Racconto oggi sul Calendario che la convinzione che Caterina de’ Medici abbia portato con sé
uno stuolo di cuochi provetti quando andò sposa al futuro re di Francia Luigi
II nel 1533, sia in realtà solo una leggenda: gli scambi culturali e gastronomici tra i due Paesi erano attivi da secoli e si influenzavano a vicenda, tanto è vero che si trovano già nel Liber de coquina napoletano dei primi del '300 una ricetta di carne ad usum Francie e un brodium gallicanum, così come nei testi francesi suoi contemporanei trovano posto tranquillamente una tourte lombarde e un potage de Lumbars.
Come si spiega allora l'attuale, curiosa convinzione che la rivoluzione gastronomica francese del XVII secolo sia stata possibile solo grazie agli insegnamenti dei cuochi di corte italiani, di cui per secoli non esiste alcuna testimonianza documentale ne' in trattati francesi ne' italiani, e quando invece si è appurato che lo staff italiano di cucina di Caterina comprendeva sono alcuni cuochi del Mugello ed un gelataio urbinate? La colpa è, incredibilmente, proprio dei Francesi!
Gli storici Alberto Capatti e Massimo Montanari raccontano che già nel 1584 lo scalco Giovan Battista Rossetti dichiarava che tutto ciò che sanno i cuochi francesi e tedeschi è stato loro insegnato dai colleghi italiani, ma specificano che allora si trasmettevano ancora tecniche e principi della cucina "elegante" tre-quattrocentesca, ovvero la sovrapposizione di spezie, di zucchero e di acido nei sapori e la perizia dell'artificio nella presentazione.
Una cucina completamente innovativa richiede una evoluzione del gusto, il cui modello nasce in Francia quando vari fattori economici rendono le spezie meno costose, dunque meno elitarie e perciò meno adatte alle tavole eleganti; tale evoluzione comprende la valorizzazione degli ortaggi rispetto al prestigio assoluto della carne sulle tavole nobili, approccio che prende origine da una consolidata abitudine italiana dei ceti popolari e medi e che in Francia, prima che altrove, trova apprezzamento presso i nobili come " il nuovo lusso" della riscoperta di aromi, erbe e profumi "indigeni".
Il tratto distintivo dei cuochi italiani dell'epoca era per la verità, oltre alla sapienza tecnica e ad una certa pratica con le verdure, una grande serietà ed una profonda consapevolezza del proprio ruolo professionale, viste però dai Francesi come inutili ed eccentriche ampollosità, tanto che Montaigne, nei suoi Saggi del 1580-88, ironizza sull'eccessiva eloquenza di un cuoco italiano da lui conosciuto, che gli parlò per ore di cucina "con una gravità ed un contegno magistrale, come se mi avesse parlato di qualche argomento di teologia."
Sull'onda di questo atteggiamento denigratorio, radicatosi nel tempo nella percezione francese della cucina, nel 1754 la leggenda di Caterina de'Medici fa capolino, proprio come esempio negativo, addirittura nella Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers illuminista, in cui il compilatore della voce "cucina" Louis Jaoucourt probabilmente aveva letto Rossetti e, critico nei confronti dell'eccessiva importanza data al cibo in Francia, la spiega, incredibilmente, così:
"Gli italiani hanno ereditato per primi i residui della cucina romana; sono loro che hanno fatto conoscere ai francesi la buona tavola, di cui molti nostri re tentarono con editti di reprimere l'eccesso; ma alla fine essa prende il sopravvento sulle leggi sotto il regno di Enrico II; allora i cuochi di quel paese transalpino vennero a stabilirsi in Francia; ed è questa una delle cose di cui siamo debitori a quella torma di italiani corrotti che servivano alla corte di Caterina de' Medici."
Prendendo alla lettera tale dichiarazione e quella di Montaigne ma cancellandone (più o meno volutamente) i giudizi negativi, ecco che da quel momento in poi molti dei trattati di cucina e ricettari, sia italiani che francesi, le riportano nei loro testi come convincimenti storici positivi, a testimonianza del nostro buon gusto e della nostra cultura gastronomica. Addirittura nel 1822 lo stesso Antonin Carême racconta di come "i cucinieri della seconda metà del Settecento conoscono il gusto della cucina italiana che Caterina de’ Medici ha introdotta alla corte di Francia".
Oggi che il primato gastronomico della Francia è superato da decenni da infinite cucine, tra cui la spagnola, la scandinava, la cinese, l'italiana stessa ma soprattutto da quella globale, il mito della Francia tuttora culla della gastronomia sopravvive solo nell'immaginario americano, mentre quello di Caterina de' Medici maestra europea di cultura della tavola resta una leggenda piacevole da assaporare soprattutto per gli Italiani.
E proprio di autore italiano d'epoca che viveva all'estero, Giacomo Castelvetro (di cui racconto meglio perchè e percome nel Calendario) sono le ricette di oggi, gli asparagi all'arancia, che trovate sul Calendario e qui i cetrioli ripieni, che servirei entrambe come antipasto.
Quest'ultima preparazione ricorda quella odierna delle zucchine e, rispetto ad esse, il pregio dei cetrioli è che la loro polpa resta croccante e succosa pur accogliendo tutti gli aromi della farcia, e crea in bocca un effetto sorprendente.
Non dimentichiamo comunque che, come le zucche, le zucchine arrivarono dall'America solo ai primi del'500, erano quindi ancora semisconosciute nell'uso alimentare europeo all'epoca di Caterina de' Medici. Di certo a inizi '600, quando Castelvetro scrive, non erano diffuse a sufficienza nelle coltivazioni italiane per includerle in un trattato sui prodotti tipici delle nostre terre.
Castelvetro adora infatti le verdure "comuni" del Bel Paese e le erbe fresche, che preferisce alla onnipresente carne ed agli stucchevoli miscugli di spezie della cucina europea di corte dell'epoca, tanto da scrivere un trattato che ne mostri alle corti europee il valore non solo medico-nutritivo, ma anche quello gastronomico: descrive quindi verdure ed erbe come prelibatezze degne delle tavole più nobili e ne suggerisce usi relativamente semplici ma adatti ai principi di elegante raffinatezza delle mense più sofisticate.
In questo alimenta la rivalutazione degli ortaggi di cui parlo nell'articolo sul Calendario, vero apporto italiano alla cucina francese ed in cui erano maestri i cuochi italiani del '500 e '600... tra cui, ovviamente, anche i cucinieri murgellesi di Caterina de' Medici!
CETRIOLI RIPIENI AL FORNO
Ricetta originale:Gli storici Alberto Capatti e Massimo Montanari raccontano che già nel 1584 lo scalco Giovan Battista Rossetti dichiarava che tutto ciò che sanno i cuochi francesi e tedeschi è stato loro insegnato dai colleghi italiani, ma specificano che allora si trasmettevano ancora tecniche e principi della cucina "elegante" tre-quattrocentesca, ovvero la sovrapposizione di spezie, di zucchero e di acido nei sapori e la perizia dell'artificio nella presentazione.
Una cucina completamente innovativa richiede una evoluzione del gusto, il cui modello nasce in Francia quando vari fattori economici rendono le spezie meno costose, dunque meno elitarie e perciò meno adatte alle tavole eleganti; tale evoluzione comprende la valorizzazione degli ortaggi rispetto al prestigio assoluto della carne sulle tavole nobili, approccio che prende origine da una consolidata abitudine italiana dei ceti popolari e medi e che in Francia, prima che altrove, trova apprezzamento presso i nobili come " il nuovo lusso" della riscoperta di aromi, erbe e profumi "indigeni".
Il tratto distintivo dei cuochi italiani dell'epoca era per la verità, oltre alla sapienza tecnica e ad una certa pratica con le verdure, una grande serietà ed una profonda consapevolezza del proprio ruolo professionale, viste però dai Francesi come inutili ed eccentriche ampollosità, tanto che Montaigne, nei suoi Saggi del 1580-88, ironizza sull'eccessiva eloquenza di un cuoco italiano da lui conosciuto, che gli parlò per ore di cucina "con una gravità ed un contegno magistrale, come se mi avesse parlato di qualche argomento di teologia."
Sull'onda di questo atteggiamento denigratorio, radicatosi nel tempo nella percezione francese della cucina, nel 1754 la leggenda di Caterina de'Medici fa capolino, proprio come esempio negativo, addirittura nella Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers illuminista, in cui il compilatore della voce "cucina" Louis Jaoucourt probabilmente aveva letto Rossetti e, critico nei confronti dell'eccessiva importanza data al cibo in Francia, la spiega, incredibilmente, così:
"Gli italiani hanno ereditato per primi i residui della cucina romana; sono loro che hanno fatto conoscere ai francesi la buona tavola, di cui molti nostri re tentarono con editti di reprimere l'eccesso; ma alla fine essa prende il sopravvento sulle leggi sotto il regno di Enrico II; allora i cuochi di quel paese transalpino vennero a stabilirsi in Francia; ed è questa una delle cose di cui siamo debitori a quella torma di italiani corrotti che servivano alla corte di Caterina de' Medici."
Prendendo alla lettera tale dichiarazione e quella di Montaigne ma cancellandone (più o meno volutamente) i giudizi negativi, ecco che da quel momento in poi molti dei trattati di cucina e ricettari, sia italiani che francesi, le riportano nei loro testi come convincimenti storici positivi, a testimonianza del nostro buon gusto e della nostra cultura gastronomica. Addirittura nel 1822 lo stesso Antonin Carême racconta di come "i cucinieri della seconda metà del Settecento conoscono il gusto della cucina italiana che Caterina de’ Medici ha introdotta alla corte di Francia".
Oggi che il primato gastronomico della Francia è superato da decenni da infinite cucine, tra cui la spagnola, la scandinava, la cinese, l'italiana stessa ma soprattutto da quella globale, il mito della Francia tuttora culla della gastronomia sopravvive solo nell'immaginario americano, mentre quello di Caterina de' Medici maestra europea di cultura della tavola resta una leggenda piacevole da assaporare soprattutto per gli Italiani.
E proprio di autore italiano d'epoca che viveva all'estero, Giacomo Castelvetro (di cui racconto meglio perchè e percome nel Calendario) sono le ricette di oggi, gli asparagi all'arancia, che trovate sul Calendario e qui i cetrioli ripieni, che servirei entrambe come antipasto.
Quest'ultima preparazione ricorda quella odierna delle zucchine e, rispetto ad esse, il pregio dei cetrioli è che la loro polpa resta croccante e succosa pur accogliendo tutti gli aromi della farcia, e crea in bocca un effetto sorprendente.
Non dimentichiamo comunque che, come le zucche, le zucchine arrivarono dall'America solo ai primi del'500, erano quindi ancora semisconosciute nell'uso alimentare europeo all'epoca di Caterina de' Medici. Di certo a inizi '600, quando Castelvetro scrive, non erano diffuse a sufficienza nelle coltivazioni italiane per includerle in un trattato sui prodotti tipici delle nostre terre.
Castelvetro adora infatti le verdure "comuni" del Bel Paese e le erbe fresche, che preferisce alla onnipresente carne ed agli stucchevoli miscugli di spezie della cucina europea di corte dell'epoca, tanto da scrivere un trattato che ne mostri alle corti europee il valore non solo medico-nutritivo, ma anche quello gastronomico: descrive quindi verdure ed erbe come prelibatezze degne delle tavole più nobili e ne suggerisce usi relativamente semplici ma adatti ai principi di elegante raffinatezza delle mense più sofisticate.
In questo alimenta la rivalutazione degli ortaggi di cui parlo nell'articolo sul Calendario, vero apporto italiano alla cucina francese ed in cui erano maestri i cuochi italiani del '500 e '600... tra cui, ovviamente, anche i cucinieri murgellesi di Caterina de' Medici!
CETRIOLI RIPIENI AL FORNO
De cedruoli o cocumeri:
[…] Dei più grossi ne facciamo del buon cibo, aprendogli pel mezzo e tutto quel tenerume cavato; e con buone erbette [*] ben tagliate vi mettiamo un uovo e pan grattugiato con cacio e olio o butiro; il tutto impastiamo e il voto del citriuolo ne empiamo, e ad arrostire su la graticola lo mettiamo, o in una teggiuzza di terra o di rame stagnata col suo coperto lo lasciamo adagio cuocere. Vi si può ancora aggiungere pepe o spezie forti.
[*altrove dice il Castelvetro: le nostre massare chiamino erbe buone una certa proporzione di petrosello, di bietola, di menta, di basilico e di timo.]
Rielaborazione:
La cottura in forno statico riproduce quella del "forno di campagna", ovvero la cottura in contenitore chiuso con braci sotto e sopra, per il Castelvetro alternativa alla griglia.
ingredienti per 4 persone:
4 cetrioli
4 foglie di bieta da taglio
2 uova piccole
60 g di formaggio Lodigiano o Castelmagno (oppure grana) grattugiato
60 g di pangrattato
2 rametti di prezzemolo
1 rametto di basilico
1 rametto di menta
1/2 cucchiaio di foglie di timo
3 o 4 cucchiai di olio extravergine
sale
pepe nero al mulinello
Tagliare in due i cetrioli per il lungo, scavarne fuori i semi, salare leggermente e lasciar scolare le barchette capovolte su un vassoio leggermente inclinato.
Tritare finemente tutte le erbe con le foglie di bieta.
Sbattere le uova con formaggio, erbe, pangrattato, 2 cucchiai di acqua e 2 cucchiai di olio; regolate di sale e pepare abbondantemente.
Farcire con il composto i cetrioli asciugati, disporli in una pirofila unta e irrorare con un filo di olio.
Cuocere in forno statico a 180 °C per circa 25-30 minuti, fino a che il ripieno è dorato in superficie.
Servirli caldi, tiepidi o a temperatura ambiente, decorati con ciuffetti di erbe fresche o, meglio, con i loro fiori (che qui però non avevo).
Grazie per questo bellissimo approfondimento a completamento del già ricco articolo per il Calendario
RispondiEliminaÈ sempre molto interessante conoscere la nostra storia e come a volte nascono le leggende
Tanti auguri Manu
Grazie a te Manu per la cura e l'attenzione che metti nel Calendario!
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