Sto lavorando un po' sulle lunghe cotture. Invidio molto che può posare direttamente il tegame fra le braci del camino, anche se il piatto di oggi per la verità è forse più probabile sia stato pensato per convivere con il calore di un forno da pane o da pizza...
Si tratta infatti della pasta col cavolfiore come si fa in Campania. Che non posso definire "alla napoletana" perché ogni casa partenopea ha la sua variante, di cui nessuna può dirsi assoluta. La mia men che meno, ovviamente...
Tra le variazioni sul tema: il formato, la proporzione ed il grado di cottura della pasta; la presenza o meno di pomodori e di quale tipo, se freschi, o se pelati o in salsa; la cipolla al posto dell'aglio; l'utilizzo di brodo invece dell'acqua ed il suo insaporimento o meno con prosciutto, lardo e/o formaggio; la presenza di peperoncino e/o pepe; l'aggiunta di prezzemolo; la chiusura o meno di cottura con parmigiano e/o pecorino grattugiato...
Potrei continuare ancora, perché i possibili gesti d'amore nei confronti del sapore sontuoso di questo piatto "povero" sono infiniti, ma il vero discrimine con cui ci si deve confrontare, se per casa gira un partenopeo, è il grado di cottura del cavolfiore.
Chi lo fa appena ammorbidire ed in 20 minuti è pronto, bello sodo e croccante per accompagnare la pasta, chi invece lo stracuoce per ore fino a sfinirlo, trasformandolo in una densa crema... E lì non c'è "gusto" che tenga: dipende solo dalla abitudine di famiglia. Come dire: di mamma ce n'è una sola, di pasta al cavolfiore pure!
Nella mia versione si tratta di una cottura intermedia, quindi infiorescenze morbidissime al limite del dissolvimento ma ancora riconoscibili. Mentre per risolvere il resto dei dilemmi sono andata, in mancanza di una tradizione personale di famiglia, un po' a gusto mio.
Sapevo già che non avrebbe potuto essere altrimenti: ovviamente il commento è stato: "Mmm... buona, certo... però... come la faceva mamma mia..."
Pasta e cavolfiore, un tentativo di amore napoletano
ingredienti per 4-6 persone:
1 cavolfiore da circa 900 g
150 g di pasta corta mista (munnezzaglia, in gergo)
1 pezzetto di prosciutto crudo grasso da 30 g
1 crosta di parmigiano da 4 x 4 cm circa
2 spicchi di aglio
3 cucchia di olio extravergine
sale
pepe nero al mulinello
Ridurre il cavolfiore a piccole cimette; schiacciare leggermente l'aglio; tagliare il prosciutto a dadini molto piccoli; raschiare la parte esterna della crosta di grana per eliminare la patina oleosa.
Rosolare l'aglio ed il prosciutto in un cucchiaio di olio, quindi unire le cimette di cavolo e lasciar insaporire qualche minuto.
Scaldare circa 1 litro di acqua e versare nel tegame fino a coprire bene il cavolfiore; unire la crosta di grana spezzettata e un pizzico appena di sale, portare a bollore e cuocere coperto per circa 2 ore a fuoco basso, mescolando ogni tanto ed unendo acqua se serve.
Una ventina di minuti prima di servire unire la pasta e cuocere qualche minuto, quindi, condire con 2 cucchiai di olio e pepe, coprire, spegnere e lasciar riposare una decina di minuti.
Servire, volendo con un'altra goccia di olio e una grattata di pepe, ma comuqnue con il cucchiaio: perchè la consistenza finale dovrebbe rimanere quella non di una pastasciutta ma di una "minestra senza brodo".
Addirittura, se la si consuma il giorno dopo (e quanto è buona riscaldata!), si può spegnere il fuoco direttamente, appena aggiunta la pasta: cuocerà solo per inerzia, in relax, quasi "fondendosi" con il cavolfiore. La nozione di "al dente" in questo specifico caso perde volutamente di significato...
Si tratta infatti della pasta col cavolfiore come si fa in Campania. Che non posso definire "alla napoletana" perché ogni casa partenopea ha la sua variante, di cui nessuna può dirsi assoluta. La mia men che meno, ovviamente...
Tra le variazioni sul tema: il formato, la proporzione ed il grado di cottura della pasta; la presenza o meno di pomodori e di quale tipo, se freschi, o se pelati o in salsa; la cipolla al posto dell'aglio; l'utilizzo di brodo invece dell'acqua ed il suo insaporimento o meno con prosciutto, lardo e/o formaggio; la presenza di peperoncino e/o pepe; l'aggiunta di prezzemolo; la chiusura o meno di cottura con parmigiano e/o pecorino grattugiato...
Potrei continuare ancora, perché i possibili gesti d'amore nei confronti del sapore sontuoso di questo piatto "povero" sono infiniti, ma il vero discrimine con cui ci si deve confrontare, se per casa gira un partenopeo, è il grado di cottura del cavolfiore.
Chi lo fa appena ammorbidire ed in 20 minuti è pronto, bello sodo e croccante per accompagnare la pasta, chi invece lo stracuoce per ore fino a sfinirlo, trasformandolo in una densa crema... E lì non c'è "gusto" che tenga: dipende solo dalla abitudine di famiglia. Come dire: di mamma ce n'è una sola, di pasta al cavolfiore pure!
Nella mia versione si tratta di una cottura intermedia, quindi infiorescenze morbidissime al limite del dissolvimento ma ancora riconoscibili. Mentre per risolvere il resto dei dilemmi sono andata, in mancanza di una tradizione personale di famiglia, un po' a gusto mio.
Sapevo già che non avrebbe potuto essere altrimenti: ovviamente il commento è stato: "Mmm... buona, certo... però... come la faceva mamma mia..."
Pasta e cavolfiore, un tentativo di amore napoletano
ingredienti per 4-6 persone:
1 cavolfiore da circa 900 g
150 g di pasta corta mista (munnezzaglia, in gergo)
1 pezzetto di prosciutto crudo grasso da 30 g
1 crosta di parmigiano da 4 x 4 cm circa
2 spicchi di aglio
3 cucchia di olio extravergine
sale
pepe nero al mulinello
Ridurre il cavolfiore a piccole cimette; schiacciare leggermente l'aglio; tagliare il prosciutto a dadini molto piccoli; raschiare la parte esterna della crosta di grana per eliminare la patina oleosa.
Rosolare l'aglio ed il prosciutto in un cucchiaio di olio, quindi unire le cimette di cavolo e lasciar insaporire qualche minuto.
Scaldare circa 1 litro di acqua e versare nel tegame fino a coprire bene il cavolfiore; unire la crosta di grana spezzettata e un pizzico appena di sale, portare a bollore e cuocere coperto per circa 2 ore a fuoco basso, mescolando ogni tanto ed unendo acqua se serve.
Una ventina di minuti prima di servire unire la pasta e cuocere qualche minuto, quindi, condire con 2 cucchiai di olio e pepe, coprire, spegnere e lasciar riposare una decina di minuti.
Servire, volendo con un'altra goccia di olio e una grattata di pepe, ma comuqnue con il cucchiaio: perchè la consistenza finale dovrebbe rimanere quella non di una pastasciutta ma di una "minestra senza brodo".
Addirittura, se la si consuma il giorno dopo (e quanto è buona riscaldata!), si può spegnere il fuoco direttamente, appena aggiunta la pasta: cuocerà solo per inerzia, in relax, quasi "fondendosi" con il cavolfiore. La nozione di "al dente" in questo specifico caso perde volutamente di significato...
- rivoli affluenti:
- ho cercato ispirazione anche nel testo base per un turista di cucina napoletana come me, scritto nel '65 ma di cui ho una edizione più recente. Ovviamente la ricetta sua di pasta e cavolfiore è tutta diversa... Jeanne Caròla Francesconi, La vera cucina di Napoli, Newton Compton, 2002, ISBN 88-8289-586-6.
... e no qui non ci siamo non perchè abbia qualcosa contro il cavolfiore ma proprio non lo digerisco :-(( buona serata.
RispondiElimina@edvige: che peccato... così è davvero buono!
RispondiEliminaCiao Annalena, la mia Contadina di fiducia stamane ha raccolto i cavolfiori viola e così stasera faccio la pasta, al solito, semplice semplice cuocio le foglie, butto la pasta e all'ultimo minuto unisco le cimette, condisco tutto con aglio olio peperoncino, banale no? Ma coi prossimi mi cimento con questa, ello adora le croste di formaggio ;-)
RispondiElimina@libera: anche nella mia concezione il cavolfiore è croccante... ma la versione "scotta" racconta una storia altrettanto interessante
RispondiEliminaGrazie, ho recentemente stato alla ricerca di informazioni su questo argomento per età e il vostro è il più grande che ho scoperto fino ad ora. Ma, per quanto riguarda la linea di fondo? Sei sicuro circa la fonte?
RispondiEliminaCom cada novo artigo, ainda muitas coisas interessantes para descobrir e, normalmente, praticar
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