Che mi succede?! Per la sfida dell'MTC n. 54 sul tema Miele, che può essere declinato sia in versione dolce che salata, proposto da Eleonora e Michael del blog Burro e Miele... incredibile ma vero, la ricetta che ho subito chiara in mente è dolce. E la mia determinazione non si dissolve nemmeno dopo aver cominciato a scorrere le fantastiche proposte "sweet" degli altri partecipanti, tutti molto più pasticceri inside di me. Ma come è possibile?!
Forse è perché vedo che quelle ricette finora hanno cercato quasi tutte un gusto per il dolce o mitteleuropeo (da cui americano) o levantino/mediterraneo. Si tratta di due tradizioni pasticcere antichissime, entrambe nate dall'utilizzo storico di miele come dolcificante "assoluto" per i dolci, che fossero lievitati, sfogliati, biscottati o fritti. E il mio dolce non è nulla di tutto ciò.
A me invece, non so per quale arcano motivo (o forse sì...), è venuta subito in mente una preparazione asiatica. Un momento: Asia e miele, uno dice?! Obiezione che sorge spontanea, se giudichiamo la cosa secondo i canoni occidentali di visione uniformante e granitica di una "pasticceria asiatica" (!!!) o molto fresca o molto amidacea oppure molto sciropposa...
E invece no: api fossili di 25 milioni di anni fa sono state trovate anche in Asia, oltre che nel resto del mondo... però le api da miele nel periodo delle glaciazioni poterono sopravvivere solo nei climi tropicali dell'Asia meridionale, mentre soccombettero totalmente altrove.
Le api in Asia si adattarono poi gradualmente anche a climi più temperati e tornarono infine a diffondersi anche nel Mediterraneo e in Europa, circa 14.000 anni fa, attraversando progressivamente l'India, il Medioriente e i Balcani. Se oggi in Occidente abbiamo le api, e dunque il miele, lo dobbiamo perciò al rifugio che nella preistoria offrì loro l'Asia.
Da questa parte del globo ne iniziarono l'addomesticamento e l'allevamento gli Egizi attorno al 2600 a. C., per poi passarne le conoscenze ai Greci, poi ai Romani e da lì all'Europa. Grossomodo in contemporanea, le tecniche apiarie si svilupparono anche nelle varie parti dell'Asia che offrivano climi favorevoli, ovvero negli attuali India e Sri Lanka, in alcune zone di Russia e Cina, in Corea, in Giappone e nel Sudest Asiatico fino all'Indonesia e alle Filippine.
La documentazione scritta in merito è purtroppo molto scarsa, ma in Cina, ad esempio, il miele è menzionato in un testo del 1200 a.C.; in un poema cinese del IV secolo a.C. si cerca di riportare alla vita l'anima di una persona creduta morta promettendole frittelle di farina di riso e miele e vino aromatizzato col miele; sono poi documentate dal 1600 in poi diverse ricette cinesi, dolci e "salate", contenenti miele.
Teniamo conto che la canna da zucchero cominciò ad essere coltivata sistematicamente in Asia intorno al 300 a.C. (decisamente in anticipo rispetto a noi!) ma che non soppiantò mai i dolcificanti esistenti in modo quasi totale come (dicevo qui) è avvenuto in Occidente. Inoltre consideriamo in quante tradizioni asiatiche sia apprezzato il tocco dolce anche in piatti salati, aspri o piccanti: come possiamo pensare dunque al miele ancora in termini tutti "occidentali"?
Ho dunque scelto per questa puntata dell'MTC una ricetta asiatica. Non è particolarmente "storica": nata a Taiwan negli anni '80 è uno street food rinfrescante e goloso e sta a cavallo tra il dolce e la bibita a seconda di come lo si declina. La base è un tè freddo, reso cremoso da latte grasso o panna oppure da frutta e sciroppi, a cui si aggiungono perle di tapioca che vengono prima lessate e poi marinate in sciroppo di zucchero, spesso accompagnate anche da altri elementi dolci.
Nella sua versione più semplice è ora molto di moda anche in Occidente con il nome di bubble tea: di solito tè nero o verde miscelato a latte addensato e decorato con perle di tapioca, multicolori nel primo caso e nere per il tè verde.
In Asia invece il bubble tea ha mille versioni e mille legami con altri dolci simili di Paesi differenti. Assume quindi ruoli e anche molti nomi diversi, compresi quelli dettati da alcune catene commerciali, che da golosità da passeggio l'hanno trasformato in prodotto "industrializzato" (...un po' come altrove è capitato agli hamburger).
Tornando alla confezione artigianale o casalinga: nel caso di tè unito al latte il mix va agitato in modo che diventi (in cinese, la lingua ufficiale di Taiwan) paomo naicha, ovvero tè al latte "schiumoso", mentre in sua assenza è in genere uno sciroppo a conferire al tè una maggiore consistenza, indipendentemente che ci sia anche frutta a pezzetti, frullata e/o in succo.
La presenza delle perle di tapioca lo definisce come zhenzhu cha, "tè di perle", che diventa boba cha (ma sagu cha yen in Tailandia e pao pao cha a Singapore) se le palline di tapioca sono grosse, per seguire la moda attuale, con un diametro di almeno di 5 mm.
Altre possibili aggiunte mettono spesso in secondo piano il tè, riempiendo talmente il bicchiere da avvicinare la bevanda ad un dessert: si va dalla frutta secca ai fagioli dolci, dalle caramelle alla frutta fresca, dai riccioli di cocco ad elementi tostati... la fantasia qui non ha limiti!
Si tratta comunque sempre di uno street food informale, da degustare passeggiando con l'aiuto di una grossa cannuccia per risucchiare le perle e di un cucchiaio per papparsi tutto il resto. La prima volta che l'ho assaggiato era nella versione filippina: non la proposta light di qualche caffetteria trendy italiana o quella colorata di un cocktail bar filoasian, però: era il puro e autentico street food delle bancarelle casalinghe che nei weekend estivi popolano i vialetti del parco dietro casa mia. Vantaggi di un quartiere multietnico!
In quel caso il taho filippino si discosta da un tipico bubble tea... per l'assenza definitiva del tè! In compenso le perle di tapioca (in filippino dette sago) sono miscelate ad un cremosissimo tofu appena fatto, addolcite da abbondante sciroppo di zucchero scuro, rinfrescate da ghiaccio grattugiato ed accompagnate da un delirio di frutta fresca e secca e di dolcetti diversi, compresi chicchi di mais dolci e fagioli di gelatina blu!
Questo il bicchiere in mano alla mia coraggiosa nipote (di cui ho tagliato il viso perché l'espressione all'inizio era perplessa. Quella estasiata è stata immortalata dopo qualche minuto, a bicchiere vuoto...).
Il taho racconta come, per Asiatici poco avvezzi al consumo di latticini e dunque non sempre provvisti degli enzimi per digerirli, a volte latte e panna sono "impersonati" da latte di cocco, latte di soia o da tofu morbido. E testimonia pure quanto il bubble tea sia in realtà solo una diramazione recente di tanti dolci a base di perle di tapioca, golosità diffusa in vari Paesi asiatici almeno quanto in Europa, per dire, i frollini al burro.
Un aspetto interessante del bubble tea è che esistono anche ricette "native" in cui si confeziona lo sciroppo con il miele. Mi ci sono subito avventata, ovviamente! Dopo vari esperimenti ho deciso di lasciare però da parte l'aspetto "bibitesco" e rinfrescante con cui è nato e puntare a qualcosa da gustare con un cucchiaio, comodamente seduti a casa nostra.
Mi sono avvicinata, insomma, un po' al saku kao pod tailandese, una sorta di "budino lento" di perle di tapioca e latte di cocco. La tapioca, amido gluten free ricavato dal tubero della cassava, possiede la meravigliosa caratteristica, durante la gelatinizzazione degli amidi in cottura, di diventare lucido e trasparente. Permette quindi di giocare anche visivamente in tutte le maniere, spunto che ho colto al volo, sperando che la ricetta mostrasse al meglio anche la bellezza di questa interpretazione del bubble tea oltre alla sua bontà.
La policromia delle perle di tapioca era a questo punto una caratteristica indispensabile, che ho evidenziato eliminando latte e simili e lasciando limpida la parte liquida del dolce. Di solito per i dolci orientali si acquistano le perle di tapioca già pronte, neutre o colorate, grosse, medie o piccolissime. Ma potevo rinunciare all'home made, in una sfida contro il "non l'ho mai fatto" come quella dell'MTC?
I coloranti, però, ho pensato dovessero essere significativi anche come apportatori di gusto, in assonanza con il miele. Niente prodotti artificiali, dunque, ma mandarino per la freschezza, curcuma per un tocco speziato ma gentile, cacao per una piccola presenza amara e ortiche per una nota terrosa e vegetale.
Miele millefiori a marinare le perle, più presente del miele di acacia a cui avevo pensato all'inizio, che mi è sembrato poi però troppo "neutro" per confrontarsi alla pari con gli aromi delle perle. E poi un accenno di miele di zagara per coinvolgere anche il tè nel gioco dei profumi agrumati lanciato dal mandarino, che si ritrova pure come componente solida del dolce.
Il mandarino rappresenta per me il profumo delle feste invernali di famiglia ma è anche parente dello yuzu, l'agrume che in Giappone è parte dei cibi rituali offerti al tempio nello stesso periodo. Ho pensato non potesse mancare dunque in un dolce invernale di ispirazione asiatica ma con componenti tipicamente occidentali come il cacao.
Ingrediente solido e "di stagione" (*) è anche la polpa croccante dell'altro frutto presente: la pera nashi, diffusa in gran parte dell'Asia ma che deve il suo nome alla parola giapponese che significa "pera". Mentre nel continente asiatico è un frutto tardoestivo, in Giappone si raccoglie ad ottobre e si commercializza per tutto l'inverno, un po' come da noi le mele.
Dopo lunga indecisione ho scelto di utilizzare comunque il tè e di lasciarne pure nel dolce anche le foglie sottili, aromatiche e leggermente amarognole. All'occasione si presta perfettamente un pi lo chung, raffinato tè verde cinese le cui foglie vengono arrotolate a mano in piccole spirali e che, udite udite, anche gli intenditori accettano che, se non lo si vuol servire in purezza, possa essere leggermente dolcificato, ma solo (ovviamente!) con miele.
Ad accompagnare le foglioline di tè qualche petalo di rosa, per una garbatezza cromatica. Ma aggiunti solo alla fine, perché il loro aroma in infusione sarebbe troppo dominante.
Le fasi di preparazione sono un po' lunghe ma possono essere distribuite nei giorni e nelle ore precedenti. L'assemblaggio delpiatto bicchiere invece richiede solo di lasciar raffreddare il té. Se non lo si serve subito conviene conservare le perle nello sciroppo in frigo e tagliare le frutta all'ultimo momento.
Perle colorate al miele millefiori con infusione al miele di zagara
ingredienti per 4 persone:
per le perle:
120 g circa di tapioca
1 mandarino
1/2 cucchiaino di cacao
1/2 cucchiaino di curcuma
1/2 cucchiaino di polvere di ortica (**)
100 g di miele di acacia
2 grani di pepe nero
per il resto:
3 mandarini
1 pera nashi
1 cucchiaio di miele di zagara
1/2 cucchiaio di tè pi lo chung
1/2 cucchiaio petali di rosa (nel mio caso essiccati)
Quattro giorni prima sbucciare un mandarino ben lavato ed asciugato, tritarne finemente la buccia e metterla a seccare tra due fogli di carta da cucina sopra un termosifone per 3 o 4 giorni, quindi frullarla fino a ridurla in polvere finissima. So che si ottiene lo stesso risultato anche con il forno, ma non ci ho mai provato. (La polpa me la sono mangiata: per la ricetta uso poi altri mandarini freschi)
Un giorno prima pesare 5 porzioni di tapioca da 15 g e dividerle in 5 ciotole. Ad una miscelare il cacao, ad un'altra la curcuma, alla terza 2 cucchiaini di polvere di mandarino e alla quarta l'ortica, lasciando bianca l'ultima.
Portare a bollore 3 cucchiai di acqua (c.a 30 ml) e versarla un cucchiaino per volta in una delle ciotoline, mescolando con un cucchiaino e fermandosi quando l'impasto prende la consistenza liscia e uniforme della plastilina morbida. Trasferire su un piano infarinato con una manciata della tapioca avanzata e lavorare con le mani l'impasto, che finché è tiepido resta bello duttile, eventualmente unendo ancora una presa di tapioca, per formare un lungo cordoncino di pasta spesso 4 o 5 mm.
Tagliarlo a pezzettini minuscoli e lavorare ogni gnocchetto tra i palmi delle mani infarinate di tapioca per ottenere delle palline, mettendole a mano a mano ad asciugare su un vassoio rivestito di carta forno senza che si tocchino.
Ripetere la stessa operazione con le altre ciotoline, una per volta, armandosi di pazienza: ci sono da modellare circa 120 perline per ogni colore! Meglio iniziare dall'impasto senza aromi per prendere la mano e tenere per ultimo quello al cacao, leggermente più complesso da equilibrare nel rapporto tapioca-acqua.
Se si decidesse di fare le perle di un unico colore si possono lavorare direttamente insieme circa 80 g di tapioca con 150 ml di acqua bollente (e l'eventuale aroma preferito, in proporzione), lavorando però un cordoncino per volta e lasciando il resto dell'impasto in attesa ben coperto perché tende ad asciugare. Se dovesse seccarsi troppo si può comunque reidratare con un goccio di acqua bollente.
Lasciar riposare le perle colorate per 18-24 ore, scuotendo il vassoio di tanto in tanto, in modo che si voltino e si asciughino bene su tutti i lati. Se ne ottengono, una volta essiccate, circa 135 g. Volendo si possono cuocere anche dopo 3 o 4 ore, ma risulteranno più appiccicose in cottura.
Intanto preparare lo sciroppo: scaldare il miele di acacia con 200 ml di acqua ed i grani di pepe, portare a leggero bollore e lasciar cuocere piano per 5 minuti: Poi spegnere, lasciar raffreddare e conservare coperto, eliminando la schiuma e levando i grani di pepe solo al momento dell'utilizzo.
Preparare l'infuso: portare quasi a bollore 350 ml di acqua, spegnere e, quando scende a 80 °C, unire le foglie di tè. Coprire e lasciar riposare 5 minuti.
Filtrare l'infuso, conservando le foglie in una tazzina a parte con un goccio di tè. Addolcire con il miele di zagara e lasciar raffreddare. Unire i petali di rosa e, se non si usa subito, tenere in frigo.
Un'oretta prima di servire potare a bollore 2 l di acqua, tuffarvi le perle di tapioca e cuocere a fuoco basso per circa 25 minuti (***), mescolando spesso e delicatamente perché le palline non si attacchino tra loro. Per capire quando sono pronte estrarre una perla bianca con un mestolo forato e tuffarla in acqua fredda: dovrebbe diventare completamente trasparente. Se si vede ancora un cuore bianco all'interno le perle devono cuocere qualche altro minuto.
Scolare delicatamente le perle sotto un getto leggero di acqua corrente, tuffarle in una ciotola con abbondante acqua fredda in modo che si raffreddino velocemente (i vari colori diventano perfettamente brillanti proprio con il raffreddamento), poi con il mestolo forato trasferirle nello sciroppo di miele, separando con le dita quelle che si sono eventualmente incollate tra loro.
Poco prima di servire sbucciare i mandarini, eliminare tutti i filamenti bianchi dagli spicchi (senza però pelarli al vivo) e metterli in un'ampia ciotola, Tagliare a bastoncini la polpa della pera nashi sbucciata e unirla ai mandarini.
Unire anche le perle di tapioca scolate dallo sciroppo, mescolare con delicatezza e dividere in quattro bicchieri individuali. Distribuire in ogni bicchiere un cucchiaino di foglie di tè scolate e una cucchiaiata di tè colma di petali di rosa.
Versare quindi nei bicchieri il resto del tè tè, a filo, fino a colmare. Infilare un cucchiaino nei bicchieri e servire.
Con questa ricetta partecipo all'MTC 54 di febbraio 2016.
(*** nei miei esperimenti in realtà ho cotto ogni tipo di perla sia separatamente che tutte insieme per capire come funzionassero le perle homemade. Quelle al cacao impiegano qualche minuto in più di cottura ma i sapori non si mischiano se cotte insieme. Se si preferisce una consistenza uniforme di tutte le perle consiglio quindi di tuffare quelle di cacao nell'acqua bollente 5 o 6 minuti prima e poi unire tutte le altre.)
PS: lo sciroppo rimasto dall'ammollo delle perle, allungato con acqua fresca fino a stemperarne l'eccessiva dolcezza, si rivela un'ottima bibita.
Forse è perché vedo che quelle ricette finora hanno cercato quasi tutte un gusto per il dolce o mitteleuropeo (da cui americano) o levantino/mediterraneo. Si tratta di due tradizioni pasticcere antichissime, entrambe nate dall'utilizzo storico di miele come dolcificante "assoluto" per i dolci, che fossero lievitati, sfogliati, biscottati o fritti. E il mio dolce non è nulla di tutto ciò.
A me invece, non so per quale arcano motivo (o forse sì...), è venuta subito in mente una preparazione asiatica. Un momento: Asia e miele, uno dice?! Obiezione che sorge spontanea, se giudichiamo la cosa secondo i canoni occidentali di visione uniformante e granitica di una "pasticceria asiatica" (!!!) o molto fresca o molto amidacea oppure molto sciropposa...
E invece no: api fossili di 25 milioni di anni fa sono state trovate anche in Asia, oltre che nel resto del mondo... però le api da miele nel periodo delle glaciazioni poterono sopravvivere solo nei climi tropicali dell'Asia meridionale, mentre soccombettero totalmente altrove.
Le api in Asia si adattarono poi gradualmente anche a climi più temperati e tornarono infine a diffondersi anche nel Mediterraneo e in Europa, circa 14.000 anni fa, attraversando progressivamente l'India, il Medioriente e i Balcani. Se oggi in Occidente abbiamo le api, e dunque il miele, lo dobbiamo perciò al rifugio che nella preistoria offrì loro l'Asia.
Da questa parte del globo ne iniziarono l'addomesticamento e l'allevamento gli Egizi attorno al 2600 a. C., per poi passarne le conoscenze ai Greci, poi ai Romani e da lì all'Europa. Grossomodo in contemporanea, le tecniche apiarie si svilupparono anche nelle varie parti dell'Asia che offrivano climi favorevoli, ovvero negli attuali India e Sri Lanka, in alcune zone di Russia e Cina, in Corea, in Giappone e nel Sudest Asiatico fino all'Indonesia e alle Filippine.
La documentazione scritta in merito è purtroppo molto scarsa, ma in Cina, ad esempio, il miele è menzionato in un testo del 1200 a.C.; in un poema cinese del IV secolo a.C. si cerca di riportare alla vita l'anima di una persona creduta morta promettendole frittelle di farina di riso e miele e vino aromatizzato col miele; sono poi documentate dal 1600 in poi diverse ricette cinesi, dolci e "salate", contenenti miele.
Teniamo conto che la canna da zucchero cominciò ad essere coltivata sistematicamente in Asia intorno al 300 a.C. (decisamente in anticipo rispetto a noi!) ma che non soppiantò mai i dolcificanti esistenti in modo quasi totale come (dicevo qui) è avvenuto in Occidente. Inoltre consideriamo in quante tradizioni asiatiche sia apprezzato il tocco dolce anche in piatti salati, aspri o piccanti: come possiamo pensare dunque al miele ancora in termini tutti "occidentali"?
Ho dunque scelto per questa puntata dell'MTC una ricetta asiatica. Non è particolarmente "storica": nata a Taiwan negli anni '80 è uno street food rinfrescante e goloso e sta a cavallo tra il dolce e la bibita a seconda di come lo si declina. La base è un tè freddo, reso cremoso da latte grasso o panna oppure da frutta e sciroppi, a cui si aggiungono perle di tapioca che vengono prima lessate e poi marinate in sciroppo di zucchero, spesso accompagnate anche da altri elementi dolci.
Nella sua versione più semplice è ora molto di moda anche in Occidente con il nome di bubble tea: di solito tè nero o verde miscelato a latte addensato e decorato con perle di tapioca, multicolori nel primo caso e nere per il tè verde.
In Asia invece il bubble tea ha mille versioni e mille legami con altri dolci simili di Paesi differenti. Assume quindi ruoli e anche molti nomi diversi, compresi quelli dettati da alcune catene commerciali, che da golosità da passeggio l'hanno trasformato in prodotto "industrializzato" (...un po' come altrove è capitato agli hamburger).
Tornando alla confezione artigianale o casalinga: nel caso di tè unito al latte il mix va agitato in modo che diventi (in cinese, la lingua ufficiale di Taiwan) paomo naicha, ovvero tè al latte "schiumoso", mentre in sua assenza è in genere uno sciroppo a conferire al tè una maggiore consistenza, indipendentemente che ci sia anche frutta a pezzetti, frullata e/o in succo.
La presenza delle perle di tapioca lo definisce come zhenzhu cha, "tè di perle", che diventa boba cha (ma sagu cha yen in Tailandia e pao pao cha a Singapore) se le palline di tapioca sono grosse, per seguire la moda attuale, con un diametro di almeno di 5 mm.
Altre possibili aggiunte mettono spesso in secondo piano il tè, riempiendo talmente il bicchiere da avvicinare la bevanda ad un dessert: si va dalla frutta secca ai fagioli dolci, dalle caramelle alla frutta fresca, dai riccioli di cocco ad elementi tostati... la fantasia qui non ha limiti!
Si tratta comunque sempre di uno street food informale, da degustare passeggiando con l'aiuto di una grossa cannuccia per risucchiare le perle e di un cucchiaio per papparsi tutto il resto. La prima volta che l'ho assaggiato era nella versione filippina: non la proposta light di qualche caffetteria trendy italiana o quella colorata di un cocktail bar filoasian, però: era il puro e autentico street food delle bancarelle casalinghe che nei weekend estivi popolano i vialetti del parco dietro casa mia. Vantaggi di un quartiere multietnico!
In quel caso il taho filippino si discosta da un tipico bubble tea... per l'assenza definitiva del tè! In compenso le perle di tapioca (in filippino dette sago) sono miscelate ad un cremosissimo tofu appena fatto, addolcite da abbondante sciroppo di zucchero scuro, rinfrescate da ghiaccio grattugiato ed accompagnate da un delirio di frutta fresca e secca e di dolcetti diversi, compresi chicchi di mais dolci e fagioli di gelatina blu!
Questo il bicchiere in mano alla mia coraggiosa nipote (di cui ho tagliato il viso perché l'espressione all'inizio era perplessa. Quella estasiata è stata immortalata dopo qualche minuto, a bicchiere vuoto...).
Il taho racconta come, per Asiatici poco avvezzi al consumo di latticini e dunque non sempre provvisti degli enzimi per digerirli, a volte latte e panna sono "impersonati" da latte di cocco, latte di soia o da tofu morbido. E testimonia pure quanto il bubble tea sia in realtà solo una diramazione recente di tanti dolci a base di perle di tapioca, golosità diffusa in vari Paesi asiatici almeno quanto in Europa, per dire, i frollini al burro.
Un aspetto interessante del bubble tea è che esistono anche ricette "native" in cui si confeziona lo sciroppo con il miele. Mi ci sono subito avventata, ovviamente! Dopo vari esperimenti ho deciso di lasciare però da parte l'aspetto "bibitesco" e rinfrescante con cui è nato e puntare a qualcosa da gustare con un cucchiaio, comodamente seduti a casa nostra.
Mi sono avvicinata, insomma, un po' al saku kao pod tailandese, una sorta di "budino lento" di perle di tapioca e latte di cocco. La tapioca, amido gluten free ricavato dal tubero della cassava, possiede la meravigliosa caratteristica, durante la gelatinizzazione degli amidi in cottura, di diventare lucido e trasparente. Permette quindi di giocare anche visivamente in tutte le maniere, spunto che ho colto al volo, sperando che la ricetta mostrasse al meglio anche la bellezza di questa interpretazione del bubble tea oltre alla sua bontà.
La policromia delle perle di tapioca era a questo punto una caratteristica indispensabile, che ho evidenziato eliminando latte e simili e lasciando limpida la parte liquida del dolce. Di solito per i dolci orientali si acquistano le perle di tapioca già pronte, neutre o colorate, grosse, medie o piccolissime. Ma potevo rinunciare all'home made, in una sfida contro il "non l'ho mai fatto" come quella dell'MTC?
I coloranti, però, ho pensato dovessero essere significativi anche come apportatori di gusto, in assonanza con il miele. Niente prodotti artificiali, dunque, ma mandarino per la freschezza, curcuma per un tocco speziato ma gentile, cacao per una piccola presenza amara e ortiche per una nota terrosa e vegetale.
Miele millefiori a marinare le perle, più presente del miele di acacia a cui avevo pensato all'inizio, che mi è sembrato poi però troppo "neutro" per confrontarsi alla pari con gli aromi delle perle. E poi un accenno di miele di zagara per coinvolgere anche il tè nel gioco dei profumi agrumati lanciato dal mandarino, che si ritrova pure come componente solida del dolce.
Il mandarino rappresenta per me il profumo delle feste invernali di famiglia ma è anche parente dello yuzu, l'agrume che in Giappone è parte dei cibi rituali offerti al tempio nello stesso periodo. Ho pensato non potesse mancare dunque in un dolce invernale di ispirazione asiatica ma con componenti tipicamente occidentali come il cacao.
Ingrediente solido e "di stagione" (*) è anche la polpa croccante dell'altro frutto presente: la pera nashi, diffusa in gran parte dell'Asia ma che deve il suo nome alla parola giapponese che significa "pera". Mentre nel continente asiatico è un frutto tardoestivo, in Giappone si raccoglie ad ottobre e si commercializza per tutto l'inverno, un po' come da noi le mele.
Dopo lunga indecisione ho scelto di utilizzare comunque il tè e di lasciarne pure nel dolce anche le foglie sottili, aromatiche e leggermente amarognole. All'occasione si presta perfettamente un pi lo chung, raffinato tè verde cinese le cui foglie vengono arrotolate a mano in piccole spirali e che, udite udite, anche gli intenditori accettano che, se non lo si vuol servire in purezza, possa essere leggermente dolcificato, ma solo (ovviamente!) con miele.
Ad accompagnare le foglioline di tè qualche petalo di rosa, per una garbatezza cromatica. Ma aggiunti solo alla fine, perché il loro aroma in infusione sarebbe troppo dominante.
Le fasi di preparazione sono un po' lunghe ma possono essere distribuite nei giorni e nelle ore precedenti. L'assemblaggio del
Perle colorate al miele millefiori con infusione al miele di zagara
ingredienti per 4 persone:
per le perle:
120 g circa di tapioca
1 mandarino
1/2 cucchiaino di cacao
1/2 cucchiaino di curcuma
1/2 cucchiaino di polvere di ortica (**)
100 g di miele di acacia
2 grani di pepe nero
per il resto:
3 mandarini
1 pera nashi
1 cucchiaio di miele di zagara
1/2 cucchiaio di tè pi lo chung
1/2 cucchiaio petali di rosa (nel mio caso essiccati)
Quattro giorni prima sbucciare un mandarino ben lavato ed asciugato, tritarne finemente la buccia e metterla a seccare tra due fogli di carta da cucina sopra un termosifone per 3 o 4 giorni, quindi frullarla fino a ridurla in polvere finissima. So che si ottiene lo stesso risultato anche con il forno, ma non ci ho mai provato. (La polpa me la sono mangiata: per la ricetta uso poi altri mandarini freschi)
Un giorno prima pesare 5 porzioni di tapioca da 15 g e dividerle in 5 ciotole. Ad una miscelare il cacao, ad un'altra la curcuma, alla terza 2 cucchiaini di polvere di mandarino e alla quarta l'ortica, lasciando bianca l'ultima.
Portare a bollore 3 cucchiai di acqua (c.a 30 ml) e versarla un cucchiaino per volta in una delle ciotoline, mescolando con un cucchiaino e fermandosi quando l'impasto prende la consistenza liscia e uniforme della plastilina morbida. Trasferire su un piano infarinato con una manciata della tapioca avanzata e lavorare con le mani l'impasto, che finché è tiepido resta bello duttile, eventualmente unendo ancora una presa di tapioca, per formare un lungo cordoncino di pasta spesso 4 o 5 mm.
Tagliarlo a pezzettini minuscoli e lavorare ogni gnocchetto tra i palmi delle mani infarinate di tapioca per ottenere delle palline, mettendole a mano a mano ad asciugare su un vassoio rivestito di carta forno senza che si tocchino.
lavorazione delle perle alla curcuma. Sullo sfondo quelle neutre |
Se si decidesse di fare le perle di un unico colore si possono lavorare direttamente insieme circa 80 g di tapioca con 150 ml di acqua bollente (e l'eventuale aroma preferito, in proporzione), lavorando però un cordoncino per volta e lasciando il resto dell'impasto in attesa ben coperto perché tende ad asciugare. Se dovesse seccarsi troppo si può comunque reidratare con un goccio di acqua bollente.
Lasciar riposare le perle colorate per 18-24 ore, scuotendo il vassoio di tanto in tanto, in modo che si voltino e si asciughino bene su tutti i lati. Se ne ottengono, una volta essiccate, circa 135 g. Volendo si possono cuocere anche dopo 3 o 4 ore, ma risulteranno più appiccicose in cottura.
nell'ordine: perla essiccata bianca, al cacao, alla curcuma. all'ortica e al mandarino |
lo sciroppo a fuoco appena spento |
Filtrare l'infuso, conservando le foglie in una tazzina a parte con un goccio di tè. Addolcire con il miele di zagara e lasciar raffreddare. Unire i petali di rosa e, se non si usa subito, tenere in frigo.
Un'oretta prima di servire potare a bollore 2 l di acqua, tuffarvi le perle di tapioca e cuocere a fuoco basso per circa 25 minuti (***), mescolando spesso e delicatamente perché le palline non si attacchino tra loro. Per capire quando sono pronte estrarre una perla bianca con un mestolo forato e tuffarla in acqua fredda: dovrebbe diventare completamente trasparente. Se si vede ancora un cuore bianco all'interno le perle devono cuocere qualche altro minuto.
Scolare delicatamente le perle sotto un getto leggero di acqua corrente, tuffarle in una ciotola con abbondante acqua fredda in modo che si raffreddino velocemente (i vari colori diventano perfettamente brillanti proprio con il raffreddamento), poi con il mestolo forato trasferirle nello sciroppo di miele, separando con le dita quelle che si sono eventualmente incollate tra loro.
le perle cotte, prima del bagno di miele |
Unire anche le perle di tapioca scolate dallo sciroppo, mescolare con delicatezza e dividere in quattro bicchieri individuali. Distribuire in ogni bicchiere un cucchiaino di foglie di tè scolate e una cucchiaiata di tè colma di petali di rosa.
Versare quindi nei bicchieri il resto del tè tè, a filo, fino a colmare. Infilare un cucchiaino nei bicchieri e servire.
(*** nei miei esperimenti in realtà ho cotto ogni tipo di perla sia separatamente che tutte insieme per capire come funzionassero le perle homemade. Quelle al cacao impiegano qualche minuto in più di cottura ma i sapori non si mischiano se cotte insieme. Se si preferisce una consistenza uniforme di tutte le perle consiglio quindi di tuffare quelle di cacao nell'acqua bollente 5 o 6 minuti prima e poi unire tutte le altre.)
PS: lo sciroppo rimasto dall'ammollo delle perle, allungato con acqua fresca fino a stemperarne l'eccessiva dolcezza, si rivela un'ottima bibita.
- rivoli affluenti:
- notizie più approfondite sulla storia delle api da miele e sul loro allevamento in Europa qui
- differenze tra le api europee e quelle asiatiche qui
- curiosità invece sul miele delle api giapponesi (!) qui
- le notizie sul miele nella letteratura cinese vengono da qui
- informazioni sul tè verde pi lo chun qui
- (* per chi avesse voglia di un po' di ragionamenti confusi sul concetto di "locale" e "stagionale" nella cucina etnica... un mio noioso post in merito è questo)
- (** la polvere di ortica si usa di solito per colorare la pasta. Io l'ho trovata tempo fa al Mercato Orientale di Genova. Si può sostituire con qualche goccia di acqua di prezzemolo)
Mia cara, passare da te è sempre un'esperienza: s'impara tantissimo e si ammirano preparazioni incredibili!
RispondiEliminaaiutooooo! io sono in estasi!! quante cose interessantissime ed ecco infine svelato il segreto delle perle di tapioca che non avevo mai sentito nominare come tutto il resto!! Fantastica, come sempre!!
RispondiEliminaMeraviglia pura
RispondiEliminaNon conoscevo l'esistenza delle perle di tapioca e ne sono rimasta affascinata e sicuramente le provero' devo colmare la mia lacuna
E che dire dello spettacolare post sulle api .... grazie
Un abbraccio Manu
Meravigliosa!!!! Sono senza parole!
RispondiEliminaMolto interessante, io ho acquistato una confezione di perle (già pronte) e devo ancora sperimentare. Complimenti per le tue multicolor :-)
RispondiEliminaMolto creativo, porta davvero la tua firma e come al solito ci insegna tanto!!
RispondiEliminaMai provato a fare le perle di tapioca per quanto ne sia una consumatrice.
Io le faccio cuocere in acqua e sciroppo di menta, le scolo, le sciacquo e per quel fantastico e semplicemente magico processo di migrazione piazzo nel té le mie verdissime perle.
Poi rum a garganella, ovvio!!!!:)))
Annalena, io sono qui talmente meravigliata dal tuo post (come al solito), dalle tue spiegazioni, dal lungo lavoro che hai fatto che sinceramente non riesco a proferire parola. Tutto quello che potrei dire non riuscirebbe ad arrivare al livello di questa ricetta che ci proponi.
RispondiEliminaInsomma, sono ammutolita, dalla tua bravura e dalla mia ignoranza.
Mi viene solo un gran, enorme Grazie.
@mariella: invece il pane leopardato no, non è incredibile, vero?!
RispondiElimina@cristina: taci, che ho avuto pure la tentazione di farle salate con un tè alla colatura...
@manu: le perle sono divertenti perchè hanno una consistenza a cui siamo poco abituati che fa sembrare speciale anche la ricetta più semplice
@tiziana: in realtà basta davvero poco per mettere in luce anche la bellezza delle perle: si prestano per loro natura.
@elena: be'... chi meglio di te per sperimentarle in un tè?!
@fabiana: fuori dalla dimensione casalinga hanno poco senso perchè implicano un lavoro semplice ma lungo, ma come sfizio personale confezionarli le perline con gli aromi ed i colori che vuoi è puro divertimento. E so che mi puoi capire!
@eleonora: a Dehli c'è la catena taiwanese Chatime, se vuoi farti l'esperienza senza troppa fatica. Certo... come tutte le cose... l'home made...
incredibile, quante cose non sapevo sul miele! Ed ho scoperto anche cosa fosse il bubble tea.
RispondiEliminaUna ricetta particolarissima che mi segno perchè prima o poi devo provare! complimenti :)
Provo ogni volta tanta ammirazione (anzi una valanga) non soltanto x la ricetta che non avrei mai scoperto da sola....ma x la fonte inesauribile di conoscenze che hai e che così generosamente ci regali!
RispondiEliminaOgni volta mi arricchisci con chicche (dolci questa volta) di sapere! Ti ringrazio per questo :))
Io rimango ogni volta a bocca aperta davanti ai tuoi post e alla tua cultura, capace di trasportarci per davvero in paesi lontani.
RispondiEliminaMi sto innamorando di questo bubble tea, penso proprio che lo rifarò perchè il sapore e le consistenze mi incuriosiscono moltissimo. Secondo te è possibile sostituire il tè con qualcosa d'altro?
@erica: anche usando perle già pronte e limitandoti a miscelare tè e latte in cui tuffarle il bubble tea è una golosità tutta speciale, poco dolce e davvero accattivante.
RispondiElimina@ilaria: grazie a te che hai la pazienza di sciropparti i miei post e la curiosità di trarne davvero degli spunti!
@dani: certo: tralascia il tè e utilizza quello che più ti piace! In questa ricetta, per esempio, succo di arancia diluito oppure proprio aranciata frizzante, ma scegliendo frutti diversi, tipo banane e ananas, puoi sperimentare l'acqua di cocco
Io sono davvero entusiasta della tua incredibile cultura che condividi così generosamente. Il bubble tea è una ricetta che avevo preparato quest'estate è volevo postare e poi mi sono dimenticata. Mi è piaciuto molto, e ora che ho letto tutte queste cose interessanti spero di saper fare di meglio. Grazie come sempre
RispondiElimina@ilaria: ...vedi, che non ho inventato nulla?!
RispondiEliminadimmi cos'era il bubble tea- primo ed unico- che ho tentato di bere a NY, l'ultima volta che ci sono stata. Da allora, non oso ripetere l'esperienza, con tutta che qui praticamente mi ci inciampo. Di sicuro non era questa meraviglia che vedo- che nn solo mi lascia a bocca aperta, ma mi farebbe pure-persino-forse-chissà..fare un secondo tentativo. Ma qualcosa mi dice che non si avvicinerà neppure lontanamente a questo capolavoro. Insuperbile Annalena, veramente!
RispondiElimina@alessandra: era un di quei bubble tea che dicevo ora essere di moda, e che preparano con tè industriale, latte in polvere ad addensare, sciroppi pronti e tapioca credo poco o per nulla marinata. Ma sei tu che hai a disposizione i baracchini giusti per ritentare!
RispondiEliminaE 'con piacere che guardo il tuo sito; è grande. Davvero bello leggere il tuo bel condivisione .Continuez bene e grazie ancora.
RispondiEliminavoyance gratuite par telephone
@susane: grazie
RispondiElimina