Passa ai contenuti principali

ossobuco alla filippina: una ricetta "normale"

Entrano in casa degli ossibuchi di manzo. Qualcuno gioisce pensando alle mille tradizioni storiche e geografiche possibili; qualcuno invece, dopo avene assaggiati ai mandarini sedano e curry o alla melagranata, zucca e nocichiede di cucinarli una volta tanto in modo "normale". Chi vincerà mai?

Poco lontano da casa c'è un parco in cui nel weekend estivi confluiscono le varie etnie che popolano la zona. Si vedono famiglie sul prato con tovaglie da picnic, coppiette che passeggiano per mano, tavolini di vecchietti che discutono animatamente maneggiando delle carte o altri misteriosi giochi da tavolo, bimbi di colori e lingue diverse a cui basta una palla o uno skateboard per giocare insieme parlandosi in italiano (non l'avevo mai pensato come un possibile esperanto...).

La parte più interessante della faccenda è una sorta di mercatino spontaneo che si forma verso sera: signore e ragazze allineano fornelli da campo, frigoriferi portatili e tavolini da campeggio lungo i vialetti di una parte del parco, quella frequentata prevalentemente da filippini. E lì cucinano e vendono delizie di ogni tipo: dolci e salate, da mangiare e da bere, da consumare subito o da portare a casa, tutte rigorosamente fatte in casa con ingredienti freschi, spesso coltivati nei propri orti.

Da quei banchetti improvvisati ho assaggiato spiedini di orecchie di maiale speziati, involtini croccanti farciti di banane, uova sotto sale dal guscio fucsia, salsicce arrostite di un intenso vermiglio, bicchierini di tofu fresco con perle di tapioca e caramello, profumati stufati di pesce e verdure non meglio definiti, beveroni ghiacciati a base di fagioli e mais dolci... 

Ovviamente da mesi è quasi un appuntamento fisso per me nei weekend, soprattutto quelli pigri in cui non ho voglia di spadellare. Non capisco quasi mai cosa sto consumando perché, sui pochi cartelli scritti a mano che indicano il prezzo dei vari piatti, i nomi sono scritti in filippino... e termini come lumpiang ubod o halo halo non mi dicono granché!

Fino a poco tempo fa veleggiavo beatamente nella più profonda ignoranza, fidandomi solo di naso, occhi e papille per la scelta dei piatti e condividendo i sorrisi soddisfatti delle cuoche quando mi vedevano assaggiare con gusto le loro specialità.

Poi ho cominciato a chiacchierare (quasi solo a gesti) con queste signore, in settimana ho scandagliato con più cura i negozietti di alimenti etnici in zona e la sera ho ripreso in mano alcuni libri di cucina asiatica che avevo un po' trascurato. Così qualche piccola cosa in più ho cominciato ad impararla. 

Ad esempio ora so che anche nelle Filippine è molto apprezzato l'ossobuco, con cui si prepara di solito il bulalo, una zuppa/stufato con verdure miste e patis (salsa di pesce fermentato). E che una delle preparazioni più amate per cucinare la carne in generale, soprattutto per le feste, è l'adobo, che prevede l'utilizzo di aceto e spesso salsa di soia.

Senza entrare nei dettagli delle due preparazioni, di cui magari parlerò un'altra volta, la sostanza è che, come mi ha spiegato da poco una signora al mercatino del parco mentre lo estraeva dal suo pentolone, anche l'ossobuco può essere cucinato in adobo...

Gliene ho carpito la ricetta in un misto di italiano, spagnolo, inglese e filippino e spero di averla grossomodo compresa. Ho ridotto qui le dosi di alcuni ingredienti perché, a parte gli amanti del peposo toscano, penso che in pochi Italiani avrebbero pienamente apprezzato gli aromi "strong" del piatto originale. Però, a voler guardare bene,  gli ingredienti sono tutti molto "normali" e, in effetti, anche di fatto italianissimi. 

Fa eccezione la sola salsa di soia, che a volte nella antica versione "in bianco" dell'adobo non appare, sostituita da un pizzico di sale. Mi sarebbe troppo spiaciuto eliminarla, però, visto che già così mi sembra una ricetta saporita ma sufficientemente "normale". Così ci si gusta insieme degli ossibuchi originali senza che nessuno possa dire di aver esattamente vinto o perso...




Adobong Bulalo - Ossobuco all'aceto e soia in stile filippino

ingredienti per 2 persone:
2 ossibuchi di manzo da circa 300 g l'uno
4 spicchi di aglio
6 cucchiai di salsa di soia, meglio se filippina
3 o 4 cucchiai* di aceto filippino di canna (o aceto di cocco, di riso o di mele) 
1/2 cucchiaio di pepe nero in grani
3 foglie di alloro
1 cucchiaino di zucchero
2 cucchiai di olio di arachide

Sbucciare l'aglio e pestarlo una volta con la parte piatta della lama di un coltello pesante, giusto per frantumarlo leggermente. Fare lo stesso con i grani di pepe. Incidere sui lati gli ossibuchi perché non si arriccino in cottura.

Scaldare l'olio in un tegame e soffriggervi l'aglio fino a che comincia a prendere leggermente colore. Unire gli ossibuchi e far dorare a fuoco vivace un minuto per lato.

Unire la salsa di soia, il pepe, l'alloro e 500 ml di acqua calda. Portare a bollore, quindi coprire, abbassare il fuoco e lasciar sobbollire per circa un paio d'ore o poco meno, voltandola ogni tanto, fino a che la carne è tenerissima e si stacca dall'osso.

Stemperare lo zucchero nell'aceto e versarli nel tegame, alzare il fuoco e cuocere 4 o 5 minuti, mescolando, in modo che il fondo si profumi e si caramelli leggermente. Se non si amano i grani di pepe sotto i denti si possono aggiungere in pentola dentro una garza oppure si può filtrare il fondo di cottura prima di unire l'aceto.



Si può lasciare il fondo un po' liquido, come in foto, in modo che condisca il riso bianco con cui si può eventualmente accompagnare l'ossobuco, oppure far decisamente restringere il sughetto e servire la carne con del riso lesso ripassato in olio, cipolla e pepe per un piatto unico, oppure con sottaceti, meglio se esotici tipo papaia verde o mango, se servito come secondo.



per esigenze familiari ho usato solo 2 cucchiai di aceto; quello di canna non è asperrimo e dal risultato direi che 3 è il numero perfetto, mentre se si utilizzasse dell'aceto di vino sarebbe meglio non abbondare.
  •  rivoli affluenti:
  • un libro semplice per cominciare ad orientarsi (anche se questa ricetta in specifico non c'è): Reynaldo G. Alejandro, Le autentiche ricette delle Filippine, Red Edizioni, 2007, ISBN 978-88-7447-485-1 
  •  la ricetta è perfetta anche per degli ossibuchi di vitello, per cui resta tutto uguale ma la cottura è più breve di circa una ventina di minuti.

Commenti

  1. Diciamo che gli ingredienti ci stanno tutti salvo la soja filippina e per acete trovo quello di riso ma, l'ossobuco lo farò solo per me a maritozzo non piace questa parte indifferente di come viene fatta. Grazie un abbraccio e buona giornata.

    RispondiElimina
  2. @edvige: lo stesso piatto, adeguando i tempi di cottura, puoi farlo anche con pollo a pezzi, con carni tenere e anche con pesce...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ...si a maritozzo andrebbe ma viceversa a me no, meglio per me solo sono egoista :-))) bacio e buona domenica.

      Elimina
  3. Mi è piaciuto molto il tuo eccellente ricetta, lo farò io prometto !! Grazie baci.

    voyance par mail gratuite

    RispondiElimina
  4. Blog Sweet! L'ho trovato durante la ricerca su Yahoo News. Avete qualche consiglio su come ottenere elencati in Yahoo News? Ho cercato per un po ', ma non ho mai sembrano per arrivarci! Grazie

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!