Passa ai contenuti principali

la cravatta di Saro

Tardo dopoguerra. Saro vive in Sicilia e da quando ha quindici anni lavora come commesso. I tempi sono duri, è mancato papà e le maniche vanno rimboccate. Quando diventa maggiorenne decide che vuole un diploma, così si mette pure a studiare.

Cinque anni in uno, sui libri la sera, la mattina presto, al posto del pranzo, 'che non ha tempo da perdere e poi deve lavorare lo stesso. Faticoso, massacrante. Perde quasi dieci chili ma ce la fa. E da lì non lo ferma più nessuno.

Si da da fare, cambia impiego, "fa carriera". Sempre nel campo della vendita, perchè lui è bravo con la gente, ha intuito e parlantina, si tiene informato e soprattutto è molto sicuro di sè. Lo promuovono, lo chiamano dalla concorrenza, lo cercano anche dal Nord. E decide di partire.

Per farla breve: in una decina d'anni non solo diventa dirigente d'azienda, ma gli nasce l'intuizione commerciale che rivoluzionerà il mercato del suo settore. Non ha grandi risorse quindi si mette in società con dei produttori a cui spiega la sua idea, che è talmente buona da permettergli nel giro di vent'anni di liquidare tutti i soci e diventare l'unico proprietario della sua creatura.

Idea che è talmente buona da farlo eleggere presidente dell'associazione di categoria, da fargli ricevere premi, encomi e cavalierati, da renderlo famoso in tutto il mondo ed oggetto di studi nelle università di Economia.

Ma lui dentro resta sempre il giovane Saro, comunicativo commesso siciliano del boom economico, che ha capito come farcela e vuole generosamente, orgogliosamente spiegarlo a tutti, perchè altri come lui possano non perdersi mai d'animo, contare sulle proprie forze e sulle proprie idee. E provare davvero anche loro "a farcela".

Si inventa un modo per raccontarsi direttamente, molto semplice ed umano. Ogni anno, tra i suoi moltepilici impegni internazionali, tra le sue notti trascorse a leggere e studiare, tra le sue giornate convulse e fittissime... si prende una settimana di pausa, di solito verso marzo, e la usa per invitare a pranzo, divisi in gruppetti, tutti tutti tuttti i clienti della sua azienda.

Li intrattiene con i propri ricordi, la propria visione del mondo, la propria percezione del mercato e dell'umano, regala loro consigli di vita e professionali per far prosperare le aziende, la fiducia nel futuro, le idee... ed anche le famiglie!

E poi li ascolta. Sorridendo e chiacchierando ad alta voce, dando del tu, prendendo mentalmente appunti, ringraziando anche con lettere gentili o con bottiglie di vino quelli che più si sono concessi, che più l'hanno capito, che gli hanno sorriso con il cuore. Così, come si fosse davvero quasi amici.

Non è una strategia di fidelizzazione, qui le teorie di marketing di tutti i consulenti che ora può permettersi non c'entrano nulla. E' amore per il lavoro, rispetto per la fatica di ognuno, è visione positiva della vita e dell'impegno. E' fiducia nella gente e nel futuro, anche quando per tutti è difficile crederci.

Sono pacche sulle spalle e barzellette, sintonia, saggezza ed umanità allo stato puro. La stessa "tecnica di comunicazione" che userebbe spontaneamente quel ragazzino quindicenne per raccontare il proprio entusiasmo per la vita ai suoi pari in un tiepido pomeriggio siciliano di marzo.

A chi fino a ieri gli chiedeva quali quali fossero i momenti di maggior soddisfazione nel suo frenetico ed ammiratissimo lavoro rispondeva proprio così, sorridendo e citando naturalmente i figli, coinvolti nella stessa logica di profondo, onestissimo, sano travagghiu, ma soprattutto la ricchezza di questi incontri con la varia umanità dei propri clienti.

Fino a ieri, perchè stamattina Saro non c'è. Avrei dovuto incontrarlo oggi, proprio ad uno di quei pranzi marzolini a cui ho avuto il piacere di essere invitata ogni primavera nell'ultima quindicina d'anni. Ma Saro ieri sera è partito, seguendo quel suo cuore malandatissimo che fino ad ora non era mai riuscito a fermarlo.

Probabilmente Saro oggi è tornato in Sicilia. Forse nel vigneto che ha regalato alla moglie e nella cui terra di tanto in tanto volava ad affondare le mani, forse nella sua casa sul mare dove ogni estate giocava con i nipotini.

Forse in quella strada di Catania, a scrutare in controluce dentro la vetrina del primo negozio da commesso quindicenne, con una mano a visiera sopra gli occhi per ripararsi dal riflesso di questo sole marzolino, l'altra ad aggiustarsi il nodo alla cravatta.

Il suo tic, quello della cravatta troppo stretta: preso dal fervore dei suoi discorsi spesso allentava senza nemmeno accorgersi quel simbolo di eleganza e contegno che la sua vivace natura di carusu sentiva inevitabilmente troppo stretto... Le parole dovevano uscire più libere, e poi sempre pochi il tempo ed il fiato,  troppe le cose da fare, da dire, da inventare!

Saro oggi tace. E' partito troppo presto, sotto il timido sole di marzo. Spero sia senza cravatta.

Qui un piatto chiaro e tiepido come questa giornata silenziosa. Anche la ricetta è riassunta in poche parole, oggi. Con gamberi siciliani. E non riempie il vuoto, non attutisce lo sbigottimento, non consola.


Insalata tiepida di miglio con sedano e gamberi

Scottare dei gamberi siciliani interi freschissimi per 30 secondi in brodo vegetale insieme ad 1 foglia sedano e 1 cucchiaio di olio.

Scolarli e tenerli in caldo in una ciotola del loro brodo, riportando poi il resto del liquido a bollore.

Lessare del miglio nel brodo dei gamberi e scolarlo, condendolo subito con un lieve giro di olio extravergine, possibilmente siciliano. Si può usare al posto del miglio anche della tempestina, la "pastina a puntini" dei bimbi, scolata al dente.

Sgusciare i gamberi ed unirli al miglio tiepido insieme a del sedano a fettine, ad un paio di foglioline tenere di sedano tritatissime e a qualche dadino di croccante peperone rosso.

Condire con un altro giro di olio, un pizzico di sale di Mozia ed una leggera macinata di pepe bianco. Volendo anche qualche goccia di limone.
  • rivoli affluenti:
  • non per la trama, ma per la sicilianità ed il titolo: Leonardo Sciascia, Una storia semplice, Adelphi

Commenti

  1. ricetta semplice e fantastica, ciao

    RispondiElimina
  2. @flavio: grazie, in questa ricetta semplice c'è molta verità. Ed il profumo dei gamberi, naturalmente.

    RispondiElimina
  3. Nella tua ricetta c'è semplicità e verità. Nella tua storia stima, considerazione ed affetto.
    Il mio saluto è un omaggio rispettoso.
    Un abbraccio
    Patrizia

    RispondiElimina
  4. Che persona meravigliosa... siete stati fortunati ad aver conosciuto una persona così bella, con una vita così densa di significato, e disposto a dividerla con tutti.

    Mi dispiace tanto per quel che è successo, certe persone esistono e basta, queste invece lasciano il segno.

    Un grosso abbraccio

    RispondiElimina
  5. Ciao Saro, avro' il piacere di conoscerti, prima o poi.

    RispondiElimina
  6. @patrizia: un omaggio a chi ha l'intelligenza ed il cuore di rimanere umano perchè è arrivato al vertice con autentica fatica.

    @muscaria: il segno che lascia è proprio la sua umanità, sopra a tutti i successi professionali.

    @corradoT: e ti farà assaggiare il vino profumato delle sue vigne siciliane!

    RispondiElimina
  7. Mi aggrego al saluto di Sarò e della sua umanità. L'abbraccio va ovviamente a te per avercelo 'raccontato'.
    La cucina, il piatto e lo stato d'animo un tutt'uno...che profuma di umanissima Sicilia, quella di Saro e quella tua che l'ha saputa cogliere.

    RispondiElimina
  8. @gambetto: la cucina è sempre stato d'animo.
    E oggi una ragazza giapponese di cui ero ospite mi ha detto che la cucina è anche amore. Parlava con me, cucinava e intanto cercava su internet notizie del terremoto.
    Credo che in certi momenti la cucina possa anche essere preghiera.

    RispondiElimina
  9. Leggere i tuoi post in una biblioteca pubblica puo' essere una cosa difficile,il mio display di emozioni non e' esattamente ben visto..
    Very touching,e sul fatto che la cucina sia anche amore e preghiera (ed altro) non ho dubbi

    RispondiElimina
  10. Ho conosciuto tantissimi uomini di successo: il comune denominatore era una pratica da pescecani e una sensibilitá da lastra di granito, e una morale flessibile tendente al delinquenziale . Mi sono fatto un'idea fortemente negativa di tutti questi rampanti. Forse mi mancava l'eccezione che conferma la regola: quindi il tuo Saro mi manca tanto.
    Ti abbraccio forte.

    RispondiElimina
  11. @edith.pilaff: mai come in questi giorni!!!

    @glu.fri: in genere gli uomini di successo che descrivi tu sono quelli che ho sempre evitato. Probabilmente sono molto più razzista o snob di quanto mi illuda di essere!

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!