e pedalare insieme fino al cinema. Effetto devastante. Non tanto per i muscoli, che in realtà hanno sorprendentemente retto meglio di quanto mi aspettassi (forse anche perchè abbiamo abilmente evitato come la peste i percorsi con dislivelli troppo ripidi o lunghi!) ma soprattutto per quella folla di sensazioni che mi hanno di nuovo investito dopo anni di dimenticanza...

Mi sono sentita inizialmente imbranata, tutta sbilanciata ed anche spaesata dalla mancanza di un "guscio protettivo", dalla quantità d'aria che mi investiva, dalle vibrazioni del terreno trasmesse direttamente alle braccia dal manubrio, dalla vivace percezione dei rumori, dalla mancanza di specchietti per capire chi mi arrivava da dietro... Mi sono sentita... come dire... "troppo libera"! Totalmente scoperta, alla mercè degli elementi che mi circondavano.

Dopo un primo momento di panico però la sensazione ha cominciato a non dispiacermi... Mi sto allenando, un pezzettino di strada nuova in più ogni giorno, a questo rinnovato sistema di percepire la mia velocità personale e quella degli edifici che sfioro, al gusto di entrare ed uscire dalle zone pedonali senza trasgredire alcuna regola, alla bellezza di rallentare ed accelerare senza essere quasi mai costretta a fermarmi, alla leggerezza del non essere inscatolata dentro uno spazio ed un percorso predefiniti, alla sorpresa di sentire l'aria più fresca quando entro in una zona d'ombra. E la sera nel buio, a seguire il cerchio di luce ondeggiante mentre mi illumina lo spazio futuro...


Una somma di sensazioni fisiche e percettive che mi ha inebriato e, poichè non esiste separazione tra come mi sento e come cucino, dopo qualche giorno "a pedali" mi ritrovo una tavola investita da una ventata di leggerezza. Nonostante stagione e banchi del mercato invitino a cibi confortanti e rassicuranti, oggi vince il guizzo di ribellione. Gli ingredienti "estivi" che regalano frizzanti profumi mediterranei sono però tutti conservati... perchè sotto sotto fatico davvero molto (sigh!) a rinunciare alla coerenza.

Piccoli momenti puri di felicità. C'è chi lo dice meglio di me, pur non dalla tavola o dal sellino di una bicicletta...

PER MANO (Lida de Polzer)
Era il vento stanotte
il padrone invisibile del cielo
e inattesa stamane l'aria è pura
nel sole chiaro splendono le cose
e il giorno emana una sua forza viva
come se avesse un'anima che freme
e ci volesse prendere per mano.

LA FELICITA' (Trilussa)
C'è un'ape che si posa
su un bottone di rosa:
lo succhia e se ne va ...
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.


Ricotta al forno con aromi mediterranei
ingredienti per 4 persone:
400 gr. di ricotta fresca, possibilmente di capra
40 gr. di parmigiano grattugiato (eventualmente misto con pecorino, se si utilizza ricotta vaccina)
6 falde di pomodori secchi sott'olio
1 cucchiaio di capperi sotto sale
1 limone (succo e scorza)
2 cucchiai di aceto balsamico
olio extravergine
1 cucchiaio di origano
sale
pepe di mulinello

Mettere a bagno i capperi con sufficiente anticipo per levare la maggior parte del sale, in modo che restino aromatici ma non salatissimi.

Lavorare la ricotta con il formaggio grattugiato, un pizzico di sale ed abbondante pepe, formare delle quenelle e disporle in tegamini da forno individuali leggermente unti con l'olio.

Cuocere in forno a 200° per circa 25/30 minuti fino a che la ricotta è bella asciutta e comincia a dorarsi in superficie (i tempi di cottura si possono ridurre se la ricotta viene messa a scolare in un telo appeso per un paio d'ore prima della lavorazione).

Nel frattempo tritare i capperi (ben sciacquati ed asciugati con carta assorbente) con i pomodori secchi, unirvi la scorza del limone grattugiata finissima, il suo succo, l'origano, 4 cucchiai di olio, un pizzico di sale e l'aceto, miscelando bene il tutto e lasciando marinare.

Non appena la ricotta è pronta condirla con la marinata e rimettere in forno due minuti, in modo che il condimento venga leggermente scaldato, quindi servire caldo o lasciar riposare una decina di minuti e servire tiepido, accompagnato a crostini di pane tostato.

(In realtà oggi mi sono accorta di non avere capperi, così ho usato un trito di olive verdi e nere... ma con i capperi è più buona, quindi ho trascritto la ricetta per come la preparo da anni, dopo averla letta non ricordo più dove ed essermela nel tempo "adattata a misura".)


Versione young+easy: tutto identico, ma distribuire la ricotta in tegamini leggermente più piccoli semplicemente a cucchiaiate...
  • rivoli affluenti:
  • Lida de Polzer, Sulla seta del cuore, Genesi Editrice
  • Trilussa, I Sonetti, 1922

Commenti

  1. E'piacevole dare una 'spolverata' ad alcune sensazioni sopite da tempo...così come ai moti di 'ribellione' che più che un atto di incoerenza mi sanno altresì di moti di vita da non ostacolare per coereza ai nostri animi non monocorde ;-)
    Grazie per il bellissimo posto e l'ottima ricetta :-)

    RispondiElimina
  2. la prossima pedalata la fai fin da me? all'andata è tutta in discesa! per il ritorno..... ci si organizza!
    non ho mai pensato di fare la ricotta al forno, questa mi tenta parecchio.
    un bacio!

    RispondiElimina
  3. @gambetto: fatico a superare quelle regole autoimposte che senza accorgermene hanno finito per essere quasi istintive.L'importante è comunque esserne consapevole ed ogni tanto gustarmene semplicemente la trasgressione...

    @babs: no way! Solo tragitti al limite della pigrizia...
    Anche per me all'epoca la ricotta calda era stata una piccola rivelazione. Vedi dove sta il gusto di godere delle piccole cose semplici...

    RispondiElimina
  4. Ti posso dire che questo post è molto bello? Al punto che la tua ricotta (interessantissima) passa quasi in secondo piano? Brava
    Sabrine

    PS: e quell'ultimo verso di Trilussa potrebbe essere il mio manifesto...

    RispondiElimina
  5. @sabrine: sei gentile, grazie. Ma la ricotta provala lo stesso... è buona!

    RispondiElimina
  6. La preparazione avrebbe previsto le quenelle ma hai cambiato idea in itinere oppure hanno cambiato loro la forma una volta infornate?

    (sembra un gioco di parole ma la domanda era vera!)

    P.s. Che mito che sei: non ti immagino che vai al lavoro in bici!

    RispondiElimina
  7. Grazie per queste belle poesie. E' vero, basta così poco per essere felici. Una pedalata, il cielo azzurro dopo il temporale,fare due chiacchere con un amico, senza premura, senza correre, correre, correre.. per andare dove?
    Mi piace anche la ricetta, la proverò.

    RispondiElimina
  8. @virò: la prima foto, nel coccio tondo, è presa dall'alto e forse non sottolinea abbastanza il volume delle due chenelle, mentre quella nel tegamino bianco è la versione young+easy...
    In bici al lavoro ancora no, per il momento solo percorsi in piano!

    @sissi: vero. E il concetto del "senza correre" mi è particolarmente affine in questi ultimi umori...

    RispondiElimina
  9. Quindi sono due maxi quenelle?

    In effetti guardando meglio le vedo...

    RispondiElimina
  10. @virò: mica tanto "maxi"... sono grossomodo grandi come delle uova...

    RispondiElimina
  11. Ma ma... c'hai un bloooog(ggghe)!!! Giuro, ho cliccato per caso sul tuo nick... eh, mi pareva fosse diventato, appunto, cliccabile!!! :-))) Bravabrava, auguriauguri e ci si legge spesso ;-) N.

    RispondiElimina
  12. che brava! allora ti arruolo tra i nostri !
    alcuni gruppetti fanno biciclettate anche da quelle parti, da pavia a milano lungo i naviglia, attorno alla certose, oppre finanche dalle parti di pizzighettone, sono biciclettate lunghine (fino a 35/40 km) ma spezzettate lungo tutta una giornata, quindi sono fattibili da tutti, che ti iscrivo qualche volta così ci vediamo ?

    RispondiElimina
  13. @mais: ...facciamo che per i primi tempi io vi seguo sull'auto d'appoggio! Sai com'è, sono un po' giù d'allenamento...

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!