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polenta viola e moscardini rosè... viaggiare per tornare (vicino) casa!



Sono cresciuta in una famiglia appassionata di polenta e fino a che c'è stato mi nonno praticamente era il "piatto speciale" di ogni domenica. C'era chi la preferiva accompagnata dallo spezzatino, chi dalle salsicce, chi dai funghi, chi dal formaggio, chi dai cetrioli (!), chi dalla soppressa, chi dal baccalà, chi tuffata in una tazza di latte... La cosa che non cambiava mai era la polenta in sè: rigorosamente gialla e rigorosamente "soda".

Perché della polenta esistono fondamentalmente due partiti: quello della "polenta vera", come sostenevano a casa mia, e quello da loro decisamente disprezzato della "polentina molla", ovvero della polenta cremosa. In famiglia erano solo due gli estimatori della seconda versione: una delle mie adorate zie anziane, sorella di mio nonno... ed io, che da lei ho imparato il trucco per ottenere una polenta morbida e cremosa anche se si parte da farina bramata. E che così la preparo sempre, tranne quando viene a pranzo mio padre!

Eh già, perchè, a parte le monomanie familiari, la polenta è un vero mondo, che storicamente per le civiltà mediterranee e mediorientali parte dalla polentina di miglio dei Sumeri, per passare a quelle di orzo dei Greci ed ai puls romani a base di farro, ma anche alla polenta di segale od avena nel centro Europa, a quella di sorgo in Africa e a quella di grano saraceno o di riso se ci si spostava più verso l'Asia.

Tutti i cerali possibili erano usati in passato per ottenere quella pietanza di farina cotta con acqua che, in realtà, nella lingua attuale definisce come polenta se preparata con farina di mais... visto che ora la conosciamo! Dopo che la novità gastronomica proveniente dall'America Centrale rivelò le sue potenzialità, con la metà del '500, soprattutto nella Pianura Padana, si cominciarono gli esperimenti e poi se ne sviluppò la coltivazione, che con l'andare del tempo si è concentrata sul mais giallo e, in misura minore, sul mais bianco veneto.

Ma, come per le patate, per i peperoni e i molti altri alimenti a cui Colombo aprì la strada verso casa nostra, anche per il mais, che in italiano si chiamerebbe più correttamente granturco (ovvero "grano straniero") nel Paesi di origine esistono tantissime varietà che a noi sono rimaste sconosciute. Come il maiz morado o moreno, mais viola o nero... che per la verità fu inizialmente importata, ma poiché aveva basso rendimento e, soprattutto, chicchi neri che davano una farina che produceva polenta violacea... la coltivazione venne abbandonata per motivi scaramantici!
In Italia ce ne sono diverse, ma ne vengono coltivate in modo sistematico ora due diverse varietà: il mais corvino, nel Cremonese, ed il mais nero spinoso, in Val Camonica, entrambe originarie del Perù e discendenti degli antichi mais aztechi. Eppure cosa sono andata a scovarmi io?! Un mais nero ancora diverso, il millo corvo, ritrovato non nelle Americhe ma in Galizia, dove era stata importata dai Conquistadores spagnoli. Grazie al recupero di un presidio Slow Food locale questo mais dimenticato è ora "tornato in vita" con tale vigore che, dalle coste atlantiche della Spagna, una piccola zona di produzione è approdata addirittura ad Ascona, sulle rive svizzere del lago Maggiore. Ovvero a 50 km circa da casa dei miei!

E a questo punto io, che ho appena cominciato a parlare di polenta e tante ne avrò da dire, come di pasta, perchè sono i temi che mi sono scelta per questo anno per i momenti di "pausa dallo straniero", non posso che ritenermi grata per essere "cittadina del mondo" gastronomicamente parlando, perchè partire da un ricordo di infanzia lombarda e ritrovarsi in Svizzera solo sull'altra sonda del lago, passando dalla Spagna, partendo dal Messico, via storia globale... mi permette di ricadere nel solito vizio di viaggiare con il cuore ad ongi boccone senza pormi limiti.
Con il corpo resto a casa, invece, dove l'assenza della macchina fotografica continua a farsi sentire ma dove, per fortuna, ho una bancarella del pesce al mercato dietro l'angolo che mi offre spunto per accompagnare la mia polenta corvina con qualcosa di completamente diverso da tutte le  mie molteplici tradizioni familiari, qualcosa che non sia neppure lombardo ne' svizzero, ne' spagnolo ne' centroamericano... solo una cosa che piaccia a me, anche se, in questo caso, per dargli degno supporto è stato meglio tenere la polenta più soda di come la amo io.

Scelgo dei moscardini: in assonanza con le nette sfumature violette della polenta li sfumo con vino rosè. Non sono affatto colori miei ma, devo dire, nell'insieme il piatto si presenta davvero bene, peccato le foto tutte fuori fuoco non aiutino. Inoltre per mantenere l'originalità dell'aspetto d questo piatto anche nel suo gusto, lo profumo non con il classico prezzemolo ma con aneto ed alloro. E allora... vai di polenta, anche se non è domenica!
POLENTA CORVINA CON MOSCARDINI ALL'ANETO E VINO ROSATO

dosi per 4 persone
per la polenta:
250 g di farina di mais nero millo corvo
200 ml di latte
2 cucchiai di olio extravergine
1 cucchiaino di zucchero
1 cucchiaino di sale

per i moscardini:
1,5 kg di moscardini grigi
2 spicchi di aglio
½ bicchiere di vino rosè
1/2 cucchiaio di aneto
2 piccole foglie di alloro
3 cucchiai di olio
3 grani di pepe
sale

Per la polenta portare ad ebollizione un litro di acqua con il latte. Unire sale, zucchero e olio e poi versarvi la farina a pioggia, mescolando con una frusta per evitare i grumi. Quando prende il bollore abbassare la fiamma e cuocere per un'ora e mezza circa, mescolando spesso, fino a che la polenta è morbida e cremosa.

Nel frattempo eviscerare i moscardini levando becco e occhi, sciacquarli e tagliarli a pezzi. Metterli a freddo in un tegame con l'olio, il vino, l’aglio sbucciato e pestato, l'alloro, il pepe e l'aneto.
Coprire, accendere la fiamma a fuoco medio e stufare i moscardini, a fuoco moderato per 40 minuti, salando leggermente solo verso la fine e pepando una volta spento.

Dividere la polenta in quattro ciotoline leggermente unte, premendo bene, e capovolgerle sui quattro piatti individuali. Creare al centro un incavo, dividerci i moscardini, irrorare con il loro sughetto, spolverizzare volendo con una grattatina ancora di pepe e servire ben caldo.
Se non si fosse in vena di polenta (a casa mia succedeva anche quello...) con le stesse dosi dei moscardini, solo tagliandoli a dadini più piccoli ed asciugando leggermente di più il fondo, si ottiene un sughetto perfetto per condire circa 700 g di spaghetti o linguine, quindi un primo piatto per 8 persone.
  • rivoli affluenti:
  • la farina di millo corvo che ho usato è questa
  • non riporto la fonte della foto delle pannocchiedi maiz morado perchè il link non funziona più, non capisco perchè; comunque era un sito peruviano. Quella del mais nero spinoso viene da qui, quella del millo corvo da qui.

Commenti

  1. Io adoro la polenta anche se negli anni dal 44-50 la polenta era uno degli alimenti a minor costo e che saziava cioè riempiva il pancino. Però dietro l'angolo ci stava la pellagra dovuto proprio all'eccessivo consumo di questa ovviamente dato il periodo poco condita e quindi grande consumatrice della vitamina B già carente di per se stessa. Io la mangiavo di rado ovviamente soda perchè con il latte alla quale io aggiungevo un pò di sale: mi piaceva il latte salato. La polenta mi piace morbida come a te ma preferisco la bianca anche se la gialla non mi dispiace. Deve essere però cotta alla maniera classica 40-45 minuti e quella instantanea non la gradisco a "lui" bastian contrario piace quella veloce 2 minuti.... boh pazienza...la mangia da solo però. I moscardini pur essendo città di mare quelli veri moscardini sono difficili da trovare ti offrono quelli grandi che sono "moscardoni". Il mai quello viola/nero non l'ho mai visto ma chissà forse prima o dopo lo troverò. Però solo per me, "lui" rifiuta tutto quello che ha colore viola-nero mentre io adoro il risotto o linguine al nero di seppia. Ho trovato che la vende anche Amazon anche se non è attualmente disponibile. Ho visto il sito che hai indicato peròcosa vuoi dovrei farla e mangiarla solo io... Prendo nota di tutto e ti ringrazio post illuminante nella sua descrizione e racconto. Buona serata cara un abbraccio.

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    Risposte
    1. Anche nella mia famiglia la polenta è stato per lungo tempo uno dei pochi cibi disponibili. Sarà per questo che, una volta cambiate le cose, mio nonno non riusciva comunque a "staccarsene" e almeno una volta a settimana teneva ad averla in tavola. E se da adolescente ho avuto un momento di rifiuto, ora anche io me la gusto sempre volentieri. E mi piace di tutti i colori, con un debole per la taragna... che non è di mais!

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