Trovo difficilissimo iniziare questo racconto: in una manciatina di giorni l'Abruzzo mi ha investito e stordito, farcendomi la testa di storie, persone e luoghi memorabili e lasciandomi nell'anima il tocco lieve di chi ha troppa saggezza per perdersi nei tempi veloci che il resto del mondo esige.
Abruzzo terra strana, umanissima, con l'accoglienza di chi ama lo spirito delle persone e la riservatezza di chi conosce il valore delle parole. Spazi diversi ad ogni passo, ciascuno impregnato di un genius loci tutto da ascoltare nei silenzi aspri da montagna, nei silenzi pazienti nei campi, in quelli quieti di un mare dalla costa affollata con troppa superficialità.
Abruzzo da ascoltare con cura, 'che sono in pochi a raccontarlo, un po' per timidezza, un po' per gelosia, un po' perché il lavoro è più importante delle chiacchiere. Basta che parlino i fatti, le finestre delle case, le curve delle colline, il colore chiaro delle pietre, il passo lento di un anziano; il resto chi arriva se lo deve scoprire da sè.
Poi il visitatore può anche raccontarlo ad altri, se ci riesce, ma comunicare questo territorio è difficilissimo: le risorse naturali, artistiche, storiche, gastronomiche e via ci sono tutte, ma sembra si abbia paura a valorizzarle. Sembra tutto debba restare nella cerchia vernacolare di una tradizione sanissima, forte e un po' slegata dal resto del mondo, quasi come se gli scempi balneari su parte della costa avessero istintivamente consigliato di proteggere il resto della regione dal turismo per persone banali.
E sembra che tutti ci si siano messi d'impegno a mostrarne solo un pezzettino, di questo Abruzzo: illustrano con umiltà e candore solo la cima dell'immensa bellezza che vive splendente in profondità, forse consevandone il meglio per sè.
Senza queste premesse parlare di frantoi, di molini, di maioliche, di artigiani, di coltivatori, di transumanza, di villaggi, di castelli, di terremoti, di musei o di feste popolari, come avrei voluto fare subito d'istinto, sarebbe stato solo come scattarne una fotografia piatta. L'Abruzzo invece è una musica, è un profumo, è un gusto. E' un'emozione, difficilissima da rendere a parole o a immagini.
Forse per questo Rustichella d'Abruzzo, azienda di grande prestigio ma composta da una cinquantina appena di persone, decide di "investire" non in manifesti e spot ma portando giornalisti, chef e distributori a casa propria: sa perfettamente che sarebbe stato impossibile raccontare loro questo spirito d'Abruzzo senza che almeno una volta lo vivessero. E senza questo spirito la pasta e il lavoro delle cinquanta persone che la producono non avrebbero lo stesso senso ne' lo stesso sapore.
Solo comprendendo il territorio in cui si colloca l'attività si riconoscono le motivazioni che ogni giorno rendono queste persone soddisfatte del proprio lavoro, si scorge l'orgoglio con cui vedono il loro prodotto trasmettere all'estero una piccola parte della cultura profonda delle usanze pastarie locali, si percepisce la certezza che ciascuno, sia per il proprio ruolo che in generale, ha nella bontà di un progetto tanto innovativo da basarsi sulla tradizione più semplice.
In questo post, mal riuscito tentativo di trasmettere il "gusto per l'Abruzzo" che il tuffo aprutino mi ha fatto appena intuire, decido di non raccontare in effetti nulla. Come dicevo sono molti gli spunti nati dall'incontro con luoghi, persone e storie, magari qualcuno riuscirò anche a renderlo, nei post futuri. Mi rendo conto però che mi aspetta un lungo cammino per arrivare anche solo vicina al cuore di tutta questa sostanza.
Abruzzo terra strana, umanissima, con l'accoglienza di chi ama lo spirito delle persone e la riservatezza di chi conosce il valore delle parole. Spazi diversi ad ogni passo, ciascuno impregnato di un genius loci tutto da ascoltare nei silenzi aspri da montagna, nei silenzi pazienti nei campi, in quelli quieti di un mare dalla costa affollata con troppa superficialità.
Abruzzo da ascoltare con cura, 'che sono in pochi a raccontarlo, un po' per timidezza, un po' per gelosia, un po' perché il lavoro è più importante delle chiacchiere. Basta che parlino i fatti, le finestre delle case, le curve delle colline, il colore chiaro delle pietre, il passo lento di un anziano; il resto chi arriva se lo deve scoprire da sè.
Poi il visitatore può anche raccontarlo ad altri, se ci riesce, ma comunicare questo territorio è difficilissimo: le risorse naturali, artistiche, storiche, gastronomiche e via ci sono tutte, ma sembra si abbia paura a valorizzarle. Sembra tutto debba restare nella cerchia vernacolare di una tradizione sanissima, forte e un po' slegata dal resto del mondo, quasi come se gli scempi balneari su parte della costa avessero istintivamente consigliato di proteggere il resto della regione dal turismo per persone banali.
E sembra che tutti ci si siano messi d'impegno a mostrarne solo un pezzettino, di questo Abruzzo: illustrano con umiltà e candore solo la cima dell'immensa bellezza che vive splendente in profondità, forse consevandone il meglio per sè.
Senza queste premesse parlare di frantoi, di molini, di maioliche, di artigiani, di coltivatori, di transumanza, di villaggi, di castelli, di terremoti, di musei o di feste popolari, come avrei voluto fare subito d'istinto, sarebbe stato solo come scattarne una fotografia piatta. L'Abruzzo invece è una musica, è un profumo, è un gusto. E' un'emozione, difficilissima da rendere a parole o a immagini.
Forse per questo Rustichella d'Abruzzo, azienda di grande prestigio ma composta da una cinquantina appena di persone, decide di "investire" non in manifesti e spot ma portando giornalisti, chef e distributori a casa propria: sa perfettamente che sarebbe stato impossibile raccontare loro questo spirito d'Abruzzo senza che almeno una volta lo vivessero. E senza questo spirito la pasta e il lavoro delle cinquanta persone che la producono non avrebbero lo stesso senso ne' lo stesso sapore.
Solo comprendendo il territorio in cui si colloca l'attività si riconoscono le motivazioni che ogni giorno rendono queste persone soddisfatte del proprio lavoro, si scorge l'orgoglio con cui vedono il loro prodotto trasmettere all'estero una piccola parte della cultura profonda delle usanze pastarie locali, si percepisce la certezza che ciascuno, sia per il proprio ruolo che in generale, ha nella bontà di un progetto tanto innovativo da basarsi sulla tradizione più semplice.
In questo post, mal riuscito tentativo di trasmettere il "gusto per l'Abruzzo" che il tuffo aprutino mi ha fatto appena intuire, decido di non raccontare in effetti nulla. Come dicevo sono molti gli spunti nati dall'incontro con luoghi, persone e storie, magari qualcuno riuscirò anche a renderlo, nei post futuri. Mi rendo conto però che mi aspetta un lungo cammino per arrivare anche solo vicina al cuore di tutta questa sostanza.
- rivoli affluenti:
- un sacco di foto e di testimonianze riguardo a questa esperienza "Primo grano 2018" sono confluite qui, sulla pagina Facebook di Rustichella d'Abruzzo. Le mie mancano ancora ma non dispero che ci arrivino, poco per volta.
Conosco abbastanza bene l'Abruzzo in particolare Tocco di Casauria dove nasce il famoso Centerbe che solo li lo gusti a 90 gradi lo vendono però con gradazione molto più bassa ja im colore verde brillante e favoloso come "disgropante" e le favolose costine di capretto "scottadito ". Buon proseguimento.
RispondiEliminaecco, questo mi mancava. Ulteriore ottimo motivo per tornare!
RispondiEliminaGrazie per aver parlato con tanta passione della mia regione. Anna
RispondiEliminaGrazie a te Anna per avermi letta. Più che una passione con la tua terra per me è nato un amore, che non brucia in una vampa ma spero si consolidi ed approfondisca nel tempo. Le premesse ci sono tutte.
EliminaBeh... :D
RispondiEliminaeh, be'...
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