Chi direbbe mai che la carbonara sia nata a ridosso della guerra a Riccione da un'ispirazione iugoslava?! Lo testimonia però la storia, specificamente nella persona di Renato Gualandi, chef bolognese classe 1921, che in seguito cucinerà in Italia ed all'estero per importanti personaggi della storia e della cultura internazionale, ma che era in zona il 20 e 21 settembre 1944, quando gli alleati anglo-americani liberarono Riccione.
Lo chef venne chiamato ad allestire una grande cena di gala in onore di ministri e generali inglesi ed americani, con il compito di utilizzare gli ingredienti messi a disposizione dalle truppe alleate e di fondere la tradizione gastronomica italiana con quella anglosassone.
Il menù che riuscì a creare prevedeva, tra l'altro, anche gli spaghetti "alla carbonara", oltre ad una torta alta un metro e mezzo che riproduceva le due torri di Bologna, come augurio di una prossima liberazione anche della sua città natale.
Quasi tutti gli ingredienti provenivano dalle scorte militari, così gli spaghetti vennero conditi utilizzando bacon saltato nel burro, crema di latte e formaggio fuso, rosso d'uovo in polvere e pepe macinato fresco. Il piatto era intelligentemente accompagnato da bocconcini di pane al prezzemolo per poter raccogliere fino all'ultima goccia della gustosa cremina.
Lo chef Gualandi, che poco prima cucinava per l'esercito sul confine iugoslavo, racconta di essersi ispirato alla ricetta degli slikrofi, sorta di minestra con tortellini allo speck tipica di Idrija, nell'attuale Slovenia. Di qui l'idea di proporre un condimento per la pasta utilizzando il bacon al posto dello speck, che al momento non aveva a disposizione.
Dopo una vita avventurosamente trascorsa in cucina (a partire dal 1932, anno in cui cominciò come garzone di macelleria, racconta con orgoglio) e costellata di successi e riconoscimenti, dagli anni '80 l'anziano chef passa oltre, si ritira in collina, lavora come consulente e soprattutto coltiva con metodi naturali ulivi, vigne, frutteti e un orto ricco di erbe officinali e aromatiche.
Chiamato a dimostrare l'importanza delle erbe e degli aromi naturali in cucina in una serie di convegni, pubblica in un libro le sue riflessioni in merito, riassumendo in quelle ricette la sua visione della cucina che coniuga sapientemente l'amore per i prodotti di stagione del territorio e le preparazioni semplici della tradizione con le ispirazioni dei grandi maestri francesi e con la conoscenza della sontuosa cucina nobile dei secoli scorsi. Su tutto domina la sua passione per le erbe, di cui elenca anche le virtù curative.
Detto così sembra semplice ed anche tremendamente "trendy", ma la cosa davvero fenomenale è che questo incredibile signore, dall'alto della sua immensa cultura, parlava (e cucinava) così già più di trent'anni fa, quando tutti gli altri (o quasi) inondavano qualsiasi piatto di panna, quando nessuno (o quasi) sapeva cosa fosse l'aceto balsamico, e quando proporre una minestra di legumi "poveri" con erbe di campo o un ragù con le frattaglie ottocentesco non appariva per niente un'operazione profondamente culturale...
E qui ci ritroviamo noi, lontani per scelta da qualsiasi discussione sull'origine della carbonara, ma fermamente decisi a goderci con voluttà l'aria fresca di collina ed i profumi delle erbe dell'orto, naturalmente attraverso una delle garbate ricette dello chef Renato Gualandi:
Fiori di zucca ripieni di erbe
(le dosi, l'albume a neve, le polpettine e la salsa sono una mia interpretazione)
25 fiori di zucca non troppo grossi (colti la mattina, quando sono bene aperti...)
100 gr. pane raffermo
200 ml. latte
1 uovo
40 gr. parmigiano grattugiato
2 cucchiai erbe fresche tritate: prezzemolo, borragine, basilico, pimpinella...
1 spicchio d'aglio
1 cucchiaio di olio
1/2 bicchiere di brodo vegetale
noce moscata
sale
pepe
Mondare con cura i fiori, liberarli dai pistilli e spolverarli con un panno umido.
Ammollare il pane nel latte, quindi unirvi il tuorlo, il parmigiano, le erbe, l'aglio tritatissimo, una leggera grattata di noce moscata, sale e pepe.
Montare l'albume a neve molto ferma ed incorporarlo delicatamente al composto, quindi farcire i fiori, lasciando un minimo di spazio in cima per poterli chiudere arrotolando le punte dei petali (se avanzasse del ripieno si possono formare delle polpettine che vanno passate in un velo di farina).
Scaldare l'olio in un largo tegame, scottarci un momento i fiori (e le polpettine) su tutti i lati fino a che coloriscono leggermente, quindi versare il brodo, abbassare la fiamma, coprire e lasciar cuocere lentamente fno a che il liquido è assorbito (circa 15 minuti).
Servire eventualmente con a fianco una salsina di pomodoro aromatizzata con le stesse erbe.
Lo chef venne chiamato ad allestire una grande cena di gala in onore di ministri e generali inglesi ed americani, con il compito di utilizzare gli ingredienti messi a disposizione dalle truppe alleate e di fondere la tradizione gastronomica italiana con quella anglosassone.
Il menù che riuscì a creare prevedeva, tra l'altro, anche gli spaghetti "alla carbonara", oltre ad una torta alta un metro e mezzo che riproduceva le due torri di Bologna, come augurio di una prossima liberazione anche della sua città natale.
Quasi tutti gli ingredienti provenivano dalle scorte militari, così gli spaghetti vennero conditi utilizzando bacon saltato nel burro, crema di latte e formaggio fuso, rosso d'uovo in polvere e pepe macinato fresco. Il piatto era intelligentemente accompagnato da bocconcini di pane al prezzemolo per poter raccogliere fino all'ultima goccia della gustosa cremina.
Lo chef Gualandi, che poco prima cucinava per l'esercito sul confine iugoslavo, racconta di essersi ispirato alla ricetta degli slikrofi, sorta di minestra con tortellini allo speck tipica di Idrija, nell'attuale Slovenia. Di qui l'idea di proporre un condimento per la pasta utilizzando il bacon al posto dello speck, che al momento non aveva a disposizione.
Dopo una vita avventurosamente trascorsa in cucina (a partire dal 1932, anno in cui cominciò come garzone di macelleria, racconta con orgoglio) e costellata di successi e riconoscimenti, dagli anni '80 l'anziano chef passa oltre, si ritira in collina, lavora come consulente e soprattutto coltiva con metodi naturali ulivi, vigne, frutteti e un orto ricco di erbe officinali e aromatiche.
Chiamato a dimostrare l'importanza delle erbe e degli aromi naturali in cucina in una serie di convegni, pubblica in un libro le sue riflessioni in merito, riassumendo in quelle ricette la sua visione della cucina che coniuga sapientemente l'amore per i prodotti di stagione del territorio e le preparazioni semplici della tradizione con le ispirazioni dei grandi maestri francesi e con la conoscenza della sontuosa cucina nobile dei secoli scorsi. Su tutto domina la sua passione per le erbe, di cui elenca anche le virtù curative.
Detto così sembra semplice ed anche tremendamente "trendy", ma la cosa davvero fenomenale è che questo incredibile signore, dall'alto della sua immensa cultura, parlava (e cucinava) così già più di trent'anni fa, quando tutti gli altri (o quasi) inondavano qualsiasi piatto di panna, quando nessuno (o quasi) sapeva cosa fosse l'aceto balsamico, e quando proporre una minestra di legumi "poveri" con erbe di campo o un ragù con le frattaglie ottocentesco non appariva per niente un'operazione profondamente culturale...
E qui ci ritroviamo noi, lontani per scelta da qualsiasi discussione sull'origine della carbonara, ma fermamente decisi a goderci con voluttà l'aria fresca di collina ed i profumi delle erbe dell'orto, naturalmente attraverso una delle garbate ricette dello chef Renato Gualandi:
Fiori di zucca ripieni di erbe
(le dosi, l'albume a neve, le polpettine e la salsa sono una mia interpretazione)
25 fiori di zucca non troppo grossi (colti la mattina, quando sono bene aperti...)
100 gr. pane raffermo
200 ml. latte
1 uovo
40 gr. parmigiano grattugiato
2 cucchiai erbe fresche tritate: prezzemolo, borragine, basilico, pimpinella...
1 spicchio d'aglio
1 cucchiaio di olio
1/2 bicchiere di brodo vegetale
noce moscata
sale
pepe
Mondare con cura i fiori, liberarli dai pistilli e spolverarli con un panno umido.
Ammollare il pane nel latte, quindi unirvi il tuorlo, il parmigiano, le erbe, l'aglio tritatissimo, una leggera grattata di noce moscata, sale e pepe.
Montare l'albume a neve molto ferma ed incorporarlo delicatamente al composto, quindi farcire i fiori, lasciando un minimo di spazio in cima per poterli chiudere arrotolando le punte dei petali (se avanzasse del ripieno si possono formare delle polpettine che vanno passate in un velo di farina).
Scaldare l'olio in un largo tegame, scottarci un momento i fiori (e le polpettine) su tutti i lati fino a che coloriscono leggermente, quindi versare il brodo, abbassare la fiamma, coprire e lasciar cuocere lentamente fno a che il liquido è assorbito (circa 15 minuti).
Servire eventualmente con a fianco una salsina di pomodoro aromatizzata con le stesse erbe.
- rivoli affluenti:
- Renato Gualandi, Erbissima. Pregevoli suggerimenti per adoperar meglio: Spezie - erbe - condimenti - aromi, Leopoldo Fusconi Editore
- Alberto A. Fabbri, Renato Gualandi. Peripezie di un cuoco bolognese, Slow Food Editore
Non immaginavo che la carbonara fosse una preparazione così relativamente recente...
RispondiEliminaVedi però che quando le varie Nigelle & c. ci mettono la panna reinterpretano in qualche modo la ricetta originaria, nonostante l'orrore dei laziali doc?!
Mi piace il taglio storico, mi piacciono i titoli in minuscolo (tranne quello dei cappelletti, perchè?)e mi diverte che prima racconti l'evoluzione di un piatto e poi posti la ricetta di un altro...
E' così che si fa!
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaBeh, insomma... mi sa che lui ci ha messo la panna perchè doveva usare uova in polvere...
RispondiEliminaCon il taglio storico invece aspetta: non ho ancora cominciato! Devo prima impratichirmi con i tempi e modi del mezzo.
Però ho corretto la maiuscola incriminata, ho sistemato alcune incongruenze delle spaziature ed ho pure capito come si eliminano i commenti (uno dei miei, non ti preoccupare!). Quasi incredibile...