Vedo molti addobbi spuntare nelle vetrine per l'imminente Halloween ed anche apparire qua e là nella blogsfera ricette e consigli dedicati al pranzo del Ringraziamento. Di certo non sono io a voler boicottare lo scambio culturale e la conoscenza di riti, festività e piatti tipici di altri Paesi, solo mi dispiace un po' constatare che spessissimo non si tratta di autentica curiosità od interesse nei confronti del diverso ma semplicemente di moda.
Oggi parlo dunque sì di cucina americana, perchè in realtà c'è un intero continente da scoprire e prima o poi da qualche parte bisogna pur incominciare (non vorremo certo rimanere tutta la vita convinti che negli Stati Uniti si mangino solamente hamburger, tacchini ripieni e bistecche!), ma per il momento lascio volentieri da parte Halloween... Mi occuperò di zucche a festa finita.
E se proprio vogliamo parlare di America, partirei... dai primi conquistatori! Quando le navi occidentali iniziarono ad arrivare in America, prevalentemente nelle zone del Golfo del Messico e dintorni, gli Europei sbarcando si trovarono di fronte un patrimonio alimentare per gran parte sconosciuto. Soprattuto agli inizi faticavano a prenderci confidenza, ma qualcosa dovevano pure mettere sotto i denti daltronde, perchè le scorte imbarcate per la navigazione si esaurivano in fretta, i rapporti di scambio con le popolazioni indigene non erano dei più semplici e per cominciare a coltivare autonomamente i nuovi territori occorreva tempo e conoscenza delle caratteristiche locali. Dovevano quindi improvvisare al momento e cucinare con quello che a loro appariva più familiare del nuovo territorio, inventandosi dei piatti a cavallo tra le usanze europee e quelle degli "indiani".
Ottennero i risultati più svariati, non solo in base alla zona climatica in cui approdarono ed alla conseguente varietà di vegetali ed animali che incontrarono, ma anche in base alle popolazioni con cui entrarono in contatto e a ciò che da loro riuscirono ad imparare, tra un massacro e l'altro... Da tutti quegli esperimenti hanno preso origine diversi piatti che poi nel tempo sono diventati dei "classici" della cucina americana, magari per noi del tutto sconosciuti ma ancora molto diffusi nella cucina popolare delle varie aree.
Uno di questi piatti storici, tipico degli Stati del Sud, è diventato recentemente famoso anche da noi soprattutto grazie al film che lo citava nel titolo: "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno". In realtà in Italia il piatto non ha poi preso piede concretamente e appare proprio di rado sulle nostre tavole, tanto è vero che i pomodori verdi fritti sono praticamente assenti anche dai menù dei locali che propongono cucina americana in Italia. Forse perchè è una preparazione davvero casalinga, forse perchè i pomodori verdi non sono disponibili in tutte le stagioni... o forse perchè non ne esiste una versione surgelata o precotta che al nostro palato sia accettabile!
Per prearare un piatto come si deve infatti servono proprio dei pomodori freschissimi. Si possono benissimo usare quelli che nei nostri climi, sorpresi dai primi freddi, restano grossi ma acerbi sulle piante perchè non riescono più a maturare. Questi pomodori verdi sono quanto di più simile sui possa reperire sul territorio italiano ai pomodori tondi ed acerbi che si trovarono di fronte i coloni appena sbarcati. E che pensarono di farne ai tempi? Di impanarli e friggerli! Non avendo pane o farina di grano utilizzarono semplicemente la locale farina di mais, che gli indigeni ottenevano macinando a pietra i chicchi interi di mais bianco essicato e che utilizzavano per pani croccanti, frittelle e polentine. I coloni neoarrivati ci passarono invece i pomodori a fette e li dorarono poi nel grasso di pancetta che era rimasto in cambusa. Quando si parla di "arte di arrangiarsi"...
Il piatto da allora si è poco evoluto, nel senso che di fatto era perfetto così; ogni zona ha naturalmente la sua versione ma la sostanza cambia proprio in piccoli dettagli. Una tra varianti le più curiose mi sembra quella della Pensilvania, dove i pomodori vengono passati in farina comune, fritti in un tegame di ferro con burro fuso e serviti su fette di pane tostato insieme ad una salsa fatta del fondo di cottura stemperato con panna ed abbondantemente pepato. Sembra che il plus di questa salsa sia proprio l'aroma che le conferiscono i grumolini di pomodori bruciacchiati raschiati dal fondo della padella...
Qui propongo una versione più contemporanea e "USA style" rispetto a quella arcaica originale, rivisitandola con gli occhi di un abitante dei luoghi che dopo cinque secoli ha a disposizione qualche ingrediente in più (!) e che, soprattutto, ha avuto tempo di sviluppare un proprio palato personale, nel caso dell'"americano medio" inevitabilmente propenso al fritto croccante. Ecco dunque doppia infarinatura e uovo, a trattenere più copertura, quindi la comparsa di una crosticina più spessa dell'originale ed anche più fragrante grazie ai semi di sesamo. L'aroma di cipolla invece va a compensare la sottrazione del bacon, che ad un palato un po' rustico spiace abbandonare. Se non si trova la cipolla in polvere (vero tocco USA, ma che ho trovato anche in Spagna ed in Svizzera...) eventualmente si può unire un cucchiaio di polpa fresca di cipolla tritata finissima (quasi una pasta) all'uovo sbattuto, anche se l'effetto risulta alla fine più dolce e umido e meno marcato dell'ideale.
Le farine che ho indicato sono quelle che mi hanno dato i migliori risultati ma ho provato anche con le farine citate tra parentesi e i pomodori sono comunque molto buoni. Diciamo che in questa versione i pomodori fritti sono rimasti belli asciutti e croccanti anche quando si sono raffreddati... cosa che li ha resi gustosi anche per una merenda in un panino con un pochino di maionese... (ma quanto mi sto americanizzando in questo post?!)
Per bilanciare l'acido dei pomodori verdi c'è chi usa spolverizzarli leggermente di zucchero una volta fritti prima di servirli, mentre altri li condiscono solo con un pizzico di sale. Io ho provato l'uno, l'altro, una miscela di zucchero e sale in pari proporzioni ed anche lisci... Metterei al primo posto la miscela ed al secondo posto lo zucchero, ma va molto a gusto personale.
Pomodori verdi fritti croccanti
ingredienti per una trentina di pezzi:
4 pomodori molto verdi e sodi (c.a 500 gr.)
100 gr. di farina di mais bianca sottile (oppure di fioretto giallo)
40 gr. di farina di riso (oppure farina 00)
3 cucchiai di semi di sesamo
1 cucchiaio di cipolla in polvere
2 uova
3 cucchiai di latte
sale
zucchero
pepe al mulinello
olio di arachidi (o extravergine leggero) per friggere
Lavare ed asciugare molto bene i pomodori, tagliarli a fette spesse circa 5 mm. e passarli in 30 gr. di farina di riso, lasciandoli poi riposare su un vassoio sempre infarinato.
Sbattere le uova con il latte e, in un'altra ciotola, miscelare la farina di mais con i 10 gr. di farina di riso rimasti, i semi di sesamo, la cipolla, una grattata di pepe, un pizzico di zucchero ed una piccola presa di sale.
Passare i pomodori infarinati prima nell'uovo poi nel composto di farina di mais e riadagiarli sul vassoio infarinato.
Scaldare un dito d'olio in un padellino (se il padellino è piccolo si usa meno olio ma vanno fritti pochi pezzi per volta e diventa un lavoro più lungo) e cuocervi i pomodori circa un paio di minuti per lato, o comunque fino a che la crosta è ben dorata; metterli a scolare su carta assorbente e tenere in caldo in forno a 60° a mano a mano che vengono pronti, servire quindi ben caldi spolverizzati con zucchero e/o sale.
Oggi parlo dunque sì di cucina americana, perchè in realtà c'è un intero continente da scoprire e prima o poi da qualche parte bisogna pur incominciare (non vorremo certo rimanere tutta la vita convinti che negli Stati Uniti si mangino solamente hamburger, tacchini ripieni e bistecche!), ma per il momento lascio volentieri da parte Halloween... Mi occuperò di zucche a festa finita.
E se proprio vogliamo parlare di America, partirei... dai primi conquistatori! Quando le navi occidentali iniziarono ad arrivare in America, prevalentemente nelle zone del Golfo del Messico e dintorni, gli Europei sbarcando si trovarono di fronte un patrimonio alimentare per gran parte sconosciuto. Soprattuto agli inizi faticavano a prenderci confidenza, ma qualcosa dovevano pure mettere sotto i denti daltronde, perchè le scorte imbarcate per la navigazione si esaurivano in fretta, i rapporti di scambio con le popolazioni indigene non erano dei più semplici e per cominciare a coltivare autonomamente i nuovi territori occorreva tempo e conoscenza delle caratteristiche locali. Dovevano quindi improvvisare al momento e cucinare con quello che a loro appariva più familiare del nuovo territorio, inventandosi dei piatti a cavallo tra le usanze europee e quelle degli "indiani".
Ottennero i risultati più svariati, non solo in base alla zona climatica in cui approdarono ed alla conseguente varietà di vegetali ed animali che incontrarono, ma anche in base alle popolazioni con cui entrarono in contatto e a ciò che da loro riuscirono ad imparare, tra un massacro e l'altro... Da tutti quegli esperimenti hanno preso origine diversi piatti che poi nel tempo sono diventati dei "classici" della cucina americana, magari per noi del tutto sconosciuti ma ancora molto diffusi nella cucina popolare delle varie aree.
Uno di questi piatti storici, tipico degli Stati del Sud, è diventato recentemente famoso anche da noi soprattutto grazie al film che lo citava nel titolo: "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno". In realtà in Italia il piatto non ha poi preso piede concretamente e appare proprio di rado sulle nostre tavole, tanto è vero che i pomodori verdi fritti sono praticamente assenti anche dai menù dei locali che propongono cucina americana in Italia. Forse perchè è una preparazione davvero casalinga, forse perchè i pomodori verdi non sono disponibili in tutte le stagioni... o forse perchè non ne esiste una versione surgelata o precotta che al nostro palato sia accettabile!
Per prearare un piatto come si deve infatti servono proprio dei pomodori freschissimi. Si possono benissimo usare quelli che nei nostri climi, sorpresi dai primi freddi, restano grossi ma acerbi sulle piante perchè non riescono più a maturare. Questi pomodori verdi sono quanto di più simile sui possa reperire sul territorio italiano ai pomodori tondi ed acerbi che si trovarono di fronte i coloni appena sbarcati. E che pensarono di farne ai tempi? Di impanarli e friggerli! Non avendo pane o farina di grano utilizzarono semplicemente la locale farina di mais, che gli indigeni ottenevano macinando a pietra i chicchi interi di mais bianco essicato e che utilizzavano per pani croccanti, frittelle e polentine. I coloni neoarrivati ci passarono invece i pomodori a fette e li dorarono poi nel grasso di pancetta che era rimasto in cambusa. Quando si parla di "arte di arrangiarsi"...
Il piatto da allora si è poco evoluto, nel senso che di fatto era perfetto così; ogni zona ha naturalmente la sua versione ma la sostanza cambia proprio in piccoli dettagli. Una tra varianti le più curiose mi sembra quella della Pensilvania, dove i pomodori vengono passati in farina comune, fritti in un tegame di ferro con burro fuso e serviti su fette di pane tostato insieme ad una salsa fatta del fondo di cottura stemperato con panna ed abbondantemente pepato. Sembra che il plus di questa salsa sia proprio l'aroma che le conferiscono i grumolini di pomodori bruciacchiati raschiati dal fondo della padella...
Qui propongo una versione più contemporanea e "USA style" rispetto a quella arcaica originale, rivisitandola con gli occhi di un abitante dei luoghi che dopo cinque secoli ha a disposizione qualche ingrediente in più (!) e che, soprattutto, ha avuto tempo di sviluppare un proprio palato personale, nel caso dell'"americano medio" inevitabilmente propenso al fritto croccante. Ecco dunque doppia infarinatura e uovo, a trattenere più copertura, quindi la comparsa di una crosticina più spessa dell'originale ed anche più fragrante grazie ai semi di sesamo. L'aroma di cipolla invece va a compensare la sottrazione del bacon, che ad un palato un po' rustico spiace abbandonare. Se non si trova la cipolla in polvere (vero tocco USA, ma che ho trovato anche in Spagna ed in Svizzera...) eventualmente si può unire un cucchiaio di polpa fresca di cipolla tritata finissima (quasi una pasta) all'uovo sbattuto, anche se l'effetto risulta alla fine più dolce e umido e meno marcato dell'ideale.
Le farine che ho indicato sono quelle che mi hanno dato i migliori risultati ma ho provato anche con le farine citate tra parentesi e i pomodori sono comunque molto buoni. Diciamo che in questa versione i pomodori fritti sono rimasti belli asciutti e croccanti anche quando si sono raffreddati... cosa che li ha resi gustosi anche per una merenda in un panino con un pochino di maionese... (ma quanto mi sto americanizzando in questo post?!)
Per bilanciare l'acido dei pomodori verdi c'è chi usa spolverizzarli leggermente di zucchero una volta fritti prima di servirli, mentre altri li condiscono solo con un pizzico di sale. Io ho provato l'uno, l'altro, una miscela di zucchero e sale in pari proporzioni ed anche lisci... Metterei al primo posto la miscela ed al secondo posto lo zucchero, ma va molto a gusto personale.
Pomodori verdi fritti croccanti
ingredienti per una trentina di pezzi:
4 pomodori molto verdi e sodi (c.a 500 gr.)
100 gr. di farina di mais bianca sottile (oppure di fioretto giallo)
40 gr. di farina di riso (oppure farina 00)
3 cucchiai di semi di sesamo
1 cucchiaio di cipolla in polvere
2 uova
3 cucchiai di latte
sale
zucchero
pepe al mulinello
olio di arachidi (o extravergine leggero) per friggere
Lavare ed asciugare molto bene i pomodori, tagliarli a fette spesse circa 5 mm. e passarli in 30 gr. di farina di riso, lasciandoli poi riposare su un vassoio sempre infarinato.
Sbattere le uova con il latte e, in un'altra ciotola, miscelare la farina di mais con i 10 gr. di farina di riso rimasti, i semi di sesamo, la cipolla, una grattata di pepe, un pizzico di zucchero ed una piccola presa di sale.
Passare i pomodori infarinati prima nell'uovo poi nel composto di farina di mais e riadagiarli sul vassoio infarinato.
Scaldare un dito d'olio in un padellino (se il padellino è piccolo si usa meno olio ma vanno fritti pochi pezzi per volta e diventa un lavoro più lungo) e cuocervi i pomodori circa un paio di minuti per lato, o comunque fino a che la crosta è ben dorata; metterli a scolare su carta assorbente e tenere in caldo in forno a 60° a mano a mano che vengono pronti, servire quindi ben caldi spolverizzati con zucchero e/o sale.
- rivoli affluenti:
- per una breve storia della cucina americana: AA.VV., Heritage of America Cookbook, Meredith Books
ma vuoi farmi del male??????
RispondiElimina1) Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop è stato uno dei miei libri preferiti prima, d film che ho amato poi
2) mi piacciono da pazzi!!!!!
3) ho una fame boia e vista l'ora mi sa che salto!
assassina....... crudelia........ :-)
Per la cipolla in polvere la vedo un pò dura...ma per il resto i consigli dati sono fondamentali.
RispondiEliminaQuesta estate pescavo di proposito i pomodori verdi e sodi che nessuno voleva e li friggevo con sola farina di mais con risultati alternanti e soprattutto dipendenti dalla qualità della materia prima. L'uso dell'uovo lo avevo evitato...tuttavia quello che mi ha illuminato adesso è l'uso della farina di riso che suppongo essere fondamentale per contenere l'umidità dei pomodori consentendo di avere una superficie più adatta alla frittura.
Ottimo. Annotato tutto.
PS
Complimenti come sempre per l'impostazione del post :-)
@babs: non eri stata tu a citarmi la frittura quando in precedenti post cucinavo diversamente i pomodori verdi?! E allora: beccati questa!
RispondiElimina@gambetto: tra halloween e centri commerciali vedo che oggi condividiamo un umore social-moraleggiante...
Sì, esatto, la prima infarinatura con una polvere molto fine fa proprio da barriera perchè l'umidità del pomodoro non arrivi alla crosta. Ancora meglio se prima di immergerli nell'uovo lasci riposare qualche minuto i pomodori coperti di farina di riso e li scrolli solo all'ultimo, così l'acqua del pomodoro è tutta compensata e resta attaccato solo il velo indispensabile ad aggrappare l'uovo, e di coseguenza poi la farina più grossa.
E la cipolla è solo una cortesia verso il gusto americano, possiamo tranquillamente farne a meno!
E va beh...potevi invitarmi però!
RispondiElimina@virò: e che ti invito a fare, tanto non accetti mai...
RispondiEliminaquesto post mi piace molto, rispetto e ammiro profondamente le persone che vanno contro le mode. La nostra società a volte si comporta come un gregge, magari l'erba non è buona però tutti la mangiano perchè qualcuno ha detto che è buona (adoro parlare per metafore:) ). Halloween è una festa pagana, è un residuo della cultura celtica, festeggivano l'inizio dell'anno nuovo proprio il primo di novembre. in questo giorno si celebrava la fine dell'estate e l'entrata verso la stagione invernale e quindi verso la stagione delle tenebre. la notte fra il 31 e il primo novembre era chiamata "la notte di samahin", durante la notte gli spiriti salivano sulla terra per impossessarsi dei corpi umani, per evitare ciò in ogni villaggio sugli altari sacri i druidi accendevano un fuoco sacro spento dopo il rintocco della mezzanotte che segnava un nuovo anno.
RispondiEliminaBeh, tu mi fai scoprire un mondo culinario fuori dal comune..
@aria: per non parlare della "festa dei morti" della tradizione messicana, quella sì ricca di spunti di riflessione... e di pietanze rituali interssantissime!
RispondiEliminaLa tradizione celtica druidica a cui ti riferisci tu è invece europea, vero? Anche tu non sei affatto male come fonte di conoscenze fuori dal comune...
:-)
RispondiEliminabellissimo questo blog!! spunti interessanti... l'ultima volta che ho mangiato pomodori verdi fritti mi trovavo a miami...
RispondiEliminaSi i Celti sono una popolazione indoeuropea, hanno colonizzato molti luoghi europei: la Penisola Iberica, L'italia, la Francia, l'Inghilterra, Germania, Austria...sono stati peggio del prezzemolo, erano dappertutto!!!
RispondiElimina@pinguil: quando capito in un posto diverso dal mio cerco di riportarmi da quel luogo i sapori ed i gesti della preparazione, perchè riprodurli poi a casa mi fa sentire che il viaggio non è ancora finito.
RispondiElimina@aria: mentre ti seguo nel nord della Spagna e negli altri Paesi, mi sembra che in Italia abbiano lasciato meno segni. E' la stratificazione delle moltelici invasioni successive che ne ha un po' attutito l'effetto o sono io assolutamente orba di fronte a segni importanti di una cultura che non so riconoscere ed attribuisco ad altre fonti?
Un'impronta celtica si può vedere del nord Italia e del centro Italia. Alcuni dialetti riprendono la lingua celtica o i nomi di fiori come la Betulla. Lavarsi con il sapone non è mica un'usanza romana, ma celtica. mangiare seduti è un'altra caratteristica tipica dei celti, i romani mangiavano sdraiati. l'uso di mangiare formaggi stagionati proviene proprio dal mondo celtico. Come testimonianze archeologiche abbiamo la "stele di travertino" con iscrizione bilingue: latino e celtico o diversi ciottoli con scrittura celtica. Le testimonianze archeologiche in nostro possesso sono scarse, il periodo classico cercò di eliminare ogni segno dell'invasione celtica che fuorono attratti in Italia dal vino romano. Ma la cultura celtica per alcuni aspetti e rimasta comunque radicata nel nostro Paese.
RispondiElimina@aria: che i popoli nordici si nutrissero più di latticini, carni e birra rispetto ai popoli mediterranei, che utilizzavano maggiormente olio, cereali e vino lo sapevo... ma non avevo mai pensato alle sedie (in effetti...) e non sapevo del sapone! Per fortuna quello almeno i popoli successivi non lo hanno eliminato...
RispondiEliminaGrazie mille delle spiegazioni!
di nulla :)
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