Passa ai contenuti principali

un pane dolce e un cocktail per un brindisi di saluto


Chiacchieravo l'altro giorno con l'essere qui a fianco (che per chi ancora non lo sapesse è napoletano), del perché molti levino i canditi dal panettone, tanto che da qualche tempo in produzione ci sono, oltre a farciture cremose e varie interpretazioni fantasiose, anche versioni di panettone "classico" ma con sola uvetta o addirittura a impasto semplice (che allora uno dice: comprati il pandoro e fai prima!).

Dopo una lunga disquisizione storica sulla cucina di corte e di convento delle regioni del Sud paragonata alla cucina "ricca" del Nord, sui dolci (natalizi e non) della sua infanzia e della mia, e sul cambiamento velocissimo del gusto dal dopoguerra ad oggi rispetto ai secoli precedenti, siamo stati concordi nel definire il gusto meridionale e cattolico più goloso di canditi e quello settentrionale e protestante più ghiotto di uva passa.

Incrociando temi storici, geografici, religiosi e personali non si è potuto che finire per ricollegare il discorso all'emozione del momento e al tentativo di sopravvivere alla partenza di una persona che non tornerà. L'inverno di dicembre spinge a raccoglierti in famiglia e celebrare il calore dell'amore, con il Natale per noi, il Capodanno per gli Shintoisti e con Hannukkah, la Festa delle Luci, per il mondo ebraico. E' il momento in cui la mancanza pesa di più. Almeno a me.

Lui non era parte della mia famiglia genetica ma di quella variegata e sorprendente dell'MTC. Aver sospeso per qualche giorno le pubblicazioni su questo blog è stato un mio gesto di rispetto e commiato personale, mentre postare oggi un pane di ispirazione ebraica per lui, la moglie, la figlia e la community di cui tutti e tre facevano parte, insieme al fermo dell'MTC per questo mese sono il segno di quel calore familiare di cui parlavo prima, che aiuterà le persone rimaste a sentire condivisa, se non proprio attutita, la mancanza di Michael in queste feste invernali.

Se penso ai funerali di persone a me carissime i momenti migliori non sono quelli in cui trovo braccia ad accogliermi o spalle su cui piangere, ma quelli delle chiacchiere leggere, dei rari, preziosissimi momenti di calo di tensione, quando ciascuno comincia a raccontare aneddoti di vita che ha condiviso con la persona mancata, ed emerge a poco a poco di lei un ritratto fatto di emozioni, episodi buffi, gaffes e memorabili risate. In quel momento è come se la persona fosse presente in mezzo al resto della compagnia, e gli occhi di tutti si ritrovano asciutti, le labbra sorridenti, ed il ricordo del buono e del quotidiano lenisce il dolore quel tanto che pasta per impedirgli di prendere totalmente il sopravvento.

Dei miei rapporti con lui non ho voglia di parlare più di tanto, in questa riunione di amici che lo ricordano tutti insieme voglio invece proporre un brindisi, ovviamente alcolico, nello spirito delle labbra sorridenti cui accennavo prima. Preparare con calma e condividere guardandosi negli occhi un bel pane dolce in stile ebraico, come quello che ci aveva insegnato Eleonora in un suo MTC, completa il senso di una giornata spesa insieme, raccolti attorno a lui nei gesti e nei pensieri.

Il pane di origine è a treccia, senza latticini e farcito di semplice uvetta e cosparso di semi. Lascio la superficie sobriamente glabra, a simulare un ordine che forse oggi non c'è, ma poi, non essendo servito in un pranzo con presenza di carne ma per un brindisi isolato tra amici, credo non sia mancanza di rispetto introdurre burro e latte, cosa che piuttosto asseconda lo spirito goloso del protagonista delle dediche di oggi.

Farcisco ognuna delle tre cocche della treccia in modo diverso, con ingredienti semplicissimi ma che che raccontano di famiglia, di unione, di amore, ed amicizia: un nastro di uvetta e uno di canditi (che per tutto quello detto all'inizio raccontano la mia famiglia "italiana da nord a sud") superano il Mediterraneo per abbracciare un nastro di datteri (simbolo importante nella della tradizione ebraica, non solo in cucina) in un unico intreccio di amore ed amicizia infinite.

Anche il bicchiere del brindisi deriva dal dolce, perché se è vero che l'MTC a tema "cucina un cocktail" si è fermato, credo che lui sarebbe contento di sapere che una deriva alcolica la prende anche questa iniziativa di oggi. Dunque invito il gruppo di amici a lui affezionati a brindare tutti insieme alla di lui salute mentale, quella che ci ha sorretto fin qui e che ha ancora tanto da raccontarci. 

Chi mente si dice tenda a guardare a destra e verso il basso. Noi ora, lo so, stiamo tutti alzando i calici con lo sguardo in alto a sinistra! Ciao doc.



Nastri di pane dolce, un po' come quello del sabato, con uvetta, con canditi e con datteri, intrecciati di amore e amicizia. Più relativo cocktail



ingredienti per un pane e 6 cocktail:
250 g di farina tipo Manitoba, più una manciata per la spianatoia
12 g di lievito di birra fresco
1 uovo medio (c.a 60 g pesato col guscio)
50 g di zucchero
65 g di burro
60 ml di latte, più 2 cucchiai per la finitura
40 ml di grappa
1 bottiglia di vino bianco campano (qui ?)
50 g di uva passa
50 g di canditi misti (qui arancia, limone, cedro e zucca)
6 datteri
2 noci
1 rametto di rosmarino
pepe nero al mulinello
chiodi di garofano in polvere
sale

Intiepidire appena il latte, sciogliervi il lievito e lasciar riposare 15-20 minuti, fino a che il liquido comincia a fare le bolle. Intanto mettere a bagno l'uvetta nella grappa, sciogliere appena il burro fino a che è morbidissimo ma non liquefatto (io nel microonde 20 secondi a 700w + riposo di 2 minuti) e setacciare la farina con lo zucchero e una presa di sale.

Unire il lievito alla farina, mescolare bene, unire quindi il burro a filo e poi, dopo aver ben mescolato, l'uovo leggermente sbattuto. Lavorare con energia per una ventina di minuti, unendo altra farina se serve (io circa 70 g), fino a che l'impasto è molto liscio, elastico e leggermente appiccicoso. Coprire con un telo e lasciar lievitare in luogo tiepido per 2 ore.

Per i ripieni mettere a bagno l'uvetta nella grappa con l'aggiunta di 40 ml di acqua tiepida e lasciar riposare un'oretta, poi scolare la l'uva, filtrare il liquido di ammollo e conservarlo in frigo. Tritare finemente gli aghi di rosmarino e miscelarli all'uvetta.



Condire i canditi con un pizzico di polvere di chiodi di garofano ed una bella grattata di pepe. 



Snocciolare i datteri e tritarli grossolanamente; sgusciare le noci, spezzettarle ed unirle ai datteri. 



Dividere l'impasto lievitato in tre panetti uguali, stenderli in strisce lunghe e strette, circa 35 x 15 cm.; farcire ogni striscia con un ripieno differente e chiuderle a salsicciotto, saldandole bene ed allungandole ulteriormente in lunghi nastri sottili e cilindrici.



Intrecciare i tre nastri non troppo strettamente, trasferire su una placca rivestita di carta forno, coprire con un telo e far lievitare altre 2 ore.



Spennellare la superficie con un poco di latte e cuocere a 200 °C in forno statico per circa 20-25 minuti. 



Far freddare su una gratella e servire tiepido (mmmh!) o a temperatura ambiente.



Per il cocktail allungare la grappa all'uvetta con il vino ben fresco e servire con il pane dolce a fette o meglio, secondo un uso ebraico che anche per i Cattolici ha tanto significato, spezzato con le mani.

Commenti

  1. Hai perfettamente ragione: ricordare tutto quello che ha condiviso con noi è la maniera migliore per farlo vivere ancora.

    RispondiElimina
  2. Parlare è quello anche delle gaffes o delle battute è quello che ci fa capire di quanto una persona fosse amata e non una pacca sulla spalla convenzionale. Ecco perchè il nostro abbraccio di oggi ha molto più valore perchè ognuno racconta una piccola parte di lui che rimarrà nei nostri cuori
    grazie

    RispondiElimina
  3. Cara Annalena, grazie per le tue meravigliose parole. Hai toccato tasti dolorosi ma descritto anche momenti di grande verità, come il desiderio di richiamare a noi chi ci manca attraverso il suono delle risa ed il ricordo della sua fallibile umanità, perché quello che proprio ci viene a mancare di più è il mondo piccolo della quotidianità, fatta del tutto e del niente. Un omaggio stupendo il tuo a Michael che certo oggi vorrebbe farsi un giro ad assaggiare ognuno dei nostri pani.
    Ti abbraccio e ti ringrazio <3

    RispondiElimina
  4. Come al solito molto interessanti le tue argomentazioni di ricerca che portano ad un finale che alle volte da almeno a me di pensare. Si hai ragione i canditi specialmente qui a Trieste non sono molto usati ma l'uvetta tantissimo come anche pinoli noci ecc. Buone e belle da vedere queste treccie semplici ma di effetto in tutti i sensi. Grazie cara per tutto, buona serata e buona settimana.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. grazie a te, e devo ancora venirti a trovare come si deve!

      Elimina
  5. Cara Annalena,
    innalzo i calici insieme a tutti noi, in alto a sinistra!
    <3

    RispondiElimina
    Risposte
    1. le parole del tuo post mi hanno molto toccata. In alto a sinistra!

      Elimina
  6. Grazie Annalena. Grazie per ognuna delle tue parole in cui mi ritrovo e lo ritrovo e per quello spirito di alzare un bicchiere in suo onore, proprio come lui avrebbe voluto. È un tributo meraviglioso quello che hai fatto a Michael, che strappa un sorriso e una lacrima allo stesso tempo. Queste feste che verranno saranno difficili, ma è anche vero che lo ritrovo dappertutto e so che c'è, nei vostri ricordi e nei miei. Grazie di cuore di esserci.

    RispondiElimina
  7. Non avevo mai pensato a quelle chiacchiere leggere, ma è vero!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. è un momento in cui finisci per conoscere ancora meglio chi ti ha lasciato attraverso le esperienze degli altri ed arricchire il tuo ricordo personale. Credo sia il senso vero del ritrovarsi ad un funerale, in fondo.

      Elimina
  8. Thank you very much for this helpful and valuable information. Great your blog, congratulations!

    Tirage carte gratuit travail

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!