Passa ai contenuti principali

pesce per cannibali...

Innumerevoli le leggende riguardanti le isole Andamane e Nicobare, sopravissute ben oltre l'epoca in cui ci arrivò il nostro solito Marco Polo... tanto da giungere all'orecchio anche della nostra carovana, che ne ripercorre le tracce dopo circa ottocento anni.

Mentre Ceylon era già all'epoca molto legata ai costumi culinari indiani, l'arcipelago di cui sopra, ben più distante dalle coste del continente, ha conservato per secoli una propria specifica cultura gastronomica. La cucina tradizionale delle isole era basata su pesce, tartarughe e crostacei accompagnati prevalentemente da cocco e banane, oltre che da altra frutta, tamarindo e radici.

Le popolazioni indigene cacciavano i maiali selvatici, masticavano noci di betel e si dice fossero anche antropofagi. Alcune delle tribù più interne sembra non conoscano neppure oggi l'uso del fuoco e si nutrano prevalentemente di pesce crudo e frutta...

Ovvio che ai giorni nostri l'influenza delle cucine limitrofe (indiana, birmana, thai ed indonesiana) è importante, soprattutto perchè ha introdotto il consumo di riso, legumi e noodle e la tecnica di frittura del pesce.Ed è questo tipo di cucina "multietnica" che generalmente viene offerta al visitatore odierno, mentre stanno scomparendo le preparazioni più semplici e tradizionali.

Lo tsunami del 2004 ha causato qualche migliaio di vittime sulle isole, che stanno ora provando a ricostruirsi un futuro con il turismo, anche se non mancano gli aspetti negativi. Questa nuova forma di colonizzazione sta invadendo con una tale insistenza i territori da spingere alcune tribù a rivendicare in modo molto deciso il loro rifiuto di contatto con la cosiddetta "civiltà". Si finisce così, per assurdo, per alimentare a fini turistici la leggenda di nativi ostili e (di nuovo!) antropofagi...

Non è stata scelta qui però una ricetta da cannibali (!), ne' tanto meno qualcosa a base di cocco o frutta. Ne incontreranno spesso di piatti di quel tipo mentre Marco Polo circumnaviga la penisola indiana e la sua vivandiera non vuol essere troppo ripetitiva.

Così per rimanere nelle abitudini locali si è tenuta decisamente sul pesce, insaporendolo con l'aroma aspro e tradizionale del tamarindo e quello fresco, pungente ed altrettanto tipico dello zenzero. Ovvio che se al posto della carta forno ci fosse sotto mano qualche bella foglia di banano...


Pla rad pleeg - Cartoccio di pesce in salsa speziata di tamarindo
ingredienti per 4 persone:
4 orate (o altro pesce a polpa bianca) da 300/400 gr. l'una
2 piccole cipolle
1 spicchio di aglio
1 pezzetto di zenzero fresco da circa 3 cm.
3 cucchiai di pasta di tamarindo
la scorza di 1/2 limone
2 cucchiai di salsa di soja
1 cucchiao di olio di arachidi

Mondare con cura i pesci, eliminandone le interiora e le pinne e squamandone leggermente la superficie, quindi lavarli ed asciugarli con carta assorbente.

Inciderne la polpa con tre profondi tagli paralleli su ogni lato e adagiarli su quattro grossi fogli di alluminio o carta forno.


Tritare grossolanamente le cipolle, schiacciare l'aglio, grattugiare lo zenzero e la scorza di limone e frullare finemente tutto insieme.

Unire la salsa di soja, la pasta di tamarindo e l'olio e frullare di nuovo, quindi spalmare la pasta ottenuta su entrambi i lati dei pesci ed al loro interno.
Chiudere i cartocci sigillando bene, disporli vicini in una teglia e cuocere in forno statico a 180° per circa 35/40 minuti.


Servire direttamente i cartocci nei piatti individuali oppure liberare ogni pesce dall'alluminio e disporre direttamente nei piatti, decorato con un ciuffetto di basilico rosso o altra erba fresca.


Un ottimo utilizzo dell'eventuale pesce avanzato (non di tradizione "andamamiana, però...) è spezzettarne la polpa privandola di pelle, lische e cartilaggini, miscelarla a foglie di insalatina fresca e cubetti di pane tostato e condire il tutto con la salsa di fondo del pesce allungata con un filo di olio leggero.
  • rivoli affluenti:
  • difficile reperire testi specifici sulla cucina dell'arcipelago di Andamane. Questa ricetta è una mia reinterpretazione di una ricetta di pesce trovata su diversi libri relativi alla cucina della zona, anche se non di quell'isola in particolare. Gli ingredienti però, salsa di soja a parte, sono tutti compatibili con gli usi locali tradizionali.

Commenti

  1. Non amo ripetermi, ma le tue ricette mi incuriosiscono davvero molto, mi fanno pensare a quale sarà il loro sapore, anche in questo caso...la pasta di tamarindo, ma di che saprà??
    buona settimana ciao loredana

    RispondiElimina
  2. @loredana: la pasta di tamarindo ha un gusto acidulo che viene utilizzato in Oriente un po' come noi usiamo il succo di limone o in Medio Oriente impiegano il summac, con il vantaggio di mantenere una consistenza cremosa ed umida all'intingolo. Si trova facilmente nei negozi di alimenti etnici o sotto forma di panetti di pasta dura, spesso contenete anche i semi, che va diluita, oppure in vasetto in versione più cremosa, come quella che ho utilizzato qui.
    Grazie del tuo interesse e buona settimana anche a te!

    RispondiElimina
  3. Questo piatto mi sembra davvero fantastico!Roba da andarci alle Andamane, chissà se lo fanno ancora?

    RispondiElimina
  4. @enrico: di' la verità... qualsiasi scusa ti viene buona per giustificare un viaggio laggiù!

    RispondiElimina
  5. Andamane??
    Questa volta ci sono stata, parecchie volte e ci ho pure lavorato!!
    A dirla tutta c'ero pure nel 2004 ed ho una memoria piuttosto precisa dei fatti che hanno segnato quelle zone.
    Foglie di banano??
    E' la mia giornata, ho pure quelle e anche in abbondanza direttamente qui.... nel mio giardino!!!

    Un saluto

    Fabi

    RispondiElimina
  6. Il tamarindo mi manca proprio. Credo di averlo assaggiato solo una volta sottoforma di sciroppo, e ne ho solo un vago ricordo....
    Mannaggia, ora dovrò aggiungere pure quello alla lista delle cose da cercare in ogni dove! E' che mi metti una tale curiosità con le tue ricette... :D
    Un bacione

    RispondiElimina
  7. Io il tamarindo lo ricordo solo come gusto di alcuni sciroppi da diluire d'estate con acqua fredda...pensa che ignoranza...non mi sento a questo punto molto lontano da quelle comiìunità che vedono la civiltà....troppo lontana da se!
    PS
    Per la cronaca però anche io non sono un cannibale... no?! :P ahahahahaha

    RispondiElimina
  8. A parte il pesce curiosissimo, e che mi ha fatto finalmente capire a cosa serve il tamarindo largamente usato in Arabia...vieni a sbirciare da me, oggi, avrai una sorpresa...

    E aspetto una tua email, mi raccomando!!!! :-)

    RispondiElimina
  9. Uhhhh!!Che buono!! Come mi piace, come mi piace!! Ma se uso il tamarindo in frutti e ne schiaccio la polpa? Quelli li trovo, con facilità, dal mio solito "pusher" al mercato che tu ben sai!
    Un bacio quasi vacanziero!

    RispondiElimina
  10. Grazie come sempre per il viaggio non solo geografico... Ci fai gustare sapori e storie speciali :-)

    RispondiElimina
  11. anch'io come Gambetto il tamarindo l'ho sempre associato alle bevande estive o alle granite, interessante questo uso e interessante ogni singola parola del tuo post
    sempre bello leggerti
    Cris

    RispondiElimina
  12. @fabiana: e ti pareva che dal tuo orto da favola non uscissero anche le foglie di banano?!
    In quanto ad Andamane, alla sua vita vera, alla sua cucina ed alla sua situazione attuale... ti prego, scrivine: voglio sapere tutto!!!

    @viola: la pasta di tamarindo ha proprio quel sapore, sono più intenso e pungente e naturalmente molto meno dolce.
    Comunque in quanto a stimolare la curiosità in cucina anche tu non scherzi...

    @gambetto: non ti credo perchè lo dici tu ma perchè resiste al tuo fianco Gambetta tutta intera con tanto di aureola al suo posto, dunque sotto sotto tanto feroce alla fine non sei...

    @arabafelice: nooooooo!!! Mai, assolutamente MAI sorteggiata per un premio! Pazzesco. Ora userò latte di capra ovunque, dev'essere stato quello... Grazie!!!

    @patrizia: no, dai... iltamarindo fresco... Io non posso resistere a questi richiami, tu lo fai apposta...
    Ovvio che la polpa schiacciata va benissssssimo!

    @edda: grazie a te, i tuoi commenti sono sempre un piacere prezioso.

    @cristina: e pensa che qualche tempo fa mi facevo lo scrupolo che tutte queste ricette di culture lontane non fossero granchè interessanti per molti. Ti adoro!

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!