Passa ai contenuti principali

sono out

Spesso quando uno non si sente in forze dice "sono giù" o "sono down". Tu mi hai detto invece: "Ci vediamo un altro giorno, oggi sono out out out". Chissà perchè, forse già ti sentivi fuori da tutto, separato da questo pazzo mondo che hai talmente amato da tenerti accanto l'agenda degli appuntamenti anche quando non eri nemmeno più in grado di reggerla in mano.

Sei sempre stato un essere altamente sociale ed i rapporti sinceri con le persone erano per te davvero una ragione di vita, sia nel privato che nella professione. Essere così goloso di contatti, così aperto alla gente, così fuori dal comune forse sono le ricchezze che ti hanno sempre distinto dalle persone banali, che ti hanno reso "out" per tutta la tua vita, mille spanne sopra, nonostante tu vivessi "in", immerso in mille situazioni ed infiniti rapporti ad ogni tuo respiro.

"Sono out" è l'ultima cosa che mi hai detto. La prima non la posso ricordare perchè io ero in fasce e tu un adolescente, entrato nella mia famiglia grazie a mio nonno e rimastovi per oltre cinquant'anni come membro altamente attivo ed infinitamente stimato. Credo tu sia la sola persona, genitori e fratelli a parte, a cui io mi sia sempre affidata ciecamente. E oggi sono straziata dal pensiero di non averlo fatto fino alla fine: "out" come fuori dagli schemi, fuori dalla media, fuori di testa e magari anche fuori dai gangheri, ma mai, mai, mai fuori dalla mia vita, oltre che dal mio cuore.
Tua moglie mi dice: "Per lui eri come una figlia". Noi sappiamo invece che le cose che abbiamo condiviso sono più da fratello maggiore e sorellina irrequieta o da zio giovane e nipotina un po' discola, piuttosto. Perché tu eri più monello di me e ci sono marachelle che abbiamo combinato, esperienze che abbiamo condiviso e pasticci da cui tu mi hai aiutato ad uscire che un padre non avrebbe mai vissuto con lo spirito di complice disponibilità e affetto scanzonato che ci mettevi tu.

Al di là del lavoro vero e proprio, la tua surreale collaborazione con questa mia strana famiglia è cominciata con mio nonno che ti dettava le sue poesie e che accompagnavi ai raduni degli Alpini perchè sapevi che al ritorno sarebbe stato troppo allegro per guidare ed è poi proseguita con mio padre, con cui gareggiavi sugli sci le domeniche d'inverno e che è stato tuo testimone di nozze. Infine è arrivata in eredità anche a me, cui hai fatto da baby sitter nella culla, che hai aiutato in mille traslochi sia di casa che di persone, a cui suonavi il campanello alle tre di notte quando ti capitava di passare con amici comuni sotto casa mia.

Non so chi sia "di famiglia" più di te che, se per sangue non mi sei fratello o zio, per vita mi sei certamente compare. E non sono capace di lasciarti andare oggi come non sono riuscita, nel periodo di mia totale crisi esistenziale, ad affidarmi per l'ennesima volta a te, che soffrivi per le stesse cause in un modo ancora più viscerale. Insieme avevamo perso quello per cui tu con tutta la famiglia avevamo lavorato una vita e nessuno di noi due riusciva a farsene una ragione.

Se io ho perso fiducia nelle persone e mi sono rifugiata nella malinconia e nel silenzio mollando tutto, cambiando pure città e chiedendo al mondo di dimenticarmi, tu ti sei sentito talmente tradito che hai messo tutta la rabbia di una vita nel mantenere alti i nostri nomi ed il nostro lavoro dove avevano ancora valore, alla faccia di chi li aveva danneggiati con incosciente egoismo.

Avremmo dovuto affidarci anche questa volta l'uno all'altro: probabilmente saremmo stati io un pochino meno triste e tu magari un filo meno incazzato. Perché quello che io definivo egoismo per la verità tu lo ritenevi una cattiveria schifosa e contro di esso non hai mai smesso di inveire nemmeno quando, in questi ultimi tempi, il fiato era poco e le energie sarebbe stato saggio riservarle esclusivamente alle tue cure ed alle tue persone.

Ma in verità non hai smesso nemmeno di fare programmi, in questi ultimi tempi, ne' di inventarti cose bislacche ne' di donarti alle relazioni, che raggiungevi a costo di fartici portare con la sedia a rotelle. E' per questo lato di te, per questa forza che non ho mai visto in nessuno, per tutto l'amore che ti sei guadagnato e che ti sommergerà domani, quando mi aspetto folle assurde a salutarti, che sono assolutamente convinta che il tuo "sono out" sia più che appropriato: niente ti ha mai messo davvero KO, neanche questa bastardissima malattia che ti ha sottratto alla nostra vista ma che è assolutamente impotente nel levarti dai nostri cuori e dalla nostra vita.

Inutile pensarti a "riposare in pace": tu certamente ti sei già attivato per riabbracciare i vecchi affetti che ti hanno preceduto e per sviluppare nuove relazioni cordiali con tutti gli altri, magari distribuendo i tuoi amatissimi biglietti da visita, in modo che sappiano a chi rivolgersi per organizzare bene le cose e per animare l'ambiente. Non sei mai stato fermo un attimo della tua vita, non vedo perchè dovresti smettere proprio ora di "essere out". A questo tuo potente "out", queste tue mille spanne sopra, dico ancora (e non credo per l'ultima volta) quello che ti ho ripetuto spesso da quando sei entrato nella mia vita: grazie.
  • rivoli affluenti:
  • la foto di apertura, presa da qui, è "il piantone", per i Varesini simbolo di radici, in questa immagine nudo e proteso al cielo, come oggi le mie braccia e la mia anima.

Commenti

  1. .....voglio solo dirti che ha letto il tuo out con una risata d'amore pronto a creare scompiglio anche lassù. Un abbraccio

    RispondiElimina
  2. Grazie per questa 'lettera' a un amico che è stato speciale un po' per tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, e che ho ascoltato commossa stamattina nella chiesa di Masnago...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te Carmen, ma soprattutto grazie a lui di averci dato tutto se stesso in ogni momento. A Masnago ho aggiunto alcune cose personali che ovviamente qui mancano, ma la sostanza del bene che gli voglio è tutta anche qui.

      Elimina
  3. Vero, lui dava proprio tutto se stesso in ogni cosa - era la personificazione della 'passione'. Aveva i suoi lati difficili, nessuno è perfetto, però la sua generosità sconfinata rendeva le sue spigolosità risibili. E sì, ho notato che qui mancano dei dettagli, ma in chiesa ho colto tutto il tuo messaggio sincero e coraggioso.

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!