La cucina è una forma di omaggio. Che sia offerto a degli esseri umani, a degli dei o allo spirito di chi ci ha lasciati, in tutte le civiltà e tutte le epoche il cibo ha rappresentato dedica, accoglienza e rispetto.
Ci pensavo nel rispondere nello scorso post ad un commento che sottolineava come una ricetta sappia esprimere uno stato d'animo. Mi è venuto infatti istintivo raccontare che ero appena stata a pranzo da una persona giapponese. Sì, il giorno del terremoto, lei attaccata ad internet cercando notizie di amici e parenti in Giappone, io sulla via di un sentito funerale italiano.
Tra occhi lucidi e gesti silenti, moti di rabbia e parole di rassegnazione abbiamo reciprocamente condiviso emozioni e cucina. E lei, partita anni fa dal Giappone per imparare a cucinare italiano e rimasta invece in Italia a cucinare giapponese, mi ha spiegato come i suoi movimenti in cucina siano semplici espressioni di amore verso la cultura del Paese di appartenenza e verso gli ospiti che si riuniscono alla tavola del cuoco.
Dicono essere tante le cose che dividono i popoli e le culture. In questi giorni a me sembra invece che siano molte di più quelle che uniscono. Sopra a tutte l'amore (leggi affetto, stima, solidarietà... insomma: il "moto verso") e la conoscenza (leggi curiosità, scambio, interesse, accettazione e ancora rispetto: il "moto dentro").
Non avrò molto tempo per postare nei prossimi giorni. La conoscenza e l'amore per le persone e la cultura giapponesi mi stanno tenendo occupata. Se avrò tempo racconterò come, perché la parola che riassume forse amore e conoscenza è proprio "condivisione". Ed anche una scarna cronaca in certe circostanze lo può diventare.
E in questo post cucino yoshoku, fondendo cioè Giappone con Occidente. Una ricetta veloce per il poco tempo che ho, che va quasi tutto dedicato ad altro. Quasi tutto, perché, come si diceva prima, la cucina è stato d'animo, è omaggio, è dedizione ed è rispetto. E' amore, come dice la cuochina gipponese.
Oggi per me più che mai la cucina è una forma di condivisione. E soprattutto di preghiera.
Mi scuso per la forma irregolare dei bocconcini di pesce, che non sta a testimoniare poco rispetto nei confronti degli ospiti ma semplicemente tutta l'emotività di chi sta cucinando del cibo mentre il mondo che lo ha ispirato è letteralmente crollato.
Salmone in salsa di burro, limone e soja
ingredienti per 4 fingerfood (o porzioni giapponesi) o per 2 porzioni occidentali:
300 gr. di polpa di salmone
1 cucchiaio di salsa di soja
3 cucchiai di sakè
1/2 cucchiaio di mirin
1 cucchiaio e 1/2 di succo di limone
1 cucchiaino di zucchero
15 gr. di burro
1/2 cucchiaio di olio di arachidi
4 o 5 gocce di olio di sesamo
1 pizzico di sichimi togarashi (o peperoncino in polvere)
Eliminare pelle e lische del salmone e tagliarlo a cubetti uniformi.
Scaldare olio di arachidi e di sesamo in una ampia padella antiaderente e scottarci i dadi di salmone in un solo strato, girandoli delicatamente appena si sono schiariti e levandoli dal tegame non appena hanno assunto un colore uniforme e spolverando con un pizzico di togarashi. Ci vorranno meno di due minuti in totale.
Nel fondo rimasto nella padella unire il burro, la salsa di soja, lo zucchero, il sakè, il mirin ed il succo di limone e cuocere a fuoco vivace fino a che lo zucchero si è sciolto, quindi abbassare leggermente e cuocere due o tre minuti, finché la salsa risulta leggermente ristretta ed un po' lucida.
Rimettere il pesce nel tegame, rigirarlo delicatamente fino a che si è ben rivestito della salsa e distribuirlo in piatti o ciotoline individuali. Se si usa come secondo accompagnare con riso bianco e verdure cotte a vapore, condite eventualmente con qualche goccia della salsa del salmone.
Ci pensavo nel rispondere nello scorso post ad un commento che sottolineava come una ricetta sappia esprimere uno stato d'animo. Mi è venuto infatti istintivo raccontare che ero appena stata a pranzo da una persona giapponese. Sì, il giorno del terremoto, lei attaccata ad internet cercando notizie di amici e parenti in Giappone, io sulla via di un sentito funerale italiano.
Tra occhi lucidi e gesti silenti, moti di rabbia e parole di rassegnazione abbiamo reciprocamente condiviso emozioni e cucina. E lei, partita anni fa dal Giappone per imparare a cucinare italiano e rimasta invece in Italia a cucinare giapponese, mi ha spiegato come i suoi movimenti in cucina siano semplici espressioni di amore verso la cultura del Paese di appartenenza e verso gli ospiti che si riuniscono alla tavola del cuoco.
Dicono essere tante le cose che dividono i popoli e le culture. In questi giorni a me sembra invece che siano molte di più quelle che uniscono. Sopra a tutte l'amore (leggi affetto, stima, solidarietà... insomma: il "moto verso") e la conoscenza (leggi curiosità, scambio, interesse, accettazione e ancora rispetto: il "moto dentro").
Non avrò molto tempo per postare nei prossimi giorni. La conoscenza e l'amore per le persone e la cultura giapponesi mi stanno tenendo occupata. Se avrò tempo racconterò come, perché la parola che riassume forse amore e conoscenza è proprio "condivisione". Ed anche una scarna cronaca in certe circostanze lo può diventare.
E in questo post cucino yoshoku, fondendo cioè Giappone con Occidente. Una ricetta veloce per il poco tempo che ho, che va quasi tutto dedicato ad altro. Quasi tutto, perché, come si diceva prima, la cucina è stato d'animo, è omaggio, è dedizione ed è rispetto. E' amore, come dice la cuochina gipponese.
Oggi per me più che mai la cucina è una forma di condivisione. E soprattutto di preghiera.
(Katsushika Hokusai, 1834:
non immagini agghiaccianti dei disastri ma l'idea del sentimento giapponese per la potenza della natura)
Mi scuso per la forma irregolare dei bocconcini di pesce, che non sta a testimoniare poco rispetto nei confronti degli ospiti ma semplicemente tutta l'emotività di chi sta cucinando del cibo mentre il mondo che lo ha ispirato è letteralmente crollato.
Salmone in salsa di burro, limone e soja
ingredienti per 4 fingerfood (o porzioni giapponesi) o per 2 porzioni occidentali:
300 gr. di polpa di salmone
1 cucchiaio di salsa di soja
3 cucchiai di sakè
1/2 cucchiaio di mirin
1 cucchiaio e 1/2 di succo di limone
1 cucchiaino di zucchero
15 gr. di burro
1/2 cucchiaio di olio di arachidi
4 o 5 gocce di olio di sesamo
1 pizzico di sichimi togarashi (o peperoncino in polvere)
Eliminare pelle e lische del salmone e tagliarlo a cubetti uniformi.
Scaldare olio di arachidi e di sesamo in una ampia padella antiaderente e scottarci i dadi di salmone in un solo strato, girandoli delicatamente appena si sono schiariti e levandoli dal tegame non appena hanno assunto un colore uniforme e spolverando con un pizzico di togarashi. Ci vorranno meno di due minuti in totale.
Nel fondo rimasto nella padella unire il burro, la salsa di soja, lo zucchero, il sakè, il mirin ed il succo di limone e cuocere a fuoco vivace fino a che lo zucchero si è sciolto, quindi abbassare leggermente e cuocere due o tre minuti, finché la salsa risulta leggermente ristretta ed un po' lucida.
Rimettere il pesce nel tegame, rigirarlo delicatamente fino a che si è ben rivestito della salsa e distribuirlo in piatti o ciotoline individuali. Se si usa come secondo accompagnare con riso bianco e verdure cotte a vapore, condite eventualmente con qualche goccia della salsa del salmone.
Sai che a volte l'unica cosa che divide le culture e il senso dell'umorismo, il perché si ride, per il resto nel dolore e nel dubbio siamo tutti uguali,,,,,Un abbraccio, Simonetta
RispondiEliminaMi piaceva preparare gli omogeneizzati per mia figlia invece di comprare quelli già pronti: era un modo per amarla ancora un po' di più...
RispondiEliminaMi piace quando a casa dei miei cognati si prega prima di pranzare per ringraziare per il legame forte che unisce questa famiglia...
Mi piace quando invece di andare al ristorante gli amici vengono a cena a casa, magari con un dolce preparato ad hoc, e si gode della compagnia reciproca...
Credo che tu abbia ragione: la cucina è davvero amore e preghiera.
@glu.fri: verissimo! Il senso dell'umorismo è veramente difficilissimo da mettere in comune tra culture diverse. Sarebbe interessante capire come mai sia impossibile far rientrare la risata tra gli archetipi dei sentimenti comuni.
RispondiElimina@virò: non a caso probabimente ce la siamo scelta come passione...
Ti apprezzo per le bellissime parole che hai scritto, perché sei una persona speciale sempre e lo stai dimostrando ancora una volta!
RispondiEliminaTi abbraccio!
E' vero: la cucina è condivisione e amore e preghiera. Ma anche certi post, lo sono: specialmente quando manifestano con la stessa lezione di dignità che ci sta dando oggi il popolo giapponese il cordoglio per quel popolo, così dolorosamente colpito. Affido a queste tue parole tutti i miei sentimenti- di angoscia, di impotenza, di vicinanza ad un popolo che sento sempre più vicino, grazie a te e alla condivisione quotidiana del tuo amore per il Giappone, la sua cultura e la sua gente.
RispondiEliminaGrazie
ale
Condivido in toto tutto quanto hai scritto e quanto ha scritto Raravis, che sa esprimere i miei pensieri meglio di quanto riuscirei a fare io.
RispondiEliminaPosso solo vagamente immaginare l'angoscia e il dolore di chi ha perso gli affetti, la casa e di chi è lontano e cerca disperatamente notizie dei propri cari. Posso solo vagamente intuire la paura per il presente e l'angoscia per il futuro.
La mia preghiera in questo momento va a tutto il popolo Giapponese, in patria e fuori.
Un abbraccio specialissimo a te, che hai scritto questo splendido post.
un piatto formidabile, ciao
RispondiElimina@fantasie: grazie. Vediamo se dalle parole riesco anche a passare un po' ai fatti!
RispondiElimina@alessandra: grazie a te. Hai ragione, l'impotenza in questo momento è ciò che a me pesa di più.
@mapi: ad ogni ora la situazione si evolve, catastrofe su catastrofe. Non sai più nemmeno da dove cominciare, forse davvero al momento l'unica risorsa è il raccoglimento.
@flavio: è un piatto veloce, per i momenti in cui manca il tempo di cucinare ma l'anima ha bisogno comunque di un momento di ristoro.
Sono dei pensieri e delle riflessioni profonde che condivido totalmente.... Un abbraccio
RispondiEliminasto vivendo con costernazione quello che sta accadendo al giappone. ed è stato inevitabile pensare a te. le preghiere uniscono.
RispondiEliminaCara Annalena, sono d'accordo, il cibo è amore, è condivisione, è rispetto delle usanze di un popolo. E' unione tra popoli, culture e civiltà.
RispondiEliminaAnch'io, in questi giorni sono affranta per il Giappone e il popolo giapponese.
L'amore per il tè, è stato il veicolo per avvicinarmi ai giapponesi e alla loro cultura.
Giovanna
Capisco perfettamente quel che intendi dire, ho provato le stesse cose quando l'Aquila è stata colpita dal terremoto...
RispondiEliminaEd è vero quel che dici, la cucina è tutto questo, è preghiera, ed è anche volontà di ricostruire, preservare, ricordare.
Un grosso abbraccio!
@marifra79: un abbraccio a te.
RispondiElimina@silvia: le preghiere, le azioni ed ogni piccola o grande testimonianaza che impedisce di dimenticare troppo in fretta. Grazie anche per la tua.
@giovanna: il mio problema è che io mi sono avvicinata non solo alla cultura ma anche alle persone, ed è lì che il coinvolgimento non ha più barriere possibili!
@ muscaria: bravissima, è un forte gesto di volontà!!!