La cucina è materia viva, che si modifica continuamente, e fin da ragazzina mi ha molto incuriosito e divertito osservarne i mutamenti ed impararne ogni volta le nuove regole. La collezione di riviste a tema di questi ultimi trentacinque anni (ho degli esemplari di Guidacucina del 1984) e più (ho ricevuto in regalo numeri de La Cucina Italiana che partono dal 1958) mi ha indubbiamente aiutato non solo a cogliere il fenomeno ma anche a stabilire l'importanza della trasmissione della cultura materiale.
La letteratura colta legata alla gastronomia ed in generale agli usi alimentati, infatti, cita ricette d'epoca quando spiega fenomeni sociali, antropologici e culturali, però è impossibile trovare al suo interno quel senso di continuità quotidiana e di evoluzione lentissima ma costante (dove, specifico, la lentezza è un concetto relativo, visto che ci sono stati lunghi periodi per cui il cibo era pura necessità e a intervalli di secoli si è continuato a mangiare sempre allo stesso modo).
Tale evoluzione attualmente si percepisce nel leggere per anni un numero dopo l'altro della stessa rivista o nel confrontare, come faccio spesso, la stessa ricetta sullo stesso giornale a distanza di cinque, dieci o vent'anni. Così ho pensato di celebrare oggi questa consapevolezza preparando un iconico sformatino, piatto "anni '90" che ho sempre adorato.
La cucina di quel periodo era caratterizzata di mousse, spume e ingredienti frullati "a prescindere" più che da condimenti grevi o gusti coprenti, ma molti la confondono con la cucina degli '80 e la sua onnipresente panna. In verità, incredibile ma vero, sulle tavole casalinghe la panna è comparsa a fine anni '70 ed ha resistito in dosi decrescenti fino a metà degli anni 2000. Negli '90 era dunque ancora ben presente, ma i piatti di quel decennio si erano andata parecchio rinfrescando con l'uso, quasi onnipresente, prima della rucola e poi anche dei pomodorini.
Il divertimento vero, per la preparazione di oggi, sta nel miscelare varie ricette: si parte da una Cucina Italiana del 1989 che parlava di "spumette", si passa a due versioni del 1998 dove si chiamano "charlotte" e "sformatino" e si arriva alla "terrina" del 2004. Nel primo caso l'impasto di pollo viene lessato in un rotolo di alluminio e poi tagliato a fette per farcire delle sfogliatine; nel secondo al tacchino si unisce a panna e uova intere ed è farcito con funghi legati con la panna, nel terzo la polpa non è pollo ma trota ma è accompagnata da una salsa di panna e porri che ha ispirato il mio contorno, nel quarto il pollo è alternato a fette si carote e zucchine e servito freddo con insalata.
Non è casuale la scelta di una ricetta "datata", che non è cambiata in sostanza nei quindici anni passati tra la prima e l'ultima versione pubblicate mentre è praticamente sparita ora che sono passati ulteriori 15 anni. Al di là della golosità personale verso le consistenze budino/cremose (che adoro per ovvi motivi anagrafici) e una certa indulgenza verso panna e burro (in cui entrano anche componenti geografiche), il fatto che io non abbia avuto voglia di attualizzarla secondo quando è successo dal punto di vista del gusto gastronomico e della consapevolezza nutrizionale negli ultimi quindici anni è un po' lo specchio del mio attuale rapporto con la cucina contemporanea.
Ho assistito per decenni all'evoluzione gastronomica attraverso le ricette casalinghe, che accoglievano lentamente le novità concettuali lanciate dai professionisti come i nuovi ingredienti (penso al kiwi, negli anni '70 esoticissimo) e poi faticavano ad abbandonarli. Poi si sono impennate la velocità della comunicazione e le logiche dei suoi mutamenti grazie ai mezzi informatici (ne ho parlato di recente qui e un po' anche qui) ed attraverso di essi hanno avuto risalto popolare e diffuso gli argomenti gastronomici. L'interesse in merito è dilagato e la moda l'ha cavalcato.
Oggi i professionisti del settore sono noti come le stelle dello spettacolo, gli stili culinari si sono diversificati in rivoli infiniti e si sono miscelati a conoscenze chimico-fisiche e nutrizionali mai prima tanto diffuse ed approfondite. Così la cucina è diventata una materia vera e propria declinata a livelli diversissimi, dalle aule universitarie alle trasmissioni TV più nazional-popolari, e come tale ha permesso la nascita di molte professioni nuove.
Io mi ci sono trovata in mezzo e l'onda d'urto mi ha trovato "lenta". Tanto è vero che ci ho messo dieci anni per abituarmi davvero al blog e infine per capire che nel frattempo non è più uno strumento di comunicazione à la page e che se mi interessa rimanere nel mondo della cucina comunicata devo utilizzare altri mezzi. Quello che inserisco nel blog è dunque destinato, ora come è sempre stato, solo un piccolo spazio personale.
Vivo invece la cucina dal suo interno praticamente da sempre, appassionata e curiosa di assaggiare e di creare prima ancora di pensarne e parlarne. E mi sono sempre immersa in un mondo culinario internazionale ma comune, prevalentemente domestico, punteggiato qua e là di chef professionisti famosi e non e di esperti in materia, ma anche di testimonianze dirette e ricerche tra libretti minimi e segreti casalinghi.
Non riesco ad apprezzare dunque la comunicazione della cucina come è fatta ora, per immagini e per emozioni veloci. Ne' riesco a seguire con vero interesse i voli pindarici di quei cuochi che si concentrano molto sull'effetto, ne' tanto meno riesco ad assistere a spettacoli da circo mediatico in cui non è più protagonista il piatto (quando c'è davvero) ma tutto ciò che gli gira intorno.
Scrivo volentieri di storia e geografia della cucina, entrambe "tradizioni" su cui è bello costruire il nuovo, so gustarmi una cena in un ristorante di ricerca come in una trattoria, e mi pongo nei confronti ti tutto questo nuovo e veloce come uno sformatino ripieno anni '90: cedevole ma denso, con aspetti espliciti ma contenuti da raggiungere scavando, a volte goloso di panna anche se non è più di moda.
Di certo è l'età che mi esonera dall'affanno di afferrare a tutti i costi qualunque "oggetto gastronomico" mi passi davanti. Perché l'età implica un approccio stentato al digitale, certo, ma anche il lusso di essere selettiva nei piaceri e nei doveri e la serenità di non rincorrere più quanto non mi sembra necessario.
Se quello che serve per comunicare bene il cibo in questo mondo più recente sono nuovi modi tecnici non mi tiro indietro, quando tutto si riduce alla ricerca di visibilità o popolarità lascio andare. E questo post è un esempio di quanto sono antica e privata qui dentro: chi potrebbe arrivare a leggerlo fino in fondo? Meglio passare alla ricetta...
SFORMATINI DI TACCHINO E SALVIA RIPIENI, CON SALSA VERDE E GUAZZETTO DI PORRI E MANDORLE
ingredienti per 8 persone
per gli sformatini:
500 g di fesa di tacchino
400 g di panna liquida
250 g di ricotta di pecora
2 uova
100 g di piselli sgranati
1 zucchina, circa 150 g
1 scalogno
14 foglioline di salvia
1 cucchiaio di olio extravergine, più 1 per ungere gli stampi
sale
pepe bianco al mulinello
per i porri:
3 porri, c.a 500 g nettati
30 g di mandorle spellate
2 cucchiai di panna
20 g di burro
sale
pepe bianco al mulinello
per la salsa:
1 bel mazzo di prezzemolo da circa 25 cm di diametro
2 spicchi di aglio
1 panino al latte semiraffermo
1 bicchiere di aceto bianco
1 cucchiaino di capperi sottaceto
3 filetti di acciuga sottolio
2 cucchiaini di senape
2 cucchiai di olio extravergine
Tagliare le zucchine a dadini piccoli come i piselli e tritare finemente lo scalogno e 2 foglie di salvia. Rosolare tutto in 1 cucchiaio di olio, regolare di sale e lasciare intiepidire. Unire la ricotta lavorata con i due tuorli, poco sale e una bella grattata di pepe.
Tagliare il tacchino a pezzettini e frullarlo con la panna, sale, pepe e 4 foglioline di salvia. Montare a parte i due albumi a neve soda ed incorporarli delicatamente al composto.
Ungere 8 piccole cocotte, disporre sul fondo di ognuno una fogliolina di salvia; versarvi sopra il tacchino, badando a non spostare la salvia e creando un incavo al centro. Farcire con le verdure, livellare bene e coprire singolarmente ogni cocotte con alluminio.
Disporre le cocotte in una teglia di acqua già bollente che arrivi circa a metà altezza, infornare a 180° C statico e cuocere circa 30 minuti.
Intanto per il contorno tagliare grossolanamente le mandorle per il lungo con un coltello pesante e tostarle a secco in un padellino caldo fino a che dorano; levare dal tegame e far intiepidire.
Affettare sottilmente i porri, stufarli nel burro fuso a fuoco dolce con un pizzico di sale per una decina di minuti, quindi unire la panna e lasciar legare un paio di minuti. Unire le mandorle, spegnere e pepare.
Per la salsa (che si può preparare anche il giorno prima) spezzettare il pane in una ciotola e coprirlo con l'aceto perchè si imbeva bene. Tritare grossolanamente le foglie di prezzemolo con l'aglio e frullarli finissimi.
Unire il pane senza strizzarlo, eliminando solo l'aceto non assorbito, e poi i capperi leggermente strizzati dal loro aceto e le acciughe tagliuzzate e la senape. Frullare fino ad ottenere una salsa omogenea (*) e tenere in frigo fino all'utilizzo.
Estrarre dal forno la teglia, levare la copertura e lasciare che gli sformatini si sgonfino leggermente, quindi capovolgerli sui piatti individuali.
Completare il piatto con i porri, nappare (altro termine anni '90!) con una cucchiaiata di salsa verde e servire, con il resto della salsa a parte.
- rivoli affluenti:
- le ricette di partenza sono: dicembre 1989, pag. 53 spumette tiepide di pollo; marzo 1998, pag. 48 charlotte tiepide di tacchino e pag. 59 sformatino di trota; marzo 2004 pag. 96 terrina di pollo carote e zucchine
- * Per rendere la salsa più cremosa si può aggiungere un tuorlo sodo passato al setaccio e dimezzare l'olio.
Auguri tripli: per i 10 anni del blog, per i 55 tuoi e per il tuo amore nel narrare il cibo...che contuinui a deliziarci la mente!
RispondiEliminaGrazie, gli auguri alla narrazione sono quelli che spero di mettere più a frutto.
EliminaLeggerti è sempre piacevole ed istruttivo
RispondiEliminaGrazie, spero di riuscire a farlo più spesso, allora...
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