Terremoto e tsunami hanno avuto disastrose conseguenze in Giappone: hanno raso al suolo intere cittadine e devastato la vita di migliaia di persone, che senza più famiglia ne' casa ne' lavoro vivono in palestre e dimore di fortuna, cercando di reagire con grande forza d'animo alla situazione senza lamenti ma con tenacia e volontà di riscatto.
Questo atteggiamento giapponese di eccezionale dignità ha purtroppo fatto sì che l'attenzione mediatica non potesse nutrirsi a lungo di emozioni e pietismo, e si spostasse dunque troppo velocemente su altri temi. Non si nega che anche le conseguenze nucleari del disastro siano gravi e mettano in pericolo una vasta fetta della popolazione se non si saprà tenerle perfettamente sotto controllo, anzi: a maggior ragione proprio per questo gli interventi e l'informazione dovrebbero essere il più possibile diretti e propositivi.
In realtà gli organi di informazione si sono egoisticamente concentrati soprattutto sui possibili rischi nucleari in Italia; si parla quindi di sushi radioattivo o di referendum sulle centrali atomiche, dimenticando quasi completamente che i disagi della popolazione della zona di Fukushima, così come quelli dei terremotati, non sono affatto ipotetici ma assolutamente concreti ed attuali.
C'è un modo di dire giapponese: 一期一会 ichi-go ichi-e. Letteralmente si traduce "un incontro, un'opportunità". "Cogli l'occasione al volo", si potrebbe pensare. Ma questa è una "semplice" interpretazione all'occidentale. Nel pensiero giapponese significa qualcosa di decisamente più profondo, qualcosa come: "apriti ad ogni incontro come se non ti potesse poi più capitare, dai sempre il tuo meglio e cogli quel che c'è di prezioso in oggi cosa".
Incredibilmente, questa è una frase che si sente ripetere da giovani ed anziani, uomini e donne, professionisti e contadini. Gente che ha perso tutto, che ha domandato perdono del disturbo ai soccorritori, gente che sta tutta insieme ordinatamente accampata sotto il tetto di una caserma e si vergogna a chiedere aiuto. E che non recrimina se gli occidentali promettono aiuti che poi non inviano, se spengono i riflettori troppo presto sulle disgrazie altrui, se si occupano di sostituire il sushi del venerdì con una pizza come massimo di attenzione agli sfollati di Fukushima....
Perché sì, c'è anche chi pensa che i ristoranti giapponesi siano pericolosi, come pure le automobili o le macchine fotografiche made in Japan... E senza pensare che il sushi si fa con pesce italiano e che un ristoratore giapponese, esattamente come uno italiano, non darebbe mai ai propri figli del cibo che non fosse più che sicuro (che magari qualche ristoratore italiano un cibo poco controllato ai clienti lo rifilerebbe pure, ma un giapponese assolutamente mai ne farebbe una questione di orgoglio!), qualcuno smette di frequentare i ristoranti giapponesi o di comprare automobili nipponiche... C'è anche chi ha voluto passare al contatore geiger un bambino italiano rientrato da un viaggio in Giappone prima di riammetterlo in classe...
Smettere di consumare giapponese significa penalizzare un'economia già duramente messa alla prova da territori rasi al suolo, aree sgomberate per le radiazioni, fabbriche che funzionano a singhiozzo per i razionamenti dell'energia. Insomma, vogliamo pure azzerare le commesse a quelle poche aziende giapponesi tanto fortunate da avere ancora stabilimenti funzionanti?!
La popolazione giapponese non cerca la pietà o la carità di nessuno, vuole orgogliosamente, dignitosamente, coraggiosamente risollevarsi con le proprie forze. Semplice. E difficilissimo, se noi continuiamo a farci inutilmente impaurire dallo studiato, superficiale allarmismo di quegli organi di informazione che puntano alle alte tirature dei titoli emotivi.
Dovremmo cogliere l'opportunità di questo incontro con la sofferenza ed il pericolo altrui e reagire con maturità. L'empatia è una grande risorsa del sentire italiano. Se invece che farcene travolgere ampificando la risibile paura di una inesitente contaminazione nucleare ne facessimo il centro della solidarietà verso un popolo che chiede solo di lavorare e ricostruire, sentiremmo come nostro l'orgoglio di acquistare giapponese, donando dignità e possibilità di riscatto al una popolazione che non chiede altro che rispetto. E l'incontro di un'opportunità.
Oggi colgo dunque la preziosa occasione di una zuppa di vongole giapponese, semplice e raffinata. Utilizzo, come fanno i ristoranti giapponesi, pesce fresco italiano e pasta di miso, un ingrediente a marchio nipponico che, per semplificarne la distribuzione e ridurne i costi, è da anni prodotto anche in stabilimenti europei e statunitensi. Cibo totalmente sicuro, quindi. E mi ritengo fortunata di potermi sfiziare così, perché il pericolo qui non esiste, è a Fukushima che hanno problemi di alimentazione, anche se tutti quanti sembra ce lo siamo dimenticati...
Asari no misoshiru - Zuppa di miso e vongole
ingredienti per 4 persone:
800 gr. di vongole
4 cucchiai di pasta di miso (*)
1/2 porro o cipollotto fresco
Mettere a bagno le vongole per qualche ora in acqua fredda salata, quindi sciacquarle sotto l'acqua corrente sfregandole tra loro una manciata alla volta, sciacquandole ancora poi bene e mettendole a scolare.
Versare le vongole in una casseruola, coprirle con un litro di acqua fresca pulita e mettere su fuoco medio-basso. Quando l'acqua comincia a sobbollire, eliminare la schiuma che si forma in superficie e levare le vongole aperte con un mestolo forato, conservandole in una ciotola calda.
Filtrare il brodo di cottura delle vongole in un colino foderato di carta da cucina per eliminare l'eventuale sabbia; tagliare il porro a rondelle sottilissime.
Sgusciare le vongole, lasciandone una dozzina per la decorazione, e disporle a mucchietti al centro di quattro ciotole individuali.
Mettere di nuovo il brodo sul fuoco a fiamma bassissima e, quando è caldo ma ancora non bolle, spegnere e diluirvi la pasta di miso schiacciandola con un cucchiaio attraverso un colino a pelo d'acqua.
Mescolare bene, riaccendere un attimo il fuoco e versare subito caldissimo nelle ciotole, decorando con le vongole intere e gli anellini di porro.
Questo atteggiamento giapponese di eccezionale dignità ha purtroppo fatto sì che l'attenzione mediatica non potesse nutrirsi a lungo di emozioni e pietismo, e si spostasse dunque troppo velocemente su altri temi. Non si nega che anche le conseguenze nucleari del disastro siano gravi e mettano in pericolo una vasta fetta della popolazione se non si saprà tenerle perfettamente sotto controllo, anzi: a maggior ragione proprio per questo gli interventi e l'informazione dovrebbero essere il più possibile diretti e propositivi.
In realtà gli organi di informazione si sono egoisticamente concentrati soprattutto sui possibili rischi nucleari in Italia; si parla quindi di sushi radioattivo o di referendum sulle centrali atomiche, dimenticando quasi completamente che i disagi della popolazione della zona di Fukushima, così come quelli dei terremotati, non sono affatto ipotetici ma assolutamente concreti ed attuali.
C'è un modo di dire giapponese: 一期一会 ichi-go ichi-e. Letteralmente si traduce "un incontro, un'opportunità". "Cogli l'occasione al volo", si potrebbe pensare. Ma questa è una "semplice" interpretazione all'occidentale. Nel pensiero giapponese significa qualcosa di decisamente più profondo, qualcosa come: "apriti ad ogni incontro come se non ti potesse poi più capitare, dai sempre il tuo meglio e cogli quel che c'è di prezioso in oggi cosa".
Incredibilmente, questa è una frase che si sente ripetere da giovani ed anziani, uomini e donne, professionisti e contadini. Gente che ha perso tutto, che ha domandato perdono del disturbo ai soccorritori, gente che sta tutta insieme ordinatamente accampata sotto il tetto di una caserma e si vergogna a chiedere aiuto. E che non recrimina se gli occidentali promettono aiuti che poi non inviano, se spengono i riflettori troppo presto sulle disgrazie altrui, se si occupano di sostituire il sushi del venerdì con una pizza come massimo di attenzione agli sfollati di Fukushima....
Perché sì, c'è anche chi pensa che i ristoranti giapponesi siano pericolosi, come pure le automobili o le macchine fotografiche made in Japan... E senza pensare che il sushi si fa con pesce italiano e che un ristoratore giapponese, esattamente come uno italiano, non darebbe mai ai propri figli del cibo che non fosse più che sicuro (che magari qualche ristoratore italiano un cibo poco controllato ai clienti lo rifilerebbe pure, ma un giapponese assolutamente mai ne farebbe una questione di orgoglio!), qualcuno smette di frequentare i ristoranti giapponesi o di comprare automobili nipponiche... C'è anche chi ha voluto passare al contatore geiger un bambino italiano rientrato da un viaggio in Giappone prima di riammetterlo in classe...
Smettere di consumare giapponese significa penalizzare un'economia già duramente messa alla prova da territori rasi al suolo, aree sgomberate per le radiazioni, fabbriche che funzionano a singhiozzo per i razionamenti dell'energia. Insomma, vogliamo pure azzerare le commesse a quelle poche aziende giapponesi tanto fortunate da avere ancora stabilimenti funzionanti?!
La popolazione giapponese non cerca la pietà o la carità di nessuno, vuole orgogliosamente, dignitosamente, coraggiosamente risollevarsi con le proprie forze. Semplice. E difficilissimo, se noi continuiamo a farci inutilmente impaurire dallo studiato, superficiale allarmismo di quegli organi di informazione che puntano alle alte tirature dei titoli emotivi.
Dovremmo cogliere l'opportunità di questo incontro con la sofferenza ed il pericolo altrui e reagire con maturità. L'empatia è una grande risorsa del sentire italiano. Se invece che farcene travolgere ampificando la risibile paura di una inesitente contaminazione nucleare ne facessimo il centro della solidarietà verso un popolo che chiede solo di lavorare e ricostruire, sentiremmo come nostro l'orgoglio di acquistare giapponese, donando dignità e possibilità di riscatto al una popolazione che non chiede altro che rispetto. E l'incontro di un'opportunità.
Oggi colgo dunque la preziosa occasione di una zuppa di vongole giapponese, semplice e raffinata. Utilizzo, come fanno i ristoranti giapponesi, pesce fresco italiano e pasta di miso, un ingrediente a marchio nipponico che, per semplificarne la distribuzione e ridurne i costi, è da anni prodotto anche in stabilimenti europei e statunitensi. Cibo totalmente sicuro, quindi. E mi ritengo fortunata di potermi sfiziare così, perché il pericolo qui non esiste, è a Fukushima che hanno problemi di alimentazione, anche se tutti quanti sembra ce lo siamo dimenticati...
ingredienti per 4 persone:
800 gr. di vongole
4 cucchiai di pasta di miso (*)
1/2 porro o cipollotto fresco
Mettere a bagno le vongole per qualche ora in acqua fredda salata, quindi sciacquarle sotto l'acqua corrente sfregandole tra loro una manciata alla volta, sciacquandole ancora poi bene e mettendole a scolare.
Versare le vongole in una casseruola, coprirle con un litro di acqua fresca pulita e mettere su fuoco medio-basso. Quando l'acqua comincia a sobbollire, eliminare la schiuma che si forma in superficie e levare le vongole aperte con un mestolo forato, conservandole in una ciotola calda.
Filtrare il brodo di cottura delle vongole in un colino foderato di carta da cucina per eliminare l'eventuale sabbia; tagliare il porro a rondelle sottilissime.
Sgusciare le vongole, lasciandone una dozzina per la decorazione, e disporle a mucchietti al centro di quattro ciotole individuali.
Mettere di nuovo il brodo sul fuoco a fiamma bassissima e, quando è caldo ma ancora non bolle, spegnere e diluirvi la pasta di miso schiacciandola con un cucchiaio attraverso un colino a pelo d'acqua.
Mescolare bene, riaccendere un attimo il fuoco e versare subito caldissimo nelle ciotole, decorando con le vongole intere e gli anellini di porro.
(* L'ideale sarebbero 2 cucchiai di akamiso rosso e due di shiromiso bianco. Per un gusto più delicato diminuire la pasta di miso a tre cucchiai ed utilizzare brodo dashi leggero invece di semplice acqua.)
- rivoli affluenti:
- che i controlli sulle importazioni dal Giappone siano severi ed il rischio alimentare in Italia praticamente inesistente non lo dico io, ma l'Unione Europea!
L'etica di certi organi dell'informazione mi rattrista,purtroppo l'allarmismo da tiratura e' cosa comune.L'allontanarci adesso dai prodotti giapponesi sarebbe errore madornale e n certamente basato su pregiudizio piuttosto che vera informazione.Aggiungo, con un pizzico di speranza,che varie iniziative gastronomiche pro-Japan a Londra hanno riscosso notevole successo e che la gente aderisce non per pieta' ma perche' cio' che e' in offerta VALE.Insomma,una specie di empatia con la stiff upper lip....
RispondiEliminaP.S. Mi inchino di fronte alla zuppa di vongole e miso.A presto!
Grazie per avercelo ricordato :-)
RispondiEliminaHo appena acquistato una Nikon arrivata lunedì dal giappone (è arrivata in ritardo proprio a causa del terremoto) e chi lo dice è una con la tiroide devastata perché in qualche modo ha assorbito le radiazioni di Chernobyl (nice not?)
RispondiEliminaInsomma, gli eccessi (sia da un lato che dall'altro) non giovano a nessuno, occorre sempre trovare un giusto mezzo, e soprattutto ricordarsi che se un piatto è giapponese ed ha ingredienti italiani, di che diavolo si deve aver paura, della sua forma? :P
Forza Giappone!
RispondiElimina@edith.pilaff: iniziative benefiche ed insieme informazione chiara, è quel che si cerca di fare anche qui, ma la risposta media resta la diffidenza. Purtroppo noi Italiani pecchiamo spesso di eccesso di emotività...
RispondiElimina@arabafelice: grazie a te per avermi ascoltato!
@muscaria: è inutile, tiroide o meno i fuoriclasse restano fuoriclasse con estrema nonchalance...
@enrico: ganbarè Nihon!!!
Post impeccabile, bravissima! Tantissima gente è ignorante e fobica e beve tutto quello che la tv e i media proprinano con spropositati allarmismi.
RispondiEliminaPost come questi sono utilissimi!!
Grazie
Tu sai. Quando arrivavano in Italia i bimbi da lassù, alcuni "genitori d'accoglienza", spaventati, li spogliavano sulla porta di casa e facevano sparire abiti ed oggetti, secondo loro, contaminati. Ce n'è voluta, per spiegare e convincere. Quando parli dei bimbi che, ancora oggi, dopo 25 anni, vengono da lassù, molti ti chiedono...ma non hai paura? Io ho paura della disinformazione, dell'ignoranza, dell'ipocrisia e dell'indifferenza. Questo si, mi fa paura! . Le notizie sono usa e getta, in questo mondo, come i kleenex. Quel che fa share, qualche giorno dopo annoia... Grazie per averci ricordato che tanto si può e si deve fare
RispondiEliminaSono un pò più cattivo di te...la stupidità fa danni notevoli ma in certi casi l'informazione è veicolata opportunamente per fare marketing occulto...magari a favore del diretto concorrente europeo e li non c'è morale o etica che tenga. Qui non è in discussione la sofferenza di un popolo, penso più che altro alla strumentalizzazione di certi eventi. L'influenza aviaria, la mucca pazza, la Sars non sono state certo meno devastanti di Chernobil sul piano economico il resto la sofferenza umana, le dignità calpestate...quella su certi piani sono solo considerate 'casualties of war'. Perchè la mozzarella campana non viene esportata come dovrebbe pur essendoci aziende che hanno fatto della qualità e dei controlli la loro indiscussa medaglia commerciale?
RispondiEliminaNon è solo stupidità...
PS
Scusa per la divagazione che nulla vuole togliere al Giappone...probabilmente ho peccato anche io di superficialità deviando l'attenzione su altro..sorry
@cristina: grazie. In fondo bastano solo un po' di curiosità e di attenzione per non cascare in allarmismi inutili... E parlo anche di una certa stampa, oltre che naturalmente di noi lettori.
RispondiElimina@patrizia: "ho paura della disinformazione, dell'ignoranza, dell'ipocrisia e dell'indifferenza." Ecco, hai detto tutto molto meglio di me!
@gambetto: non so dirti quanto sars, aviaria eccetera siano state strumentalizzate a scopo economico/politico, di certo una maniera emotiva e poco chiara di trattare gli argomenti che hanno a che fare con alimentazione e salute è strumentale ad un'elevata tiratura...
Non so nulla della mozzarella campana, ti prego illuminami! Non è affatto deviare l'attenzione, stai solo allargando la visione di uno stesso (suppongo) problema.