In tutto questo andirivieni della famiglia Polo nelle terre di Levante, capitava anche che talvolta se ne tornassero pure... a Venezia! E dopo tutte le stranezze assaggiate durante i loro viaggi di certo faceva piacere a tutti ritrovare le pietanze "di casa". Già, ma che si mangiava a Venezia all'epoca di Marco Polo? Questa volta più che un viaggio nello spazio ci si propone un viaggio indietro nel tempo...
"Costruita su scampoli di terre e barene, isolata dalle acque della laguna, senza terra che fornisca 'cosa alcuna al viver degli uomini', Venezia ha detenuto da secoli un primato nell'arte gastronomica. [...] Erede diretta della tradizione bizantina e quindi romana, la gastronomia lagunare è tra le prime a confrontarsi con le altre cucine del mondo: dalla misulmana all'autroungarica passando per quella spagnola e francese.
Sono incontri che nascono dalla convivenza con le popolazioni islamiche (la Serenissima fin da XIII secolo ha ambasciate permanenti e comunità sparse in tutto il Medio Oriente), o dal confronto con le minoranze straniere di Venezia o, ancora, dall'umile lavoro di tutti i giorni dei molti schiavi impiegati in funzione di cuochi. [...]
Ma la vera grandezza di Venezia è stata quella di saper uscire dalle cucine e di arrivare alla biblioteca, che poi significa uscire dalla dimensione dell'effimero per restare nei secoli. Caso unico in tutta la penisola, qui si sviluppa una grande editoria gastronomica con la pubblicazione di ricettari, traduzioni di libri di dietetica dall'arabo e dal greco, trattati di agricoltura, resoconti di viaggio che informano in tempo reale della scoperta di nuovi prodotti."
Tra questi trattati troviamo Il Milione di Marco Polo, che già stiamo conoscendo, ed anche il Libro per cuoco, manoscritto di un dotto veneziano rimasto anonimo vissuto nella prima metà del XIV secolo. Il testo, stampato per la prima volta verso la fine dell'800 con il titolo Libro di cucina del secolo XIV di Anonimo Veneto, era dedicato non ai cuochi (che nel Trecento nemmeno sapevano leggere) ma ad un pubblico ristretto, raffinato, colto e curioso. Riportava varie notizie di cultura gastronomica e 135 ricette di cucina dogale, in cui le influenze greco-romane ed arabe venivano intrerpretate attraverso la tradizione storica lagunare.
Fin dai tempi romani Venezia, non avendo terreni coltivabili, aveva basato la propria economia sulla produzione e commercio del sale e, di conseguenza, sulla conservazione dell'abbondante pesce a disposizione. Le paludi erano anche ricche di volatili, così sale, pesce fresco e conservato, cacciagione e pregiati uccelli rapaci erano fruttuosa merce di scambio con le campagne limitrofe per avere sempre rifornimento di verdura e frutta, cereali e farine, carne da allevamento e latticini.
La cucina popolare era dunque semplice: pesci secchi scaldati alla griglia e conditi con le erbette dei piccoli orti familiari, zuppe e brodetti con gli stessi ingredienti, carni e pesci freschi arrostiti, risotti con fagioli dall'occhio, minestre condite con il grasso del pesce, con gli onti sotili (il burro), lo strutto o con l'olio di importazine bizantina. Ma nell'arco di duecento anni tutto si rivoluziona...
Prima dell'anno Mille le invasioni barbariche e la caduta dell'Impero Romano avevano causato lo stagnamento in tutta la penisola dell'agricoltura, delle manifatture, degli scambi commerciali. Dall'altra parte le civiltà araba con le sue avanzatissime conoscienze medico-scientifiche e quella bizantina, concentrata sulla bellezza e sulla raffinatezza dei costumi, stavano invece fiorendo... e Venezia stava proprio nel mezzo!
Nel 1082 , sfruttando il "vuoto" romano, Venezia ottenne da Bisanzio l'esenzione esclusiva da imposte e dazi per i propri commercianti e nel 1204 insediò un podestà a rappresentare la comunità veneziana in Costantinopoli. Un vero e proprio precursore delle successive ambasciate diplomatiche permamnenti, che nell'arco di pochi anni si diffusero in tutto il Levante, diventando dei concretissimi ponti tra civiltà differenti. Così i commerci veneziani fiorirono al massimo ed al porto dalle navi veneziane insieme alle merci esotiche cominciarono a sbarcare anche una differente mentalità gastronomica, ricca di raffinate usanze e ricette orientali...
Inizialmente le spezie vennero usate prevalentemente dall'aristocrazia, anche se l'intera società con il passare del tempo ne manifestò e ricerco il gusto, non tanto per una questione di prestigio od emulazione quanto per lo spirito tipico veneziano, aperto alle novità ed allo straniero. In questo contesto viene scritto il Libro per cuoco, che appunto riporta pochissime ricette di pesce, definito cape e granzi et altri pesetti malsani e de cativo nutrimento (che tutti conoscono e che ora sono roba "da popolino"!), mentre miscela a piatti tipici lagunari i nuovi metodi ed i nuovi sapori d'importazione.
Ad esempio secondo l'uso arabo la carne viene ricoperta d'acqua, senza rosolatura, e deve risultare alla fine morbida e brodosa. Della tradizione veneziana di origine romana fanno parte invece le salsette agre e dolci, ed ecco così che gli stufati brodosi in questo ricettario si trasformano in savori, "sapori" con cui ultimare la preparazione di carni già cotte. L'addensante tipico delle salse orientali è la polvere di mandorle, quello veneziano è la mollica di pane; il conservante arabo lo zucchero e quello veneziano l'aceto... Ed oggi sperimentiamo una ricetta che riassume un po' tutti questi ingredienti!
Polli, anatre e capponi eano ritenuti carni molto pregiate rispetto all'ordianrio pesce, tanto è vero che raramente appaiono sulle tavole della povera gente. Parte dei tributi di monasteri e comunità dell'estuario venivano pagati al Doge porprio in natura con una quantità di pollame proporzionata all'estensione dei loro terreni (oppure, in caso di penuria di volatili, con apposite monete sostitutive chiamate non a caso osele... )
Non so se Marco Polo l'avrà mai assaggiato un pollo cucinato così a casa sua, ma dato che il trattato raccontava di usanze già esistenti tra le famiglie di alto lignaggio e quella dei Polo non era proprio di quelle poverissime... potrebbe anche essere molto probabile! E di certo grazie ai commeric diretti, spezie e datteri a loro non ne mancavano...
Cito qui solo l'inizio della ricetta originale, perchè poi ho fatto tutto di testa mia, miscelando questa ed un'altra ricetta simile ma più semplice e soprattutto diminuendo di molto il numero degli ingredienti e le loro dosi:
Ambrosino bono e perfecto et cetera + Savore rinforzato perfecto per polastri e caponi
Se tu vuoi fare ambrosino per XII persone, toy sei caponi magretti e 2 libre de mandole, e una libra de uva passa, e 1 datali e una libra de brognole e 1e meza de genzevro fino e una meza entra noce moschate e garofani...
Pollo in "savore" di nocciole e datteri
ingredienti per 4 persone:
1 petto di pollo intero
1 gambo di sedano
1 carota
3 bei datteri
3 chiodi di garofano
1 stecca di cannella
4 o 5 grani di pepe nero
20 gr. di mandorle sbucciate
20 gr. di nocciole
40 gr. di pane duro in fette sottili
1 cucchiaio di aceto di mele o di aceto bianco non troppo forte
1 cucchiaio scarso di zucchero
1 pizzico di zenzero in polvere
1 macinata di noce moscata
20 gr. di burro
sale
Mettere in petto di pollo in un tegame con la cipolla, il sedano e la carota a pezzetti, i chiodi di garofano, il pepe in grani, la cannella ed un pizzico di sale, coprire di acqua, portare a bollore semicoperto e cuocere a fuoco basso per una ventina di minuti, fino a che la carne è bella morbida.
Filtrare il brodo e metterne da parte 200 ml., quindi tagliare il petto in 4 porzioni, eliminando gli ossicini, e rimetterli a bagno nel brodo rimanente perchè restino tiepidi, insieme ai datteri.
Rosolare il pane nel burro con mandorle e nocciole fino a che è tutto leggermente dorato e spegnere subito.
Versare tutto nel frullatore e ridurre in crema, aggiungendo l'aceto e qualche cucchiaio del brodo di pollo speziato filtrato tenuto da parte.
Versare la crema nel tegame ed allungarla con il resto brodo fino a che raggiunge una consistenza morbida e vellutata, quindi unire lo zenzero, la noce moscata, lo zucchero, l'aceto, uno dei datteri tagliato a filettini e regolare di sale.
"Costruita su scampoli di terre e barene, isolata dalle acque della laguna, senza terra che fornisca 'cosa alcuna al viver degli uomini', Venezia ha detenuto da secoli un primato nell'arte gastronomica. [...] Erede diretta della tradizione bizantina e quindi romana, la gastronomia lagunare è tra le prime a confrontarsi con le altre cucine del mondo: dalla misulmana all'autroungarica passando per quella spagnola e francese.
Sono incontri che nascono dalla convivenza con le popolazioni islamiche (la Serenissima fin da XIII secolo ha ambasciate permanenti e comunità sparse in tutto il Medio Oriente), o dal confronto con le minoranze straniere di Venezia o, ancora, dall'umile lavoro di tutti i giorni dei molti schiavi impiegati in funzione di cuochi. [...]
Ma la vera grandezza di Venezia è stata quella di saper uscire dalle cucine e di arrivare alla biblioteca, che poi significa uscire dalla dimensione dell'effimero per restare nei secoli. Caso unico in tutta la penisola, qui si sviluppa una grande editoria gastronomica con la pubblicazione di ricettari, traduzioni di libri di dietetica dall'arabo e dal greco, trattati di agricoltura, resoconti di viaggio che informano in tempo reale della scoperta di nuovi prodotti."
Tra questi trattati troviamo Il Milione di Marco Polo, che già stiamo conoscendo, ed anche il Libro per cuoco, manoscritto di un dotto veneziano rimasto anonimo vissuto nella prima metà del XIV secolo. Il testo, stampato per la prima volta verso la fine dell'800 con il titolo Libro di cucina del secolo XIV di Anonimo Veneto, era dedicato non ai cuochi (che nel Trecento nemmeno sapevano leggere) ma ad un pubblico ristretto, raffinato, colto e curioso. Riportava varie notizie di cultura gastronomica e 135 ricette di cucina dogale, in cui le influenze greco-romane ed arabe venivano intrerpretate attraverso la tradizione storica lagunare.
Fin dai tempi romani Venezia, non avendo terreni coltivabili, aveva basato la propria economia sulla produzione e commercio del sale e, di conseguenza, sulla conservazione dell'abbondante pesce a disposizione. Le paludi erano anche ricche di volatili, così sale, pesce fresco e conservato, cacciagione e pregiati uccelli rapaci erano fruttuosa merce di scambio con le campagne limitrofe per avere sempre rifornimento di verdura e frutta, cereali e farine, carne da allevamento e latticini.
La cucina popolare era dunque semplice: pesci secchi scaldati alla griglia e conditi con le erbette dei piccoli orti familiari, zuppe e brodetti con gli stessi ingredienti, carni e pesci freschi arrostiti, risotti con fagioli dall'occhio, minestre condite con il grasso del pesce, con gli onti sotili (il burro), lo strutto o con l'olio di importazine bizantina. Ma nell'arco di duecento anni tutto si rivoluziona...
Prima dell'anno Mille le invasioni barbariche e la caduta dell'Impero Romano avevano causato lo stagnamento in tutta la penisola dell'agricoltura, delle manifatture, degli scambi commerciali. Dall'altra parte le civiltà araba con le sue avanzatissime conoscienze medico-scientifiche e quella bizantina, concentrata sulla bellezza e sulla raffinatezza dei costumi, stavano invece fiorendo... e Venezia stava proprio nel mezzo!
Nel 1082 , sfruttando il "vuoto" romano, Venezia ottenne da Bisanzio l'esenzione esclusiva da imposte e dazi per i propri commercianti e nel 1204 insediò un podestà a rappresentare la comunità veneziana in Costantinopoli. Un vero e proprio precursore delle successive ambasciate diplomatiche permamnenti, che nell'arco di pochi anni si diffusero in tutto il Levante, diventando dei concretissimi ponti tra civiltà differenti. Così i commerci veneziani fiorirono al massimo ed al porto dalle navi veneziane insieme alle merci esotiche cominciarono a sbarcare anche una differente mentalità gastronomica, ricca di raffinate usanze e ricette orientali...
Inizialmente le spezie vennero usate prevalentemente dall'aristocrazia, anche se l'intera società con il passare del tempo ne manifestò e ricerco il gusto, non tanto per una questione di prestigio od emulazione quanto per lo spirito tipico veneziano, aperto alle novità ed allo straniero. In questo contesto viene scritto il Libro per cuoco, che appunto riporta pochissime ricette di pesce, definito cape e granzi et altri pesetti malsani e de cativo nutrimento (che tutti conoscono e che ora sono roba "da popolino"!), mentre miscela a piatti tipici lagunari i nuovi metodi ed i nuovi sapori d'importazione.
Ad esempio secondo l'uso arabo la carne viene ricoperta d'acqua, senza rosolatura, e deve risultare alla fine morbida e brodosa. Della tradizione veneziana di origine romana fanno parte invece le salsette agre e dolci, ed ecco così che gli stufati brodosi in questo ricettario si trasformano in savori, "sapori" con cui ultimare la preparazione di carni già cotte. L'addensante tipico delle salse orientali è la polvere di mandorle, quello veneziano è la mollica di pane; il conservante arabo lo zucchero e quello veneziano l'aceto... Ed oggi sperimentiamo una ricetta che riassume un po' tutti questi ingredienti!
Polli, anatre e capponi eano ritenuti carni molto pregiate rispetto all'ordianrio pesce, tanto è vero che raramente appaiono sulle tavole della povera gente. Parte dei tributi di monasteri e comunità dell'estuario venivano pagati al Doge porprio in natura con una quantità di pollame proporzionata all'estensione dei loro terreni (oppure, in caso di penuria di volatili, con apposite monete sostitutive chiamate non a caso osele... )
Non so se Marco Polo l'avrà mai assaggiato un pollo cucinato così a casa sua, ma dato che il trattato raccontava di usanze già esistenti tra le famiglie di alto lignaggio e quella dei Polo non era proprio di quelle poverissime... potrebbe anche essere molto probabile! E di certo grazie ai commeric diretti, spezie e datteri a loro non ne mancavano...
Cito qui solo l'inizio della ricetta originale, perchè poi ho fatto tutto di testa mia, miscelando questa ed un'altra ricetta simile ma più semplice e soprattutto diminuendo di molto il numero degli ingredienti e le loro dosi:
Ambrosino bono e perfecto et cetera + Savore rinforzato perfecto per polastri e caponi
Se tu vuoi fare ambrosino per XII persone, toy sei caponi magretti e 2 libre de mandole, e una libra de uva passa, e 1 datali e una libra de brognole e 1e meza de genzevro fino e una meza entra noce moschate e garofani...
Pollo in "savore" di nocciole e datteri
ingredienti per 4 persone:
1 petto di pollo intero
1 gambo di sedano
1 carota
3 bei datteri
3 chiodi di garofano
1 stecca di cannella
4 o 5 grani di pepe nero
20 gr. di mandorle sbucciate
20 gr. di nocciole
40 gr. di pane duro in fette sottili
1 cucchiaio di aceto di mele o di aceto bianco non troppo forte
1 cucchiaio scarso di zucchero
1 pizzico di zenzero in polvere
1 macinata di noce moscata
20 gr. di burro
sale
Mettere in petto di pollo in un tegame con la cipolla, il sedano e la carota a pezzetti, i chiodi di garofano, il pepe in grani, la cannella ed un pizzico di sale, coprire di acqua, portare a bollore semicoperto e cuocere a fuoco basso per una ventina di minuti, fino a che la carne è bella morbida.
Filtrare il brodo e metterne da parte 200 ml., quindi tagliare il petto in 4 porzioni, eliminando gli ossicini, e rimetterli a bagno nel brodo rimanente perchè restino tiepidi, insieme ai datteri.
Rosolare il pane nel burro con mandorle e nocciole fino a che è tutto leggermente dorato e spegnere subito.
Versare tutto nel frullatore e ridurre in crema, aggiungendo l'aceto e qualche cucchiaio del brodo di pollo speziato filtrato tenuto da parte.
Versare la crema nel tegame ed allungarla con il resto brodo fino a che raggiunge una consistenza morbida e vellutata, quindi unire lo zenzero, la noce moscata, lo zucchero, l'aceto, uno dei datteri tagliato a filettini e regolare di sale.
Scaldare la salsa e disporvi il pollo facendo insaporire bene il tutto, quindi servire decorando ogni porzione con un altro mezzo dattero. Accompagnare, volendo, con lagane (lasagnette all'uovo spezzate) condite con burro, pepe ed un pizzico di cannella in polvere. (La mia presentazione non è molto elegante ma ho pensato più ad una tavola medievale di famiglia che ad un banchetto nobile e raffinato...)
- rivoli affluenti:
- per la storia alimentare di Venezia (da cu è tratta la citazione iniziale): Carla Croco, Venezia in cucina, Laterza
- per le influenze degli scambi con l'estero: Massimo Montanari (cura), Il mondo in cucina. Storia, identità, scambi, Laterza
- per notizie sul Libro per cuoco: Claudio Benporat, Storia della Gastronomia Italiana, Mursia
ma quante belle notizie!!!!!! e questo pollo sembra uno spettacolo, i datteri e le nocciole così insolito ma splendido! ciao Ely
RispondiEliminaNon posso non amare questo post che parla anche della mia Venezia!!!
RispondiEliminaNon so se conosci il blog di Elisabetta
http://panemieleblog.blogspot.com/
lei è laureta in storia ed aver lei per Venezia vuol dire avere una guida perfetta...ha scritto un bellissimo libro sugli orti veneziani
http://www.ibs.it/code/9788886089593/tiveron-elisabetta/quaderno-degli-orti-veneziani.html
...perchè a Venezia c'erano anche floridi orti! :) ...son sicura ti piacerebbe!
un bacio ....ahh... ricetta stupenda!
Altra bella finestra sul nostro "recente" passato in cucina. Onestamente avrei un pò di difficoltà con questo tipo di gusti e malgrado la mia spinta innovativa dello strutto con le vongole forse stavolta mi fermo davvero. Però mi sono gustato al meglio il post...davvero prezioso per tutte le notizie che racchiude ;)
RispondiEliminaBellissimo e credo gustosissimo questo post e soprattutto questo pollo, le mie amiche sono già in fila per prepararlo. Anche da me ho sentito che il diciassettenne Marco in procinto di partire per le Terresante con padre e zio, visto che il Conclave non si decide a fare il Papa nuovo, si sta leccando i baffi!
RispondiElimina@ely: non sai quanto mi diverto a viaggiare nel tempo... Ci sono alcune ricette della tradeizione italiana che a raccontarle non sembrano neanche vere... Eh, ma adesso che ho iniziato... lascia solo che termini il giro con Marco Polo e vedi poi che ti combino!
RispondiElimina@terry: il blog lo leggo ed ho sfogliato altri libri di Elisabetta Tiveron ma non questo sugli orti veneziani. Ma mi ci fionderò, perchè qui ho sorvolato velocemente sull'argomento (o invece di un post usciva un trattato!) ma gli orti erano parte dell'equilibratissima economia di sussistenza degli abitanti di Venezia fino ancora all'Ottocento. Venezia ti lascia leggere la sua storia anche attraverso i toponimi.
E diciamo che ogni tanto è proprio bello tornare a casa dopo tutti i nostri viaggi. Se poi uno abita a Venezia...
@gambetto: guarda comunque che oggi sia in Spagna che in Turchia ci sono dei piatti di carne in salsa di mandorle o noci diffusissimi e per niente strani. Certo, non contengono datteri...
Comunque le marinate in aceto anche in Italia spesso vedono un pizzico di zucchero e/o qualche uvetta. Diciamo che tutti i piatti contemporanei una qualche origine passata devono pure averla, no?
@enrico: direi che come minimo alla fine di questo lungo viaggio un banchetto di assaggi veri potremo pure concedercelo, no?! Di' alle tue amiche di prepararsi...
Ad ogni modo avverti tu Marco che in Terrasanta non ci sono più i Crociati ma che ci troverà i Mamelucchi?
Assolutamente si :))
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