Un titolo alla Pupi Avati era indispensabile. Oggi infatti qui si affronta la memoria, quella racchiusa nei gesti e nelle parole di famiglia, e con essa porta si a galla il domestico dei legami buoni tra le persone come un valore buffo e prezioso. Se non fosse che i miei finali in questo caso sono decisamente più comici di quelli soliti al regista emiliano.
La prima volta che ho tirato la pasta a mano, infatti, avevo circa vent'anni. Imparavo tutta sola a cucinare dalle ricette del settimanale Guidacucina, avevo per la prima volta un fidanzato "serio" e stavo in un monolocale talmente piccolo che per aprire il divano letto la sera dovevo chiudere il minuscolo tavolo a ribalta piegandolo contro il muro. Mi sentivo, insomma, davvero una donna adulta ed indipendente.
Per una cenetta a sorpresa dedicata al moroso avevo deciso di cimentarmi nella preparazione delle tagliatelle partendo da uova e farina, cosa mai vista a casa mia e considerata praticamente fantascienza da mia mamma, svizzera di nascita e pure scarsamente attratta dalla cucina di suo.
Munita di ingredienti, rivista aperta alla pagina giusta e tanta buona volontà, eccomi all'opera sul mio piccolo pianetto a ribalta per deliziare il palato del mio amore. Peccato che le istruzioni del giornale non contenessero esattamente tutti i meravigliosi segreti che racconta Ale di Only Kitchen nella sua proposta per l'MTC di gennaio.
Diciamo che sulla base delle indicazioni del Guidacucina non avrei esattamente potuto contribuire a testa alta a questa raccolta di tagliatelle, che nella loro bontà le titolari di Menù Turistico hanno voluto rigorosamente tirate a mano...
All'epoca non avevo ne' una spianatoia decente ne' un mattarello (da perdonare, stavo agli esordi!). Pensai ingenuamente di supplire con il piano di formica dell'instabile tavolo a ribalta ed una bottiglia da vino vuota, che per la precisione era pure una borgognona, cioè una di quelle senza spalle e di forma quasi più cilindrica che conica.
A parte aver inondato tutta casa di farina e di grumi di uovo impastato, inutile specificare a cosa somigliassero alla fine le mie prime tagliatelle. Diciamo solo che lo spessore della pasta variava almeno quanto la larghezza, che in cottura mi si incollò tutta e che dopo aver ripulito con cura ogni centimetro del monolocale mi accorsi di avere pure indelebilmente inciso il piano del tavolo con una serie di tagli pseudo-paralleli.
Il moroso fu tanto dolce da dirmi che le tagliatelle erano buonissime e finirsene l'intero piatto. Un tale amore non poteva certo esaurirsi come una comune cotta adolescenziale e credo che poi siamo rimasti fidanzati ancora per anni proprio per questo genere di gesti suoi. Ma i traumi sono traumi ed il tempo non li cancella mai del tutto. Difatti, quando un decennio dopo mi sono sposata (ovviamente con un altro fidanzato), come regalo di nozze dal quel mio dolce ex moroso ci è arrivata la macchinetta tirapasta dell'Imperia...
L'ultima volta che ho tirato la sfoglia a mano è stato durante le vacanze natalizie, un giorno in cui avevamo deciso insieme con la mia nipotina di nove anni di preparare i pizzoccheri chiavennaschi. Certo, i pizzoccheri tipici di Chiavenna dovrebbero essere degli gnocchetti morbidi di pane raffermo, latte e farina tipo questi, che vengono cotti calando a cucchiaiate l'impasto nell'acqua bollente: come mai, uno si chiede, siamo finite a produrre tagliatelle?!
Avendo l'esplicito scopo di spiegare (la zia) e di capire (la nipote) come ci si muove in cucina per preparare piatti divertenti in un ambiente che prima, durante e dopo deve restare pulito e ordinato, abbiamo cominciato pesando con metodo tutti gli ingredienti e disponendoli diligentemente sul tavolo di cucina. Nel frattempo ovviamente anche il nipotino di due anni, pienamente coinvolto nel nostro divertimento, si è messo a trafficare sull'altro lato del tavolo con un pugno di farina, briciole di pane, ciotole di plastica e cucchiai di legno.
Il piccolo si è talmente appassionato al gioco della cucina che ha voluto partecipare ancora meglio, così, mentre noi tagliavamo a dadini il pane da cuocere nel latte, lui ha impugnato con scatto fulmineo il contenitore che conteneva il detto latte e ne ha versato il contenuto nella terrina della farina pesata.
Senza sufficienti ingredienti di scorta per pensare da capo agli gnocchetti, abbiamo dovuto fare di necessità virtù ed è cambiato il menù: il pane si è trasformato in crostini croccanti e l'amalgama di latte e farina è diventata, con l'aggiunta di parmigiano ed altra farina, questi scialatielli al sugo d'arrosto.
Ma soprattutto la nipote orgogliosissima ha così imparato persino a tagliare la pasta con il coltello grande (la foto è sfuocata per mia troppa emozione!), dopo averla naturalmente tirata con le sue manine sante. Che volere di più?! Anche qui, incredibile ma vero, la pasta è stata stesa con una bottiglia per assenza in loco di un mattarello vero e proprio. Almeno questa volta il tavolo stava fermo e l'attrezzo di fortuna era una bella bottiglia bordolese perfettamente cilindrica...
Con il cuore avrei voluto partecipare alll'MTC solo con questo capolavoro letteralmente "a quattro mani" per ringraziare quelle della mia nipotina della gioia che mi da quando cuciniamo insieme. L'assenza di uova impedisce però a questa pasta di essere considerata una tagliatella classica all'emiliana. Così il terzetto delle care giudici deve sorbirsi anche questa volta una delle mie ricette strampalate... anzi: due! Ovviamente in mood d'Oriente.
In queste proposte la parte tipicamente orientale non è tanto nella tecnica di preparazione o negli aromi del condimento delle tagliatelle quanto nel loro metodo di stesura e cottura. Un unico impasto, di fatto molto tradizionale nel senso emiliano del termine, si offre così a due avventure diverse dalla lessatura, restando comunque nella logica tutta occidentale dei "primi piatti", uno asciutto ed uno in brodo.
Tagliatelle al sesamo e alga nori
per la pasta (dose per 4 o 5 persone asciutta, per 8/10 persone in brodo):
220 gr. di farina 00 più quella per la spianatoia
2 uova (le mie pesavano c.a 60 gr. ciascuna con il guscio)
1 cucchiaino di alga nori sbriciolata finissima
1/2 cucchiaino di olio di sesamo
1 pizzico di sale (*)
(* il sale, che nella tradizione emiliana non va assolutamente nell'impasto, qui è presente perché la pasta non sarà lessata in acqua salata e deve dunque possedere un minimo di sapidità di suo).
Miscelare la farina con l'alga e formare una fontana, versarvi le uova sbattute con un pizzichino di sale e l'olio di sesamo e cominciare ad impastare, lavorando poi energicamente per una decina di minuti su un piano rugoso infarinato fino ad ottenere una palla soda e liscia, da far riposare poi in luogo riparato per una mezz'oretta. Dato che le mie uova erano piccole per raggiungere la giusta consistenza dell'impasto ho unito un goccio di acqua. Sarebbe stato meglio cominciare con meno farina oppure aggiungere un tuorlo, ma non avevo più uova...
Stendere l'impasto sulla spianatoia infarinata usando un trucco tipico dei maestri di soba giapponesi, che hanno una serie di mattarelli di peso e dimensione diversi in base al diametro che assume il disco di pasta a mano a mano che si assottiglia. Io in realtà uso solo due mattarelli, che hanno lo stesso diametro e differiscono solo in lunghezza: quello corto fino a che la palla diventa un disco,
quello più lungo fino a che il disco arriva ad un diametro di circa 40 cm.
A questo punto tagliare il disco in 6 rettangoli che hanno lo spessore giusto per la ricetta in brodo. Per le tagliatelle stufate invece meglio assottigliare ulteriormente i rettangoli.
Qui la differenza di spessore delle due sfoglie.
Arrotolare ogni rettangolo su se stesso e tagliarle a striscette larghe 7 mm. con un coltello pesante; srotolarle e, nella versione di tagliatelle da brodo, quelle cioè più spesse, tagliarle anche in lunghezza a strisce da circa 10 cm.
A questo punto le tagliatelle sono pronte per essere cotte e, anche se riposano su un tagliere infarinato mentre si preparano gli altri ingredienti, non vanno fatte asciugare ma, in entrambi i casi, si usano ancora fresche e morbide. Ma veniamo al sodo con la prima versione:
Tagliatelle brasate con tacchino e cime di rapa
per 4 o 5 persone:
le tagliatelle fresche preparate come sopra in versione sottile
200 gr. di fesa di tacchino
160 gr. di cime di rapa
2 spicchi di aglio
1 cubetto di zenzero da circa 2 cm.
1 quadrotto di alga kombu da circa 5 cm.
2 cucchiai di sakè
1 bicchiere abbondante di brodo vegetale leggero
2 cucchiai di salsa di soia
1 cucchiaino di olio di sesamo
1 cucchiaio di semi di sesamo neri
1 cucchiaio di farina
2 cucchiai di olio di arachidi
pepe al mulinello
Mondare le cime di rapa, tagliarle a striscette e cuocerle a vapore per 3 minuti.
Tagliare il tacchino a fette spesse circa 6 mm. e poi a striscioline circa 1 x 2 cm e passarle nella farina.
Sbucciare e pestare leggermente aglio e zenzero; miscelare la salsa di soia e l'olio di sesamo al brodo.
Scaldare in un ampio tegame l'olio di arachidi e saltarvi per 30 secondi aglio e zenzero, quindi unirvi il tacchino e cuocere a fuoco vivace per un paio di minuti rimestando spesso, fino a che la carne si è tutta sbiancata.
Unire nel tegame le cime di rapa e le tagliatelle fresche, padellare un minuto per insaporire quindi sfumare con il sakè, lasciandolo evaporare per qualche istante.
Versare a questo punto nel tegame il brodo aromatizzato, fargli prendere un leggero bollore e cuocere poi per qualche minuto, fino a che la pasta è morbida ed il fondo asciugato. La cosa funziona anche con pasta secca, ma occorreranno il doppio del brodo e del tempo di cottura.
Regolare se serve di sale, pepare abbondantemente, mescolare bene e servire spolverizzato con il sesamo nero.
Sempre a base di tacchino anche la versione in tazza, qui volutamente in vasellame occidentale nonostante l'aspetto molto orientale del consommé, visto che anche il brodo è davvero un mix di due differenti tradizioni:
Tagliatelle in brodo di tacchino alle tre alghe
per 4 persone:
metà dose delle tagliatelle fresche preparate come sopra in versione spessa
100 gr. di fesa di tacchino
1 cucchiaio di alghe wakame secche o sotto sale
1/2 cipolla
1 piccola carota
1 quadrotto di alga kombu da circa 5 cm.
1 cucchiaio di katzuobushi (scaglie di tonnetto secche)
(oppure 1/4 di cucchiaino di brodo dashi granulare al posto di kombu e tonnetto)
1/2 cucchiaio di alga nori in polvere o a striscioline
1 stelo di prezzemolo
5 grani di pepe nero
sale
Mettere in una casseruola il tacchino con la cipolla e la carota sbucciate, lo stelo di prezzemolo intero, i grani di pepe, l'alga kombu ed il katsuobushi, coprire con 3 bicchieri di acqua fredda, portare a bollore e cuocere coperto a fiamma bassa per una ventina di minuti, quindi spegnere e lasciare intiepidire il tacchino coperto.
Nel frattempo mettere a bagno le alghe wakame in abbondante acqua fresca e, se si usano quelle sotto sale, una volta rinvenute sciacquarle delicatamente sotto abbondane acqua corrente.
Filtrare quindi il brodo tenendo da parte la carota e riportarlo a bollore; tagliare la polpa di tacchino a dadini di meno di 1 cm. e la carota a rondelle sottili e disporli in quattro tazze da brodo insieme ad un ciuffo di alghe wakame.
Disporre le tagliatelle fresche in una ciotola, portare altra acqua a bollore e versarla sopra le tagliatelle, lasciandole riposare per qualche minuto fino a che sono ammorbidite, quindi scolarle e dividerle nelle tazze individuali. La cosa non funziona con tagliatelle secche. In quel caso conviene preparare il doppio del brodo ed usarne metà per lessare la pasta.
Versare il brodo bollente e limpido in ogni tazza, decorare con un pizzico di alga nori (mi spiace, sulla porzione fotografata l'ho dimenticata!) e servire subito, accompagnando eventualmente con un goccio di salsa di soia a parte.
La prima volta che ho tirato la pasta a mano, infatti, avevo circa vent'anni. Imparavo tutta sola a cucinare dalle ricette del settimanale Guidacucina, avevo per la prima volta un fidanzato "serio" e stavo in un monolocale talmente piccolo che per aprire il divano letto la sera dovevo chiudere il minuscolo tavolo a ribalta piegandolo contro il muro. Mi sentivo, insomma, davvero una donna adulta ed indipendente.
Per una cenetta a sorpresa dedicata al moroso avevo deciso di cimentarmi nella preparazione delle tagliatelle partendo da uova e farina, cosa mai vista a casa mia e considerata praticamente fantascienza da mia mamma, svizzera di nascita e pure scarsamente attratta dalla cucina di suo.
Munita di ingredienti, rivista aperta alla pagina giusta e tanta buona volontà, eccomi all'opera sul mio piccolo pianetto a ribalta per deliziare il palato del mio amore. Peccato che le istruzioni del giornale non contenessero esattamente tutti i meravigliosi segreti che racconta Ale di Only Kitchen nella sua proposta per l'MTC di gennaio.
Diciamo che sulla base delle indicazioni del Guidacucina non avrei esattamente potuto contribuire a testa alta a questa raccolta di tagliatelle, che nella loro bontà le titolari di Menù Turistico hanno voluto rigorosamente tirate a mano...
All'epoca non avevo ne' una spianatoia decente ne' un mattarello (da perdonare, stavo agli esordi!). Pensai ingenuamente di supplire con il piano di formica dell'instabile tavolo a ribalta ed una bottiglia da vino vuota, che per la precisione era pure una borgognona, cioè una di quelle senza spalle e di forma quasi più cilindrica che conica.
A parte aver inondato tutta casa di farina e di grumi di uovo impastato, inutile specificare a cosa somigliassero alla fine le mie prime tagliatelle. Diciamo solo che lo spessore della pasta variava almeno quanto la larghezza, che in cottura mi si incollò tutta e che dopo aver ripulito con cura ogni centimetro del monolocale mi accorsi di avere pure indelebilmente inciso il piano del tavolo con una serie di tagli pseudo-paralleli.
Il moroso fu tanto dolce da dirmi che le tagliatelle erano buonissime e finirsene l'intero piatto. Un tale amore non poteva certo esaurirsi come una comune cotta adolescenziale e credo che poi siamo rimasti fidanzati ancora per anni proprio per questo genere di gesti suoi. Ma i traumi sono traumi ed il tempo non li cancella mai del tutto. Difatti, quando un decennio dopo mi sono sposata (ovviamente con un altro fidanzato), come regalo di nozze dal quel mio dolce ex moroso ci è arrivata la macchinetta tirapasta dell'Imperia...
L'ultima volta che ho tirato la sfoglia a mano è stato durante le vacanze natalizie, un giorno in cui avevamo deciso insieme con la mia nipotina di nove anni di preparare i pizzoccheri chiavennaschi. Certo, i pizzoccheri tipici di Chiavenna dovrebbero essere degli gnocchetti morbidi di pane raffermo, latte e farina tipo questi, che vengono cotti calando a cucchiaiate l'impasto nell'acqua bollente: come mai, uno si chiede, siamo finite a produrre tagliatelle?!
Avendo l'esplicito scopo di spiegare (la zia) e di capire (la nipote) come ci si muove in cucina per preparare piatti divertenti in un ambiente che prima, durante e dopo deve restare pulito e ordinato, abbiamo cominciato pesando con metodo tutti gli ingredienti e disponendoli diligentemente sul tavolo di cucina. Nel frattempo ovviamente anche il nipotino di due anni, pienamente coinvolto nel nostro divertimento, si è messo a trafficare sull'altro lato del tavolo con un pugno di farina, briciole di pane, ciotole di plastica e cucchiai di legno.
Il piccolo si è talmente appassionato al gioco della cucina che ha voluto partecipare ancora meglio, così, mentre noi tagliavamo a dadini il pane da cuocere nel latte, lui ha impugnato con scatto fulmineo il contenitore che conteneva il detto latte e ne ha versato il contenuto nella terrina della farina pesata.
Senza sufficienti ingredienti di scorta per pensare da capo agli gnocchetti, abbiamo dovuto fare di necessità virtù ed è cambiato il menù: il pane si è trasformato in crostini croccanti e l'amalgama di latte e farina è diventata, con l'aggiunta di parmigiano ed altra farina, questi scialatielli al sugo d'arrosto.
Ma soprattutto la nipote orgogliosissima ha così imparato persino a tagliare la pasta con il coltello grande (la foto è sfuocata per mia troppa emozione!), dopo averla naturalmente tirata con le sue manine sante. Che volere di più?! Anche qui, incredibile ma vero, la pasta è stata stesa con una bottiglia per assenza in loco di un mattarello vero e proprio. Almeno questa volta il tavolo stava fermo e l'attrezzo di fortuna era una bella bottiglia bordolese perfettamente cilindrica...
Con il cuore avrei voluto partecipare alll'MTC solo con questo capolavoro letteralmente "a quattro mani" per ringraziare quelle della mia nipotina della gioia che mi da quando cuciniamo insieme. L'assenza di uova impedisce però a questa pasta di essere considerata una tagliatella classica all'emiliana. Così il terzetto delle care giudici deve sorbirsi anche questa volta una delle mie ricette strampalate... anzi: due! Ovviamente in mood d'Oriente.
In queste proposte la parte tipicamente orientale non è tanto nella tecnica di preparazione o negli aromi del condimento delle tagliatelle quanto nel loro metodo di stesura e cottura. Un unico impasto, di fatto molto tradizionale nel senso emiliano del termine, si offre così a due avventure diverse dalla lessatura, restando comunque nella logica tutta occidentale dei "primi piatti", uno asciutto ed uno in brodo.
Tagliatelle al sesamo e alga nori
per la pasta (dose per 4 o 5 persone asciutta, per 8/10 persone in brodo):
220 gr. di farina 00 più quella per la spianatoia
2 uova (le mie pesavano c.a 60 gr. ciascuna con il guscio)
1 cucchiaino di alga nori sbriciolata finissima
1/2 cucchiaino di olio di sesamo
1 pizzico di sale (*)
(* il sale, che nella tradizione emiliana non va assolutamente nell'impasto, qui è presente perché la pasta non sarà lessata in acqua salata e deve dunque possedere un minimo di sapidità di suo).
Miscelare la farina con l'alga e formare una fontana, versarvi le uova sbattute con un pizzichino di sale e l'olio di sesamo e cominciare ad impastare, lavorando poi energicamente per una decina di minuti su un piano rugoso infarinato fino ad ottenere una palla soda e liscia, da far riposare poi in luogo riparato per una mezz'oretta. Dato che le mie uova erano piccole per raggiungere la giusta consistenza dell'impasto ho unito un goccio di acqua. Sarebbe stato meglio cominciare con meno farina oppure aggiungere un tuorlo, ma non avevo più uova...
Stendere l'impasto sulla spianatoia infarinata usando un trucco tipico dei maestri di soba giapponesi, che hanno una serie di mattarelli di peso e dimensione diversi in base al diametro che assume il disco di pasta a mano a mano che si assottiglia. Io in realtà uso solo due mattarelli, che hanno lo stesso diametro e differiscono solo in lunghezza: quello corto fino a che la palla diventa un disco,
quello più lungo fino a che il disco arriva ad un diametro di circa 40 cm.
A questo punto tagliare il disco in 6 rettangoli che hanno lo spessore giusto per la ricetta in brodo. Per le tagliatelle stufate invece meglio assottigliare ulteriormente i rettangoli.
Qui la differenza di spessore delle due sfoglie.
Arrotolare ogni rettangolo su se stesso e tagliarle a striscette larghe 7 mm. con un coltello pesante; srotolarle e, nella versione di tagliatelle da brodo, quelle cioè più spesse, tagliarle anche in lunghezza a strisce da circa 10 cm.
A questo punto le tagliatelle sono pronte per essere cotte e, anche se riposano su un tagliere infarinato mentre si preparano gli altri ingredienti, non vanno fatte asciugare ma, in entrambi i casi, si usano ancora fresche e morbide. Ma veniamo al sodo con la prima versione:
Tagliatelle brasate con tacchino e cime di rapa
per 4 o 5 persone:
le tagliatelle fresche preparate come sopra in versione sottile
200 gr. di fesa di tacchino
160 gr. di cime di rapa
2 spicchi di aglio
1 cubetto di zenzero da circa 2 cm.
1 quadrotto di alga kombu da circa 5 cm.
2 cucchiai di sakè
1 bicchiere abbondante di brodo vegetale leggero
2 cucchiai di salsa di soia
1 cucchiaino di olio di sesamo
1 cucchiaio di semi di sesamo neri
1 cucchiaio di farina
2 cucchiai di olio di arachidi
pepe al mulinello
Mondare le cime di rapa, tagliarle a striscette e cuocerle a vapore per 3 minuti.
Tagliare il tacchino a fette spesse circa 6 mm. e poi a striscioline circa 1 x 2 cm e passarle nella farina.
Sbucciare e pestare leggermente aglio e zenzero; miscelare la salsa di soia e l'olio di sesamo al brodo.
Scaldare in un ampio tegame l'olio di arachidi e saltarvi per 30 secondi aglio e zenzero, quindi unirvi il tacchino e cuocere a fuoco vivace per un paio di minuti rimestando spesso, fino a che la carne si è tutta sbiancata.
Unire nel tegame le cime di rapa e le tagliatelle fresche, padellare un minuto per insaporire quindi sfumare con il sakè, lasciandolo evaporare per qualche istante.
Versare a questo punto nel tegame il brodo aromatizzato, fargli prendere un leggero bollore e cuocere poi per qualche minuto, fino a che la pasta è morbida ed il fondo asciugato. La cosa funziona anche con pasta secca, ma occorreranno il doppio del brodo e del tempo di cottura.
Regolare se serve di sale, pepare abbondantemente, mescolare bene e servire spolverizzato con il sesamo nero.
Sempre a base di tacchino anche la versione in tazza, qui volutamente in vasellame occidentale nonostante l'aspetto molto orientale del consommé, visto che anche il brodo è davvero un mix di due differenti tradizioni:
Tagliatelle in brodo di tacchino alle tre alghe
per 4 persone:
metà dose delle tagliatelle fresche preparate come sopra in versione spessa
100 gr. di fesa di tacchino
1 cucchiaio di alghe wakame secche o sotto sale
1/2 cipolla
1 piccola carota
1 quadrotto di alga kombu da circa 5 cm.
1 cucchiaio di katzuobushi (scaglie di tonnetto secche)
(oppure 1/4 di cucchiaino di brodo dashi granulare al posto di kombu e tonnetto)
1/2 cucchiaio di alga nori in polvere o a striscioline
1 stelo di prezzemolo
5 grani di pepe nero
sale
Mettere in una casseruola il tacchino con la cipolla e la carota sbucciate, lo stelo di prezzemolo intero, i grani di pepe, l'alga kombu ed il katsuobushi, coprire con 3 bicchieri di acqua fredda, portare a bollore e cuocere coperto a fiamma bassa per una ventina di minuti, quindi spegnere e lasciare intiepidire il tacchino coperto.
Nel frattempo mettere a bagno le alghe wakame in abbondante acqua fresca e, se si usano quelle sotto sale, una volta rinvenute sciacquarle delicatamente sotto abbondane acqua corrente.
Filtrare quindi il brodo tenendo da parte la carota e riportarlo a bollore; tagliare la polpa di tacchino a dadini di meno di 1 cm. e la carota a rondelle sottili e disporli in quattro tazze da brodo insieme ad un ciuffo di alghe wakame.
Disporre le tagliatelle fresche in una ciotola, portare altra acqua a bollore e versarla sopra le tagliatelle, lasciandole riposare per qualche minuto fino a che sono ammorbidite, quindi scolarle e dividerle nelle tazze individuali. La cosa non funziona con tagliatelle secche. In quel caso conviene preparare il doppio del brodo ed usarne metà per lessare la pasta.
Versare il brodo bollente e limpido in ogni tazza, decorare con un pizzico di alga nori (mi spiace, sulla porzione fotografata l'ho dimenticata!) e servire subito, accompagnando eventualmente con un goccio di salsa di soia a parte.
Con questo post fatto di bottiglie rotolate, cannelle di legno e tradizioni emiliane con gli occhi a mandorla partecipo all'MTC di gennaio 2012 (e già, qui bisogna cominciare a specificare le date...)
- rivoli affluenti:
- non so a che numero di Guidacucina fosse allegato l'inserto sulla pasta fresca sopra citato, che è ora rilegato con altri inserti; sarà stato comunque pubblicato tra il 1984 ed il 1986.
- questa la scena imperdibile del pranzo di fidanzamento nel film che ho parafrasato nel titolo: Pupi Avati, Storia di ragazzi e di ragazze, 1989. "...Speriamo che basti."
sei unica: e i tuoi due nipotini due tesori a forma di chef!!!!! Come sempre eccellente la tua rivisitazione oriental style
RispondiEliminaUn abbraccio
Dani
dani questa dei tesori a forma di chef me la segno e stai sicura che gliela riferisco subito!
EliminaE' la prima volta che lascio traccia, ma il tuo blog lo consulto spesso. Eleganza e la poesia hanno un riscontro tangibile nei tuoi post.
RispondiEliminaQui ho riso all'idea dell'ex-fidanzato che ti regala l'Imperia per il tuo matrimonio!! A proposito di *matrimoni*: bellissima idea di far sposare l'alga alle tagliatelle..
Buona giornata.
Nora
benvenuta qui alla luce allora e grazie per le gentilezze che scrivi. In quanto ai matrimoni oriente/occidente direi che proprio mi piace sguazzarci. E poi la pasta la preparavano anche in Oriente, forse ancor prima di noi...
EliminaEccezionale è dir poco, sia per le parole che anche per i gesti.
RispondiEliminaRicette strepitose, tutte da rubare.
Un abbraccio, a presto.
ruba ruba, che l'MTC serve proprio a questo. Sai quanti spunti ci ho già trovato io nelle ricette altrui di questi mesi?! Un abbraccio a te
EliminaChe bello questo post! ottime idee per questo MTC, io mi metto all'opera tra poco ;)
RispondiEliminami piacciono entrambe le versioni, asciutta e in brodo, hai fatto bene a proporle!
buon we, Vale
vedo che ti sei spostata ad oriente anche tu... e sai che davvero ti capisco ed apprezzo mooooolto. Brava!
EliminaMi piacciono molto le tue tagliatelle!! Le riproporrò in versione vegetariana!!!
RispondiEliminaCiao,
B.
in verità le puoi interpretare assolutamente come vuoi. L'ultimo rimasuglio di tagliatelle, per dirti, l'ho fritto, per delle chips croccanti appena spruzzate con la salsa di soja che mi sono divorata in un attimo. Non molto dietetico ma adecisamente vegetariano...
EliminaInterpretazioni bellissime queste tue "tagliatelle", con ingredienti che mi piacciono molto, come l'olio di sesamo ;-) Sapevo che avresti creato qualcosa di super.... Grazie!
RispondiEliminagrazie a te per il tema fantastico! Spero solo che i miei metodi di lavorazione e cottura delle tagliatelle non facciano inorridire la parte di sfoglina che hai preso da tua mamma...
Eliminache delizia leggerti e che delizia queste tagliatelle, adoro entrambe le versioni
RispondiEliminale tue proposte sono sempre di grande stile e coerenza!!
Ciao
Cristina
cri... senti chi parla!
Eliminaah io mi perdo... mi perdo qua da te! Bottiglie che fungono da mattarelo, manine che tagliano con cura la pasta e alghe che diventano sostegno all'impasto delle tagliatelle! E più leggo più vedo e più capisco, che hai una fantasia non a caso fantastica... ma l'alga nori e l'olio di sesamo, devi proprio patentarle!
RispondiEliminabesos
@mai: diciamo che ci perdiamo a vicenda una nelle ricette dell'altra...
RispondiEliminaHo pochissimo tempo per "andar per blog" e ho volutamente voluto attendere di essere a casa in tutto relax per godermi il tuo post, bellissimo dall'inizio alla fine.
RispondiEliminaInutile dire che la rivisitazione orientale con tanto di alghe mi è piaciuta da matti.
Un abbraccio!
mapina cara... ma che ci fai a casa in tutto relax nel pieno centro di un martedì?!
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