A scuola ero diligente e prendevo buoni voti, per alcune materie avevo più simpatia che per altre ma non sono mai stata trascinata da nessuna di esse in particolare. Verso la fine delle superiori, grazie agli stimoli di un'insegnante più illuminata della media, ho acquisito invece una visione interdisciplinare dell'intera faccenda, cogliendo a questo punto un senso decisamente più completo ed entusiasmante della scuola...
Purtroppo recuperare tutto quello che avevo studiato senza passione era impossibile, ma da allora ho sempre cercato di comprendere ciò che imparavo attraverso esperienze, studi ed incontri, incrociando la storia con la geografia, la letteratura con le lingue... e a poco a poco in tutto ciò si è infiltrata anche la cucina! Così quando ho incontrato preparazioni simili in luoghi diversi è stato naturale chiedermi la ragione di questa sorta di antica "globalizzazione", che in passato era quasi sempre legata ad invasioni, guerre, conquiste e scambi commerciali. E la storia mi ha risposto...
L'impero ottomano, che dai primi del 1300 al tardo 1700 è stata la più vasta e temuta potenza "europeo/mediorientale", ha influenzato gran parte della cultura dell'Europa orientale, perdendo definitivamente il proprio potere in tal senso solo dopo il termine della prima guerra mondiale. I suoi confini nel periodo di maggiore splendore sfioravano la Polonia a nord, L'Iran a est, l'Algeria a ovest e la Somalia a sud e nella maggior parte dei Paesi che hanno vissuto sotto il dominio ottomano uno dei piccoli segni tangibili rimasti a traccia di quella civiltà è un minuscolo... involtino di riso in foglie di verdura.
In ogni zona ha assunto nomi e caratteristiche legati alla cultura locale: (perdonando le grafie imperfette) selek in Siria con riso e ceci in foglie di bietola, waraq in Libano e uarak in Giordania con riso o orzo e cipolle in foglie di vite, dolmeh barg in Iran con riso e lenticchie, dolmasi nell'odierna Turchia e dolmades in Grecia in cui al riso si mescola anche carne di agnello e si cuociono in brodo speziato, arambasici in Croazia e sarma in Serbia dove la carne diventa di manzo e maiale e d'inverno alla vite si sostituiscono foglie di cavolo, sarmale in Romania e golabki in Polonia dove il cavolo è spesso quello in salamoia, le carni sono affumicate e gli involtini si cuociono in salsa di pomodoro, golupsi in Ucraina e nel sud della Russia dove invece vengono cotti in brodo e panna acida, toltott kaposzta in Ungheria, dove l'unico aroma è la paprika, e così via...
Ma sono sempre loro, e qui cerco di darne una versione un po' "riassuntiva", diciamo in prevalenza croata (maiale e pancetta), greca (aneto e limone) e turca (uvetta, pinoli e spezie), in onore dell'inevitabilità storica della globalizzazione...
24 foglie di vite americana (*)
80 gr. riso (arborio)
160 gr. lonza di maiale, tritata grossolanamente al coltello
2 fette pancetta tesa affumicata spesse 5 mm. (io non ne avevo ed ho usato speck...)
1 cipolla
olio
burro
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
1 grattata di noce moscata
2 chiodi garofano ridotti in polvere nel mortaio
1 cucchiaio foglioline di aneto
3 o 4 ciuffi di prezzemolo
1 gambo sedano
1 cucchiaio uvetta
1 cucchiaio pinoli
2 pomodori
1 limone
pepe
sale
zucchero
(1 spicchio d'aglio, 1 bustina zafferano)
yogurt greco per accompagnamento
Privare del picciolo le foglie di vite ben lavate e scottarle per un minuto in acqua bollente salata insieme alla metà di un limone, tuffandole nell'acqua poche per volta ben separate e mettendole poi a scolare con le venature verso il basso su un canovaccio pulito. Se qualcuna si pezza o si rovina non è grave, verranno utilizzati anche i ritagli.
Distribuire sulla superficie l'altro pomodoro a rondelle o a dadini, il resto del limone (e volendo qualche lamella di aglio), coprire abbondantemente di acqua (in cui si sarà eventualmente sciolta una bustina di zafferano, che con la cottura perderà abbastanza l'aroma ma dorerà leggermente il ripieno di riso), salare, disporvi qualche fiocchetto di burro, una piccola presina di zucchero ed il prezzemolo intero ben lavato, gambi compresi.
Coprire e cuocere per almeno due ore, aggiungendo acqua se servisse, quindi spegnere e lasciar riposare fino a completo raffreddamento.
Conservare in frigo nel loro fondo di cottura e servire freddo o a temperatura ambiente, ben sgocciolato, eventualmente accompagnato da una cucchiaiata di yogurt greco leggermente salato (e, volendo spingere il lato mediterraneo, da un bicchiere di liquore all'anice allungato con acqua ghiacciata...). Si conservano fino a tre giorni.
(* Essendo estate uso foglie fresche di vite americana, che è un pochino coriacea ma non subisce trattamenti chimici, ma se non si ha a disposizione una vite non trattata si possono usare le foglie di vite in scatola, oppure anche foglie di scarola o di bieta scottate, o nei mesi invernali sostituirle con cavolo cappuccio o verza. )
Purtroppo recuperare tutto quello che avevo studiato senza passione era impossibile, ma da allora ho sempre cercato di comprendere ciò che imparavo attraverso esperienze, studi ed incontri, incrociando la storia con la geografia, la letteratura con le lingue... e a poco a poco in tutto ciò si è infiltrata anche la cucina! Così quando ho incontrato preparazioni simili in luoghi diversi è stato naturale chiedermi la ragione di questa sorta di antica "globalizzazione", che in passato era quasi sempre legata ad invasioni, guerre, conquiste e scambi commerciali. E la storia mi ha risposto...
L'impero ottomano, che dai primi del 1300 al tardo 1700 è stata la più vasta e temuta potenza "europeo/mediorientale", ha influenzato gran parte della cultura dell'Europa orientale, perdendo definitivamente il proprio potere in tal senso solo dopo il termine della prima guerra mondiale. I suoi confini nel periodo di maggiore splendore sfioravano la Polonia a nord, L'Iran a est, l'Algeria a ovest e la Somalia a sud e nella maggior parte dei Paesi che hanno vissuto sotto il dominio ottomano uno dei piccoli segni tangibili rimasti a traccia di quella civiltà è un minuscolo... involtino di riso in foglie di verdura.
In ogni zona ha assunto nomi e caratteristiche legati alla cultura locale: (perdonando le grafie imperfette) selek in Siria con riso e ceci in foglie di bietola, waraq in Libano e uarak in Giordania con riso o orzo e cipolle in foglie di vite, dolmeh barg in Iran con riso e lenticchie, dolmasi nell'odierna Turchia e dolmades in Grecia in cui al riso si mescola anche carne di agnello e si cuociono in brodo speziato, arambasici in Croazia e sarma in Serbia dove la carne diventa di manzo e maiale e d'inverno alla vite si sostituiscono foglie di cavolo, sarmale in Romania e golabki in Polonia dove il cavolo è spesso quello in salamoia, le carni sono affumicate e gli involtini si cuociono in salsa di pomodoro, golupsi in Ucraina e nel sud della Russia dove invece vengono cotti in brodo e panna acida, toltott kaposzta in Ungheria, dove l'unico aroma è la paprika, e così via...
Ma sono sempre loro, e qui cerco di darne una versione un po' "riassuntiva", diciamo in prevalenza croata (maiale e pancetta), greca (aneto e limone) e turca (uvetta, pinoli e spezie), in onore dell'inevitabilità storica della globalizzazione...
INVOLTINI DI FOGLIE DI VITE, RISO E CARNE
dosi per una ventina di pezzi:24 foglie di vite americana (*)
80 gr. riso (arborio)
160 gr. lonza di maiale, tritata grossolanamente al coltello
2 fette pancetta tesa affumicata spesse 5 mm. (io non ne avevo ed ho usato speck...)
1 cipolla
olio
burro
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
1 grattata di noce moscata
2 chiodi garofano ridotti in polvere nel mortaio
1 cucchiaio foglioline di aneto
3 o 4 ciuffi di prezzemolo
1 gambo sedano
1 cucchiaio uvetta
1 cucchiaio pinoli
2 pomodori
1 limone
pepe
sale
zucchero
(1 spicchio d'aglio, 1 bustina zafferano)
yogurt greco per accompagnamento
Privare del picciolo le foglie di vite ben lavate e scottarle per un minuto in acqua bollente salata insieme alla metà di un limone, tuffandole nell'acqua poche per volta ben separate e mettendole poi a scolare con le venature verso il basso su un canovaccio pulito. Se qualcuna si pezza o si rovina non è grave, verranno utilizzati anche i ritagli.
Appassire la cipolla tritata con un cucchiaio di olio ed una noce di burro in un'ampia casseruola con le spezie.
Unirvi la lonza e la pancetta a dadini piccolissimi, il sedano tritato grossolanamente, l'uvetta, i pinoli, il riso e l'aneto, lasciando insaporire a fuoco non troppo alto fino a che la carne si è schiarita ed il riso è tostato e trasparente.
Coprire di acqua bollente, salare, incoperchiare e lasciar cuocere una decina di minuti, fino a che l'acqua è tutta assorbita, quindi spegnere, scoprire e lasciar intiepidire.
Disporre ogni foglia ben aperta con la parte lucida verso il basso e disporre un cucchiaio di ripieno appena sopra l'attacco del picciolo, quindi ripiegarvi sopra prima la parte inferiore della foglia. poi quelle laterali, infine arrotolare un paio di volte l'involtino verso la punta della foglia, piegando verso l'interno eventuali bordi sporgenti e finendo con la punta sotto all'involtino. Se qualche foglia si fosse bucata si può foderare all'interno con qualche ritaglio di un'altra foglia.
Disporre a mano a mano gli involtini in una casseruola che li contenga a misura, appena unta d'olio e foderata con gli eventuali ritagli delle foglie rimasti, un pomodoro a rondelle, qualche fetta di limone (pelato al vivo, se non si apprezza in retrogusto amarognolo che la scorza rilascia in cottura), affiancandoli in modo un po' serrato, per evitare che poi possano aprirsi. Distribuire sulla superficie l'altro pomodoro a rondelle o a dadini, il resto del limone (e volendo qualche lamella di aglio), coprire abbondantemente di acqua (in cui si sarà eventualmente sciolta una bustina di zafferano, che con la cottura perderà abbastanza l'aroma ma dorerà leggermente il ripieno di riso), salare, disporvi qualche fiocchetto di burro, una piccola presina di zucchero ed il prezzemolo intero ben lavato, gambi compresi.
Coprire e cuocere per almeno due ore, aggiungendo acqua se servisse, quindi spegnere e lasciar riposare fino a completo raffreddamento.
Conservare in frigo nel loro fondo di cottura e servire freddo o a temperatura ambiente, ben sgocciolato, eventualmente accompagnato da una cucchiaiata di yogurt greco leggermente salato (e, volendo spingere il lato mediterraneo, da un bicchiere di liquore all'anice allungato con acqua ghiacciata...). Si conservano fino a tre giorni.
(* Essendo estate uso foglie fresche di vite americana, che è un pochino coriacea ma non subisce trattamenti chimici, ma se non si ha a disposizione una vite non trattata si possono usare le foglie di vite in scatola, oppure anche foglie di scarola o di bieta scottate, o nei mesi invernali sostituirle con cavolo cappuccio o verza. )
- rivoli affluenti:
- Ivanka Bilus, Bozika Brkan, Lidija Coric, Cirila Rodè, Croatia at Table. The aromas and tastes of Croatian cusine, Alfa
- Inci Kut, La Cucina Turca, NET Turistic Yayinlar
- Tassos Tolis, La Cucina Greca. Ricette tradizionali del premiato chef T. Tolis, Ekdotike Athenon
mamma mia, quella foto degli involtini mi fa venire una fame mmmmm !!! sembrano così appetitosi *.*
RispondiElimina@anonimo: a me in questo periodo fa venire fame qualsiasi cosa... Comunque: grazie!
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