Passa ai contenuti principali

garganelli prosciutto e piselli, tra sfoglia e pasta

Dopo aver partecipato finalmente in presenza ad un corso di sfoglia emiliana tirata a mano tenuto da Rina Poletti mi sono resa conti di quanti errori avevo fatto nei miei tentativi precedenti, quando seguivo questa mitica e simpaticissima insegnante solo on line. E' da qualche settimana quindi che  preparo in casa pasta fresca ogni volta che posso. 

Anche l'essere che mi vive a fianco ha registrato il cambiamento, trovandosi quasi ogni domenica più che volentieri, a sua detta, a pranzare "come si deve" con piatti di pasta tradizionali italiani invece che con i miei strani esperimenti di cucina internazionale. E mi ha pure chiesto la differenza tra pasta di grano duro e non, segno che l'argomento lo tocca davvero, e si è pure  sorbito con pazienza la mia risposta storico-geografica "senza fare un plissè", come avrebbe detto mia nonna. Vero che intanto stava mangiando garganelli...

La "pasta secca" è un impasto di semola di grano duro e acqua. Nasce al Sud in quello che è stato a lungo il Regno delle due Sicilie dove, agli inizi del XIII secolo, i Siciliani imparano dagli Arabi le tecniche di essicazione che la rendono facilmente conservabile e trasportabile, facendone un prodotto sempre più diffuso. 

A partire dal '700, quando soprattutto in Campania la fertilità del terreno e le condizioni climatiche calde e ventilate ne favoriscono produzione ed essicazione a basso costo e in grandi volumi, diventa un cibo popolare, un riempipancia da condire con formaggio e, per i più fortunati, pepe, e poi gradualmente da accompagnare con le verdure che erano state fino a quel momento la base della alimentazione delle classi più povere, fino alla salsa di pomodoro che compare, a inizio '800 e, sempre grazie alle favorevoli condizioni locali, si sviluppa per tutto il secolo nell'industria conserviere. 

Per questa sua natura popolare, dunque, viene ancora adesso formata  in modo che che la superficie sia rugosa, a mano tirandola sul legno come le orecchiette o industrialmente incisa da  rigature o trafilata ruvida, perchè possa raccogliere al meglio qualsiasi tipo di sugo rustico.

La "pasta fresca" è invece un impasto di farina 00 e uova e nasce nell'Italia centrale, quella zona che più avanti fu territorio governato dal Papa e che saliva dal Lazio ai confini con il Veneto. Prende il via specificamente dal XVI secolo nelle nobili cucine delle corti emiliane e limitrofe, si tratta dunque di un prodotto "ricco", con farina bianca all'epoca molto costosa e abbondanza di uova, che per il tipo di lavorazione restava molto porosa ed assorbiva molto i condimenti. 

Era infatti destinata ad essere accompagnata con ingredienti grassi e altrettanto ricchi, che inizialmente al formaggio, primo condimento anche al Sud, accostavano il deperibile burro e i costosissimi zucchero e spezie. 

Spesso, poi, la sfoglia era destinata a contenere un ripieno, come tradizione antica in molte torte e tortelli di corte, erano dunque più complessi e lunghi da realizzare rispetto a semplici fazzoletti di sfoglia, che comunque erano presenti a corte, di solito impilati o arrotolati con vari ingredienti oppure tagliati più piccoli e conditi con sughi ricchi e voluttuosi a base di tutti quei preziosi ingredienti che erano disponibili solo sulle tavole dei ricchi.

Quando si è potuto diffondere l'uso della sfoglia all'uovo anche tra borghesi e popolino, è restato a lungo un piatto delle feste o della domenica, quando si consumavano le uova e, talvolta, si arricchiva anche il condimento con i pochi ritagli di carne a disposizione, da cui nasce il ragù bolognese. 

E', tra l'altro, un tipo di pasta che nasce per essere consumata fresca e mal si presta alla conservazione, almeno fino a che non arrivano gli essiccatoi industriali, anche per questo dunque raro durante i giorni lavorativi e simbolo popolare di condivisione familiare e di perizia della massaia, sua apprezzata protagonista.

Memore delle zuppe a base di pane, spesso la pasta fresca a livello popolare era destinata ad essere consumata in brodo. Per sfoggiare la creatività personale, per accogliere meglio i condimenti, per tenere meglio la cottura nel brodo e spesso anche per sopperire alla mancanza di cibo da utilizzare come ripieno, si sono sviluppate a partire dall'800 tutta una serie di formati di pasta fresca, di cui questa in foto è una piccola selezione tutta emiliana. 
da sinistra: farfalle a punta e quadrate, stricchetti o falsi tortelli, cestini, maltagliati e maccheroni al pettine

Tra questi il mio preferito sono i garganelli, che qui ho dunque preparato in quantità maggiore e che ho deciso di accompagnare ad un condimento tra quelli relativamente accettati in Emilia per la sfoglia fresca: panna prosciutto e piselli. E' un classico della mia gioventù, quando ancora cucinava mia mamma svizzera, che non guardava le stagioni ma la comodità dei prodotti pronti e la velocità di preparazione, per cui i piselli erano quelli in scatola e anche i garganelli erano confezionati dall'industria. Questa volta, invece, si fa sul serio!
GARGANELLI FRESCHI PANNA PROSCIUTTO E PISELLI
per 2 persone come piatto unico, per 4 in un menù completo:
200 g circa di farina 00
2 uova medie
1 manciatina di semola per il telo
200 panna fresca (33% di grassi)
80 g piselli (adesso surgelati, in stagione freschi, peso da sgranati)
80 g prosciutto cotto un po' grasso
1 piccola cipolla 
2 l di brodo vegetale leggero
1 cucchiaino di foglie di timo
1 cucchiaio di olio extravergine delicato (e/o burro)
sale
pepe nero al mulinello
parmigiano grattugiato per servire

Per i garganelli formare con la farina una fontana su una spianatoia di legno, rompervi al centro l e uova e sbatterle con la forchetta, incorporando la farina piano pano fino a che si formano delle grosse briciole.  

Riunire le briciole prima con un tarocco e poi con le mani, e impastare con decisione per qualche minuto, fino ad ottenere un panetto uniforme.

Lasciar riposare coperto qualche altro minuto e poi lavorare di nuovo, a lungo, fino ad ottenere un impasto omogeneo e liscio. Chiudere in un sacchetto per alimenti e lasciar riposare la pasta per almeno mezz'ora ma meglio due o tre ore, fino a che la palla si è rilassata quasi in un disco.

Stendere la sfoglia sulla spianatoia appena infarinata con un matterello fino ad ottenere un disco quasi trasparente di circa 70 cm di diametro. Tagliare la sfoglia a metà e coprirne una parte con pellicola.

Tagliare la sfoglia scoperta con una rotella a quadrati di circa 4 cm circa, mettendoli a mano a mano impilati sotto la pellicola perchè non si asciughino, poi arrotolare in diagonale ogni quadratino di sfoglia sulla bacchetta e rotolarlo sull'apposito pettine (io uso il manico di un cucchiaio di legno e un rigagnocchi), in modo che i garganelli si sigillino e si scanalino,.

Disporli su una griglia coperta con un telo spolverato di semola a mano a mano che vengono pronti. Ripetere con l’altra parte della sfoglia. La sequenza nel dettaglio è presa da questo post precedente.

Come qualsiasi altro formato di sfoglia all'uovo, i garganelli si possono cuocere subito, oppure far seccare all'aria per qualche ora e poi trasferire con tutto il telo su vassoio cartone. In questo caso la pasta cala di peso, da circa 300 g fresca a circa 200 g secca, ma va utilizzata nell'arco di 24-48 ore massimo.

Per il condimento lessare i piselli sgranati nel brodo, per 3 minuti se freschi o per 4 se surgelati, oppure scottarli al microonde con poco brodo coperti a 900w per circa un minuto o poco più. Scolarli e tuffarli in acqua gelata.

Rosolare la cipolla tritata fine con olio e il grasso del prosciutto ridotto a piccoli dadini.

Quando è quasi del tutto sciolto unire i piselli scolati e lasciarli ammorbidire completamente a fuoco basso con 1 o 2 cucchiaiate di brodo per circa 5 minuti.

Unire il prosciutto a dadini piccoli come i piselli, padellare un paio di minuti e, quando il prosciutto accenna a prendere colore, unire la panna, mescolare bene e lasciar sobbollire a fuoco basso fino a che si addensa leggermente, regolando di sale alla fine e pepando delicatamente.

Intanto lessare i garganelli al dente nel brodo bollente, scolarli con un ragno dopo un minuto che sono venuti a galla e versarli nel tegame del condimento.
Mescolare bene, pepare e spegnere, quindi servire subito (o i garganelli assorbono praticamente tutta la panna, come si vede nella foto successiva!), spolverizzando eventualmente con altro pepe e, volendo, con una manciatina di parmigiano grattugiato. 
  • rivoli affluenti:
  • la maggior parte dei meravigliosi corsi di Rina sono elencati qui.

Commenti

  1. Che flash! Comunque, dopo più di trent'anni, ho appena scoperto che i garganelli sono il formato di pasta preferito da mio marito...per dire...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Allora hai trovato un'altra prova che tra tuo marito e me ci sono profonde affinità... 😉

      Elimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!