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Visualizzazione dei post da ottobre, 2011

esagerare... con le noccioline americane

Da bambina le chiamavo spagnolette , poi ho saputo che i fumetti Peanuts a quello si riferivano, per scoprire infine che in italiano corretto il loro nome è arachidi . Nonostante siano dunque sempre state presenti nella mia vita non ne sono stata mai particolarmente golosa fino a che non le ho incrociate in forma diversa dalla solita versione italiana delle "noccioline salate" da aperitivo dentro le cucine di altre culture, ad esempio in accoppiata con cocco e lemon grass nella cucina tailandese oppure nella versione americana del burro di arachidi. Come ho già avuto occasione di dire tempo fa  sono un po' allergica alle festività commerciali, soprattutto quando importate senza alcun significativo criterio, ma è anche vero che stamane, non so come, è accaduto il piccolo miracolo di aprire un cassetto e trovarvi un tagliabiscotti a forma di pipistrello misteriosamente inghiottito lo scorso anno dallo stesso cassetto della mia cucina cannibale . E' uno stampino

perdere la trebisonda

Marco Polo può perdere la trebisonda? Forse avvicinarsi finalmente dopo più di vent'anni alla vera meta di ogni viaggiatore che si rispetti, cioè il ritorno a casa, lo ha emozionato tanto da non sapere più in che nazione si trovasse... In italiano "perdere la trebisonda" significa essere disorientati oppure proprio uscire di testa, perdere il controllo. Come succedeva agli antichi naviganti del Mar Nero, che se non riuscivano a scorgere il porto di Trebisonda, già allora tappa strategica sulle rotte commerciali verso l'Oriente, dovevano procedere disperatamente a casaccio e capitava finissero per naufragare sulle coste anatoliche settentrionali. Enrico  nel suo post racconta il reincontro di Marco Polo con il Mediterraneo e poi la serie di tappe che via terra lo riporteranno a Venezia. Tra cui, appunto,Trebisonda. Ai tempi di Marco Polo la città era capitale di un piccolo impero a sè sotto l'influenza bizantina, Cioè ne' del Kahn ne' degli Ottomani.

dietro una pila di beignet

Mi sono venute idee infinite per il profiterole, il tema dell' MTC di questo mese . La ricetta di Stefania di Profumi & Sapori  lo propone nella sua versione originale di dessert, una pila di beignet alla crema tutta ricoperta di cioccolato, ma le due pazze di Menù Turistico  lasciano facoltà ai partecipanti di reinterprertarlo anche in chiave alternativa, compreso il salato. Sono partita in quarta con le varianti di sapore più improbabili e lavorandoci sopra mi sono resa conto che la mia era solamente la discesa di una china pericolosa... La profiterolità del piatto infatti non si esaurisce in una semplice pila di beignet farciti e poi glassati, insomma nell'oggetto in sé, qualsiasi sia la natura di dette farce e glasse. Il significante visivo che presuppone il significato oggettivo di profiterole (almeno nella mia personale percezione di questa strana lingua che è la gastronomia) non può prescindere da una copertura scura e cioccolatosa. E la prima salsa scura e cioc

l'importanza delle conoscenze locali

Quando ho saputo che Marco Polo dopo lo Yemen avrebbe veleggiato lungo le coste dell'attuale Arabia Saudita la prima cosa che ho fatto è stato scrivere all' Araba Felice . Della serie: tu sei lì, sai tutto e tutto puoi, dimmi che ne pensi delle ricette che mi sono venute in mente. Ecco la sua ineccepibile risposta: Da queste parti sul Mar Rosso il pesce la fa da padrone e lo fa da molti secoli, a differenza delle parti più interne dell'Arabia dove prevale una cucina diciamo di terra. Il pesce, tra cui il pregiatissimo hamour, ovvero la nostra cernia, in tempi più antichi veniva semplicemente cotto sul fuoco, ma non prima di averlo avvolto in tutte le spezie possibili ed immaginabili. Le versioni che ho trovato prevedono mix di cumino, curcuma e cannella! Altre più moderne, forse, nominano semplicemente zathar e sumak.  Yanbu al Bahr era zona di passaggio delle carovane di mercanti e per questo molte spezie altrimenti irreperibili si trovano qui da moltissimo temp

attrazione tra opposti

Sono di fronte ad una scelta difficile: tra qualche giorno un impegno a Napoli ed uno a Londra mi chiamerebbero in contemporanea e non possiedo il dono dell'ubiquità... Che fare? Sembrerà assurdo ma le due mete mi attirano per lo stesso identico motivo: la profondità del mio interesse per la cultura, l'atmosfera e la cucina di entrambi i luoghi. Che hanno anime opposte, definitissime e per me, che paradosso, ugualmente intriganti. Per riflettere meglio apro i file delle foto degli scorsi due viaggi a quelle mete: un errore tattico clamoroso! Allora mi ficco in cucina, apro gli sportelli e provo a vedere che mi capita in mano. E ne escono (stranamente!) ingredienti dolci, e decido di preparare dei cookies anglosassoni. Una volta infornati mi adagio nel loro profumo, mi decido a postare qualche foto inglese che attende in coda oramai da mesi e sorseggio tè bollente. Là mi ci ritrovo facilmente: Un orgoglioso pub inglese che da vicino rivela una natura insospettabile... Un

esperimenti con la maionese

A gennaio scorso ho accettato l'invito ad una presentazione di Calvè di ricette a base di maionese nei locali della Scuola di Cucina Italiana. Un incontro interessante e ricco di spunti, per invogliare gli appassionati di gastronomia ad utilizzare la maionese non solo come salsa fredda di accompagnamento ma proprio come ingrediente di cucina. La riflessione che uova, olio e limone, le componenti base della maionese, siano un mix facilmente ritrovabile in molte ricette non mi era sfuggita, tanto è vero che qualche blando esperimento per conto mio l'avevo anche già fatto. Sono stati però i mitici biscottini dell'Araba Felice , pubblicati giusto qualche settimana prima dell'incontro con Calvè, a "darmi il la" per buttarmi in una sperimentazione più accanita. Uno si chiede: sì, ma perché raccontare tutto questo solo ora, a quasi un anno dagli eventi? Be'... perché sinceramente i primi risultati miei non mi avevano convinto del tutto. Poi è arrivata l

fuori

Tutti dicono che l'estate stia per finire. Tra due giorni, sembra. Non me ne occupo. Resto sul balcone a tarda sera, la luna tagliata esattamente a metà in un cielo nero, limpido. Fresco quel che basta per stabilire la differenza tra giorno e notte, cosa che nell'estate vera quasi nemmeno si avverte. Non so fotografare e fermo questa atmosfera con banalità. Così come piatte mi sono venute le immagini del cibo di oggi, velate dal bianco disperato di questa luce che vuol essere a tutti i costi estiva, che proprio non vuol cedere le armi. Luce di un'estate stranamente fuori. A me è piaciuto questo slittamento di un giugno da tarda primavera e di un settembre di piena estate. Adoro questo ottobre fuori luogo, la strana atmosfera che racconta ogni giorno come fosse l'ultimo di qualcosa, come domani promettesse di arrivare come altro da oggi. Poi cominceranno tutti a lamentarsi di freddo e umidità e via e via, perché non siamo mai paghi di dire cose inutili. Per sta

Africa ben nascosta

Oggi il nostro curiosissimo Marco Polo ci parla addirittura di luoghi che non ha visitato di persona ma che, attraverso le parole di chi ci è stato, l'hanno affascinato comunque... Ci racconta addirittura l'Africa , affastellando dettagli e visioni come se la costa orientale dell'intero continente fosse un tutt'uno. Non è semplice per la povera vivandiera stargli dietro con una certa precisione! E non è facile neppure dal punto di vista della ricostruzione storica perché sono pochissime le testimonianze riferite alla gastronomia del continente Nero, fatte salve le cronache delle zone più a nord, ancora oggi influenzate dalla cucina persiana e arabo/mediorientale. Dalle parti di Zanzibar e Tanzania, ad esempio, certamente al contrario di quanto accadeva all'epoca di Marco Polo la maggior parte del cibo consumato oggi sfrutta le scarse risorse naturali locali, a cui sono adatti fondamentalmente solo cereali, qualche antico legume ed alcuni prodotti arrivati dal Nu

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!