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Visualizzazione dei post da 2013

storia di un cosciotto di cinghiale da 7 chili

Quando ci si riunisce in famiglia per le feste da qualche anno compare anche un invitato speciale: un cosciotto di cinghiale "verace" che mio cognato procura attraverso un suo parente toscano.  L'anno scorso è stato protagonista del nostro pranzo di Natale, questa volta invece, essendo occasionalmente ridotta la famiglia e veramente enorme il cosciotto, si è deciso di dedicarlo ad una serie di altri pranzi più affollati. E dopo aver deliziato in versione al forno (*) una tavolata di dieci persone ed in versione lessata per grostel (**) una da dodici, ce n'era ancora a sufficienza per pensare di imbandire una nobilissima cena degli avanzi... Questa in breve la storia del nostro cosciotto di cinghiale da 7 chili fino a qui.  L'idea invece per onorarlo nella cena degli avanzi per undici è quella di farcire dei ravioli con (parte del)la polpa avanzata dall'arrosto, lessarli poi nel brodo di cinghiale lesso e condirli semplicemente con il fondo di cottura del

un paio di utilizzi per un formaggio misterioso

Arrivano doni inaspettati. E' il periodo. Uno dei più singolari è una mezza forma di formaggio, piccola, bruna, stagionata e non meglio identificata. Sapore netto e insieme delicato, certamente di origine vaccina... Per il resto: buio assoluto! Nasce la deliziosa tentazione di servire in tavola un po' di mistero.  Se ne scava la polpa a scaglie, stando sul classico la si condisce con noci e Porto, le si aggiunge un po' di rucola e la si sgranocchia raccontando del dono e pontificando sulle sue possibili origini. La cosa sembra finita lì. Il giorno dopo, invece, ne contemplo il guscio vuoto e, aspettando per cena un altro bel gruppo di appassionati di formaggio, ecco che scatta l'innamoramento perverso di chi sa godere di ogni briciola della cucina.  Così si scava di nuovo quel misterioso formaggio dall'interno recuperando tutta la polpa possibile, e il guscio si trasforma in ciotola per accogliere qualcosa di fumante, nella assoluta voluttà  di una nebbi

contorni danesi per una tavola invernale

Post veloce e mood invernale, per questo 21 dicembre in cui inizia ufficialmente l'inverno e manca pochissimo tempo ed infinite incombenze al Natale. Cerco rifugio nelle tradizioni danesi dunque, Paese che mi riesce ad ispirare calma ordine e serenità e dove le verdure resistenti al freddo vengono ampiamente valorizzate in ricette da vero confort food, ricche di sapori burrosi ed avvolgenti. Mai come in questi giorni qui si sente la necessità di pacatezza e di coccole. Ed ecco un paio di piatti tradizionali danesi molto semplici,  di solito serviti come contorni a portate di carne: la verza in salsa cremosa e le patate caramellate.  Si tratta di due ricette che possono entrare a pieno titolo ne  Il mondo in casa , ovvero i piatti di origine straniera facilmente preparabili con prodotti italiani. E che oggi mi sembrano essere speciali e ricchi nonostante la loro semplicità... e mi regalano la sensazione di essere un po' così anche io! il cavolo verza a gusto si può

il pollo farcito alle prugne di Adelle

Adelle ha nove anni, genitori separati in lotta furiosa, nessuna amica del cuore con cui confidarsi. Si sta preparando per la prima comunione e un dubbio la divora: mamma vuole che lei dica una bugia a papà su dove la madre trascorrerà il weekend mentre lei è a casa di papà. Adele sa che è sbagliato mentire... ma anche disubbidire ai genitori è una brutta cosa! Quale peccato sarà più grave: rendere falsa testimonianza o non onorare padre e madre? Adelle ha undici anni, finalmente alle medie siede nel banco a fianco di una vera amica: con Louise si scambiano segreti consigli e vestiti, si truccano di nascosto nel bagno, si incontrano ogni tanto nel pomeriggio al parco con quel gruppo di ragazzetti più grandi che le riempiono di complimenti e rubano loro anche dei baci.  Una mattina decidono che ne hanno abbastanza del controllo dei genitori e, invece di andare a scuola, spendono i soldi della merendina per l'autobus che le porta in stazione. Da lì saliranno su un treno e sar

verdure invernali e riso quasi all'orientale

In tema di verza  e parenti stretti, mentre elaboravo ricette in stile salutare e vegetariano mi è venuta voglia di un piatto che tanto vegetariano non è... ma salutare assolutamente sì, anche se si concede qualche dettaglio goloso in più oltre alla regola. Si tratta di un bai cha cambogiano, un riso saltato, tipica ricetta casalinga che ha infinite variazioni in base alla stagione... e anche a ciò che si ha sottomano nel frigo o in dispensa in quel momento!  Questa versione invernale sarebbe tradizionalmente caratterizzata da una profumatissima salsiccia affumicata cinese e dalla presenza di un sacco di aglio... che qui è già ridotto, ma ovviamente la quantità di aglio da utilizzare va a gusto. Ho sostituito invece l'aromatica salsiccia cinese con del prosciutto affumicato e con un pizzico di semi di anice; chi volesse dei sapori più tranquilli può ignorare l'anice e al posto del prosciutto affumicato usare prosciutto cotto normale, petto di pollo a fettine, gamberi, u

verza riso e grano saraceno: un fingerfood interculturale

Mi ingolosisce il tema di Salutiamoci , che questo mese propone un ingrediente molto tradizionale da queste parti: sono  verze e cavoli , ospitati da Francesca de  La tana del riccio .  Considerato solitamente qui in zona un ingrediente povero adatto solo a piatti rustici, per contrasto l'idea che mi è subito venuta in mente è stata una preparazione classica molto elegante, originaria della Russia e presentata sulle nobili tavole europee ai primi del '900 nientepopodimeno che da Escoffier: il kuleby ák o kulebiaka. Il termine russo  кулебя́к ,   francesizzato in coulibiac,  si riferisce di solito ad un pasticcio in crosta con strati di salmone o storione alternati a funghi e riso,   ma ne esistono anche versioni "povere" a base di cavoli, patate o  grano saraceno .  Quello di cavoli e cipolle all'aneto è il coulibiac che condivido più spesso con gli amici russi da cui ho imparato la ricetta, ma nella sua veste originale non è adatto a Salutiamoci perché l

è scoccata L'ORA DEL paTE'

Questo Natale basta biscotti: è scoccata l'ora del paté! E infatti oggi 5 dicembre esce ufficialmente L'ORA DEL paTE', primo libro di una collana specialissima, che  arriva giusto in tempo per cambiare prospettiva sui regalini mangerecci per le feste... Si tratta di un  volume spiritoso, curato e ricco di informazioni che ci introduce nel mondo dei paté ma anche delle salse, dei burri composti, dei pani e dei salatini che li accompagnano. Una goduria di spunti da sfogliare per prepararsi antipasti sfiziosi e per regalare golosità originali... ma anche un libro da impacchettare e donare alle persone che sentiamo vicine perché amano noi e pure la cucina! Perché ne parlo? Perchè avevo detto  che anelo ad un Natale diverso dai soliti, basato su altro rispetto alle solite cortesie. Questo libro ne è l'occasione. Ma cominciamo dall'inizio: mi piace sostenerlo in parte perché si tratta finalmente di un libro ben fatto, che racconta preparazioni semplici e veloci e a

questo Natale basta biscotti...

Non ho voglia dei soliti biscottini per Natale. Per quest'anno di blog qui c'è l'ultima ricetta di genere biscottifero. Come dicevo qualche giorno fa ,  sento profondamente sottotono  questo Natale e la voglia di "festeggiare" si sta identificando con il desiderio di un calore autentico, lontano da tutto ciò che mi può apparire vagamente superfluo. I piccoli doni mangerecci, ad esempio, preferisco che avvolgano con il mio affetto le persone che amo ed esprimano la dolcezza dello stare insieme per il suo significato in sé, senza per forza abbondare in ingredienti particolarmente pregiati o preparazioni esplicitamente zuccherose. E i biscotti, soprattutto quelli tutti belli sagomati e decorati a tema, non so come mai al momento mi appaiono un po' eccessivi. Non a caso credo che la scelta per gli ultimi biscotti di questo strano anno sia caduta significativamente su una ricetta poco dolce e con qualcosa di insolitamente pungente, dalla pelle ruvida e dal cuo

ricetta nomade di castagne

Dopo una timida incursione nel regno dei   dolci di castagne  eccomi al vero confronto sul tema dell' MTC di novembre  proposto da Silvia di  Pici e castagne . Ovvero la mia sfida con la farina di castagne, che ho sempre usato poco perché la ritenevo "gnucca" (come tradurre un termine dialettale perfetto nella sua espressività globale?! Detto di una persona significa "duro di comprendonio", di un piatto di intende con una consistenza tra l'antipaticamente compatto e l'insipidamente inutile...) E invece ora eccomici. E la scelta mi è costata parecchio, visto che a favore di questa ricetta ho sacrificato tutte le mie fantastiche ispirazioni giapponesi... Ma la riflessione è sulla cucina povera di territorio: per quanto io possa considerare il Giappone mio territorio di elezione, per quanto sia ricco di tradizioni gastronomiche povere, per quanto esistano dei paralleli possibili tra il kury-gohan  nipponico ed il macch lombardo entrambi a base di riso e

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!