Cosa caratterizza la cucina asiatica? Sempre più diffusi i ristoranti "Asian Fusion", che attirano clienti con immagini di sushi e poi in carta propongono anche piatti cinesi, tailandesi o genericamente "orientali", lasciando intendere che la "cucina asiatica" può essere intesa come un unico filone di gusto.
Di solito le realtà veramente consapevoli e creative sono rare, si tratta molto spesso di ristoratori cinesi senza identità connotate che cercano di adeguare l'offerta alle nuove tendenze, sempre più intrigante dai cosiddetti sapori "asiatici" a largo raggio e meno ingolosite dai "soliti" piatti cinesi come maiale in agrodolce o pollo alle mandorle.
E la stessa tendenza seguono molti libri di cucina, che raccolgono e mescolano le ricette più disparate e superficiali, spesso adattandole pure ai prodotti ed ai gusti italiani, e spacciano per cucina autentica e di qualità quella che è semplicemente una sequenza di belle foto culturalmente inutili.
Occorrerebbe in realtà cominciare a chiarire la questione dalle basi: in Cina non esiste il "maiale in agrodolce"... ovvero esiste esattamente come in Italia ci sono le "fettuccine all'Alfredo", considerata dagli Americani come una tipica specialità romana.
L'Alfredo in realtà sarebbe la pasta al burro e parmigiano, piatto comunissimo in tutte le famiglie italiane ma che raramente contiene panna e spezie diverse dal pepe, come invece succede nella ricetta americana, e difficilmente questo piatto è presente sulla carta di un ristorante. E grazie al commento a questo post della vera nipote del vero Alfredo di questo piatto parleremo in un post apposito...
La versione pannosa delle fettuccine Alfredo nei ristoranti per turisti o nei ristoranti pseudo-italianoi all'estero è esattamente quello che succede al maiale "agrodolce" nei ristoranti cinesi in Italia: le massaie cinesi non aggiungono certo ketchup peperoni e ananas alla carne, ma che si limitano a friggere in pastella e poi mescolare a verdure di stagione saltate con un goccio di aceto (un po' così, insomma).
Chi pensa che la ristorazione sia semplicemente abituare il pubblico a prodotti mediocri, slegati dalla tradizione reale e realizzati con preparati industriali e semi-lavorati probabilmente non rende un buon servizio alla cucina, etnica o meno che sia. E gli stessi danni produce una certa editoria. Una vera slealtà nei confronti del pubblico!
Le persone che non hanno modo o curiosità di viaggiare ed entrano in contatto con i sapori di altri Paesi solo attraverso ristoranti o libri di questo tipo, si illudono che quel cibo sia espressione di una specifica cultura e su quei parametri si basano per formare il proprio gusto.
Se poi ai finti "piatti tipici" si aggiunge una mescolanza di tradizioni gastronomiche basata non su un ragionamento culturale e propositivo ma su una semplice tendenza di mercato, ecco che il consumatore finale è giustificato nel pensare che la cucina asiatica sia davvero quella degli "all you can eat".
Un po' come se un orientale entrasse in un fast food sotto casa che propone piatti italiani, belgi, finlandesi e serbi (ovviamente tutti preparato con scatolame e polverine, perché non esiste nemmeno una consapevolezza tecnica di base), magari tutto condito con burro perché lo chef è tedesco o insaporito con erbe di Provenza perché il cuoco è di quelle origini, e si convincesse di assaggiare "cucina fusion europea"...
Quello che manca, purtroppo, in questo genere di realtà sempre più diffuse, è il vero spirito della cucina orientale, che è fatta di equilibri calibrati, di contrasti studiati e di millenni di affinamento delle tecniche e dei sapori, ognuna a costruire una sua peculiare identità, collegata in modo evidente o sottolissimo alle identità dei Paesi confinanti. E che è ricca di piatti stupendi adatti a ogni tipo di palato, di tasche e di stagione.
La coerenza di pensiero e di gusto assente nei locali e nei libri sopra citati si ritrova però nei ristoranti autenticamente "fusion" e nei testi scritti da autori preparati, dove si parte dalla conoscenza profonda delle tradizioni reali e si decide di contaminarle o di reinventarle, creando così piatti nuovi. Come succede d'altronde nelle cucine di tutto il mondo...
I risultati non devono per forza essere definiti, per esempio, ricette malesi o cambogiane, perché sanno fondere dentro di sé l'armonia di due stili di cucina differenti nel rispetto di entrambe le tradizioni.
Risultano perciò di gusto "spontaneamente" asiatico, gradito di conseguenza sia ad un avventore malese che ad uno cambogiano. Così come ad un goloso italiano, che il quel piatto impara a cogliere equilibri, contrasti e sapori a lui sconosciuti ma innegabilmente armoniosi e..."orientali".
Ma forse mi riesco a spiegare meglio con una ricetta: ha ingredienti prevalentemente cinesi però qualcosa di simile a base di manzo esiste anche in Laos. Dove si usa moltissimo il peperoncino... ma anche la salsa d'ostriche come in Cina o il latte di cocco come in Thailandia, per dire.
Quindi come definirli? Spiedino cino/laotiani?! Spiedini di fusione orientale?! Forse direi semplicemente:
Spiedini di maiale ad ispirazione asiatica
ingredienti per 6 spiedini:
300 g di lonza di maiale
3 cucchiai di salsa di soia
2 cucchiai di salsa di ostriche
1 peperoncino secco
1 spicchio di aglio
1 cucchiaio di olio di arachidi
1 ciuffo di coriandolo (o prezzemolo)
per accompagnare:
100 g di spaghettini di soia
Lasciare a bagno 6 spiedini di legno in acqua per una mezz'oretta. Mettere a mollo il peperoncino inciso in un bicchiere di acqua calda per 20 minuti, quindi eliminare i semi e grattare la polpa dalla buccia, sciogliendola nella salsa di soia.
Tagliare la lonza a fettine spesse 4-5 mm e poi a quadratini da 3 cm di lato ed infilarli sugli spiedini.
Tagliare l'aglio a fettine ed unirlo alla salsa di soia insieme con la salsa di ostriche; mescolare bene e mettervi a marinare la carne per 3 o 4 ore coperta in frigo.
Nel frattempo sbollentare 1 minuto in acqua bollente gli
spaghettini di soia, scolarli e sciacquarli in acqua fredda; tagliarli con un paio di forbici alla lunghezza di circa 15 cm e stenderli a riposare ben allargati su un canovaccio pulito.
Scolare gli spiedini di carne, scaldare l'olio in un ampio tegame e dorarli a fuoco vivace su tutti i lati. Versare la marinata sul fondo del tegame e lasciar sfumare, levando gli spiedini dalla padella quando sono ben colorati dalla salsa su tutti i lati.
Tenere gli spiedini in caldo e nel loro fondo di cottura saltare gli spaghettini, fino a che si sono ben insaporiti ed il fondo è tutto asciugato.
Servire gli spiedini sopra gli spaghettini, decorando con un po' di coriandolo.
Serviti come portata principale le dosi sono per 2 persone; come antipastino o fingerfood basta uno spiedino a testa, anche senza spaghettini. In quel caso si possono proporre caldi infilati in bicchierini individuali che abbiano sul fondo un po' del sugo di cottura.
Di solito le realtà veramente consapevoli e creative sono rare, si tratta molto spesso di ristoratori cinesi senza identità connotate che cercano di adeguare l'offerta alle nuove tendenze, sempre più intrigante dai cosiddetti sapori "asiatici" a largo raggio e meno ingolosite dai "soliti" piatti cinesi come maiale in agrodolce o pollo alle mandorle.
E la stessa tendenza seguono molti libri di cucina, che raccolgono e mescolano le ricette più disparate e superficiali, spesso adattandole pure ai prodotti ed ai gusti italiani, e spacciano per cucina autentica e di qualità quella che è semplicemente una sequenza di belle foto culturalmente inutili.
Occorrerebbe in realtà cominciare a chiarire la questione dalle basi: in Cina non esiste il "maiale in agrodolce"... ovvero esiste esattamente come in Italia ci sono le "fettuccine all'Alfredo", considerata dagli Americani come una tipica specialità romana.
L'Alfredo in realtà sarebbe la pasta al burro e parmigiano, piatto comunissimo in tutte le famiglie italiane ma che raramente contiene panna e spezie diverse dal pepe, come invece succede nella ricetta americana, e difficilmente questo piatto è presente sulla carta di un ristorante. E grazie al commento a questo post della vera nipote del vero Alfredo di questo piatto parleremo in un post apposito...
La versione pannosa delle fettuccine Alfredo nei ristoranti per turisti o nei ristoranti pseudo-italianoi all'estero è esattamente quello che succede al maiale "agrodolce" nei ristoranti cinesi in Italia: le massaie cinesi non aggiungono certo ketchup peperoni e ananas alla carne, ma che si limitano a friggere in pastella e poi mescolare a verdure di stagione saltate con un goccio di aceto (un po' così, insomma).
Chi pensa che la ristorazione sia semplicemente abituare il pubblico a prodotti mediocri, slegati dalla tradizione reale e realizzati con preparati industriali e semi-lavorati probabilmente non rende un buon servizio alla cucina, etnica o meno che sia. E gli stessi danni produce una certa editoria. Una vera slealtà nei confronti del pubblico!
Le persone che non hanno modo o curiosità di viaggiare ed entrano in contatto con i sapori di altri Paesi solo attraverso ristoranti o libri di questo tipo, si illudono che quel cibo sia espressione di una specifica cultura e su quei parametri si basano per formare il proprio gusto.
Se poi ai finti "piatti tipici" si aggiunge una mescolanza di tradizioni gastronomiche basata non su un ragionamento culturale e propositivo ma su una semplice tendenza di mercato, ecco che il consumatore finale è giustificato nel pensare che la cucina asiatica sia davvero quella degli "all you can eat".
Un po' come se un orientale entrasse in un fast food sotto casa che propone piatti italiani, belgi, finlandesi e serbi (ovviamente tutti preparato con scatolame e polverine, perché non esiste nemmeno una consapevolezza tecnica di base), magari tutto condito con burro perché lo chef è tedesco o insaporito con erbe di Provenza perché il cuoco è di quelle origini, e si convincesse di assaggiare "cucina fusion europea"...
Quello che manca, purtroppo, in questo genere di realtà sempre più diffuse, è il vero spirito della cucina orientale, che è fatta di equilibri calibrati, di contrasti studiati e di millenni di affinamento delle tecniche e dei sapori, ognuna a costruire una sua peculiare identità, collegata in modo evidente o sottolissimo alle identità dei Paesi confinanti. E che è ricca di piatti stupendi adatti a ogni tipo di palato, di tasche e di stagione.
La coerenza di pensiero e di gusto assente nei locali e nei libri sopra citati si ritrova però nei ristoranti autenticamente "fusion" e nei testi scritti da autori preparati, dove si parte dalla conoscenza profonda delle tradizioni reali e si decide di contaminarle o di reinventarle, creando così piatti nuovi. Come succede d'altronde nelle cucine di tutto il mondo...
I risultati non devono per forza essere definiti, per esempio, ricette malesi o cambogiane, perché sanno fondere dentro di sé l'armonia di due stili di cucina differenti nel rispetto di entrambe le tradizioni.
Risultano perciò di gusto "spontaneamente" asiatico, gradito di conseguenza sia ad un avventore malese che ad uno cambogiano. Così come ad un goloso italiano, che il quel piatto impara a cogliere equilibri, contrasti e sapori a lui sconosciuti ma innegabilmente armoniosi e..."orientali".
Ma forse mi riesco a spiegare meglio con una ricetta: ha ingredienti prevalentemente cinesi però qualcosa di simile a base di manzo esiste anche in Laos. Dove si usa moltissimo il peperoncino... ma anche la salsa d'ostriche come in Cina o il latte di cocco come in Thailandia, per dire.
Quindi come definirli? Spiedino cino/laotiani?! Spiedini di fusione orientale?! Forse direi semplicemente:
Spiedini di maiale ad ispirazione asiatica
ingredienti per 6 spiedini:
300 g di lonza di maiale
3 cucchiai di salsa di soia
2 cucchiai di salsa di ostriche
1 peperoncino secco
1 spicchio di aglio
1 cucchiaio di olio di arachidi
1 ciuffo di coriandolo (o prezzemolo)
per accompagnare:
100 g di spaghettini di soia
Lasciare a bagno 6 spiedini di legno in acqua per una mezz'oretta. Mettere a mollo il peperoncino inciso in un bicchiere di acqua calda per 20 minuti, quindi eliminare i semi e grattare la polpa dalla buccia, sciogliendola nella salsa di soia.
Tagliare la lonza a fettine spesse 4-5 mm e poi a quadratini da 3 cm di lato ed infilarli sugli spiedini.
Tagliare l'aglio a fettine ed unirlo alla salsa di soia insieme con la salsa di ostriche; mescolare bene e mettervi a marinare la carne per 3 o 4 ore coperta in frigo.
Nel frattempo sbollentare 1 minuto in acqua bollente gli
spaghettini di soia, scolarli e sciacquarli in acqua fredda; tagliarli con un paio di forbici alla lunghezza di circa 15 cm e stenderli a riposare ben allargati su un canovaccio pulito.
Scolare gli spiedini di carne, scaldare l'olio in un ampio tegame e dorarli a fuoco vivace su tutti i lati. Versare la marinata sul fondo del tegame e lasciar sfumare, levando gli spiedini dalla padella quando sono ben colorati dalla salsa su tutti i lati.
Tenere gli spiedini in caldo e nel loro fondo di cottura saltare gli spaghettini, fino a che si sono ben insaporiti ed il fondo è tutto asciugato.
Servire gli spiedini sopra gli spaghettini, decorando con un po' di coriandolo.
Serviti come portata principale le dosi sono per 2 persone; come antipastino o fingerfood basta uno spiedino a testa, anche senza spaghettini. In quel caso si possono proporre caldi infilati in bicchierini individuali che abbiano sul fondo un po' del sugo di cottura.
- rivoli affluenti:
- elenco dei ristoranti "asiatici" seri che conosco in Italia? ci scriverei sinceramente un post apposito... e lo stesso farei per i libri. All'estero c'è una catena che propone cibo asiatico corretto: Wagamama
- esistono anche dei libri che ne riportano il clima e le ricette. Ad esempio: Hugo Arnold, The Wagamama Cookbook, Kyle Cathie Ltd, 2004, ISBN 1-85626-510-2.
Perfetta disamina. Arrivo giusto dalla Birmania dove cominciano a comparire nella capitale molti locali "fusion", cosa che fa molto à la page, ma che lascia sempre molto a desiderare come qui i locali sushi gestiti da cinesi.
RispondiEliminaRispondo subito per il piatto, il resto me lo devo rileggere splendido mi piace come e quando scrivi. Salsa di ostriche l'ho sentita ma qui non si trova con che cosa è possibile sostituire ???? Non credo sia semplice. Grazie cara e dei tuoi sempre bellissimi diciamo reportage. Buona serata.
RispondiEliminaSTORIA DI ALFREDO DI LELIO, CREATORE DELLE “FETTUCCINE ALL’ALFREDO” (“FETTUCCINE ALFREDO”), E DELLA SUA TRADIZIONE FAMILIARE PRESSO IL RISTORANTE “IL VERO ALFREDO” (“ALFREDO DI ROMA”) IN PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE A ROMA
RispondiEliminaCon riferimento al Vostro articolo ho il piacere di raccontarVi la storia di mio nonno Alfredo Di Lelio, inventore delle note "fettuccine all'Alfredo" (“Fettuccine Alfredo”).
Alfredo Di Lelio, nato nel settembre del 1883 a Roma in Vicolo di Santa Maria in Trastevere, cominciò a lavorare fin da ragazzo nella piccola trattoria aperta da sua madre Angelina in Piazza Rosa, un piccolo slargo (scomparso intorno al 1910) che esisteva prima della costruzione della Galleria Colonna (ora Galleria Sordi).
Il 1908 fu un anno indimenticabile per Alfredo Di Lelio: nacque, infatti, suo figlio Armando e videro contemporaneamente la luce in tale trattoria di Piazza Rosa le sue “fettuccine”, divenute poi famose in tutto il mondo. Questa trattoria è “the birthplace of fettuccine all’Alfredo”.
Alfredo Di Lelio inventò le sue “fettuccine” per dare un ricostituente naturale, a base di burro e parmigiano, a sua moglie (e mia nonna) Ines, prostrata in seguito al parto del suo primogenito (mio padre Armando). Il piatto delle “fettuccine” fu un successo familiare prima ancora di diventare il piatto che rese noto e popolare Alfredo Di Lelio, personaggio con “i baffi all’Umberto” ed i calli alle mani a forza di mischiare le sue “fettuccine” davanti ai clienti sempre più numerosi.
Nel 1914, a seguito della chiusura di detta trattoria per la scomparsa di Piazza Rosa dovuta alla costruzione della Galleria Colonna, Alfredo Di Lelio decise di trasferirsi in un locale in una via del centro di Roma, ove aprì il suo primo ristorante che gestì fino al 1943, per poi cedere l’attività a terzi estranei alla sua famiglia.
Ma l’assenza dalla scena gastronomica di Alfredo Di Lelio fu del tutto transitoria. Infatti nel 1950 riprese il controllo della sua tradizione familiare ed aprì, insieme al figlio Armando, il ristorante “Il Vero Alfredo” (noto all’estero anche come “Alfredo di Roma”) in Piazza Augusto Imperatore n.30 (cfr. www.ilveroalfredo.it).
Con l’avvio del nuovo ristorante Alfredo Di Lelio ottenne un forte successo di pubblico e di clienti negli anni della “dolce vita”. Successo, che, tuttora, richiama nel ristorante un flusso continuo di turisti da ogni parte del mondo per assaggiare le famose “fettuccine all’Alfredo” al doppio burro da me servite, con l’impegno di continuare nel tempo la tradizione familiare dei miei cari maestri, nonno Alfredo, mio padre Armando e mio fratello Alfredo. In particolare le fettuccine sono servite ai clienti con 2 “posate d’oro”: una forchetta ed un cucchiaio d’oro regalati nel 1927 ad Alfredo dai due noti attori americani M. Pickford e D. Fairbanks (in segno di gratitudine per l’ospitalità).
Desidero precisare che altri ristoranti “Alfredo” a Roma (come Alfredo’s Gallery o Alfredo alla Scrofa) non appartengono alla mia tradizione familiare.
Vi informo che il Ristorante “Il Vero Alfredo” è presente nell’Albo dei “Negozi Storici di Eccellenza – sezione Attività Storiche di Eccellenza” del Comune di Roma Capitale.
Grata per la Vostra attenzione ed ospitalità nel Vostro interessante blog, cordiali saluti
Ines Di Lelio
@enrico: ...a chi lo dici!!!
RispondiElimina@edvige: la salsa di ostriche è disponibile nei negozietti di alimentari orientali ma anche nei grandi supermercati che hanno lo scaffale delle specialità etniche. A Trieste trovi negozietti orientali nell'area tra via Ghega e via Mazzini e ce n'è uno ben fornito anche in via Udine. Ci trovi pure il sakè, di cui chiedevi qualche tempo fa.
Non c'è un vero e proprio sostituto della salsa di ostriche. Puoi provare con salsa di soia addizionata di una goccia di colatura di alici, però attenta che l'insieme risulta molto più salato della salsa di ostriche vera e propria.
@ines: onoratissima di avere il suo commento nel mio blog! Se ha piacere possiamo dedicare a suo nonno un post apposito nella rubrica "chef veri", anche perchè la genialità nel creare un piatto da ristorante partendo da un preparazione originariamente semplice è testimonianza di grande talento, che sarebbe davvero interessante approfondire.
Se le fa piacere mi contatti direttamente via mail quando preferisce. Grazie davvero!
PS. Grazie cara delle indicazioni meglio di quanto so io. Comunque alla grande distribuzione hanno pochissime cose tipo PAM, Coop, Billa. Ci sono altri piccoli ma dovrei girare tutta la città o telefonare se tengono. Uno grande Zazzero è sull'altopiano ma non tiene etnicità.
RispondiEliminaGrazie ancora buona fine settimana.
Cara Acquaviva, leggerti è sempre un piacere e fonte di grande cultura e informazione.
RispondiEliminaBravissima, e ottima ispirazione!
:*
@chiara: grazie ma qui cultura l'ha fatta realmente la nipote di Alfredo!
RispondiEliminaEcco una buona idea di un articolo futuro. In realtà leggiamo un po 'tutto e talvolta il suo opposto sul tema!
RispondiElimina