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Saluto a V.

Mi lavo con sapone di Aleppo, so che ne cogli il senso umano prima ancora che politico. Poi indosso un abito nero perchè oggi al tuo funerale sarò triste. Prima di uscire infilerò al collo una collana africana di legno colorato: insieme è la "tua" Africa e le infinite tinte di tutte le cose stupende che tu mi hai insegnato a scoprire.

Poco tempo fa mi hai chiesto "vienimi a salutare" e sono corsa. Lì mi hai confidato di quanto hai coltamente scritto negli anni di pensieri filosofici che possono preparare alla morte e di come ti sia sorpreso a rinnegarli quando ti sei reso conto che a morire eri tu. 

Fermo nel letto hai bevuto da assetato i racconti dei miei ultimi viaggi, hai ricordato, tra i tuoi innumerevoli, quello tuo più felice insieme a tua moglie, e ogni volta che la nominavi ti brillavano gli occhi. 

Stanco nella vista mi hai chiesto delle mie ultime letture e mi hai inondato di consigli: come sempre è più forte di te dispensare sapienza, istillare curiosità, progettare nuovi scritti, perchè, siamo oggettivi, non esiste vita separata da pensiero e letteratura.

Costretto alla dieta hai elencato le tue golosità ed i piatti più strani che ti ho cucinato. Abbiamo anche progettato una nuova cena insieme a tema artistico, in un pensiero futuro che non so se volevi regalare solo a me oppure un po' anche a te.

L'ultimo cibo di cui hai scritto è il riso e latte; quello che più hai odiato è la frittata di D'Annunzio che io ho inserito a forza in un menu letterario; quello su cui hai più scherzato sono le sardine in scatola, con cui abbiamo aperto un pranzo dedicato all'Icaro di Bruegel l'ultima volta che sei venuto da me, pranzo che si è chiuso con dei semini confettati, come si usava alle corti cinquecentesche.

Discettando di nutrimento concordiamo che sono atti consolatori quelli della cucina: per me preparare le vivande e per entrambi condividerle sulla tavola. E oggi potrei cucinarti finalmente uno dei piatti che tanto ti mancano, consolante e liberatorio. Però, nel mio vestito nero che ancora non è mitigato dalla collana colorata, non riesco a cucinare. 

Ti offro quindi ancora, semplicemente, dei semini confettati. Sono indiani (sì, dell'India colonizzata, purtroppo), si chiamano pan masala, dove pan ricorda il nome indiano delle foglie di betel, anticamente masticate per rinfrescare l'alito, e masala significa "miscela", perchè l'ingrediente di questa specialità è ora molto più spesso un frugale misto di semi ed erbe rivestiti di zucchero colorato (non potevo esimermi da una brevissima nota storica, cosa che spero ti diverta). 

Nei negozi etnici in Italia vendono mix di micro-confettini dai colori sgargianti ma questo di oggi, che mi è stato regalato da un signore indiano e gentile, è più naturale, forse artigianale, è delicato nei toni. Lo metto in una ciotola bianca, il colore del lutto giapponese (non ridere!), il colore dell'illuminazione (di nuovo: non ridere!!!).

Ti saluto con piccoli semi confettati e grani di collana. Rappresentano i colori della curiosità che mi riempie la vita, curiosità che ho imparato anche grazie a te. Mi hai insegnato così tanto. 

Commenti

  1. Delicata e profonda, anche nei saluti...

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    1. leggi il link, anche solo. E ti rendi conto di quanto sia impossibile essere minimamente appropriati.

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  2. In saluto profondo che fa pensare. Grazie

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    1. Il saluto per una persona speciale che di fatto ti obbligava sempre a pensare

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