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cena giapponese invernale 4: nanohana, cime di rape alla senape, e satoimo, taro in stufato bianco

No, non è un errore: la stessa foto di apertura del post precedente serve a ricollegarci ai discorsi già fatti sui "piattini" di verdura quasi sempre presenti in un pasto giapponese. E se lì avevamo parlato di cavoli e di zucca, oggi approfondiamo gli altri due okazu (お菜).

Il primo avrebbe dovuto essere a base di nanohana, 菜の花, la cui traduzione letteralmente significa "fiori di verdura" ma che indica una brassicacea giapponese parente della colza e delle nostre cime di rapa. Ovviamente qui uso cime di rapa italiane, scegliendole con molte infiorescenze verdi e magari già qualcuna gialla, in modo che assomiglino un pochettino alla varietà giapponese originale. 

In Giappone in verità  questo genere di piatto si prepara soprattutto con il mizuna, 水菜, le foglie di una varietà locale di senape che, guarda guarda, è anch'essa una pianta della famiglia delle brassicacee, ovvero dei cavoli! Ed ecco che, in questo tentativo di ricostruire un gusto più simile possibile a quello giapponese, uso nel condimento delle cime un pizzico di karashi, 辛子, la pungente senape giapponese, che da noi si trova in polvere (...o in una terrificante pasta in tubetto che sconsiglio assolutamente di utilizzare).
菜の花 の 辛子和 - NANOHANA NO KARASHI-AE - CIME DI RAPA IN SALSA DI SENAPE
ingredienti per 4-6 persone:
1 mazzo di cime di rapa con tanti fiori, circa 800 g
2 cucchiai di salsa di soia chiara
1/4 di cucchiaino di karachi in polvere*
2 cucchiai di brodo dashi
1 cucchiaino di mirin (vino dolce di riso, da cucina)
sale
(1 cucchiaio di katsuobushi, fiocchi di tonnetto secco, per decorare, che poi invece ho dimenticato)

Ricavare dalle cime di rapa solo foglie e fiori, riducendoli a pezzetti. In tutto dovrebbero essere circa 300 g. Lessarli in acqua leggerissimamente salata per pochi minuti, quindi scolarli e tuffarli in acqua gelata fino a che sono freddi. Scolarli di nuovo e strizzarli delicatamente.

Sciogliere la senape nel dashi, mescolare con salsa di soia e mirin e condire la verdura. Tenere in frigo coperto sino all'utilizzo. 

Al momento di servire mescolare bene la verdura con la salsina che sarà colata sul fondo, dividere nelle ciotoline individuali e, se ci si ricorda, decorare con una presina di katsuobushi.

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In molti sono convinti che il nome del tubero asiatico detto taro sia giapponese, mentre è polinesiano. In Giappone Tarō, 太郎, è un nome proprio e significa "figlio maggiore", mentre il tubero di cui parliamo qui è detto satoimo, 里芋, letteralmente "patata del villaggio", forse per la sua storica coltivazione anche a livello di orti familiari.

Mentre in Cina si prediligono i taro molto grossi, in Giappone vengono più apprezzati quelli piccoli e di forma regolare, di cui esistono molte varietà in diverse stagioni. C'è addirittura un piatto detto kinukatsugi,きぬかつぎ (che in alcuni luoghi da il nome direttamente al taro), perchè preparati in quel modo i tuberi assomigliano a quelle antiche nobildonne che si velavano il capo di bianco per uscire di casa (kinukazu = copricapo bianco di seta). 
Ma ne parlerò un'altra volta, oggi concentriamoci sui taro in stile shira-ni 白 煮, cioè stufati in modo che restino bianchi (shiroi bianco, nimono stufatura).
里芋 の 白 煮 - SATOIMO NO SHIRA-NI - TARO IN "STUFATO BIANCO"
ingredienti per 5 persone (3 a testa):
15 taro piccoli, in tutto circa 450 g
150 ml di brodo dashi
1 l circa di acqua con cui si è sciacquato il riso*
1 cucchiaio di zucchero
1 cucchiaio di sake
1/2 cucchiaio di soia chiara
 4 o 5 cucchiai di sale
1 cucchiaio di scorza di lime grattugiata per decorare

Lavare i taro, levare cima e fondo, sbucciarli sagomandoli in 6 lati e metterli a bagno in acqua fredda a mano a mano che vengono pronti, in modo che all'aria non scuriscano.

Sciacquarli in acqua fresca per 2 o tre volte, poi strofinarli con il sale, in modo da eliminare lo strato viscido in superficie, e sciacquarli di nuovo.

Metterli in pentola con l'acqua di riso, portare a bollore, e cuocere per 3 o 4 minuti schiumando. Non devono ammorbidirsi troppo: sono pronti quando entra la punta di un coltello; scolare e sciacquare bene di nuovo.

Scaldarli con il dashi in un tegame che li contenga a misura; quando bolle unire zucchero, sake e salsa di soia, quando riprende il bollore abbassare la fiamma e cuocere per circa 5 minuti a fuoco basso, quindi spegnere e lasciarli raffreddare nel loro liquido.

Dividerli nei piattini individuali, meglio di colore scuro in modo che esaltino il candore dei taro, poi unire una cucchiaiata del loro fondo di cottura e decorare con la scorza di lime.   
  • rivoli affluenti:
  • * se non si trova  la senape giapponese si può usare quella in polvere inglese, oppure 1/2 cucchiaio di salsa di senape con l'aggiunta di un pizzico di wasabi o di rafano
  • entrambi i piatti sono vegani se si usa kobudashi (... e se si dimenticano i fiocchetti di tonno secco!) e gluten free se si usa tamari invece della salsa di soia normale
  • la foto del kinukatsugi viene da qui.

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