Passa ai contenuti principali

fagioli, sorelle e storie di Nativi per Popogusto e il Calendario del Cibo italiano


Per questa terza immersione nel mercato di Popogusto mi dedico ai legumi, di cui parleranno venerdì 2 marzo alle 17 in diretta dai microfoni di Radio Popolare, Giorgio Donegani e Marco Di Puma e che in quella occasione mi accolgono come ospite a rappresentare i foodblogger del Calendario del Cibo Italiano.


Avevo inizialmente pensato di incuriosirli raccontando della soia, perché si sa, il mio blog è giramondo e mi piace mettere l'accento su ciò che conosciamo meno, lasciando per un momento da parte, in questo caso, i legumi che ci sono più familiari come fagioli, ceci, lenticchie o cicerchie secche o, quando sarà stagione, fagioli, fagiolini, taccole, piselli e fave freschi. 

Ma il discorso sarebbe stato troppo slegato da quello che in effetti si può trovare nel meraviglioso mercatino che da il nome alla trasmissione, e che anche questa settimana si terrà ai chiostri dell'Umanitaria di Milano, via San Barnaba, 48.



Allora ho pensato di concentrarmi sui fagioli, i legumi più "nuovi" per noi, se pensiamo che, a  parte i fagioli dell'occhio provenienti dall'Africa, in Europa prima di Cristoforo Colombo non ne esistevano altre varietà. Tutte quelle che noi oggi degustiamo in mille modi, infatti derivano dai semi che i Conquistatori ci portarono dal Nuovo Mondo, dapprima come curiosa rarità, tanto che Alessandro de' Medici nel 1533 ne regalò alcune preziosissime piantine alla sorella in occasione del di lei matrimonio con Enrico II re di Francia!



Sia per le tecniche di coltivazione che  per gli usi alimentari (e non) dei fagioli siamo debitori a quei Nativi Americani che insegnarono tutto ai primi coloni. Ho già accennato alla cultura gastronomica pellerossa in qualche precedente post (questo uno dei più recenti) e qui approfondiamo proprio la sua interpretazione del fagiolo, una delle primissime piante ad essere coltivata dalle popolazioni primitive sul suolo americano, come testimoniano le sue raffigurazioni su ceramiche e tessuti antichi, in alcune aree addirittura 1500 anni prima del mais.

I Nativi Americani avevano dei fagioli non solo un uso alimentare ma anche curativo: bevendo l'acqua di lessatura dei baccelli "depuravano il sangue" e ne tenevano bassa la pressione mentre applicandone la farina sulla pelle ne guarivano gli eczemi. 

Ogni area climatica ovviamente, a partire dal Cile fino agli attuali confini tra Stati Uniti e Canada, favoriva la coltivazione di varietà differenti,  ma quello che interessa a noi oggi è vedere come le diverse tribù preparassero con il legume a disposizione, oltre a specialità tipiche di ciascun gruppo, anche una pietanza per tutti identica dal punto di vista nutrizionale. 

Il piatto ha nomi indiani differenti e risultati al gusto abbastanza diversi tra loro, ma abbina sempre i fagioli, grande risorsa alimentare in tutte le stagioni perché facilmente essiccabile, conservabile e trasportabile, ad un cereale e a verdure fresche, crude o cotte. L'ideale per una dieta equilibrata, insomma!

Questo genere di piatto fu una delle prime preparazioni tipiche ad essere adottata dai coloni europei in tutta quella che oggi chiamiamo America, probabilmente perché utilizzava procedimenti semplici e risorse facilmente reperibili. Nel Nord degli attuali Stati Uniti il succotash comprendeva grossi fagioli piatti e verdi autoctoni, simili alle nostre fave, miscelti al mais, mentre nel Sud si mescolavano i locali fagioli rossi al riso.

Entrambe le versioni si evolvettero poi in piatti "tipici" dei coloni locali; ad esempio gli schiavi africani, molto numerosi nel Sud, che già miscelavano legumi e riso nei loro piatti tradizionali in patria, contribuirono ad arricchire l'abbinamento di aromi piccanti, molto apprezzati anche da Spagnoli e Portoghesi. Così ora il piatto ha un suo nome distinto, non più di origine pellerossa: si chiama hoppin' John, è per tradizione accompagnato con cime di rapa o cavoli (un po' come da noi fave e cicoria!) e legato simbolicamente alle festività dell'anno nuovo

Nel Nord invece, ad insaporire il succotash originale si sostituì al pemmican pellerossa (insaccato di carne secca di daino o bisonte) il bacon, e in tempi più recenti si aggiunsero anche pomodori, cipolle e spesso (sic!) panna. In questo caso il nome antico è rimasto, nonostante la pietanza sia molto cambiata. Nel caso invece a fagioli e mais si aggiunga anche la zucca si tratta proprio di tutta un'altra storica, che vale assolutamente la pena di raccontare!

Nel Nord le popolazioni native, in particolare gli Irochesi, avevano elaborato un sistema integrato di coltivazione, completamente gestito dalle donne tranne che per il dissodamento del terreno, che utilizzava gli steli del mais come supporto per farvi avviticchiare i tralci di fagioli e l'apporto di azoto della pianta rampicante per nutrire quella ospitante. Il campo di mais veniva seminato a scacchiera e nei quadrati liberi si coltivava la zucca, che rimaneva riparata dagli altri steli del mais e con le sue ampie foglie spinose contribuiva a mantenere l'umidità al suolo ed evitare le razzie degli animali selvatici.



Il metodo è tuttora utilizzato in molti orti privati è proprio con questi tre ingredienti, detti dagli Irochesi "le tre sorelle", che preparo la ricetta di oggi. Il piatto classico, detto la "zuppa delle tre sorelle", era un brodoso stufato ma qui propongo un accostamento per niente tradizionale, che gioca sulle consistenze e mantiene separati visivamente la triade delle "sorelle" irochesi.

Utilizzo ovviamente ingredienti di produzione italiana e mi scuso per il mais in scatola ma ora non è proprio stagione. D'altronde il mais essiccato pellerossa non è reperibile qui e l'alternativa sarebbe stata creare delle cialde con la sola farina di mais, poco vicine alle frittelle che avevo in mente. Per cucinare gli Irochesi usavano grasso d'orso o olio di noci ma ovviamente qui ho ripiegato su prodotti per noi più reperibili.  

Insaporisco il tutto con aromi presenti in entrambe le tradizioni alimentari: cipolle, erbe e noci... anzi, no! All'ultimo un certo essere qui a fianco se le era mangiate tutte ed ho dovuto ripiegare sulle mandorle. Ma la ricetta eseguita con le noci è migliore, oltre che filologicamente più corretta, quindi teniamone conto negli acquisti al mercatino di Popogusto!

Uso anche colatura di alici, al posto di carni secche o salumi come spesso si fa con le tre sorelle. Mi ispiro al fatto che la terra di semina era fertilizzata dai Nativi seppellendo anguille o pesce non più freschissimo. Ne esce un piatto molto italiano ma con grandi affinità con i gusti dei nativi americani. Buon appetito!



Spuma di fagioli "delle tre sorelle"con dadini di zucca  e cialde morbide di mais

ingredienti per 4 persone:
100 g di fagioli bianchi secchi (io quelli di Spagna) 
200 g di polpa di zucca, al netto di buccia e semi
280 g di chicchi di mais lessati (io ho usato quelli in scatola)
30 g di farina di mais finissima, tipo fioretto
1 uovo
1/2 cucchiaio di colatura di alici
1 piccola cipolla
1/2 limone
4 noci (qui, come detto, ho usato 16 mandorle)
1 foglia di alloro
2 rametti di timo
1 rametto di rosmarino
1/2 cucchiaino di semi di cumino
2 cucchiai di olio di arachidi (o di mais)
2 cucchiai di olio di mandorle (o di noci, a trovarlo...)
sale

Mettere a mollo i fagioli per 10-12 ore in acqua fresca, cambiandola ogni tanto. Scolarli, sciacquarli e versarli in un tegame di coccio; coprirli con acqua fresca, unire l'alloro, il cumino e la cipolla a pezzi e cuocere a fuoco basso, semicoperto, per circa 2 ore, fino a che i fagioli sono belli morbidi. 

Eliminare l'alloro, scolare conservando l'acqua di cottura e passare al setaccio. Salare leggermente la crema di fagioli (poi la colatura farà il resto) e unirvi e tanta acqua di cottura quanta ne serve per ottenere una spuma morbida e gonfia (circa 3 o 4 cucchiai). Mantenere in caldo.

Ridurre la zucca a dadini da 1 cm e saltarla in 1 cucchiaio di olio di arachidi a fuoco vivace fino a che comincia a dorare sugli spigoli; salare, unire qualche cucchiaio dell'acqua dei fagioli e il rametto di rosmarino e cuocere a fuoco medio fino a che la zucca è morbida ed il liquido consumato. Eliminare il rosmarino e mantenere tiepido.

Sgusciare le noci, tostarle a secco in un padellino di ferro fino a che profumano e la pellicina è brunita, quindi rovesciarle su uno strofinaccio e sfregarle bene, perché la pelle si stacchi; spezzettarle quindi in grosse briciole.

Frullare il mais grossolanamente, unirvi la farina, l'uovo, il succo del limone, un pizzico di sale e le foglioline di timo, mescolando bene per ottenere una pastella morbida. 

Scaldare bene un'ampia padella con un velo appena di olio di arachidi e versarvi il composto a cucchiaiate, cuocendo un paio di minuti fino a che il lato inferiore delle cialdine morbide è dorato.. 

Voltare, cuocere un alto paio di minuti e tenerle poi in caldo a mano a mano che si preparano le altre. In tutto ne dovrebbero venire 16.



Dividere la spuma di fagioli in ciotole individuali, formando un piccolo incavo al centro; emulsionare l'olio di mandorle con la colatura di alici e versarne un po' in ogni incavo.

Distribuire sulla spuma i dadini di zucca e le noci tostate e servire caldo o tiepido, con le cialde morbide di mais a parte.


  •  rivoli affluenti: 
  • interessante approfondire il rapporto delle donne con la terra nella tradizione irochese: 
  • altre ricette legate alle trasmissioni di Popogusto? Tutte sulla pagina facebook dedicata
  • le mie due "puntate precedenti", in specifico, riguardavano ricette con agrumi e ricette con formaggi di capra.
  • la foto dei fagioli americani misti è presa da qui, quella del mercato delle verdure dalla pagina di Popogusto, quella dei campi qui. Le altre sono mie.

Commenti

  1. Molto molto interessante tutto il post! I fagioli di spagna sono quelli grandi? Grazie

    RispondiElimina
  2. Si Giulia, grossi più o meno come fave, abbastanza piatti e bianco latte

    RispondiElimina
  3. L'ho detto già una volta e lo ridico leggere un tuo post e fare un tuffo nella storia e si attende la fine per avere la portata principale da cui tutto è partito. Meraviglioso preso nota. Buona serata un abbraccio.

    RispondiElimina
  4. Mi piace tutto...in particolare l'idea della piantina di fagioli come regalo di nozze...!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. conosco gente che come bomboniera regalava cassette di spezie, figurati!

      Elimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!