Ieri sera ero in un ristorante giapponese che ha organizzato una "cena musicale" composta da piatti nipponici e brani d'opera italiana. Un soprano ed un baritono giapponesi hanno intonato arie di Donizzetti, Verdi e Rossini ed un pubblico misto di Giapponesi ed Italiani si è potuto gustare le loro superbe voci insieme ai vari piattini proposti dallo chef. La cosa straordinaria è che i due giovani interpreti e la pianista che li accompagnava sono in Italia per perfezionare la conoscenza della musica operistica e lavorano qui come camerieri o traduttori per pagarsi gli studi di canto...
I Giapponesi impazziscono per due aspetti dell'Italia: quello artistico e quello gastronomico (amore da parte mia assolutamente ricambiato!). Sembrerà una semplificazione, ma al di là dell'episodio di ieri sera la mia testimonianza personale conferma in pieno questo dato di fatto... Gli amici giapponesi più cari che ho li ho proprio conosciuti così: una pittrice a Firenze per studiare la nostra arte classica, una soprano a Milano per perfezionare la sua pronuncia italiana, uno chef di sushi, che inizialmente ha lavorato in un ristorante giapponese qui in Italia per ambientarsi con i nostri costumi ed i nostri ingredienti ed è poi passato alla cucina di un due stelle italiano...
Fino a che leggono l'Italia dal loro Paese naturalmente incappano negli stessi errori di valutazione che capitano anche a noi che guardiamo al Giappone da lontano: pizza e spaghetti stanno a sushi e tenpura come Michelangelo e Pavarotti stanno a geisha e samurai, in una reciprocità di stereotip, mitizzazioni ed ovvietà che appaga a sufficienza il lato trendy di queste passioni esterofile, lasciando però sotto la superficie tutta la parte veramente interessante delle rispettive culture.
Dunque direi che vale la pena di partire dall'inizio e capire davvero di cosa si parla... e, dopo aver trascorso una serata a spiegare ai vicini di tavolo giapponesi cosa significhi e rappresenti la pasta in Italia, mi sembra giusto raccontare oggi con semplicità cosa si intende in Giappone per sushi, che letteralmente significa semplicemente... "riso condito"!
Questo riso può essere utilizzato in mille modi, che spesso non comprendono l'utilizzo di pesce crudo nonostante da noi questa sia la versione più conosciuta. Esistono infatti piatti di sushi a base di verdure, di uova, di tofu, di alghe... ed anche di carne e di frutta. La sua nascita però è in effetti legata ad una "storia di pesce".
Nonostante oggi sia diventato molto raffinato pasteggiare a sushi le origini di questa preparazione sono curiosamente popolari. Raccontano che derivi da un'antica tecnica giapponese per conservare il pesce, alternato a strati di riso, sale e aceto, e si dice che un gruppo di facchini durante una pausa del loro lavoro nei magazzini abbia cominciato a mangiare questo pesce appallottolandolo con il riso fermentato, per sfamarsi comodamente e velocemente sul luogo senza abbandonare il tavolo da gioco allestito nell'intervallo di riposo e senza dover andare a caccia di bacchette. Infatti ancora oggi per il galateo giapponese i bocconcini di riso sushi andrebbero portati alla bocca con le mani.
Dalla casuale scoperta dei facchini ad accorgersi che l'accoppiamento di riso aromatizzato con del pesce fresco era ancora più gustoso e poi a trasformare il condimento del riso ed il taglio del pesce in arti raffinate e complesse, per la mentalità giaponese è stata un'evoluzione assolutamente naturale. Oggi un apprendista cuoco deve trascorrere almeno un anno accanto al sensai (maestro) facendo lavori di bassa manovalanza per potergli rubare con lo sguardo i segreti della cottura del riso, solo dopo un paio di anni gli è permesso preparare dei maki (vedi sotto) per i clienti ed in media deve studiare dai cinque ai sette anni prima di poter essere completamente pronto per la selezione ed il taglio del pesce.
In Giappone ai cuochi specializzati in sushi viene rilasciato uno specifico brevetto e nessuna casalinga media giapponese si sognerebbe mai di preparare il sushi in casa... ma noi siamo cresciuti lontani da quel sano timore reverenziale e così ci proviamo lo stesso! Per lo meno a preparare e condire il riso, perchè sulla selezione ed il taglio del pesce purtroppo c'è poco da fare (per lo meno per una come me che è cresciuta lontano dal mare e gli unici pesci che ha conosciuto nell'infanzia, a parte i bastoncini surgelati, erano ogni tanto le trote che il papà pescava e la mamma annegava in burro e limone...)
Ecco dunque un micro-manuale per ottenere un "riso condito" alla giapponese e saper riconoscere le sue più comuni forme di presentazione. Affermare che si tratti proprio di sushi mi sembrerebbe un azzardo, provare ad allestire un vero e proprio vassoio di bocconcini lo rimanderei ad una successiva puntata, magari in un momento di sano delirio...
Sushi casalingo?!
2 bicchieri (circa 240 g) di riso giapponese (oppure Originario)
2 bicchieri (circa 320 ml) di acqua
1 pezzetto di alga kombu
Il procedimento per la cottura del riso è quella che si trova qui, unendo in più l'alga nella pentola sopra il riso e tenendo tutto in caldo fino al momento del condimento. Conviene fare esperimenti con diverse marche di riso e quantità di acqua per trovare il rapporto ideale di cottura, da mantenere poi come base fissa.
Il condimento:
dosi per 2 tazze di riso crudo
5 cucchiai aceto di riso
1 cucchiaio di zucchero
1 pizzico di sale
1 pezzo di alga kombu di circa 6 cm (se non si è usata nella cottura del riso)
Mescolare a freddo l'aceto con zucchero e sale in un pentolino, immergervi la kombu, porre sul fuoco e scaldare fino a che si è tutto sciolto ed il liquido è trasparente, quindi spegnere subito per non perdere il profumo e mettere a raffreddare, levando l'alga un momento prima dell'utilizzo.
Il condimento si può preparare anche in dosi maggiori e si conserva in frigo in una bottiglietta chiusa fino a sei mesi, naturalmente senza l'alga.
Il "sushi":
Rovesciare il riso caldo nel sushi-oke (ciotola di legno che ne assorbe l'umidità) o in un contenitore dal fondo piatto e dalle pareti sottili che lo lasci almeno raffreddare velocemente, versarvi il condimento freddissimo e lavorare con una spatola di legno bagnata da sotto a sopra, allargando bene il riso e poi riammonticchiandolo, in modo da far assorbire bene il condimento e rendere il riso "spumoso" e ben lucido.
L'ideale è far intiepidire velocemente il riso durante l'operazione di condimento raffreddandolo con un ventaglio od un phon di aria fredda (o lavorando all'aperto se si è in inverno!), quindi conservare nel contenitore (di legno) coperto da un panno umido durante la successiva preparazione delle palline, in modo che il riso non cominci a seccare.
Nigiri, cioè polpettine di riso cilindriche, con pesce o altro a coprirle.
Inari, tasche di tofu farcite di riso.
Maki, cioè involtini di riso con dentro e/o fuori alghe, pesce o altro; i più conosciuti sono gli Hosomaki qui sopra, arrotolati attorno ad un ripieno con all'esterno dell'alga nori, ma alla cui famiglia appartengono anche:
Temaki, con riso e ripieno arrotolati a cono nell'alga nori, e
Con il riso sushi qualcuno un po' superficiale prepara anche i famosissimi bocconcini dei cartoni animati, gli Onigiri, cioè polpettine di riso"da asporto", generalmente di forma triangolare, con pesce o altro come ripieno. Di solito in Giappone vengono però confezionati solo con riso non condito.
I Giapponesi impazziscono per due aspetti dell'Italia: quello artistico e quello gastronomico (amore da parte mia assolutamente ricambiato!). Sembrerà una semplificazione, ma al di là dell'episodio di ieri sera la mia testimonianza personale conferma in pieno questo dato di fatto... Gli amici giapponesi più cari che ho li ho proprio conosciuti così: una pittrice a Firenze per studiare la nostra arte classica, una soprano a Milano per perfezionare la sua pronuncia italiana, uno chef di sushi, che inizialmente ha lavorato in un ristorante giapponese qui in Italia per ambientarsi con i nostri costumi ed i nostri ingredienti ed è poi passato alla cucina di un due stelle italiano...
Fino a che leggono l'Italia dal loro Paese naturalmente incappano negli stessi errori di valutazione che capitano anche a noi che guardiamo al Giappone da lontano: pizza e spaghetti stanno a sushi e tenpura come Michelangelo e Pavarotti stanno a geisha e samurai, in una reciprocità di stereotip, mitizzazioni ed ovvietà che appaga a sufficienza il lato trendy di queste passioni esterofile, lasciando però sotto la superficie tutta la parte veramente interessante delle rispettive culture.
Questo riso può essere utilizzato in mille modi, che spesso non comprendono l'utilizzo di pesce crudo nonostante da noi questa sia la versione più conosciuta. Esistono infatti piatti di sushi a base di verdure, di uova, di tofu, di alghe... ed anche di carne e di frutta. La sua nascita però è in effetti legata ad una "storia di pesce".
Nonostante oggi sia diventato molto raffinato pasteggiare a sushi le origini di questa preparazione sono curiosamente popolari. Raccontano che derivi da un'antica tecnica giapponese per conservare il pesce, alternato a strati di riso, sale e aceto, e si dice che un gruppo di facchini durante una pausa del loro lavoro nei magazzini abbia cominciato a mangiare questo pesce appallottolandolo con il riso fermentato, per sfamarsi comodamente e velocemente sul luogo senza abbandonare il tavolo da gioco allestito nell'intervallo di riposo e senza dover andare a caccia di bacchette. Infatti ancora oggi per il galateo giapponese i bocconcini di riso sushi andrebbero portati alla bocca con le mani.
Dalla casuale scoperta dei facchini ad accorgersi che l'accoppiamento di riso aromatizzato con del pesce fresco era ancora più gustoso e poi a trasformare il condimento del riso ed il taglio del pesce in arti raffinate e complesse, per la mentalità giaponese è stata un'evoluzione assolutamente naturale. Oggi un apprendista cuoco deve trascorrere almeno un anno accanto al sensai (maestro) facendo lavori di bassa manovalanza per potergli rubare con lo sguardo i segreti della cottura del riso, solo dopo un paio di anni gli è permesso preparare dei maki (vedi sotto) per i clienti ed in media deve studiare dai cinque ai sette anni prima di poter essere completamente pronto per la selezione ed il taglio del pesce.
In Giappone ai cuochi specializzati in sushi viene rilasciato uno specifico brevetto e nessuna casalinga media giapponese si sognerebbe mai di preparare il sushi in casa... ma noi siamo cresciuti lontani da quel sano timore reverenziale e così ci proviamo lo stesso! Per lo meno a preparare e condire il riso, perchè sulla selezione ed il taglio del pesce purtroppo c'è poco da fare (per lo meno per una come me che è cresciuta lontano dal mare e gli unici pesci che ha conosciuto nell'infanzia, a parte i bastoncini surgelati, erano ogni tanto le trote che il papà pescava e la mamma annegava in burro e limone...)
Ecco dunque un micro-manuale per ottenere un "riso condito" alla giapponese e saper riconoscere le sue più comuni forme di presentazione. Affermare che si tratti proprio di sushi mi sembrerebbe un azzardo, provare ad allestire un vero e proprio vassoio di bocconcini lo rimanderei ad una successiva puntata, magari in un momento di sano delirio...
Sushi casalingo?!
Il riso:
dosi per circa una ventina di bocconcini misti, quindi per 2 o 3 persone2 bicchieri (circa 240 g) di riso giapponese (oppure Originario)
2 bicchieri (circa 320 ml) di acqua
1 pezzetto di alga kombu
Il procedimento per la cottura del riso è quella che si trova qui, unendo in più l'alga nella pentola sopra il riso e tenendo tutto in caldo fino al momento del condimento. Conviene fare esperimenti con diverse marche di riso e quantità di acqua per trovare il rapporto ideale di cottura, da mantenere poi come base fissa.
Il condimento:
dosi per 2 tazze di riso crudo
5 cucchiai aceto di riso
1 cucchiaio di zucchero
1 pizzico di sale
1 pezzo di alga kombu di circa 6 cm (se non si è usata nella cottura del riso)
Mescolare a freddo l'aceto con zucchero e sale in un pentolino, immergervi la kombu, porre sul fuoco e scaldare fino a che si è tutto sciolto ed il liquido è trasparente, quindi spegnere subito per non perdere il profumo e mettere a raffreddare, levando l'alga un momento prima dell'utilizzo.
Il condimento si può preparare anche in dosi maggiori e si conserva in frigo in una bottiglietta chiusa fino a sei mesi, naturalmente senza l'alga.
Il "sushi":
Rovesciare il riso caldo nel sushi-oke (ciotola di legno che ne assorbe l'umidità) o in un contenitore dal fondo piatto e dalle pareti sottili che lo lasci almeno raffreddare velocemente, versarvi il condimento freddissimo e lavorare con una spatola di legno bagnata da sotto a sopra, allargando bene il riso e poi riammonticchiandolo, in modo da far assorbire bene il condimento e rendere il riso "spumoso" e ben lucido.
L'ideale è far intiepidire velocemente il riso durante l'operazione di condimento raffreddandolo con un ventaglio od un phon di aria fredda (o lavorando all'aperto se si è in inverno!), quindi conservare nel contenitore (di legno) coperto da un panno umido durante la successiva preparazione delle palline, in modo che il riso non cominci a seccare.
Il riso così condito si presta a varie presentazioni, di cui qui do solo alcune immagini di base, perchè ognuno dei nomi contiene a sua volta un mondo a sè...
Cirashi, cioè riso nella ciotola, con pesce o altro adagiati sopra.Nigiri, cioè polpettine di riso cilindriche, con pesce o altro a coprirle.
Inari, tasche di tofu farcite di riso.
Maki, cioè involtini di riso con dentro e/o fuori alghe, pesce o altro; i più conosciuti sono gli Hosomaki qui sopra, arrotolati attorno ad un ripieno con all'esterno dell'alga nori, ma alla cui famiglia appartengono anche:
Temaki, con riso e ripieno arrotolati a cono nell'alga nori, e
Gunkanmaki, "involtini a nave", con l'alga che avvolge una base di riso a sopra cui è adagiato il ripieno, di solito a base di ingredienti di piccolo formato o tritati.
- rivoli affluenti:
- in onore della piacevolissima serata nippo-italiana (anche se ieri sera non è stata citata): Giacomo Puccini, Madama Butterfly, 1904
completamente digiuna di cultura giapponese sono invece golosa di sushi, italian style, inteso come: quello che si riesce a trovare in italia. my sushi a milano per ora è stato quello che mi ha permesso di sedere sola al nastro e poter curiosare fra i piattini. non credo che supererò la titubanza a prepararlo in casa. però grazie per gli approfondimenti. sono così ben scritti che è un piacere leggerli. da cavoletto fino qui. notte. silvia
RispondiElimina@silvia: proprio a Milano vive una grande comunità giapponese e sono quindi facilmente reperibili diversi ingredienti tipici. Se sei golosa di sushi potresti provare, magari in ristoranti che propongono oltre al sushi anche della buona cucina casalinga, qualche altra specialità, magari più semplice da replicare a casa...
RispondiEliminal'idea mi stuzzica ma io salgo a milano una volta a settimana, in treno e mi muovo bene solo su strade conosciute. capitasse una volta che riesco a "far tardi volutamente" approfitterò di te per un consiglio.
RispondiEliminamolto interessante, approfondisci l'argomento, perchè adesso che il sushi va di moda, tutti te la raccontano, ma nessuno sale cose. Grazie
RispondiEliminaenrico
Mi piace il sushi, ma non mi metterei mai a prepararlo: troppo complicato. Perciò ti ammiro e ti faccio i miei complimenti: impresa non da tutti, e ben riuscita! E bello il tuo racconto, da cui ho appreso cose che non conoscevo.
RispondiEliminaA presto
Sabrine
Standing ovation per questo articolo perche' non solo e' meravigliosamente scritto, ma perche' offre soprattutto un prezioso sguardo che va ben al di la' di frivole mode e tendenze fugaci.
RispondiEliminaBrava! Brava! Brava!
Marianna
Bellissimo articolo, adoro la cultura Giapponese.
RispondiEliminaArigatò :-)
Interessantissimo.... con tutti i vari tipi di maki etc... bellissimo post!!! :)))
RispondiEliminaTerry
@mogliedaunavita: anch'io non vivo a milano, ma a volte la passione è tale che organizzo apposta la trasferta!
RispondiEliminaSe ti fermi per pranzo puoi comunque approfittarne... Magari prossimamente raconto un po' delle cosine jap interessanti che si possono assaggiare a Milano, dove e a che prezzo.
@enrico: esattamente quello che mi piacerebbe fare: sfatare qualche mito e ricostruire l'apprezzamento per certi sapori "etnici" ricollocandolo in una prospettiva di attenzione alla cultura di origine invece che all'interno di un fenomeno di moda...
@sabrine: devo ammettere che cuocio il riso alla giapponese molto spesso ma lo condisco a sushi solo per le occasioni speciali, quando ho tempo da dedicare a questo elaborato piacere... la maggior parte delle volte lo mangio anch'io al ristorante!
@biancorosso: senti chi parla! No, come dicevo ad Enrico secondo me davvero ci sono persone interessate ad approfondire una conoscenza che probabimente hanno iniziato solo per moda, ma al momento in Italia sono pochi gli strumenti. Milano però è in fermento, lo scorso anno ha organizzato diversi eventi ed occasioni di scambio culturale tra i due Paesi ed altre novità stanno arrivando. Poi ne racconterò anche qui...
@pollina: se hai la passione per la cultura giapponese ti consiglio di visitare le due mostre attualmente in corso a Palazzo Reale, una sulla vita in Giappone dal 1568 al 1868 aperta fino all'8 marzo e l'altra sull'arte erotica giapponese del periodo Edo che termina il 31 gennaio.
@terry: almeno quando si legge un menù giapponese senza foto a fianco uno riesce a capire cosa gli stanno proponendo...
Lo sai che mi sono sempre chiesta da dove fosse nata questa tua grande passione per la cultura e la gastronomia giapponese?
RispondiEliminaQuando ti immergi in questi argomenti le tue parole luccicano: qual è il punto di partenza?!
@virò: sai che un punto di partenza fatico ad identificarlo? Se vogliamo buttarla in aneddoto la prima volta che ho assaggiato cibo giapponese erano i primi anni '90 in un ristorante un po' "Milano da bere" con il cugino del mio moroso appena citato. Gli avevo appena girato l'affitto della la mia casa ed aveva voluto festeggiare facendo un po' di show. Ignorato lui e folgorata da un cibo così "pensato" oltre che buonissimo, credo poi tutto il resto sia venuto di conseguenza...
RispondiEliminaadoro la cucina giapponese e in questi ultimi tempi sto preparando moltissimi piatti nipponici.
RispondiEliminagli onigiri sono la mia passione, anche se in mancanza dell'alga nori metto un pò di carta da forno per prelevarli dal vassoio.
un caro saluto
@aria: io ne sono talmente golosa che li prendo direttamente in mano così e poi mi lecco pure le dita!!! Comunque mi piacciono un sacco anche preparati con il riso non condito e mi diverto ad inventarmi i ripieni.
RispondiEliminaBello il fatto che cuini jap. In realtà quando si hanno in casa gli ingredienti base è davvero una cucina molto più semplice e veloce di quanto ci si immagini. Sushi escluso, naturalmente...
anche io mi diletto con la cucina giapponese, un mondo culinario estremamente vario e affascinante. Nel mio piccolo per ora so preparare i maki, spero presto di mettermi a fare anche gli onigiri. Grazie per gli spunti golosi.
RispondiElimina@francescaV: figurati, anzi... se hai tu qualche dritta ti ascolto volentieri!
RispondiEliminaho una amica giapponese , grande cuoca e grande appassionata di cucina , aggiungo che il sushioke è fatto di legno di abete l'unico materiale consentito ...........
RispondiElimina@maria: grazie della precisazione! Non sapevo che legno fosse, solo che la sua porosità servisse ad assorbire al massimo l'umidità del riso. Che bellezza, se la tua amica ha altre notizie interessanti sono tutta orecchi!
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