Il racconto della famiglia Polo sarà anche arrivato casualmente oggi a Gerusalemme, in realtà questo mi da lo spunto per accennare a Pesah, la Pasqua Ebraica, che quest'anno, guarda un po', cade proprio dal 30 marzo al 6 aprile... Ed anche della nostra Pasqua, visto che ai tempi era molto più "normale" di adesso spostarsi anche per motivi religiosi, oltre a commerci e guerre. Così, sostando oggi a Gerusalemme in mezzo anche a fedeli e pellegrini... direi che ne approfitto!
Pensare alla Gerusalemme odierna fa inevitabilmente identificare il territorio con le abitudini alimentari ebraiche, e da lì parto per la confezione del pane. La religione ebraica ha un'interessante rapporto con il cibo, sia a livello rituale e simbolico come un po' anche quella cristiana, ma anche per i precisi ed importanti dettami alimentari che regolano la vita quotidiana, molto più presenti e rigorosi di quelli cattolici.
Mi sono chiesta però quali di queste regole fosse in vigore a Gerusalemme anche ai tempi di Marco Polo, dato che il Talmud, il testo che organizza la materia, fu scritto tra il IV ed il VII secolo d.C. ma in quel periodo, dopo essere stata dominata da genti differenti e riconquistata per l'ultimo centinaio di anni dai Crociati, la città dal 1197 era in realtà tornata sotto la dominazione dei Mamelucchi musulmani.
Marina Cepeda Fuentes (sì, proprio la stessa Marina del blog Che bolle in pentola?, autrice del libro sulla cucina dei pellegrini da cui traggo la citazione) racconta che "ancora intorno alla metà del IX secolo l'accesso ai Luoghi Sacri era relativamente semplice. Poi le continue incursioni degli Arabi, che si erano impadroniti del Mediterraneo, resero difficile il viaggio per mare." Si organizzarono in alternativa delle vie di terra, lungo cui protezione ed ospitalità erano garantiti da una rete di monasteri, ma con la conquista della Palestina da parte dei Turchi, i pellegrini cominciarono ad essere massacrati come infedeli.
Anche per questo nel 1096 il Papa indisse una crociata, sostituendo il pellegrinaggio per devozione con il "pellegrinaggio combattente". Nel periodo successivo la sicurezza dei Luoghi Santi venne garantita dai Templari e da altri ordini cavallereschi e monastici, ma con la definitiva perdita di Gerusalemme i pellegrini cristiani cominciarono ad interessarsi più ad altri luoghi di culto più "sicuri", come San Pietro a Roma, San Giacomo a Compostella o San Michele in Puglia, raggiungibili in modo relativamente più semplice attraverso Paesi "europei" tutti Cattolici. E con la caduta di Costantinopoli del 1453 la Terrasanta rimase argomento di grande contesa, dal punto di vista religioso, sostanzialmente solo tra Ebrei e Musulmani.
Ma noi con Marco Polo siamo nel 1271 ed in città convivono più o meno facilmente tutte e tre le religioni. Per non far torto a nessuno propongo un cibo semplicissimo che in parte nel rituale ebraico ha un preciso significato pasquale ma che non contravviene nessuno dei tabù dei tre regimi alimentari. E' possibile immaginarselo liberamente consumato da qualunque contadino, pastore o viandante che all'epoca si trovasse a pranzare a Gerusalemme in una casa, in un'osteria od anche si accampasse lungo la strada: pane e cipolle!
Oggi potrebbe sembrarci un pasto molto povero, dunque correttamente legato ai rituali ebraici della Pesah che ricordano le ristrettezze alimentari dei Giudei, costretti all'esodo dall'Egitto tanto improvvisamente da non aver nemmeno tempo per far lievitare il pane. E' comunque molto adatto anche al Venerdì Santo, il giorno più grave della Quaresima cristiana. Per i Cattolici praticanti oggi dovrebbe essere di digiuno totale ma anche per i meno osservanti rimane comunque un giorno di privazioni o perlomeno di magro.
A noi dunque un pasto tanto semplice da un senso di povertà, invece una cipolla arrostita e qualche galletta ai tempi di Marco Polo erano cibo apprezzatissimo non solo dagli abitanti del posto ma anche dai pellegrini, quelli che all'epoca ancora sfidavano qualsiasi pericolo per raggiungere i Luoghi Santi. Questi viaggiavano spesso con gallette e poco altro cibo conservabile nella sacca, accompagnando questo pane con erbe e verdure fresche quando potevano approfittare di un orto incustodito, di una massaia generosa o di un monastero ospitale.
Cipolle arrostite alla sefradita
Cuocere 1 cipolla a testa sotto la brace (o meno poeticamente nel forno a 170-180°) per 45-50 minuti, fino a che al tatto sono mobidissime.
Privarle della buccia e degli strati secchi, tagliarne la polpa in quattro spicchi e disporle su un vassoio o in piatti individuali.
Mentre sono ancora calde distribuirni sopra qualche cappero ben dissalato e condire con una miscela composta da 2/3 di olio e 1/3 di aceto bianco... o meglio ancora con solo olio e summac, come si dice furono mangiate al banchetto di nozze di Re Davide!
Lasciate riposare sono ancora più buone, quindi meglio servirle tiepide o a temperatura ambiente, insieme a qualche galletta di azzimo.
Matzah - Pane azzimo
ingredienti per circa 36/40 pezzi piccoli come i miei o per 8 pezzi canonici da 15x15 cm:
150 gr. di farina di grano duro
100 gr. di farina 00
80 ml. di olio di girasole
1/2 cucchiaino scarso di sale
Scaldare il forno a 180° ventilato o 200° statico, rivestire la teglia di carta forno oppure ungerla con cura (io ho usato la tovaglietta di silicone), setacciare insieme le farine e preparare tutti gli ingredienti a portata di mano perchè, secondo il precetto ebraico, da quando acqua e farina si miscelano a quando la pasta entra in forno non devono passare più di 15-18 minuti, in modo da evitare qualsiasi accenno di fermentazione.
Il metodo tradizionale prevede di disporre la farina a fontana miscelata con il sale, quindi versarvi l'olio e poi a filo acqua tiepida sufficiente ad ottenere una massa morbida ed elastica impastando per qualche minuto fino a che non è più collosa. Se serve aggiungere ancora un po' di acqua o di farina. Io ho messo tutto nell'impastatrice e l'ho lavorato per 5 minuti con il gancio a velocità 4 ed ho usato circa 100 ml. di acqua.
Stendere su una spianatoia e tirare con il mattarello in una sfoglia spessa circa 3 o 4 mm., disporre sulla teglia e incidere la pasta formando dei quadrati oppure dei triangoli.
Punzecchiare abbastanza fittamente con una forchetta e cuocere in forno per 20-25 minuti, fino a che la superficie è leggermente dorata. Una volta raffreddato il pane deve risultare sottile, duro e croccante tipo un cracker.
Il matzah più tradizionale, lo shmura matzah, non contiene ne' olio ne' sale, ma solo 2/3 di farina (tutta uguale, del tipo con approvazione rabbinica) e 1/3 di acqua, che vanno lavorate insieme prima in una ciotola e poi sulla spianatoia fino a che l'impasto non è più colloso; viene cotto in un pezzo solo, a circa 240° ed un po' più a lungo di quello con l'olio perchè dora più lentamente, e si spezza irregolarmente a mano una volta raffreddato o lo si riduce proprio in farina. In alternativa si lavorano delle sfoglie molto sottili spianando delle palline di impasto grandi come una noce e cuocendole in forno più brevemente.
Per eresia ho provato a farne anche una versione dolce, sempre ispirata da ricettari ebraici e compatibile con gli ingredienti dell'epoca ed i tre differenti dettami religiosi... Da consumare magari non in un venerdì di penitenza ma destinata ad una laicissima colazione/merenda/picnic di Pasquetta:
Gallette dolci con crema al cardamomo e albicocche
per le gallette:
250 gr, di farina di grano duro
50 gr. di farina 00
90 gr. di zucchero
1 cucchiaio di olio di girasole
circa 220 ml. di acqua tiepida
per la crema:
250 gr. di ricotta (*) o altro formaggio fresco morbido e cremoso
2 cucchiai di marmellata di albicocche
1 limone
5 o 6 gocce di acqua di rose
qualche bacca di cardamomo
Per le gallette miscelare e cuocere gli ingredienti come sopra, tenendo solo leggermente più a lungo nel forno i biscottini (circa 30 minuti).
Frullare la marmellata per sminuzzare gli eventuali pezzi grossi di frutta e ridurla ad una crema liscia.
Pestare 4 o 5 semi di cardamomo per ottenere circa un cucchiaino di polvere, tenendone da parte qualcuno intero per la decorazione
Sciogliere il succo del limone e l'acqua di rose nella marmellata, unire anche la polvere di cardamomo e miscelare il tutto con una frusta alla ricotta per ottenere un composto bello spumoso.
Servire la crema in coppette decorata con le gallette, i semi di cardamomo ed una grattatina di scorza di limone, oppure sbriciolare le gallette non troppo minutamente ed unirle alla crema, tenedo in frigo una mezz'oretta prima di servire e decorando all'ultimo momento.
(* in teoria si dovrebbe usare il kaimak, la panna di affioramento del latte di bufala, che lasciata a scolare si solidifica e va poi riammorbidita con un pochino di latte. Il sostituto più simile potrebbe essere il mascarpone, propongo qui ricotta perchè questo avevo in frigo...)
Pensare alla Gerusalemme odierna fa inevitabilmente identificare il territorio con le abitudini alimentari ebraiche, e da lì parto per la confezione del pane. La religione ebraica ha un'interessante rapporto con il cibo, sia a livello rituale e simbolico come un po' anche quella cristiana, ma anche per i precisi ed importanti dettami alimentari che regolano la vita quotidiana, molto più presenti e rigorosi di quelli cattolici.
Mi sono chiesta però quali di queste regole fosse in vigore a Gerusalemme anche ai tempi di Marco Polo, dato che il Talmud, il testo che organizza la materia, fu scritto tra il IV ed il VII secolo d.C. ma in quel periodo, dopo essere stata dominata da genti differenti e riconquistata per l'ultimo centinaio di anni dai Crociati, la città dal 1197 era in realtà tornata sotto la dominazione dei Mamelucchi musulmani.
Marina Cepeda Fuentes (sì, proprio la stessa Marina del blog Che bolle in pentola?, autrice del libro sulla cucina dei pellegrini da cui traggo la citazione) racconta che "ancora intorno alla metà del IX secolo l'accesso ai Luoghi Sacri era relativamente semplice. Poi le continue incursioni degli Arabi, che si erano impadroniti del Mediterraneo, resero difficile il viaggio per mare." Si organizzarono in alternativa delle vie di terra, lungo cui protezione ed ospitalità erano garantiti da una rete di monasteri, ma con la conquista della Palestina da parte dei Turchi, i pellegrini cominciarono ad essere massacrati come infedeli.
Anche per questo nel 1096 il Papa indisse una crociata, sostituendo il pellegrinaggio per devozione con il "pellegrinaggio combattente". Nel periodo successivo la sicurezza dei Luoghi Santi venne garantita dai Templari e da altri ordini cavallereschi e monastici, ma con la definitiva perdita di Gerusalemme i pellegrini cristiani cominciarono ad interessarsi più ad altri luoghi di culto più "sicuri", come San Pietro a Roma, San Giacomo a Compostella o San Michele in Puglia, raggiungibili in modo relativamente più semplice attraverso Paesi "europei" tutti Cattolici. E con la caduta di Costantinopoli del 1453 la Terrasanta rimase argomento di grande contesa, dal punto di vista religioso, sostanzialmente solo tra Ebrei e Musulmani.
Ma noi con Marco Polo siamo nel 1271 ed in città convivono più o meno facilmente tutte e tre le religioni. Per non far torto a nessuno propongo un cibo semplicissimo che in parte nel rituale ebraico ha un preciso significato pasquale ma che non contravviene nessuno dei tabù dei tre regimi alimentari. E' possibile immaginarselo liberamente consumato da qualunque contadino, pastore o viandante che all'epoca si trovasse a pranzare a Gerusalemme in una casa, in un'osteria od anche si accampasse lungo la strada: pane e cipolle!
Oggi potrebbe sembrarci un pasto molto povero, dunque correttamente legato ai rituali ebraici della Pesah che ricordano le ristrettezze alimentari dei Giudei, costretti all'esodo dall'Egitto tanto improvvisamente da non aver nemmeno tempo per far lievitare il pane. E' comunque molto adatto anche al Venerdì Santo, il giorno più grave della Quaresima cristiana. Per i Cattolici praticanti oggi dovrebbe essere di digiuno totale ma anche per i meno osservanti rimane comunque un giorno di privazioni o perlomeno di magro.
A noi dunque un pasto tanto semplice da un senso di povertà, invece una cipolla arrostita e qualche galletta ai tempi di Marco Polo erano cibo apprezzatissimo non solo dagli abitanti del posto ma anche dai pellegrini, quelli che all'epoca ancora sfidavano qualsiasi pericolo per raggiungere i Luoghi Santi. Questi viaggiavano spesso con gallette e poco altro cibo conservabile nella sacca, accompagnando questo pane con erbe e verdure fresche quando potevano approfittare di un orto incustodito, di una massaia generosa o di un monastero ospitale.
Cipolle arrostite alla sefradita
Cuocere 1 cipolla a testa sotto la brace (o meno poeticamente nel forno a 170-180°) per 45-50 minuti, fino a che al tatto sono mobidissime.
Privarle della buccia e degli strati secchi, tagliarne la polpa in quattro spicchi e disporle su un vassoio o in piatti individuali.
Mentre sono ancora calde distribuirni sopra qualche cappero ben dissalato e condire con una miscela composta da 2/3 di olio e 1/3 di aceto bianco... o meglio ancora con solo olio e summac, come si dice furono mangiate al banchetto di nozze di Re Davide!
Lasciate riposare sono ancora più buone, quindi meglio servirle tiepide o a temperatura ambiente, insieme a qualche galletta di azzimo.
Matzah - Pane azzimo
ingredienti per circa 36/40 pezzi piccoli come i miei o per 8 pezzi canonici da 15x15 cm:
150 gr. di farina di grano duro
100 gr. di farina 00
80 ml. di olio di girasole
1/2 cucchiaino scarso di sale
Scaldare il forno a 180° ventilato o 200° statico, rivestire la teglia di carta forno oppure ungerla con cura (io ho usato la tovaglietta di silicone), setacciare insieme le farine e preparare tutti gli ingredienti a portata di mano perchè, secondo il precetto ebraico, da quando acqua e farina si miscelano a quando la pasta entra in forno non devono passare più di 15-18 minuti, in modo da evitare qualsiasi accenno di fermentazione.
Il metodo tradizionale prevede di disporre la farina a fontana miscelata con il sale, quindi versarvi l'olio e poi a filo acqua tiepida sufficiente ad ottenere una massa morbida ed elastica impastando per qualche minuto fino a che non è più collosa. Se serve aggiungere ancora un po' di acqua o di farina. Io ho messo tutto nell'impastatrice e l'ho lavorato per 5 minuti con il gancio a velocità 4 ed ho usato circa 100 ml. di acqua.
Stendere su una spianatoia e tirare con il mattarello in una sfoglia spessa circa 3 o 4 mm., disporre sulla teglia e incidere la pasta formando dei quadrati oppure dei triangoli.
Punzecchiare abbastanza fittamente con una forchetta e cuocere in forno per 20-25 minuti, fino a che la superficie è leggermente dorata. Una volta raffreddato il pane deve risultare sottile, duro e croccante tipo un cracker.
Il matzah più tradizionale, lo shmura matzah, non contiene ne' olio ne' sale, ma solo 2/3 di farina (tutta uguale, del tipo con approvazione rabbinica) e 1/3 di acqua, che vanno lavorate insieme prima in una ciotola e poi sulla spianatoia fino a che l'impasto non è più colloso; viene cotto in un pezzo solo, a circa 240° ed un po' più a lungo di quello con l'olio perchè dora più lentamente, e si spezza irregolarmente a mano una volta raffreddato o lo si riduce proprio in farina. In alternativa si lavorano delle sfoglie molto sottili spianando delle palline di impasto grandi come una noce e cuocendole in forno più brevemente.
Per eresia ho provato a farne anche una versione dolce, sempre ispirata da ricettari ebraici e compatibile con gli ingredienti dell'epoca ed i tre differenti dettami religiosi... Da consumare magari non in un venerdì di penitenza ma destinata ad una laicissima colazione/merenda/picnic di Pasquetta:
per le gallette:
250 gr, di farina di grano duro
50 gr. di farina 00
90 gr. di zucchero
1 cucchiaio di olio di girasole
circa 220 ml. di acqua tiepida
per la crema:
250 gr. di ricotta (*) o altro formaggio fresco morbido e cremoso
2 cucchiai di marmellata di albicocche
1 limone
5 o 6 gocce di acqua di rose
qualche bacca di cardamomo
Per le gallette miscelare e cuocere gli ingredienti come sopra, tenendo solo leggermente più a lungo nel forno i biscottini (circa 30 minuti).
Frullare la marmellata per sminuzzare gli eventuali pezzi grossi di frutta e ridurla ad una crema liscia.
Pestare 4 o 5 semi di cardamomo per ottenere circa un cucchiaino di polvere, tenendone da parte qualcuno intero per la decorazione
Sciogliere il succo del limone e l'acqua di rose nella marmellata, unire anche la polvere di cardamomo e miscelare il tutto con una frusta alla ricotta per ottenere un composto bello spumoso.
Servire la crema in coppette decorata con le gallette, i semi di cardamomo ed una grattatina di scorza di limone, oppure sbriciolare le gallette non troppo minutamente ed unirle alla crema, tenedo in frigo una mezz'oretta prima di servire e decorando all'ultimo momento.
(* in teoria si dovrebbe usare il kaimak, la panna di affioramento del latte di bufala, che lasciata a scolare si solidifica e va poi riammorbidita con un pochino di latte. Il sostituto più simile potrebbe essere il mascarpone, propongo qui ricotta perchè questo avevo in frigo...)
- rivoli affluenti:
- Marina Cepeda Fuentes, La cucina dei pellegrini. Da Compostella a Roma: un singolare viaggio fra storia, usanze, profumi e sapori sulle antiche vie di pellegrinaggio, Paoline
- Claudia Roden, The Book of Jewish food. An Odyssey from Samarkand and Vilna to the Present Day, Penguin Books
- Massimo Salani, Le religioni a tavola, EDB
meraviglioso piatto nella sua semplicità! molto adatto ai viaggiatori, di certo i nostri bravi mercanti ne saranno stati ghiotti consumatori.
RispondiEliminaOrmai mi sono affezionato a loro e anche tu credo, per cui continuamo a seguirli passo dopo passo.
Ottimo piatto!!! Complimenti...Buona Pasqua
RispondiElimina@enrico: quando si pensa alla cucina del Trecento o a quella mediorientale ci si immaginano piatti molto elaborati e profumati... invece la maggior parte della gente comune mangiava così, indipendentemente da religione, politica e cose varie!
RispondiElimina@luciana: grazie, sei sempre gentilissima. Buona Pasqua anche a te e complimenti per la tua colomba!
Tanto 'povero e semplice' da esserne affascinata. Un piatto quasi universale.
RispondiEliminaNon mi stanchero' mai di ripetere che questo blog è unico, raro, e adoro i tuoi viaggi-riflessioni ;-)
Buona Pasqua serena!
Buona Pasqua, Acquaviva...
RispondiEliminaBella scoperta, questa mattina, il tuo blog
:-)
@edda: diciamo allora che l'ammirazione per il modo di condurre i blog è reciproca...
RispondiElimina@lonelywalker: grazie infinite. Capita spesso anche a me di fare incontri piacevoli camminando per sentieri inusuali...
mi sono persa diverse tappe del viaggio. recupero. questa è davvero una scoperta per me. buona Pasqua annalena.
RispondiElimina@mogliedaunavita: ognuno ha il suo modo di viaggiare. Anche a salti, anche in salita, a volte anche senza una meta. Va sempre bene, perchè muoversi è una forma di vita. Mi fa molto piacere la tua visita.
RispondiEliminaAnche oggi mi piace la tappa che ci fai fare a Gerusalemme, intrisa di storia e sapori, semplice ma ricca per quei tempi!...ci lasci 3 ricettine da provare!
RispondiEliminaancora ...inevitabilmente ....complimenti!!! leggerti e seguirti è un immenso piacere!
@terry: la cosa è reciproca, comunque...
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