In questo periodo in Giappone i notiziari TV ed i giornali riportano come notizia principale l'avanzata del sakura zensen, cioè il fronte della fioritura dei ciliegi che in questi giorni sta salendo da Sud a Nord, con aggiornamenti quotidiani accompagnati da accurati bollettini metereologici. Lo scopo è permettere alla popolazione delle varie regioni di organizzare gite scolastiche, aziendali e familiari nel giorno giusto per il loro Hanami (hana = fiore, mi contrazione di miru = vedere): assistere allo stabiliante spettacolo della fioritura dei ciliegi.
Per molti Giapponesi l' Hanami non è solo il simbolo dell'arrivo della primavera o l'espressione della propensione culturale nipponica verso la natura, l'armonia e la bellezza. E' un'occasione di riflessione interiore su quanto tutto nella vita sia effimero come i leggeri petali dei fiori dalla breve vita, e tutto appartenga comunque al naturale ciclo degli eventi, dove ad ogni fine segue un nuovo inizio e ad ogni traguardo un inevitabile declino (concetti filosofici orientali alla base del Libro dei Mutamenti I King, di cui si era già un po' parlato qui).
C'è chi passeggia nei parchi di alberi in fiore gustandosi il percorso, riconoscendo gli alberi più famosi, distinguendo le varietà botaniche e fotografando le sfumature e le forme più suggestive, magari sbocconcellando qualcosa acquistato nelle mille bancarelle che per l'occasione si allineano ai margini dei parchi, oppure sedendosi in uno dei caratteristici ristorantini allestiti sotto dei tendoni, come un po' da noi durante le sagre di paese.
Alcuni invece organizzano dei veri e propri festini, radunando famiglia ed amici sotto i rami fioriti per un picnic di piatti tradizionali legati alla primavera, cantando sulle basi del karaoke, scambiandosi gadget a tema, quasi tutti di colore rosa come i fiori di ciliegio e la sera accendendo fuochi e lanterne per lo Yozakura (l'Hanami notturno). Al di là delle inevitabili derive consumistiche attuali, la vera storia dell'Hanami ha radici storiche e sociali molto profonde e lontane.
Si narra che i nobli dell'epoca Nara (710-793 d.C.) cominciarono ad apprezzare la fioritura dell'ume (un albero della famiglia degli albicocchi) grazie all'influenza culturale della Cina, da cui importarono queste piante a scopo ornamentale: una meraviglia destinata esclusivamente ai loro giardini ed ai loro occhi.
Nei secoli successivi si radicò la credenza che all'interno delle piante e dei loro fiori vivessero le divinità della natura, la più importante delle quali risiedeva nel sakura (ciliegio), che presto soppiantò l'ume. Le cronache registrano la prima visita dell'Imperatore Saga al parco Shinsen-en nell'812 per la fioritura dei ciliegi come l'inizio della pratica dell'Hanami, rito da allora sempre più importante, tanto da arrivare ad influenzare anche i tempi per le semine ed altre pratiche contadine.
Nell'epoca Muromachi (1392-1477 d.C.) l'Hanami si allargò dai nobili anche ai guerrieri e cominciò a tenersi dapprima nei giardini delle residenze degli shogun, i capi del regime militare (in quel periodo l'imperatore era solo una figura istituzionale, senza alcun potere effettivo). Poi venne diffuso anche a delle tenute esterne, diventando di fatto una rappresentazione della magnificenza dello shogun. A questo periodo risale una leggenda secondo cui i fiori di ciliegio erano in origine bianchi, ma si tinsero di rosa quando ai piedi di alcuni antichi ciliegi vennero sepolti dei samurai onorovolmente caduti in battaglia.
Durane l'epoca Edo l'ottavo shogun Tokugawa Yoshimune, che ascese alla carica nel 1716, rivelò da subito una mentalità "rivoluzionaria": riforme economiche e politiche, parziale apertura alla circolazione in Giappone di opere letterarie e tecniche straniere... Ordinò addirittura di piantare degli alberi di ciliegio lungo le strade della città di Tokyo ed incoraggiò anche la gente comune a praticare l'Hanami!
Così, mentre all'epoca dell'Imperatore Saga l'Hanami era un'occasione prevalentemente spirituale e culturale, organizzata il modo raffinatissimo ed a cui venivano invitati solo nobili, studiosi, poeti e musicisti, già dopo il 1300 le cronache riportano con sdegno episodi in cui durante l'Hanami alcuni militari ubriachi avevano strappato dei rami di ciliegio... gesto ancora oggi ritenuto un atto di estrema maleducazione!
Con il periodo Edo cominciò invece la fama di alcuni parchi aperti al pubblico e ricchi di ciliegi particolari, come a Tokyo e Kyoto, e quella di alcuni alberi storici a cui ancora oggi ci si reca in pellegrinaggio durante questo periodo. Uno dei più famosi è il Jindai-Sakura, il "ciliegio dell'età degli dei" vecchio di oltre 2000 anni. Si dice che fu piantato in Murakawa-machi a Hokuto, nella prefettura di Yamanashi, da un Principe Imperiale e che quando cominciò a mostrare i segni del tempo fu amorevolmente curato da Nichiren, il fondatore dell'omonima corrente Buddista.
Sempre in epoca Edo cominciarono a vedersi le bancarelle che proponevano le più svariate golosità dedicate all'evento, tra cui cito in particolare gli hanami-dango (un tris di gnocchetti dolci di riso dalle delicate sfumature rosa, bianche e verdi, a ricordare i colori del ciliegio) perchè hanno dato origine ad un curioso proverbio. Proprio a questa evoluzione dell'Hanami in una festa godereccia più che ad un'occasione di meditazione spirituale si riferisce infatti il detto giapponese traducibile con "gli gnocchetti sono meglio dei boccioli", che canzona chi preferisce le soddisfazioni concrete alle gioie immateriali...
A livello familiare invece un piatto irrinunciabile per il picnic di primavera sotto i rami fioriti del ciliegio è il chirashi, letteralmente un "riso guarnito" che appartiene alla grande famiglia dei sushi. Si avvicina molto al nostro concetto di insalata di riso, con la differenza che il riso condito viene steso in una ciotola e tutti gli altri ingredienti gli vengono deposti sopra in modo da creare una bella armonia di colori e forme. Gli ingredienti tipici dell' hunami-chirashi sono cinque verdure ritenute molto salutari per il "rinnvamento" del corpo: rankon (le radici del loto), funghi shijtake, carote, taccole e gobo (la radice della bardana), a cui a volte si alternano altre radici o germogli da noi introvabili.
In realtà ho pensato di semplificare la cosa giocando molto di più sul colore e sull'aspetto d'insieme che sui reali aromi giapponesi. Insomma: ho barato! Così ho del tutto italianizzato la cottura del riso, ho utilizzato solo verdure primaverili di facilissima reperibilità e ho cambiato il condimento classico.
E' vero, ho citato un elemento spesso presente in altri tipi di chirashi: la frittata a filettini sottilissimi che in Giappone chiamano kinshitamago, cioè "uova in fili di tessuto". E' vero, ho mantenuto il taglio degli ingredienti alla giapponese (per il principio decorativo di questa versione di chirashi che si basa su filini sottilissimi)... Però ci ho poi infilato in mezzo anche un tocco di "filini" che con il Giappone non c'entra affatto: gli sfilacci di cavallo! Quindi, tutto così rivoluzionato, più che un vero e proprio hanami-chirashi qui siamo di fronte ad un:
Haru-chirashi... Un (finto) chirashi di primavera
dosi per 4 porzioni italiane o 6/8 giapponesi:
300 gr. di riso per insalate
2 cucchiai di aceto bianco leggero
1 carota
6 taccole (o una decina di fagiolini)
1 mazzetto di cicorino amaro e/o di rucola
2 cipollini freschi
40 gr. di sfilacci cavallo
2 uova piccole
1/2 cucchiaio di amido di mais
1 cucchiaio abbondante di maionese
1 cucchiaio di semi sesamo bianchi
olio di semi (arachidi o mais)
salsa di soja leggera
olio di sesamo
zucchero
sale
Lessare il riso in acqua bollente leggermente salata e profumata con 1 cucchiaio di olio di sesamo fino a che è morbido ma ancora bello compatto.
Quando il riso è pronto scolarlo bene, spruzzarlo con l'aceto e due cucchiai di olio di semi e stenderlo ben allargato a raffreddare su di un telo.
Sciogliere l'amido in un cucchiaio di acqua, unirvi le uova, 1/2 cucchiaio di salsa di soja e 1/2 cucchiaino di zucchero e sbattere fino a che è tutto ben amalgamato, badando a non formare troppa schiuma.
Passare un tegame antiaderente con carta da cucina unta di olio di semi, scaldare e cuocervi metà del composto di uova in modo da ottenere una frittatina sottile come una crêpe e non troppo dorata, quindi ripetere l'operazione con il resto dell'uovo e lasciar raffreddare le frittate.
Scottare le taccole in acqua bollente con 2 cucchiai di salsa di soja ed 1 cucchiaino di zucchero per 5 minuti, scolarle ancora croccanti con un mestolo forato e tuffarle subito in una ciotola di acqua con cubetti di ghiaccio, in modo che mantengano il colore.
Sbucciare la carota, tagliarla a lamelle sottili e scottarla 1 minuto nell'acqua dei fagiolini, poi scolare e tuffare in acqua fredda per un altro minuto, quindi scolare molto bene.
Tagliare i cipollini mondati a rondelle molto sottili e se non sono molto dolci metterli a bagno in acqua fredda per 15/20 minuti, quindi scolare bene.
Tagliare sia le le taccole che le carote leggermente in diagonale a filini sottili e la frittata a strisce, sempore sottilissime, lunghe di 5 o 6 cm.
Lavare l'insalata, scolarla bene e ridurre anch'essa a striscioline.
In una ciotola mescolare la maionese con 1 cucchiaino di olio di sesamo, 1 cucchiaino di salsa di soja ed 1 paio di cucchiai di acqua, in modo da otenere una salsina molto fluida.
Suddividere il riso nelle ciotole individuali e decorarne la superficie con gli sfilacci di cavallo ben separati, le carote, le taccole, i cipollotti, l'insalatino e con i fili di frittata, spolverare con i semi di sesamo e servire la salsina in ciotoline a parte, in modo che ogni commensale possa scegliere se e come condire e rimestare il proprio chirashi.
Per una verisone decisamente giapponese (o mi sento in colpa se non lo dico... non so barare fino in fondo!) si dovrebbe: usare riso giapponese od originario e cuocerlo come per il sushi; eliminare gli sfilacci ed eventualmente sostituirli con 8 gamberi (scottati in 1 tazza di dashi bollente con 1 cucchiaino di soia e 1 di mirin e lasciati raffreddare nel brodo); sostituire l'insalatina con 2 foglie di shiso; sostituire del dashi al composto di acqua e soja nella scottatura delle verdure; eliminare il condimento di maionese e servire semplicemente della soja con wasabi a parte da diluirvi a piacere; unire ai semi di sesamo dell'alga nori julienne. E poi basta!
Consiglio spassionato: mangiato con le bacchette è più buono. E' lo stesso inspiegabile fenomeno delle patatine fritte quando si usano le mani...
Per molti Giapponesi l' Hanami non è solo il simbolo dell'arrivo della primavera o l'espressione della propensione culturale nipponica verso la natura, l'armonia e la bellezza. E' un'occasione di riflessione interiore su quanto tutto nella vita sia effimero come i leggeri petali dei fiori dalla breve vita, e tutto appartenga comunque al naturale ciclo degli eventi, dove ad ogni fine segue un nuovo inizio e ad ogni traguardo un inevitabile declino (concetti filosofici orientali alla base del Libro dei Mutamenti I King, di cui si era già un po' parlato qui).
C'è chi passeggia nei parchi di alberi in fiore gustandosi il percorso, riconoscendo gli alberi più famosi, distinguendo le varietà botaniche e fotografando le sfumature e le forme più suggestive, magari sbocconcellando qualcosa acquistato nelle mille bancarelle che per l'occasione si allineano ai margini dei parchi, oppure sedendosi in uno dei caratteristici ristorantini allestiti sotto dei tendoni, come un po' da noi durante le sagre di paese.
Alcuni invece organizzano dei veri e propri festini, radunando famiglia ed amici sotto i rami fioriti per un picnic di piatti tradizionali legati alla primavera, cantando sulle basi del karaoke, scambiandosi gadget a tema, quasi tutti di colore rosa come i fiori di ciliegio e la sera accendendo fuochi e lanterne per lo Yozakura (l'Hanami notturno). Al di là delle inevitabili derive consumistiche attuali, la vera storia dell'Hanami ha radici storiche e sociali molto profonde e lontane.
Si narra che i nobli dell'epoca Nara (710-793 d.C.) cominciarono ad apprezzare la fioritura dell'ume (un albero della famiglia degli albicocchi) grazie all'influenza culturale della Cina, da cui importarono queste piante a scopo ornamentale: una meraviglia destinata esclusivamente ai loro giardini ed ai loro occhi.
Nei secoli successivi si radicò la credenza che all'interno delle piante e dei loro fiori vivessero le divinità della natura, la più importante delle quali risiedeva nel sakura (ciliegio), che presto soppiantò l'ume. Le cronache registrano la prima visita dell'Imperatore Saga al parco Shinsen-en nell'812 per la fioritura dei ciliegi come l'inizio della pratica dell'Hanami, rito da allora sempre più importante, tanto da arrivare ad influenzare anche i tempi per le semine ed altre pratiche contadine.
Nell'epoca Muromachi (1392-1477 d.C.) l'Hanami si allargò dai nobili anche ai guerrieri e cominciò a tenersi dapprima nei giardini delle residenze degli shogun, i capi del regime militare (in quel periodo l'imperatore era solo una figura istituzionale, senza alcun potere effettivo). Poi venne diffuso anche a delle tenute esterne, diventando di fatto una rappresentazione della magnificenza dello shogun. A questo periodo risale una leggenda secondo cui i fiori di ciliegio erano in origine bianchi, ma si tinsero di rosa quando ai piedi di alcuni antichi ciliegi vennero sepolti dei samurai onorovolmente caduti in battaglia.
Durane l'epoca Edo l'ottavo shogun Tokugawa Yoshimune, che ascese alla carica nel 1716, rivelò da subito una mentalità "rivoluzionaria": riforme economiche e politiche, parziale apertura alla circolazione in Giappone di opere letterarie e tecniche straniere... Ordinò addirittura di piantare degli alberi di ciliegio lungo le strade della città di Tokyo ed incoraggiò anche la gente comune a praticare l'Hanami!
Così, mentre all'epoca dell'Imperatore Saga l'Hanami era un'occasione prevalentemente spirituale e culturale, organizzata il modo raffinatissimo ed a cui venivano invitati solo nobili, studiosi, poeti e musicisti, già dopo il 1300 le cronache riportano con sdegno episodi in cui durante l'Hanami alcuni militari ubriachi avevano strappato dei rami di ciliegio... gesto ancora oggi ritenuto un atto di estrema maleducazione!
Con il periodo Edo cominciò invece la fama di alcuni parchi aperti al pubblico e ricchi di ciliegi particolari, come a Tokyo e Kyoto, e quella di alcuni alberi storici a cui ancora oggi ci si reca in pellegrinaggio durante questo periodo. Uno dei più famosi è il Jindai-Sakura, il "ciliegio dell'età degli dei" vecchio di oltre 2000 anni. Si dice che fu piantato in Murakawa-machi a Hokuto, nella prefettura di Yamanashi, da un Principe Imperiale e che quando cominciò a mostrare i segni del tempo fu amorevolmente curato da Nichiren, il fondatore dell'omonima corrente Buddista.
Sempre in epoca Edo cominciarono a vedersi le bancarelle che proponevano le più svariate golosità dedicate all'evento, tra cui cito in particolare gli hanami-dango (un tris di gnocchetti dolci di riso dalle delicate sfumature rosa, bianche e verdi, a ricordare i colori del ciliegio) perchè hanno dato origine ad un curioso proverbio. Proprio a questa evoluzione dell'Hanami in una festa godereccia più che ad un'occasione di meditazione spirituale si riferisce infatti il detto giapponese traducibile con "gli gnocchetti sono meglio dei boccioli", che canzona chi preferisce le soddisfazioni concrete alle gioie immateriali...
A livello familiare invece un piatto irrinunciabile per il picnic di primavera sotto i rami fioriti del ciliegio è il chirashi, letteralmente un "riso guarnito" che appartiene alla grande famiglia dei sushi. Si avvicina molto al nostro concetto di insalata di riso, con la differenza che il riso condito viene steso in una ciotola e tutti gli altri ingredienti gli vengono deposti sopra in modo da creare una bella armonia di colori e forme. Gli ingredienti tipici dell' hunami-chirashi sono cinque verdure ritenute molto salutari per il "rinnvamento" del corpo: rankon (le radici del loto), funghi shijtake, carote, taccole e gobo (la radice della bardana), a cui a volte si alternano altre radici o germogli da noi introvabili.
In realtà ho pensato di semplificare la cosa giocando molto di più sul colore e sull'aspetto d'insieme che sui reali aromi giapponesi. Insomma: ho barato! Così ho del tutto italianizzato la cottura del riso, ho utilizzato solo verdure primaverili di facilissima reperibilità e ho cambiato il condimento classico.
E' vero, ho citato un elemento spesso presente in altri tipi di chirashi: la frittata a filettini sottilissimi che in Giappone chiamano kinshitamago, cioè "uova in fili di tessuto". E' vero, ho mantenuto il taglio degli ingredienti alla giapponese (per il principio decorativo di questa versione di chirashi che si basa su filini sottilissimi)... Però ci ho poi infilato in mezzo anche un tocco di "filini" che con il Giappone non c'entra affatto: gli sfilacci di cavallo! Quindi, tutto così rivoluzionato, più che un vero e proprio hanami-chirashi qui siamo di fronte ad un:
Haru-chirashi... Un (finto) chirashi di primavera
dosi per 4 porzioni italiane o 6/8 giapponesi:
300 gr. di riso per insalate
2 cucchiai di aceto bianco leggero
1 carota
6 taccole (o una decina di fagiolini)
1 mazzetto di cicorino amaro e/o di rucola
2 cipollini freschi
40 gr. di sfilacci cavallo
2 uova piccole
1/2 cucchiaio di amido di mais
1 cucchiaio abbondante di maionese
1 cucchiaio di semi sesamo bianchi
olio di semi (arachidi o mais)
salsa di soja leggera
olio di sesamo
zucchero
sale
Lessare il riso in acqua bollente leggermente salata e profumata con 1 cucchiaio di olio di sesamo fino a che è morbido ma ancora bello compatto.
Quando il riso è pronto scolarlo bene, spruzzarlo con l'aceto e due cucchiai di olio di semi e stenderlo ben allargato a raffreddare su di un telo.
Sciogliere l'amido in un cucchiaio di acqua, unirvi le uova, 1/2 cucchiaio di salsa di soja e 1/2 cucchiaino di zucchero e sbattere fino a che è tutto ben amalgamato, badando a non formare troppa schiuma.
Passare un tegame antiaderente con carta da cucina unta di olio di semi, scaldare e cuocervi metà del composto di uova in modo da ottenere una frittatina sottile come una crêpe e non troppo dorata, quindi ripetere l'operazione con il resto dell'uovo e lasciar raffreddare le frittate.
Scottare le taccole in acqua bollente con 2 cucchiai di salsa di soja ed 1 cucchiaino di zucchero per 5 minuti, scolarle ancora croccanti con un mestolo forato e tuffarle subito in una ciotola di acqua con cubetti di ghiaccio, in modo che mantengano il colore.
Sbucciare la carota, tagliarla a lamelle sottili e scottarla 1 minuto nell'acqua dei fagiolini, poi scolare e tuffare in acqua fredda per un altro minuto, quindi scolare molto bene.
Tagliare i cipollini mondati a rondelle molto sottili e se non sono molto dolci metterli a bagno in acqua fredda per 15/20 minuti, quindi scolare bene.
Tagliare sia le le taccole che le carote leggermente in diagonale a filini sottili e la frittata a strisce, sempore sottilissime, lunghe di 5 o 6 cm.
Lavare l'insalata, scolarla bene e ridurre anch'essa a striscioline.
In una ciotola mescolare la maionese con 1 cucchiaino di olio di sesamo, 1 cucchiaino di salsa di soja ed 1 paio di cucchiai di acqua, in modo da otenere una salsina molto fluida.
Suddividere il riso nelle ciotole individuali e decorarne la superficie con gli sfilacci di cavallo ben separati, le carote, le taccole, i cipollotti, l'insalatino e con i fili di frittata, spolverare con i semi di sesamo e servire la salsina in ciotoline a parte, in modo che ogni commensale possa scegliere se e come condire e rimestare il proprio chirashi.
Consiglio spassionato: mangiato con le bacchette è più buono. E' lo stesso inspiegabile fenomeno delle patatine fritte quando si usano le mani...
- rivoli affluenti:
- considerazioni sui cicli naturali della vita: I King. Il libro dei mutamenti (versione italiana edita da Astrolabio nel 1950 come 14° volume della collana "Psiche e Coscienza", prefazione di Carl Gustav Jung)
- la foto dei dango è tratta dal libro: Annual events of Japan and recipes of dishes, Natsume Japan
che meraviglia l'armonia ricercata laggiù. bello il post!
RispondiElimina@enrico: la ricerca dell'armonia credo sia il fascino maggiore che il Giappone esercita su di me. Probabilmente proprio perchè la fanno sembrare una meta "naturale", per quanto complessa da raggiungere...
RispondiEliminaComunque, anche se non avessi dichiarato che stavi barando...non me ne sarei accorta!
RispondiEliminaP.s. La foto del ciliegio in fiore viene dal tuo primo viaggio in Giappone?
@virò:
RispondiElimina1)esatto...
2)esatto!
...il fascino della sintesi!
RispondiEliminap.S. Certo che tra te e Sigrid ci si sta facendo una gran cultura sul mondo nipponico...
RispondiElimina@rilassati, ora che seguo la carovana di Marco Polo sarò meno monotematica e ci faremo un bel giro per tutta l'Asia ed affini! Domani Uzbekistan, tanto per dire...
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