Mi hanno chiesto recentemente di preparare una ricetta che identificasse il mio stile di vita e di cucina. Inizialmente avevo pensato ad un piatto giapponese (ma va?!), poi ci ho riflettuto e mi sono resa conto che le mie passioni sono composte, sia nella vita che nella cucina, da una fusione di storia e geografia: un continuo di letture e viaggi, approfondimenti e ricostruzioni, passato e presente, qui e altrove.
Ho la necessità profonda di "capire", sono per natura una folle dietrologa, mi chiedo sempre il perché ed il "per come" di ogni avvenimento, di ogni incontro, di ogni personalità, di ogni piatto. Insomma: nel mio intimo per molti risulto pallosissima (!) ed ai loro occhi la mia è una cucina assurda.
Quando mi hanno chiesto se cucino seguendo ricette codificate o inventando di mio in effetti ho risposto che forse non esiste una differenza precisa, dato che la mia creatività deriva talmente da tutto ciò che ho letto/visto e leggo/vedo che non saprei distinguere.
Forse più che cucina assurda si può definire senza radici riconoscibili, nel senso che si tratta sempre di radici molto ramificate. Ecco perché alla fin fine per raccontare il mio stile di cucina ho scelto una ricetta fusion in senso allargato, che oltre alla geografia, come dicevo, nel piatto miscela anche la storia... Ha una base italiana rinascimentale, cresce in un viaggio tra Turchia e Marocco e tecnicamente parte in Cina e si conclude in Grecia.
E qui prima della ricetta sparo inevitabilmente un po' di storia: alle corti nobili rinascimentali erano di moda i pastelli, dei pasticci di carne o pesce conditi con spezie e zucchero e racchiusi in involucri di pasta, vero punto di forza della gastronomia italiana dell'epoca.
Così li descrive un cronista italiano alla corte inglese: "di così fatti miscugli torte e tortelli ne facciamo. Le torte cociamo o ne' forni a sopra suoli di rame stagnato col loro coperto, e i tortelli friggiamo in olio, e senz'altro, o vero con un poco di mèle sopra, gli mangiamo."
Un ripieno tipico ad esempio, molto gradito alla corte papale nei pranzi informali, era il pasticcetto di biancomangiare, una sfoglia ripiena di una crema di cappone, farina di riso, mandole pestate e zucchero, mentre una pietanza servita agli ospiti in "terzo servizio" era il famigerato pastello romano:
"togli polli smembrati, spezie e zaffarano et erbe odorifere: mestali insieme e friggili un poco: poi mettivi ova sbattute e agresta in bona quantità; e intanto facciasi la crosta; componi poi il pastello facendo due o tre solari e a ciascuno solaro mettendo spezie: al di sopra metti lardo e copri il pastello e fa' uno foro nel mezzo dattorno: di sopra forma uccelli di pasta pieni o altri animali che ti piacciano; e postovi del lardo, cuocilo nel forno, e da' mangiare. Simile modo si può fare di cascio fresco con carne battuta."
Da questo insieme di tradizioni antiche nasce la mia idea di raccontarmi attraverso un tortino con pollo e mandorle, a cui aggiungere più modernamente della frutta molto zuccherina al posto dello zucchero vero e proprio, in questo caso dei datteri, e a cui incorporare una crema di formaggio greco un po' acido per contrastare la dolcezza dell'insieme.
Per una tradizione attuale di volatili e mandorle mi viene subito in mente la b'stilla marocchina, un sfoglia di polpa di piccione, mandorle tostate e cipolle aromatizzata con zucchero e cannella, dalle evidenti origini in comune con il nostro piatto rinascimentale. Per rendere cremoso il formaggio mi aiuta invece la base di un'altra ricetta mediterranea: il peynir boregi è una sfoglia turca a strati con formaggio locale sciolto in una "besciamella" di farina tostata, latte e yogurt.
Il pollo, che subisce un'ulteriore cottura in crosta, deve mantenersi con la prima cottura molto profumato, umido e succoso, così ho pensato di lessarlo con la tecnica cinese del baj qie ji, in cui il pollo viene immerso in un brodo bollente aromatizzato, lessato qualche minuto e poi ne viene terminata al cottura lasciandolo raffreddare lentamente nel suo brodo.
Per la sfoglia infine ho scelto la pasta phillo di origine greca, legata a fagottino, che mi assicurava un involucro croccante ed un aspetto "spettinato", molto decorativo ma insieme naturale.
Pastello rinascimentale di pollo, datteri e mandorle
ingredienti per 8 pastelli:
2 confezioni di pasta phillo da 270 gr.
mezzo pollo in un pezzo unico, circa 750 gr.
200 gr. di formaggio feta
3 grossi datteri
1 uovo
160 gr. di burro
60 gr. di farina
3 cucchiai scarsi di farina di mandorle
1/2 cucchiaio di olio di sesamo
3 cucchiai di vino di riso cinese (o Marsala)
1/2 porro
1 spicchio di aglio
1 cubetto di zenzero fresco da 2 cm.
1 stella di anice
1 cucchiaio di zucchero semolato
2 cucchiai di zucchero a velo
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
pepe al mulinello
sale
Portare a bollore 2 litri di acqua con il porro a tocchetti, l'aglio e lo zenzero leggermente schiacciati, l'anice stellata, lo zucchero semolato ed il vino di riso, lasciando sobbollire per 15 minuti.
Nel frattempo sfregare il pollo con un paio di cucchiai di sale fino, sia dove è ricoperto dalla pelle sia dove la polpa è a vista, scrollandolo poi leggermente per eliminare l'eccesso di sale.
Tuffare il pollo nel brodo, riportare a bollore e cuocere a fuoco vivace per 5 minuti, quindi coprire con un coperchio pesante, spegnere e lasciar riposare il pollo nel brodo senza mai aprire per 5 o 6 ore, fino a che sarà cotto, ancora tiepido e molto morbido.
Scolare il pollo, spolparlo ed eliminare la pelle. Rimettere le ossa nel brodo, riportare a bollore e lasciar ridurre il liquido della metà, quindi filtrarlo.
Sfilacciare la polpa del pollo con le dita od una forchetta nel verso delle venature, ricavandone tanti filini, condirli con l'olio di sesamo e lasciar riposare coperto.
In un tegame sciogliere 60 gr. di burro e tostarvi la farina per un minuto o due; quando comincia leggermente ad imbiondire unire la farina di mandorle e tostare ancora 30 secondi, quindi unire 500 ml. di brodo caldo filtrato e rimestare con un frustino fino a che è tutto ben amalgamato, badando a non formare grumi.
Cuocere per una decina di minuti fino ad ottenere una crema densa, regolare di sale, unire il prezzemolo e pepare abbondantemente, quindi spegnere.
Unire alla crema il pollo sfilacciato, i datteri snocciolati e tagliati a filetti sottili (se sono molto asciutti lasciarli preventivamente a bagno un'oretta in poca acqua tiepida), tenendone da parte qualcuno per decorare, e la feta sbriciolata, mescolare con decisione fino a che è tutto ben amalgamato e una volta intiepidito, incorporarvi anche l'uovo leggermente sbattuto.
Tagliare la pasta phillo in quadrati di circa 25 cm., sciogliere il burro rimanente nel microonde o a bagnomaria senza farlo firggere e spennellare una sfoglia; sovrapporle un altro quadrato sfalsandone leggermente le punte in modo che non si sovrappongano perfettamente a quelle sottostanti, spennellare con un sottile velo di burro fuso anche quello e ripetere l'operazione con in tutto quattro strati di sfoglia, formando quasi un fiore. Formare allo stesso modo altri sette "fiori".
Foderare otto stampini con carta forno, deporre in ognuno un fore di sfoglia lasciandone sporgere abbondantemente i bordi, dividere il ripieno e chiudere leggermente la pasta forno a raccogliere la pasta phillo sopra il ripieno.
Legare attorno alla carta forno uno spago da cucina, spennellare bene tutte le punte con burro fuso e mettere i pastelli in forno a 170° ventilato (o 190° statico) per circa 20 minuti, fino a che la sfoglia è bella dorata ma non troppo scura ed il ripieno ancora morbido e succoso.
Eliminare spago e carta forno, spolverare i pastelli con lo zucchero a velo ed una bella macinata di pepe e servire caldi o tiepidi, decorando con qualche filettino di dattero tenuto da parte. Nella versione finger food creare un maggior numero di fagottini con fogli di phillo più piccoli, sovrapponendone solo tre per volta e cuocendo per qualche minuto in meno.
In accompagnamento a quello che invece può costituire un piatto unico od un secondo importante, ho pensato ad una insalatina di finocchi, datteri e mandole che rinfresca il palato (il finochio abbruscato fungeva spesso da chiusura del pasto rinascimentale) e riprende gli aromi del pastello con l'affinità tra questa verdura e la stella di anice che profuma il brodo. Due gocce di acqua di rose riportano l'insalata in una dimensione rinascimentale ed insieme mediterraneo/mediorientale:
Finocchi e datteri in insalata con mandorle, lime ed acqua di rose
ingredienti per 8 piccoli contorni o 4 belle insalate:
2 finocchi
3 grossi datteri
1 bel cucchiaio di mandorle a filetti
1 lime
3 o 4 cucchiai di olio extravergine leggero
1/2 cucchiaio di menta secca o nepitella (in stagione 1 cucchiaio di menta fresca tritata)
4 gocce di acqua di rose
1/2 cucchiaio di aceto di riso
sale
Affettare i finocchi al velo, tagliare a listarelle i datteri, tostare le mandorle in un padellino antiaderente fino a che sono leggermente dorate e levarle subito dal fuoco ed unire i tre ingredienti in una ciotola.
Miscelare con un frustino l'olio con il succo di lime, la sua scorza grattugiata finissima, l'aceto, un pizzico di sale, la menta e l'acqua di rose, unire alle verdure, mescolare bene e servire subito in ciotoline individuali.
Ho la necessità profonda di "capire", sono per natura una folle dietrologa, mi chiedo sempre il perché ed il "per come" di ogni avvenimento, di ogni incontro, di ogni personalità, di ogni piatto. Insomma: nel mio intimo per molti risulto pallosissima (!) ed ai loro occhi la mia è una cucina assurda.
Quando mi hanno chiesto se cucino seguendo ricette codificate o inventando di mio in effetti ho risposto che forse non esiste una differenza precisa, dato che la mia creatività deriva talmente da tutto ciò che ho letto/visto e leggo/vedo che non saprei distinguere.
Forse più che cucina assurda si può definire senza radici riconoscibili, nel senso che si tratta sempre di radici molto ramificate. Ecco perché alla fin fine per raccontare il mio stile di cucina ho scelto una ricetta fusion in senso allargato, che oltre alla geografia, come dicevo, nel piatto miscela anche la storia... Ha una base italiana rinascimentale, cresce in un viaggio tra Turchia e Marocco e tecnicamente parte in Cina e si conclude in Grecia.
E qui prima della ricetta sparo inevitabilmente un po' di storia: alle corti nobili rinascimentali erano di moda i pastelli, dei pasticci di carne o pesce conditi con spezie e zucchero e racchiusi in involucri di pasta, vero punto di forza della gastronomia italiana dell'epoca.
Così li descrive un cronista italiano alla corte inglese: "di così fatti miscugli torte e tortelli ne facciamo. Le torte cociamo o ne' forni a sopra suoli di rame stagnato col loro coperto, e i tortelli friggiamo in olio, e senz'altro, o vero con un poco di mèle sopra, gli mangiamo."
Un ripieno tipico ad esempio, molto gradito alla corte papale nei pranzi informali, era il pasticcetto di biancomangiare, una sfoglia ripiena di una crema di cappone, farina di riso, mandole pestate e zucchero, mentre una pietanza servita agli ospiti in "terzo servizio" era il famigerato pastello romano:
"togli polli smembrati, spezie e zaffarano et erbe odorifere: mestali insieme e friggili un poco: poi mettivi ova sbattute e agresta in bona quantità; e intanto facciasi la crosta; componi poi il pastello facendo due o tre solari e a ciascuno solaro mettendo spezie: al di sopra metti lardo e copri il pastello e fa' uno foro nel mezzo dattorno: di sopra forma uccelli di pasta pieni o altri animali che ti piacciano; e postovi del lardo, cuocilo nel forno, e da' mangiare. Simile modo si può fare di cascio fresco con carne battuta."
Da questo insieme di tradizioni antiche nasce la mia idea di raccontarmi attraverso un tortino con pollo e mandorle, a cui aggiungere più modernamente della frutta molto zuccherina al posto dello zucchero vero e proprio, in questo caso dei datteri, e a cui incorporare una crema di formaggio greco un po' acido per contrastare la dolcezza dell'insieme.
Per una tradizione attuale di volatili e mandorle mi viene subito in mente la b'stilla marocchina, un sfoglia di polpa di piccione, mandorle tostate e cipolle aromatizzata con zucchero e cannella, dalle evidenti origini in comune con il nostro piatto rinascimentale. Per rendere cremoso il formaggio mi aiuta invece la base di un'altra ricetta mediterranea: il peynir boregi è una sfoglia turca a strati con formaggio locale sciolto in una "besciamella" di farina tostata, latte e yogurt.
Il pollo, che subisce un'ulteriore cottura in crosta, deve mantenersi con la prima cottura molto profumato, umido e succoso, così ho pensato di lessarlo con la tecnica cinese del baj qie ji, in cui il pollo viene immerso in un brodo bollente aromatizzato, lessato qualche minuto e poi ne viene terminata al cottura lasciandolo raffreddare lentamente nel suo brodo.
Per la sfoglia infine ho scelto la pasta phillo di origine greca, legata a fagottino, che mi assicurava un involucro croccante ed un aspetto "spettinato", molto decorativo ma insieme naturale.
Pastello rinascimentale di pollo, datteri e mandorle
ingredienti per 8 pastelli:
2 confezioni di pasta phillo da 270 gr.
mezzo pollo in un pezzo unico, circa 750 gr.
200 gr. di formaggio feta
3 grossi datteri
1 uovo
160 gr. di burro
60 gr. di farina
3 cucchiai scarsi di farina di mandorle
1/2 cucchiaio di olio di sesamo
3 cucchiai di vino di riso cinese (o Marsala)
1/2 porro
1 spicchio di aglio
1 cubetto di zenzero fresco da 2 cm.
1 stella di anice
1 cucchiaio di zucchero semolato
2 cucchiai di zucchero a velo
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
pepe al mulinello
sale
Portare a bollore 2 litri di acqua con il porro a tocchetti, l'aglio e lo zenzero leggermente schiacciati, l'anice stellata, lo zucchero semolato ed il vino di riso, lasciando sobbollire per 15 minuti.
Nel frattempo sfregare il pollo con un paio di cucchiai di sale fino, sia dove è ricoperto dalla pelle sia dove la polpa è a vista, scrollandolo poi leggermente per eliminare l'eccesso di sale.
Tuffare il pollo nel brodo, riportare a bollore e cuocere a fuoco vivace per 5 minuti, quindi coprire con un coperchio pesante, spegnere e lasciar riposare il pollo nel brodo senza mai aprire per 5 o 6 ore, fino a che sarà cotto, ancora tiepido e molto morbido.
Scolare il pollo, spolparlo ed eliminare la pelle. Rimettere le ossa nel brodo, riportare a bollore e lasciar ridurre il liquido della metà, quindi filtrarlo.
Sfilacciare la polpa del pollo con le dita od una forchetta nel verso delle venature, ricavandone tanti filini, condirli con l'olio di sesamo e lasciar riposare coperto.
In un tegame sciogliere 60 gr. di burro e tostarvi la farina per un minuto o due; quando comincia leggermente ad imbiondire unire la farina di mandorle e tostare ancora 30 secondi, quindi unire 500 ml. di brodo caldo filtrato e rimestare con un frustino fino a che è tutto ben amalgamato, badando a non formare grumi.
Cuocere per una decina di minuti fino ad ottenere una crema densa, regolare di sale, unire il prezzemolo e pepare abbondantemente, quindi spegnere.
Unire alla crema il pollo sfilacciato, i datteri snocciolati e tagliati a filetti sottili (se sono molto asciutti lasciarli preventivamente a bagno un'oretta in poca acqua tiepida), tenendone da parte qualcuno per decorare, e la feta sbriciolata, mescolare con decisione fino a che è tutto ben amalgamato e una volta intiepidito, incorporarvi anche l'uovo leggermente sbattuto.
Tagliare la pasta phillo in quadrati di circa 25 cm., sciogliere il burro rimanente nel microonde o a bagnomaria senza farlo firggere e spennellare una sfoglia; sovrapporle un altro quadrato sfalsandone leggermente le punte in modo che non si sovrappongano perfettamente a quelle sottostanti, spennellare con un sottile velo di burro fuso anche quello e ripetere l'operazione con in tutto quattro strati di sfoglia, formando quasi un fiore. Formare allo stesso modo altri sette "fiori".
Foderare otto stampini con carta forno, deporre in ognuno un fore di sfoglia lasciandone sporgere abbondantemente i bordi, dividere il ripieno e chiudere leggermente la pasta forno a raccogliere la pasta phillo sopra il ripieno.
Legare attorno alla carta forno uno spago da cucina, spennellare bene tutte le punte con burro fuso e mettere i pastelli in forno a 170° ventilato (o 190° statico) per circa 20 minuti, fino a che la sfoglia è bella dorata ma non troppo scura ed il ripieno ancora morbido e succoso.
Eliminare spago e carta forno, spolverare i pastelli con lo zucchero a velo ed una bella macinata di pepe e servire caldi o tiepidi, decorando con qualche filettino di dattero tenuto da parte. Nella versione finger food creare un maggior numero di fagottini con fogli di phillo più piccoli, sovrapponendone solo tre per volta e cuocendo per qualche minuto in meno.
In accompagnamento a quello che invece può costituire un piatto unico od un secondo importante, ho pensato ad una insalatina di finocchi, datteri e mandole che rinfresca il palato (il finochio abbruscato fungeva spesso da chiusura del pasto rinascimentale) e riprende gli aromi del pastello con l'affinità tra questa verdura e la stella di anice che profuma il brodo. Due gocce di acqua di rose riportano l'insalata in una dimensione rinascimentale ed insieme mediterraneo/mediorientale:
Finocchi e datteri in insalata con mandorle, lime ed acqua di rose
ingredienti per 8 piccoli contorni o 4 belle insalate:
2 finocchi
3 grossi datteri
1 bel cucchiaio di mandorle a filetti
1 lime
3 o 4 cucchiai di olio extravergine leggero
1/2 cucchiaio di menta secca o nepitella (in stagione 1 cucchiaio di menta fresca tritata)
4 gocce di acqua di rose
1/2 cucchiaio di aceto di riso
sale
Affettare i finocchi al velo, tagliare a listarelle i datteri, tostare le mandorle in un padellino antiaderente fino a che sono leggermente dorate e levarle subito dal fuoco ed unire i tre ingredienti in una ciotola.
Miscelare con un frustino l'olio con il succo di lime, la sua scorza grattugiata finissima, l'aceto, un pizzico di sale, la menta e l'acqua di rose, unire alle verdure, mescolare bene e servire subito in ciotoline individuali.
- rivoli affluenti:
- esule in Inghilterra perché perseguitato dall'Inquisizione, il "maestro di italiano e di buone creanze" che racconta agli Inglesi con nostalgia la cucina italiana è: Giacomo Castelvetro, Brieve racconto di tutte le radici, di tutte l'erbe e di tutti i frutti che crudi e cotti in Italia si mangiano,. Con molti giovevoli segreti (non sensa propostio per dentro esso scritti) tanto intorno alla salute de' corpi umani quanto ad utile de' buoni agricultori necessari, in Londra, MDCXIV (ristampato in Gastronomia del Rinascimento, Strenna Utet 1974)
- il pasticcetto di biancomangiare è citato nelle cronache dei banchetti del papa Pio V da: Bartolomeo Scappi, Epulario. L'Opera del cuoco secreto del Papa, 1570
- la ricetta del pastello romano è di: Anonimo Toscano, Libro della cocina, XIV secolo, citato in Claudio Benporat, Storia della Gastronomia Ialiana, Mursia.
Un fiore di pasta fillo con un'anima tutta da scoprire! Mi piace per gli abbinamenti e per la presentazione, seguendo la tua ricetta voglio provare!
RispondiEliminaA presto :-)
Che squisitezza!Hai scelto un piatto strepitoso per rappresentarti,non potevi trovare di meglio :)
RispondiEliminaInteressanti anche i cenni storici, inoltre si presenta benissimo, brava!
:)
uhhhhhhh ! che buona ! e non dico altro :-)
RispondiEliminabaci baci
Ecco meno male che adesso sono un po' collegata e cosí ho potuto leggere questo post....Allora, mi sono letta gli appunti di cucina di Leonardo e altra cosette rinascimentali dato che sono affascinata dalla storia, come sai il mio famoso eurocentrismo scivola per questioni di biografia personale verso il medio oriente e allora ...
RispondiEliminama che cavolo ci faccio qui se le persone con cui ho affinitá elettive stanno dall'altra parte del mare?...
Bellissimo, uno dei post che ho apprezzato di piú....Un abbraccio, Simonetta
@twostella: ciao Stellina, sapessi quante sono le ricette tue che vorrei provare io!!!
RispondiElimina@meggy: grazie, sei gentile. Qualcuno mi ha detto che di storia sono malata, ma ogni tanto la cosa porta dei vantaggi "concreti"...
@chiara: no, no, dimmi pure, lo sai che le tue critiche possono essere solo costruttive!
@glufri: ben tornata nel mondo delle connessioni, sentivamo la tua mancanza!
Ah be', qui non puoi dire che non abbia mischiato cosette rinascimentali e e richiami mediorientali... Mi sa che Goethe deve rivedere le sue/nostre posizioni geografiche!
Capisco perfettamente il "problema", anche io ho la necessità di "sapere". Vado a ritroso, cerco radici, cerco strade che si incrocino, spiegazioni, contaminazioni, e tutto quel che può aver condizionato questo o quello.
RispondiEliminaInsomma, è la strada più breve per capire quante cose in realtà ancora ci siano ignote! Adoro questa cosa, perché è un gioco che non ha mai fine.
Detto questo, il pastello rinascimentale lo replicherei davvero volentieri se trovassi la maledettissima pasta phillo a Genova!
Mi sono pentita di non averla messa in valigia al ritorno da Parigi... (però stavolta ho i sumac)
Vabbé, mi accontenterò dei finocchi e datteri.
Volevo dire IL sumac...
RispondiEliminaGrande inventiva, bella presentazione. Complimenti per una fusion molto ben costruita (della serie: ma come fa?)
RispondiEliminaCIAO :)
E' stato veramente un grande piacere conoscerti sabato scorso a Milano e scoprire il tuo splendido blog ricco di ricette, tutte benissimo spiegate quindi facilmente repicabili.
RispondiEliminaBellissimi i riferimenti storico-geografici cui facevi riferimento durante la nostra breve conversazione...
Un abbraccio e complimenti!
@muscaria: evidentemente noi siamo vittime perfette di quel che raccontavano già gli antichi saggi: la bellezza dell'infinita strada aperta dal sapere di non sapere.
RispondiEliminaOra sei a Genova?! Ma te la porto io la phillo, se non vuoi vienirtela a prendere a Milano!
@corradoT: mi sono accorta di aver lasciato un po' troppo sotterraneo ultimamente il mio lato storico a favore di quello più geografico. Ora mi tocca rimediare perchè mi sento squilibrata. A parte che "squilibrata" me lo sento dire da una vita...
@mammazan: il piacere è stato mio. E benvenuta in questo piccolo luogo di scambi e follie.
Pare che io sia a Genova (al momento) se di passaggio non lo so, valigia pronta perché potrei partire da un momento all'altro (attendo istruzioni che dovevano arrivare al massimo IERI, e sta cosa mi sta anche facendo girare l'anima!)
RispondiEliminaPrima o poi phillo o meno ci organizziamo o a Genova o a Milano :P
sono delle ricette non solo belle e presentate bene ma anche buone più vicino all'oriente di cui ho un infinita nostalgia, complimenti
RispondiElimina@muscaria: si sta, come d'autunno...
RispondiElimina@günther: tutta questa manfrina sulle origine storiche, mi hai sgamato, è un becero trucco per tamponare l'infinita nostalgia d'oriente che attanaglia anche me. Che ci mettevo i datteri a fare, altrimenti?!
Grazie dei complimenti.
Le prime 19 righe (si le ho contate come un deficiente con il dito indice puntato! :P ehehehehehe) le userei sempre come incipit fisso dei tuoi post o le ritaglierei in una pagina statica che faccia da prologo a qualsiasi lettura delle tue ricette. Sono di fatto una delle principali chiavi di interpretazione del tuo diario di cucina o almeno rendono in pieno l'approccio anche quando dissimuli maggiore leggerezza nella scelta degli ingredienti/accostamenti.
RispondiEliminaDetto ciò senza pagare alcun biglietto ho fatto un giro per le cucine di un non lontanissimo passato cuciniere. Dal contesto gastronomico storico al suo immediato particolare è stato un attimo...con un piatto che paradossalmente in questo modo ho sentito più mio di quanto in realtà avvertirei senza introduzione. Il palato non ha una memoria storica di generazioni addietro ma l'anima indubbiamente subisce il fascino di leggere quello che siamo stati a tavola per meglio capire quello che siamo e sul dove potremmo mai andare. Tu in questo sei avanti di un pezzo :)
PS
(Battuta sciocca che non posso fare a meno di censurare) Per questo dovresti guardare ad occidente non ad oriente! :P ahahhhaahahhahaha
Non oso commentare a questo post,sarebbe come se Victoria Beckham commentasse la Callas.
RispondiEliminaPero' ti dico che la tua frase "mi e' stato chiesto di preparare un piatto che riflettesse
il mio stile di vita",mi ha strappato una sonora risata,perche se mai dovessi fare una cosa simile dovrei tirar fuori qualcosa dal bidone della rumenta (L.V.,chiaramente).
A proposito,i freegani esistono anche in Italia?
Immagino di si...
Baci.
@gambetto: il problema è che a furia di andare ad occidente in oriente ci arrivi comunque...
RispondiElimina@edith.pilaff: non so se ho riso di più immaginando le Spice che parlano della Callas o te che gironzoli per la città mettendo con nonchalanche cibo freegan nel sacchetto dei rifiuti firmato LV che ti penzola dall'avambraccio...
In ogni caso mi trucco come la Callas ma canto come la sua portinaia...
Mi piace molto l'idea del "Dimmi come cucini e ti dirò chi sei"...se questo pastello ti rappresenta dovrei farmi un esame di coscienza per pensare a cosa avrei risposto io...
RispondiEliminaForse i vermicelli di castagne svizzeri: apparentemente semplici, due diverse consistenze, la panna montata a concludere il discorso...che tradotto potrebbe essere: apparentemente amabile ma in realtà selettiva, sostanzialmente disponibile ma severa con chi mi pesta i piedi, corruttibile perchè incorregibilmente golosa...
Agli psicologi gli faccio un baffo!...
@virò: si, un baffo di panna montata o di cioccolata fusa...
RispondiEliminaScusa, ma nel momento incasinato mi ero persa questo bellissimo post. Abbiamo affrontato la questione da angolature diverse, ma, pur così facendo, ne è uscito un bel quadro organico... Bello ed interessante quello che hai scritto, bella l'interpretazione della ricetta.... Potremmo quasi consigliare di leggere i due post insieme: si completano benissimo.
RispondiEliminaAnzi vado e ti linko
BAci
Dani