Ho avuto bisogno di una compensazione dopo qualche ora a contatto con una persona viscida ed approfittatrice, di quelle che avvicinano gli altri al solo scopo di fregarli. Un'esperienza talmente negativa che mi sono sentita addosso la necessità e l'urgenza di lavare via tutto per potere poi dedicarmi a qualcosa di assolutamente positivo, a bilanciare quella terribile sensazione di sporcizia e repulsione.
Sono sempre stata convinta della bontà innata: da sempre sono vissuta nella assoluta certezza che sotto sotto siamo tutti "fondamentalmente onesti"... (no, beh, qui non posso evitare una citazione che mi fa sorridere e virgolettare una frase oramai leggenda familiare: è la definizione che diede mio padre del primo morosino che osai portare in casa! Non poteva dire che gli sembrasse bello, simpatico od intelligente e cercando di commentare senza ferirmi se ne uscì con questa frase: "Cosa ne penso?! Beh... mi sembra un ragazzino fondamentalmente onesto..." Allora ci rimasi male, oggi riconosco tutta la tenerezza di quel maldestro tentativo di diplomazia genitoriale.)
Qui comunque sto parlando seriamente di quella primordiale onestà di cui credo siamo tutti dotati alla nascita e che dovrebbe guidarci nelle relazioni con gli altri. Poi la vita a volte ci costringe a qualche mezza tinta, a piccoli compromessi, ad un silenzio di troppo. A bugie con noi stessi, magari. Si finisce sempre per ferire qualcuno inevitabilmente, ma non riesco a credere nella disonestà pura e nel menefreghismo assoluto.
Personalmente ho una specie di automatismo nell'inversione dei ruoli: prima di dire o fare qualcosa che per me è importante mi viene instintivo immaginare che effetto mi farebbe se fossi io la persona a cui i miei gesti o parole sono destinati. E do per scontato che sia un meccanismo spontaneo e naturale in tutti. Forse si chiama educazione, forse rispetto, forse civiltà... forse semplicemente coscienza.
Recentemente sono stata costretta ad entrare in contatto con una persona che invece fa del proprio benessere l'unica regola di vita, ignorando bellamente qualsiasi responsabilità insita nei suoi comportamenti perchè tanto le conseguenze negative dei suoi atti ricadono solo sugli altri. Non potevo credere stesse succedendo davvero: i "cattivi cattivi" di solito sono solo nei film... ed invece ne avevo davanti uno in carne e ossa, che ha pure preso di mira me!
Non sono stupida ed ho capito il suo gioco, solo che per contrastarlo avrei dovuto applicare le sue stesse regole... e non ne sono stata capace. Così ha vinto lui ed io sono rimasta beffata dalla consapevolezza che lui abbia puntato proprio sulla mia sostanziale incapacità di barare per portare a termine senza grandi ostacoli la sua manovra da "furbo".
Passati la rabbia, l'incredulità e lo schifo iniziali si è fatto però strada in me un crescente senso di pena nei suoi confronti. Pensa poverino, mi sono detta, aver vissuto tutta una vita così, bruciando praticamente tutte le conoscenze che ha perchè in un modo o in un altro puntualmente sta tirando loro delle fregature. Pensa dover vivere in un mondo di sole balle, a costruire continuamente castelli in aria per abbbagliare le persone che lo circondano senza un attimo di riposo, senza mai un contatto umano vero e profondo, senza abbassare la guardia per un attimo di respiro. Pensa avere per amici solo persone disoneste come lui, pensa tornarsene a casa la sera magari più ricco di ieri ma senza un cane che lo ami per quello che davvero è, perchè in realtà non lo conosce davvero nessuno. Pensa potersi permettere di dare fiducia solo a persone talmente più stupide di te che ti seguono ciecamente per una vita perchè tanto non saranno mai in grado di capire che ci stai giocando...
Probabilmente c'è chi trae soddisfazione dal raggirare gli altri immaginando sia un segno di intelligenza, chi interpreta il successo dei propri trucchi come una forma di superiorità, chi ritiene la solitudine affettiva un privilegio che permette di non condividere le proprie ricchezze e di non essere intralciati sul cammino della scaltrezza. Si sente parte di un'elite di furbi e guarda con un sorriso beffardo e compiaciuto alla vita ed alle banali formichine che si affannano nel seguirne le regole.
Non ho dovuto in realtà pensarci poi su più di tanto, perchè passato il primo momento di sconcerto mi sono accorta che se questo compiacimento rappresenta il massimo della serenità che questo genere di persona può permettersi... quei poveretti sono davvero conciati male! Io posso sentirmi orgogliosa di non essere come loro, di essere ingenua, di non saper allungare la mano ad afferrare quello che era mio ed un altro mi ha estorto disonestamente, ma il loro vero orgoglio qual è?
Non che finora nessuno mi abbia mai fatto del male, ma ogni volta mi sono chiesta il motivo dei loro atti ed ogni volta sono riuscita a trovare delle ragioni scatenanti (anche se magari non le condividevo per niente!). Questa volta no, devo dunque ammettere con sconcerto che purtoppo esistono davvero anche i cattivi "puri". Continuo a credere che siano rari, dato che con questa mia contorta abitudine di mettermi nei panni degli altri non riesco proprio ad immaginare come possano persone simili dormire tranquilli la notte...
E poi come possono vivere senza le vere soddisfazioni della vita, tipo curarsi l'anima con la cucina? Se uno ad esempio dedica il suo tempo a studiare raggiri invece che a cucinare ricette di famiglia, non potrà mai capitargli di rietrare dopo una giornata piuttosto dura e trovare qualche piccola, curata, meravigliosamente efficace consolazione gastronomica ad aspettarlo... Che razza di vita è?!
Riassunto: una giornata amara e dolce è compensata con una ricetta casalinga classica giapponese per cui ogni famiglia ha il suo piccolo segreto, un suo modo di trovare l'equilibrio perfetto tra, appunto, il salato ed il dolce. Non che io abbia una famiglia giapponese alle spalle, intendiamoci, ma la ricchezza di affetti e di certezze in cui sono cresciuta mi hanno permesso di viaggiare con la fantasia, di imparare il piacere della condivisione e di dedicarmi ad esperienze positive senza necessità di coltivare la cattiveria.
Proprio perchè ultimamente cado un po' troppo spesso nel giapponese do di questa versione anche una variante con ingredienti occidentali, perchè le giornate dolci e amare che capitano a chiunque possano essere compensate anche all'ultimo momento con quello che si ha già in casa... Questo significa essere persone ricche di risorse, questi sono i veri dettagli di cui è un piacere essere orgogliosi...
Kabocha no nimono - Zucca stufata alla giapponese
ingredienti per 4 persone:
600 gr. di zucca giapponese (tonda, dolce, dalla scorza verde e sottile e dalla polpa compatta)
300 ml. di dashi (o acqua)
2 cucchiai di mirin (o vermouth bianco in cui è stata sciolta una punta di zucchero)
1/2 cucchiaio di salsa di soja (eh no, qui non saprei proprio cosa usare in alternativa...)
sansho (pepe giapponese, facoltativo; sostituibile con il pepe di Setchuan cinese o con del pepe bianco miscelato a pochissima scorza di limone)
sale
zucchero
Tagliare la zucca a cubotti di 5 cm. circa, il più possibile uniformi come dimensione e spessore in modo che possano cuocere tutti allo stesso modo. Se si usa una zucca dalla scorza sottile si può lasciarne attaccata qualche strisciolina per un effetto decorativo e perchè aiuti a tenere i pezzi in forma, badando però ad inciderla leggermente, in modo che il condimento possa penetrare lo stesso.
Disporre i cubotti in un tegame possibilmente in uno strato solo (con l'eventuale scorza sul fondo), versarvi il dashi in modo che la copra per due terzi, chiudere con un coperchio e portare a bollore.
Unire il mirin, abbassare la fiamma fino ad un lieve sobbollire e coprire con un otoshibuta (coperchio di legno leggero, leggermente più piccolo della pentola, che poggiando sul liquido ne controlla la bollitura senza premere sul cibo ed evita fuoriuscite di liquido. Si può sosotituire con un foglio di stagnola leggermente più piccolo del diametro della pentola, forato al centro), cuocendo per 5 minuti.
Unire la salsa di soja, assaggiare il brodo ed un pezzettino di zucca e verificare se serve aggiungere un pizzico di sale e/o di zucchero, in base alla dolcezza iniziale della verdura. Coprire di nuovo con l'otoshibuta e cuocere fino a che la zucca è morbida ed il liquido molto ridotto, facendo attenzione a non farla spappolare.
Servire caldo o tiepido (ma anche freddo il giorno dopo è buonissimo), spolverizzato a piacere con un pizzico di sansho.
Sono sempre stata convinta della bontà innata: da sempre sono vissuta nella assoluta certezza che sotto sotto siamo tutti "fondamentalmente onesti"... (no, beh, qui non posso evitare una citazione che mi fa sorridere e virgolettare una frase oramai leggenda familiare: è la definizione che diede mio padre del primo morosino che osai portare in casa! Non poteva dire che gli sembrasse bello, simpatico od intelligente e cercando di commentare senza ferirmi se ne uscì con questa frase: "Cosa ne penso?! Beh... mi sembra un ragazzino fondamentalmente onesto..." Allora ci rimasi male, oggi riconosco tutta la tenerezza di quel maldestro tentativo di diplomazia genitoriale.)
Qui comunque sto parlando seriamente di quella primordiale onestà di cui credo siamo tutti dotati alla nascita e che dovrebbe guidarci nelle relazioni con gli altri. Poi la vita a volte ci costringe a qualche mezza tinta, a piccoli compromessi, ad un silenzio di troppo. A bugie con noi stessi, magari. Si finisce sempre per ferire qualcuno inevitabilmente, ma non riesco a credere nella disonestà pura e nel menefreghismo assoluto.
Personalmente ho una specie di automatismo nell'inversione dei ruoli: prima di dire o fare qualcosa che per me è importante mi viene instintivo immaginare che effetto mi farebbe se fossi io la persona a cui i miei gesti o parole sono destinati. E do per scontato che sia un meccanismo spontaneo e naturale in tutti. Forse si chiama educazione, forse rispetto, forse civiltà... forse semplicemente coscienza.
Recentemente sono stata costretta ad entrare in contatto con una persona che invece fa del proprio benessere l'unica regola di vita, ignorando bellamente qualsiasi responsabilità insita nei suoi comportamenti perchè tanto le conseguenze negative dei suoi atti ricadono solo sugli altri. Non potevo credere stesse succedendo davvero: i "cattivi cattivi" di solito sono solo nei film... ed invece ne avevo davanti uno in carne e ossa, che ha pure preso di mira me!
Non sono stupida ed ho capito il suo gioco, solo che per contrastarlo avrei dovuto applicare le sue stesse regole... e non ne sono stata capace. Così ha vinto lui ed io sono rimasta beffata dalla consapevolezza che lui abbia puntato proprio sulla mia sostanziale incapacità di barare per portare a termine senza grandi ostacoli la sua manovra da "furbo".
Passati la rabbia, l'incredulità e lo schifo iniziali si è fatto però strada in me un crescente senso di pena nei suoi confronti. Pensa poverino, mi sono detta, aver vissuto tutta una vita così, bruciando praticamente tutte le conoscenze che ha perchè in un modo o in un altro puntualmente sta tirando loro delle fregature. Pensa dover vivere in un mondo di sole balle, a costruire continuamente castelli in aria per abbbagliare le persone che lo circondano senza un attimo di riposo, senza mai un contatto umano vero e profondo, senza abbassare la guardia per un attimo di respiro. Pensa avere per amici solo persone disoneste come lui, pensa tornarsene a casa la sera magari più ricco di ieri ma senza un cane che lo ami per quello che davvero è, perchè in realtà non lo conosce davvero nessuno. Pensa potersi permettere di dare fiducia solo a persone talmente più stupide di te che ti seguono ciecamente per una vita perchè tanto non saranno mai in grado di capire che ci stai giocando...
Probabilmente c'è chi trae soddisfazione dal raggirare gli altri immaginando sia un segno di intelligenza, chi interpreta il successo dei propri trucchi come una forma di superiorità, chi ritiene la solitudine affettiva un privilegio che permette di non condividere le proprie ricchezze e di non essere intralciati sul cammino della scaltrezza. Si sente parte di un'elite di furbi e guarda con un sorriso beffardo e compiaciuto alla vita ed alle banali formichine che si affannano nel seguirne le regole.
Non ho dovuto in realtà pensarci poi su più di tanto, perchè passato il primo momento di sconcerto mi sono accorta che se questo compiacimento rappresenta il massimo della serenità che questo genere di persona può permettersi... quei poveretti sono davvero conciati male! Io posso sentirmi orgogliosa di non essere come loro, di essere ingenua, di non saper allungare la mano ad afferrare quello che era mio ed un altro mi ha estorto disonestamente, ma il loro vero orgoglio qual è?
Non che finora nessuno mi abbia mai fatto del male, ma ogni volta mi sono chiesta il motivo dei loro atti ed ogni volta sono riuscita a trovare delle ragioni scatenanti (anche se magari non le condividevo per niente!). Questa volta no, devo dunque ammettere con sconcerto che purtoppo esistono davvero anche i cattivi "puri". Continuo a credere che siano rari, dato che con questa mia contorta abitudine di mettermi nei panni degli altri non riesco proprio ad immaginare come possano persone simili dormire tranquilli la notte...
E poi come possono vivere senza le vere soddisfazioni della vita, tipo curarsi l'anima con la cucina? Se uno ad esempio dedica il suo tempo a studiare raggiri invece che a cucinare ricette di famiglia, non potrà mai capitargli di rietrare dopo una giornata piuttosto dura e trovare qualche piccola, curata, meravigliosamente efficace consolazione gastronomica ad aspettarlo... Che razza di vita è?!
Riassunto: una giornata amara e dolce è compensata con una ricetta casalinga classica giapponese per cui ogni famiglia ha il suo piccolo segreto, un suo modo di trovare l'equilibrio perfetto tra, appunto, il salato ed il dolce. Non che io abbia una famiglia giapponese alle spalle, intendiamoci, ma la ricchezza di affetti e di certezze in cui sono cresciuta mi hanno permesso di viaggiare con la fantasia, di imparare il piacere della condivisione e di dedicarmi ad esperienze positive senza necessità di coltivare la cattiveria.
Proprio perchè ultimamente cado un po' troppo spesso nel giapponese do di questa versione anche una variante con ingredienti occidentali, perchè le giornate dolci e amare che capitano a chiunque possano essere compensate anche all'ultimo momento con quello che si ha già in casa... Questo significa essere persone ricche di risorse, questi sono i veri dettagli di cui è un piacere essere orgogliosi...
Kabocha no nimono - Zucca stufata alla giapponese
ingredienti per 4 persone:
600 gr. di zucca giapponese (tonda, dolce, dalla scorza verde e sottile e dalla polpa compatta)
300 ml. di dashi (o acqua)
2 cucchiai di mirin (o vermouth bianco in cui è stata sciolta una punta di zucchero)
1/2 cucchiaio di salsa di soja (eh no, qui non saprei proprio cosa usare in alternativa...)
sansho (pepe giapponese, facoltativo; sostituibile con il pepe di Setchuan cinese o con del pepe bianco miscelato a pochissima scorza di limone)
sale
zucchero
Tagliare la zucca a cubotti di 5 cm. circa, il più possibile uniformi come dimensione e spessore in modo che possano cuocere tutti allo stesso modo. Se si usa una zucca dalla scorza sottile si può lasciarne attaccata qualche strisciolina per un effetto decorativo e perchè aiuti a tenere i pezzi in forma, badando però ad inciderla leggermente, in modo che il condimento possa penetrare lo stesso.
Disporre i cubotti in un tegame possibilmente in uno strato solo (con l'eventuale scorza sul fondo), versarvi il dashi in modo che la copra per due terzi, chiudere con un coperchio e portare a bollore.
Unire il mirin, abbassare la fiamma fino ad un lieve sobbollire e coprire con un otoshibuta (coperchio di legno leggero, leggermente più piccolo della pentola, che poggiando sul liquido ne controlla la bollitura senza premere sul cibo ed evita fuoriuscite di liquido. Si può sosotituire con un foglio di stagnola leggermente più piccolo del diametro della pentola, forato al centro), cuocendo per 5 minuti.
Unire la salsa di soja, assaggiare il brodo ed un pezzettino di zucca e verificare se serve aggiungere un pizzico di sale e/o di zucchero, in base alla dolcezza iniziale della verdura. Coprire di nuovo con l'otoshibuta e cuocere fino a che la zucca è morbida ed il liquido molto ridotto, facendo attenzione a non farla spappolare.
Servire caldo o tiepido (ma anche freddo il giorno dopo è buonissimo), spolverizzato a piacere con un pizzico di sansho.
- rivoli affluenti:
- una delle più interessanti fonti di consigli sulla cucina casalinga giapponese: AAVV, Japanese Home Style Cooking, Better Home Japan
Mi dispiace tantissimo dei momenti amari che hai avuto , ma la tua dolcezza è una vera forza .
RispondiEliminaUn abbraccio . chiara
@chiara: per carità, i momenti davvero amari sono quelli che non ti riesci più a scrollare di dosso. Comunque ti abbraccio anch'io, che i gesti d'affetto fanno sempre bene!
RispondiEliminaE'difficile mettere a fuoco la cattiveria altrui vero? Darle anche solo gli onori dell'esistenza sembra già implicitamente una sconfitta. Poi ci si allontana, se ne dimentica volutamente l'esperienza diretta quasi a mò di catarsi fisiologica, si incede nuovamente nel siamo tutti "fondamentalmente onesti"...per poi inevitabilmente incappare nella prossima delusione.
RispondiEliminaLa cucina come momento riflessivo lenitivo mi sembra la scelta migliore...e non avevo dubbi, credimi, che facessi tappa in Giappone per qualcosa di consolatorio...ma pensavo...e se ne avessi fatto un piatto in più di questa invitantissima zucca per offrirla alla 'personcina' che hai conosciuto...magari semplificando la preparazione...tipo
sostituendo solo per lui contemporaneamente dashi, mirin e salsa di soja con un corroborante e potente lassativo!!
ehehhehe
Un abbraccio affettuoso :))
Come ti capisco... Si, guardando indietro devo ammettere che ho preso delle belle fregature. Chi vive secondo le regole e' inevitabile che prima o poi venga fregato. Passato il primo momento di autocommiserazione (inutile, peraltro) io mi dico: Avrei fatto in modo diverso? e la risposta e' sempre NO.
RispondiEliminaMorale: io sono io e non voglio cambiare per un vantaggio momentaneo.
E dopo questa saccente autonalisi (meglio riderci sopra) ti auguro una buona giornata :-)
Che tristezza quando incontri questi personaggi, l'importante è riuscire a riconoscerli nel più breve tempo possibile, cosa che le persone intelligenti e sensibili (vorrei dire come te, ma poi magari mi accusi di troppa piaggeria) riescono a fare abbastanza velocemente, perlomeno in tempo per non esserne troppo danneggiate. Chissà che fine ha fatto il ragazzino fondamentalmente onesto. Doveva essere come quelle ragazze di cui si dice che sono molto belle dentro.
RispondiElimina@gambetto: sinceramente non sarei riuscita a condividere del cibo con una persona così, la sua vicinanza ad un certo punto ha cominciato a procurarmi proprio un fastidio fisico, quasi urticante. Meglio levarselo al più presto di torno: la simpatica vendetta che suggerisci non mi avrebbe dato sufficiente gusto per sopportarne la presenza un attimo di più...
RispondiElimina@corradoT: esattamente quello che mi sono detta io, che sto bene con me stessa perchè non mi è venuto istintivo scendere al suo livello di "furbizia" e dovesse ricapitare agirei allo stesso modo. Non è un vanto, solo una constatazione, non si tratta di saccenza ma di autoconsolazione...
Buona giornata anche a te.
@enrico: diciamo che inquadrare queste persone evita danni morali permanenti e ti fa prendere con più filosofia i danni materiali che non sei riuscito ad evitare...
RispondiEliminaSai che ora mi hai messo la pulce nell'orecchio di conoscere il destino del ragazzino? Se credessi in Facebook potrei anche risolvere ma tendenzialmente preferisco tenermi la curiosità...
Che ricette particolari, brava!E anche tutto quello scritto sopra ;-)
RispondiElimina@simona: grazie dei complimenti, l'importante è che le ricette funzionino, sia per il palato che per l'umore...
RispondiEliminaIl tuo post affronta un tema sul quale ho sempre molto meditato e in passato sofferto, data la mia educazione dove tutto doveva essere a modo e poco rumoroso. Chiaramente questo tipo di persone ormai le individuo al primo colpo, le escludo gentilmente dal mio quotidiano e vado avanti. Noi pensiamo che certe persone "crescano" in qualche modo,ma sapete una cosa, già da bambini certi caratteri si vedono e sono davvero crudeli!!! frasi e offese veramente cattive che sento gratuitamente pronunciare ad un bambino di 10-12 anni.... credo che questi atteggiamenti nascondano una grossa insicurezza ed un grande malessere interiore.
RispondiEliminaQuando avevo più o meno 20 anni mio zio mi diceva sempre una frase che allora non capivo: Patricia, stai serena... mi sembrava così noioso e poco stimolante come stato di vita!!! io volevo vivere!!! invece oggi capisco che prima di tutto è la serenità la cosa più importante, e sinceramente, non credo che questo tipo di persone lo siano!!
La ricettina della zucca agro dolce mi piace molto:)
Un abbraccio
Patricia
@patricia: la cosa tragica (per loro) è che invece credo siano davvero sereni ed appagati e che dormano pure sonni traquilli perchè per loro quello è il mondo di vivere "normale". Anche tu cerchi motivazioni come faccio io: insicurezza, malessere, traumi infantili, cadute dal seggiolone... Non so, finora più che crederci ci ho sperato, nell'esistenza di motivazioni. Nel senso che, per me come per te, finora la cattiveria senza una ragione (anche sbagliata, per carità, ma una ragione!) non rientrava proprio nelle categorie di pensiero concepibili...
RispondiEliminaTuo zio comunque era un grande!
Come diceva una persona che ho conosciuto non troppo giovane ma molto saggia, GIRA....GIRA... la FRECCIA torna in CULO.....a CHI la tira.
RispondiEliminaBella la ricetta mi farò dare un pezzo di zucca mantovana (congelata) e la farò. baci.. baci..
@pistacchietta: magari non succede proprio così... ma questa volta mi hai davvero strappato una risata! Baci allegri anche a te...
RispondiEliminaEh che vuoi... incontrare Berlusconi nella vita puo' capitare... il mondo e' davvero piccolo.
RispondiElimina@giu: ma per lui vale la caduta dal seggiolone (vuoi mettere, con una mamma santa sia tra crtistiani che tra ebrei, i suoi traumi infantili?), per il mio cattivo c'entra solo il gusto di farla franca...
RispondiEliminaI cattivi non la fanno mai franca, non te la prendere, fatti forte e con tutta la serenità che puoi siediti lungo il fiume ed aspetta, vedrai che mentre l'acqua scorre lavando via tutti i tuoi tristi pensieri si porterà via il "cadavere del nemico" e poi ti porterà anche qualche fiore di primavera.
RispondiEliminaIl disgelo è vicino!
Un abbraccio
Marcella
e scopro che ieri è stata una giornata in cui, per un motivo o per un altro c'era necessità di consolazione. hai ben descritto come riescano, i cattivi, a vivere con naturalezza la loro condizione. spesso aspettare che la giustizia si compia non paga. continuare a ricascarci...è un problema comune...
RispondiElimina@marcella: lasciamo tranquillamente i "nemici" al loro destino e concentriamoci sull'acqua che scorre e sui fiori. Solo cose piacevoli e positive, per il futuro...
RispondiElimina@mogliedaunavita: la giustizia, sempre che arrivi, magari riesce a ripagare un danno concreto ma non compensa il malessere del contatto con le bruttezze. Io non mi aspetto nemmeno quello però, cerco di passare oltre. Poi se arriva una qualche forma di rimedio al danno patito meglio ancora, per il momento mi concentro sulla compensazione di una ricettina jap o di un bel bagno profumato...
Riuscire a scacciare queste persone dalla propria vita, a difendersi è molto importante, perché la maggior parte delle volte sono subdole e dotate di un istinto notevole per capire al volo il punto debole delle persone; sì, c'è gente che gode nel fare male agli altri.
RispondiEliminaRiuscire a dimenticare il male, a proseguire, a ricucire, secondo me, è ancora più difficile e più importante. Io credo dipenda anche dalla quantità di volte che ti capita nella vita (in questo senso, non si fa mai il callo, non ci abitua...), e dal fatto che si abbia la fortuna di avere accanto qualcuno che ti ama e che ti invoglia a voltare pagina, a concentrare le energie su qualcosa di meglio.
Questa gente non merita che gli si dedichi del tempo.
Parole sante di mariuzza: avere accanto una persona meravigliosamente stupenda allegra e solare ti fa dimenticare i brutti incontri dopo 5 minuti, e lo stesso concentrare le energie in qualcosa di meglio... ultimamente le due cose sono, anzi integrano, la mia terapia quotidiana.
RispondiEliminaEppure ci sono giorni in cui la ferita non rimargina e l'amarezza ti resta incollata addosso... questione di sensibilità, non è certo un difetto, ma un bellissimo pregio.
(...e mentre scrivevo è passato di qui mio marito, mi ha dato un bacino e voltandosi ha fatto il siparietto di andare a sbattere nel muro, come lo fa lui fa sbellicare... come si fa a non essere felici???)
Giu for president!
RispondiElimina@mariuzza: hai ragione, il callo non ce lo si fa mai, prevale la speranza che sia stato un episodio isolato perchè si spera sempre nella vita e nelle persone. E se anche capita di non avere a fianco una persona speciale a sostenerti è già molto importante trovare persone intelligenti, sesibili e spiritose che con i loro commenti ti mostrano altri punti di vista, ti fanno sorridere e distrarre e ti confermano che la maggioranza dell'umanità è decisamente degna di essere frequentata!
RispondiElimina@linda: saper godere di questi piccoli attimi di perfezione annulla qualsiasi amarezza e ridimensiona anche problemi più grandi. Davvero mica male come terapia...
Virò: vieni con me a fare un blitz in Ungheria, così possiamo cospirare insieme ad un colpo di stato...
è tanto che ti leggo ma non ho mai scritto nulla...ora vedendo questo post mi è venuto in mente un libro di erri de luca "non ora non qui" in cui diceva più o meno così: "il male che mi insegnavi a riconsocere io lo vedevo causato dalle persone. mi sorvegliavo per non procurarne, perchè anche un rossore risparmiato ad altri fa parte delle nostre responsabilità. non tutti ebbero una madre che spiegava il male"....un abbraccio anche se non ci conosciamo!!
RispondiElimina@paoletta: quanto mi piacciono le parole che hi riportato! E la sensibilità con cui le hai ricordate, che mi arriva decisamente consolatoria. Un abbraccio ed un ringraziamento a te...
RispondiEliminaEcco, vedi...Erri De Luca era proprio un nominativo che mi ero appuntata...
RispondiElimina@virò: ma quanto è piccolo il mondo...
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