Giorno del Ringraziamento oggi. Non nel senso americano del termine, ma in quello ligure. Perché il mondo va aventi ma la mia testa è rimasta a Genova e da lì non si riesce a staccare. Dal giorno del primo appello le cose sono cambiate concretamente ed il ristorantino alluvionato sta provando davvero a nascere a nuova vita.
Sono arrivati aiuti materiali del tipo più disparato: chili di pasta, zucchero o farina ma anche impastatrici per la cucina, sedie per la sala, libri, versamenti sul conto corrente, artigiani che lavorano al puro costo, volontari che aiutano con la burocrazia... Non è tutto a posto ovviamente ma tra qualche mese, una volta sistemato tutto e tornati al lavoro di routine, ci si renderà conto della nascita di una nuova faticosa bellezza.
E, come si usa di solito il Giorno del Ringraziamento, oggi si serve tacchino. Non in versione americana ma neppure ligure, se è per quello. C'è bisogno di evasione, di staccarsi dai luoghi della fatica e portare la mente altrove. Il mio rifugio solitamente è l'Oriente, così spunta una salsa della penisola indocinese, a dare relax e distrazione. Ed ecco insieme l'evasione della salsa, i ringraziamenti del tacchino, e una giornata nuova, dal gusto di faticoso riscatto.
Tacchino ringraziante in salsa satay rilassante
ingredienti per 4 persone come secondo/piatto unico, per 10/12 persone come fingerfood:
800 gr. di fesa di tacchino (o petto di pollo)
1 cucchiaino scarso di pasta di curry rosso (o 1 cucchiaio di curry in polvere)
1/2 cipolla
1 spicchio di aglio
1 dadino di zenzero fresco grosso come lo spicchio d'aglio
1 peperoncino tailandese
250 ml. di latte di cocco non zuccherato
80 gr. di burro di arachidi
2 cucchiai di salsa di soja
1 cucchiaio di succo di lime
1 cucchiaino di trasi (pasta di gamberetti, sostituibile con nam pla, colatura di alici, oppure un paio di acciughe sotto sale ben dissalate e tritatissime)
zucchero di canna
olio di arachidi
sale
Mettere a bagno in acqua tiepida 8 spiedini lunghi di legno (o 12-24 di quelli corti) per una mezz'oretta e nel frattempo ridurre la carne a fettine lunghe e sottili, mondandola bene da nervi e pellicine; ungere poi gli stecchini ed infilare le strisce di carne sugli spiedini trapassandole "a onde" per il lungo.
Miscelare 3 cucchiai di olio con la pasta di curry, 1 cucchiaino di zucchero di canna ed un pizzico di sale, massaggiarlo accuratamente sugli spiedini e lasciar riposare coperti una ventina di minuti su un vassoio che possa contenere gli spiedini in un unico strato.
Nel frattempo tritare la cipolla e, a parte, l'aglio, lo zenzero ed il peperoncino e saltare la cipolla un paio di minuti in un cucchiaio di olio caldo.
Unire aglio, zenzero e peperoncino, lasciar insaporire bene un altro paio di minuti, quindi unire la salsa di soja, 1 cucchiaino di zucchero di canna, la pasta di gamberetti ed il succo di lime, mescolando velocemente.
Quando è tutto ben amalgamato versare nel tegame anche il latte di cocco ed il burro di arachidi, stemperare bene, regolare, se serve, di sale, e sobbollire per qualche minuto, fino ad ottenere una salsa densa e ben miscelata.
Scaldare una piastra e dorarvi gli spiedini senza scolarli troppo, cuocendo poco più di un minuto per lato, in modo che si colorino dappertutto ma restino molto morbidi, e servire subito accompagnati dalla salsa e da riso basmati cotto a vapore oppure da un'insalatina fresca con cetrioli, condita con la stessa salsa diluita con un filo di olio.
PS: esistono infinite versioni della salsa di arachidi orientale: satay in Tailandia e Malesia, sans katjang in Indonesia, tuonk dau phong in Vietnam... Ci si condisce di solito pollo, gamberi, cipollotti stufati, polpette di pesce, noodle di riso e così via. Qui con il tacchino, se fosse stagione, si potrebbe spolverizzare gli spiedini anche con un paio di foglioline di menta fresca tritate. Chissà se potrebbe essere un piatto dei nuovi menù del ristorante...
Sono arrivati aiuti materiali del tipo più disparato: chili di pasta, zucchero o farina ma anche impastatrici per la cucina, sedie per la sala, libri, versamenti sul conto corrente, artigiani che lavorano al puro costo, volontari che aiutano con la burocrazia... Non è tutto a posto ovviamente ma tra qualche mese, una volta sistemato tutto e tornati al lavoro di routine, ci si renderà conto della nascita di una nuova faticosa bellezza.
Dopo aver trascorso due giorni al ristorante per collaborare a prepararne la riapertura mi è servita una giornata di decompressione per resettare i pensieri e fotografare la situazione reale in un modo sufficientemente obiettivo. A mano a mano che arrivano oggetti od alimenti in dono le "beneficiarie" lo fotografano. Lo scopo è fermare un momento che ogni volta sembra unico, accumulare piccole gioie dentro il vuoto rimasto nei cuori dopo aver spalato via tutto il fango. Lo scopo è rendere testimonianza del loro sollievo a chi le ha aiutate.
Accanto a questi momenti emozionanti si vivono stati di ansia e fragilità. Si teme, tra stanchezza personale e condizioni ancora un po’ precarie del locale, di fare brutta figura e non essere all’altezza delle aspettative di chi ha dato una mano e di chi riprende a frequentare il locale ricordandolo come era prima.
La riapertura c’è stata, con qualche prevedibile intoppo ma con la comprensione e la solidarietà di tutti i clienti, anche quelli che non sapevano nulla di nulla e sono arrivati lì per caso. La tensione forse è calata, l’animo è più tranquillo… e la fatica fisica e mentale ecco che emerge in tutta la sua potenza. Ma non ci si ferma, forse perché non si crede ancora che la rinascita sia vera e teme che a chiudere gli occhi il sogno svanisca.
Non si vuole ammettere che le forze sono limitate, che l’emergenza non è affatto finita, che se si alza la testa dal lavoro quotidiano si possono vedere gli altri problemi che ci aspettano. Ma si rifiuta l’idea di fermarsi anche solo una mezza giornata, perché la verità più profonda è che non si conosce altro modo per ringraziare.
Per assurdo l'aiuto ricevuto rischia di diventare uno dei problemi che impediscono di rilassarsi davvero, schiacciati come si è adesso dalla pressante sensazione di “dovere” qualcosa a chi si è dato da fare per loro. E’ difficilissimo spiegare un risvolto tanto delicato a chi non si è mai trovato in quella situazione. E non c'entra niente l'orgoglio, siamo di nuovo a fare i conti con l'umiltà.
Così, a chi a distanza di giorni continua a chiedere come contribuire si può rispondere che, al di là di donazioni in denaro o in prodotti, ora c'è anche un altro modo di aiutare, un ulteriore impegnativo regalo da fare, forse il più difficile: la tranquillità.
Devono poter riposare di testa e di cuore, affrontare e superare la mortificazione per aver dovuto accettare aiuti, l'ansia per non essere in grado in questo momento di ringraziare di persona chiunque sia intervenuto in qualsiasi forma per fornire sostegno morale e materiale. Dietro questa straziante convinzione di non aver meritato nulla di tutto il buono che è successo c'è di nuovo l'eccessiva umiltà che grida silenziosamente una disperata aspirazione all’indipendenza.
E l’imperativa, quasi rabbiosa rivendicazione del ruolo di non-vittime spinge a stare anche loro al di qua della barricata, per porgere aiuto invece che riceverlo. E la mia dolce, coraggiosa, umile amica chiede che i proventi di alcune iniziative a suo favore vengano invece dedicati ad altre realtà genovesi altrettanto danneggiate dall’alluvione.
Chi dunque vorrebbe fare ancora qualcosa per loro provi dunque a pensare “in lungo” più che “in largo”, perché il risultato dei nostri sforzi possa essere “in profondo”. Perché capiscano che sentirsi in obbligo è un’assurdità e che ringraziare è superfluo. Il loro unico obbligo è recuperare forze e serenità. L’unica forma di ringraziamento che siamo disposti ad accettare, oggi in questo giorno del Ringraziamento e nei giorni a venire, è il loro sorriso ed il cartello "aperto" sulla porta del ristorante.
E, come si usa di solito il Giorno del Ringraziamento, oggi si serve tacchino. Non in versione americana ma neppure ligure, se è per quello. C'è bisogno di evasione, di staccarsi dai luoghi della fatica e portare la mente altrove. Il mio rifugio solitamente è l'Oriente, così spunta una salsa della penisola indocinese, a dare relax e distrazione. Ed ecco insieme l'evasione della salsa, i ringraziamenti del tacchino, e una giornata nuova, dal gusto di faticoso riscatto.
Tacchino ringraziante in salsa satay rilassante
ingredienti per 4 persone come secondo/piatto unico, per 10/12 persone come fingerfood:
800 gr. di fesa di tacchino (o petto di pollo)
1 cucchiaino scarso di pasta di curry rosso (o 1 cucchiaio di curry in polvere)
1/2 cipolla
1 spicchio di aglio
1 dadino di zenzero fresco grosso come lo spicchio d'aglio
1 peperoncino tailandese
250 ml. di latte di cocco non zuccherato
80 gr. di burro di arachidi
2 cucchiai di salsa di soja
1 cucchiaio di succo di lime
1 cucchiaino di trasi (pasta di gamberetti, sostituibile con nam pla, colatura di alici, oppure un paio di acciughe sotto sale ben dissalate e tritatissime)
zucchero di canna
olio di arachidi
sale
Mettere a bagno in acqua tiepida 8 spiedini lunghi di legno (o 12-24 di quelli corti) per una mezz'oretta e nel frattempo ridurre la carne a fettine lunghe e sottili, mondandola bene da nervi e pellicine; ungere poi gli stecchini ed infilare le strisce di carne sugli spiedini trapassandole "a onde" per il lungo.
Miscelare 3 cucchiai di olio con la pasta di curry, 1 cucchiaino di zucchero di canna ed un pizzico di sale, massaggiarlo accuratamente sugli spiedini e lasciar riposare coperti una ventina di minuti su un vassoio che possa contenere gli spiedini in un unico strato.
Nel frattempo tritare la cipolla e, a parte, l'aglio, lo zenzero ed il peperoncino e saltare la cipolla un paio di minuti in un cucchiaio di olio caldo.
Unire aglio, zenzero e peperoncino, lasciar insaporire bene un altro paio di minuti, quindi unire la salsa di soja, 1 cucchiaino di zucchero di canna, la pasta di gamberetti ed il succo di lime, mescolando velocemente.
Quando è tutto ben amalgamato versare nel tegame anche il latte di cocco ed il burro di arachidi, stemperare bene, regolare, se serve, di sale, e sobbollire per qualche minuto, fino ad ottenere una salsa densa e ben miscelata.
Scaldare una piastra e dorarvi gli spiedini senza scolarli troppo, cuocendo poco più di un minuto per lato, in modo che si colorino dappertutto ma restino molto morbidi, e servire subito accompagnati dalla salsa e da riso basmati cotto a vapore oppure da un'insalatina fresca con cetrioli, condita con la stessa salsa diluita con un filo di olio.
PS: esistono infinite versioni della salsa di arachidi orientale: satay in Tailandia e Malesia, sans katjang in Indonesia, tuonk dau phong in Vietnam... Ci si condisce di solito pollo, gamberi, cipollotti stufati, polpette di pesce, noodle di riso e così via. Qui con il tacchino, se fosse stagione, si potrebbe spolverizzare gli spiedini anche con un paio di foglioline di menta fresca tritate. Chissà se potrebbe essere un piatto dei nuovi menù del ristorante...
- rivoli affluenti:
- un ringraziamento da parte mia dovrebbe andare alle oltre 200 tra persone e aziende che hanno risposto all'appello anche solo con un messaggio di solidarietà e conforto. Evito per buon senso di elencare tutti i link...
- resta aperta ovviamente la sottoscrizione perché, come si diceva, risolto il grosso dell'emergenza le condizioni per continuare sono comunque ancora un po' precarie: IBAN IT86T0617501410000001648580 intestato a OFFICINA DI CUCINA S.N.C. FONDI ALLUVIONE 2011 NEGOZIO
Beh, ci sono un sacco di persone Speziali....tu, certamente sei una di quelle...
RispondiEliminaIl tuo piatto parla da se...buona giornata.
Grazie carissima per un post stupendo, che ha riassunto alla perfezione la situazione e soprattutto il cuore di TUTTI gli amici e gli sconosciuti genovesi che si sono trovati ad affrontare questa prova.
RispondiEliminaE grazie anche per la ricetta, spettacolare, che passa quasi inosservata dopo un post così bello.
Un bacio.
Il post piu' bello letto ultimamente.
RispondiElimina:-)
RispondiEliminaBellissimo il tuo post e scusa, ma la tua splendida ricetta passa in secondo piano...bravissima, un abbraccione Flavia
RispondiElimina@libera: di' la verità... un tacchino ringraziante non passa tutti i giorni!
RispondiElimina@la bellezza del cuore di tutti è ciò che ha reso grande questo momento. Il cuore dell'amica coraggiosa ed umile per primo!
@arabafelice: e nemmeno rende l'idea di quanto interesse e solidarietà si respirano "dietro le quinte". Lì sta il bello: nella vita vera, questo post a paragone è veramente niente!
@sara.b: esatto.
@eli.fla: va be', per questa volta ti scuso, dai...
Carissima amica...mi vengono le lacrime a leggere le tue parole...per me è stato un onore poter partecipare, anche se in piccola parte a questa rinascita che abbiamo condiviso insieme. Grazie per tutto quello che hai fatto...grazie per esserci stata e per esserci in futuro...grazie per essere amica.
RispondiEliminaTi abbraccio forte...Chiara di Firenze da Genova...
Bentrovate!
RispondiElimina@chiara: tu hai fatto quello che che ha forse più valore in assoluto, hai regalato il tuo tempo ed il tuo lavoro senza riserve nel momento in cui a loro serviva di più. Ti siamo tutti grati per averci mostrato che esistono anche amicizie come la tua. Sei un sogno di persona. Un abbraccio anche per il resto...
RispondiElimina@valeria: assolutamente!
Siete state incredibili! Mi è dispiaciuto non esserci stata per poter dare una mano attivamente...
RispondiEliminaC'ero col cuore, ma avrei voluto esserci anche con le braccia.
Fra qualche giorno andrò con Ale a vedere di persona, non solo per capire meglio quali siano i bisogni attuali, ma anche per farle apparecchiare un tavolo in più ;-)
Un bacione!
@muscaria: dimmi quando ci vai!
RispondiEliminaNon sono stato un blogger attivo nella circostanza in alcun modo. Ho letto infatti ed appreso relativamente da poco. Cuore e mente sono stati entrambi impegnati in altre elaborazioni personali però sorrido al pensiero di una collettività "sociale" al servizio dell'esigenza particolare. So di certo quanto tu abbia contribuito insieme a molti altri, Raravis in testa e questo a conferma della statura delle persone, sotto ogni profilo etico ed in questo caso anche fisico. Adesso provo ad intuire lo sforzo per scrivere un articolo come quello che ho letto. Confesso di essere combattuto, comprendo e 'non comprendo' ma non ha molta importanza, quello che mi preme invece sottolineare e non è un complimento gratuito è che in giro ci sono persone eccezionali come te. Questo è un bel motivo per trovare nel quotidiano la forza di rialzarsi sempre :)
RispondiEliminaBada bene il GRAZIE che ti devo è oggettivo per quello che sei, per darmi nel reale un riferimento fuori dell'ordinario dal quale trarre esempio ed imparare. Sono ancora molto indietro per certe cose...
@gambetto: però sorridi. Questo significa che non sei affatto indietro.
RispondiEliminascusa il ritardo, post meraviglioso, tu sei meravigliosa
RispondiEliminaL'avevo letto e commentato su un altro blog
gran lavoro tutti, ho saputo da Ale di Mt
Complimenti
Ciao
Cristina