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per il Calendario del Cibo Italiano una ricetta inter-regionale: garganelli con zafferano ricotta e guanciale

Di recente ho avuto occasione di chiacchierare con quella mia zia svizzera giramondo che avevo citato anni fa proprio in apertura del blog, e mentre le raccontavo quanto apprezzassi la sua conoscenza di ricette internazionali, che tutt'oggi preparo secondo le sue indicazioni, lei ma ha sorpreso dicendomi che anche lei e le sue figlie hanno un paio di ricette che chiamano con il mio nome, da quando, poco più che adolescente, le cucinai ospite a casa loro, e che considerano indimenticabili.

Tra queste mie "creazioni" c'era la pasta zafferano e zucchine, che copriva un soffritto di zucchine julienne con abbondante panna, in cui veniva poi sciolto lo zafferano: erano gli anni '80, perdoniamoci tutti! Questo suo racconto mi ha condizionato quando pensavo ad una ricetta a base di zafferano per il Calendario del Cibo Italiano, che proprio oggi celebra, appunto, la Giornata Nazionale dello zafferano.
Mentre per il Calendario ho poi optato per una ricetta storica, un pastello rinascimentale di pollo, questo mia pasta del cuore e della memoria continuava a farmi capolino in testa per la proposta, più intima e personale, da pubblicare qui.  E allora, se lì racconto la storia dello zafferano, qui lego quel ricordo ad un'altra mia predilezione: i garganelli.

Sono anni che voglio prepararmi dei garganelli per il mio compleanno ma per motivi fra i più disparati non ci sono ancora riuscita. Sia chiaro: non possiedo ne' le giuste tradizioni familiari ne' la corretta attrezzatura ma, non so perchè, se penso ad un formato di pasta all'uovo particolarmente goloso mi vengono in mente loro.

Si racconta che questo tipico formato emiliano-romagnolo, si dice specificamente imolese (che pur essendo spiritualmente vicino a Bologna è territorio romagnolo), sia nato da una cuoca che preparando cappelletti si ritrovò più pasta che ripieno, quindi arrotolò uno per uno i quadratini di sfoglia su un tralcio secco di vite, li passò su un pettine da telaio e ne ricavò questi deliziosi cilindri rigati, che mise ad asciugare su un graticcio.

C'è chi sostiene si trattasse del banchetto di capodanno del 1725 a casa del cardinale Cornelio Bentivoglio D’Aragona, legato pontificio della Romagna a Imola, che dovette sfamare più ospiti del previsto; c'è chi dice si trattasse della cinquecentesca tavola di Caterina Sforza, che restò senza ripieno perché mangiato da un gatto, o forse fu semplicemente l'idea di una azdora di campagna di quelle con poca ciccia e tante bocche da sfamare, comunque sia il fascino del formato resta innegabile.

Addirittura si dice che il lungo procedimento manuale della loro confezione assicurasse ai mariti, al lavoro nei campi, la fedeltà della moglie, troppo impegnata in questo compito per permettersi "distrazioni"; fatto sta, magari proprio perchè me li preparo troppo raramente, che io trovo questi gesti un'attività rilassante ed il tempo impiegato assolutamente proporzionato al risultato e di grande gratificazione per il palato.

Io mi arrangio con un mestolo dal manico sottile ed un rigagnocchi, mentre la rigatura perfetta si ottiene con lo strumento direttamente derivato dal pettine da tessitura: "Il pettine, che tratteneva i fili per la tessitura, era costituito da due cilindretti in legno, uno di fronte l’altro distanti circa 8 o 9 cm. uniti  fra di loro da tante lamelle sottili di canne, poste in costa, abbastanza fitte secondo il tipo di filato; per l’uso in cucina del pettine, si usava cucire attorno alle due estremità, un pezzetto di lino bianco e veniva riposto in un sacchettino di tela immacolata."
I garganelli romagnoli, attenzione, non sono da confondere con gli stricchetti bolognesi, di cui pure si dice essere dei "tortellini senza ripieno" ma che hanno forma totalmente differente, sia nella loro versione autentica citata da Artusi sia nella loro versione semplificata, che assomiglia non a dei garganelli ma a delle farfalle. 

Anche gli stricchetti artusiani, come i garganelli, seguendo il filone dei "mancati cappelletti", si gustavano tradizionalmente in brodo, spesso preparato con quel cappone dalla cui trachea, a cui assomigliano, si dice prendano il nome i garganelli.

Oggi però il mio formato preferito si consuma prevalentemente asciutto, condito con ragù bolognese, rosso oppure bianco di gallina o faraona, ma anche con salsiccia, con panna e piselli/funghi/prosciutto a seconda della stagione, ma sono assolutamente da assaggiare anche con scalogno di Romagna e squacquerone o con un friggione di cipolla di Medicina, come feci sul posto anni fa su consiglio di un amico chef, originario di quelle parti ed ora famosissimo. Non pervenuti, invece, dal punto di vista della tradizione locale, dei garganelli allo zafferano.

Avevo pensato oggi, invece, di legare proprio il mio condimento affettivo allo zafferano di cui sopra al mio altro affetto per i garganelli homemade... ma per le zucchine siamo fuori stagione e, soprattutto, l'essere napoletano che mi vive a fianco non contempla proprio la categoria di pensiero "pasta alla panna" e mi è stato in ciò decisamente ostile. 

Allora torno a bomba sulla storia dello zafferano, di cui in Italia sono particolarmente apprezzate le produzioni sarde ed abruzzesi: questa estate al rifugio Racollo di Campo Imperatore avevo assaggiato dei rustici ma ottimi spaghetti saltati con guanciale e zafferano.
Io ho in casa specificamente dello stupendo zafferano sardo* di Gonnosfanatiga e dell'ottimo guanciale del norcino acquistato in quel di Paganica d'Abruzzo. Se la panna emiliano-romagnola mi è preclusa quanto le zucchine, resto abruzzese e insieme gratifico "l'umor latticineo" che c'è oggi in me con della ricotta di pecora.
Non proprio oramai quella nostrana del simpatico casaro a fianco del rifugio (che mi sbafai ovviamente subito ancora tiepida senza nemmeno risalire in macchina, dove olezzavano chilate di caciocavallo e pecorino), ma comunque una ricotta artigianale sufficientemente interessante per legarsi cremosamente, in un mix che per ingredienti potrebbe essere sia abruzzese che sardo, a della pasta all'uovo fresca romagnola... questa!

GARGANELLI CON ZAFFERANO, RICOTTA E GUANCIALE
ingredienti per 3-4 persone normali come primo, per 2 golose come piatto unico:
200 g c.a di farina 00
2 uova medie (qui quelle con i tuorli gialli specifiche per la sfoglia)
200 g di ricotta di pecora
60 g di pecorino grattugiato
120 g di guanciale
1 pizzico zafferano in stimmi
2 cucchiai di olio extravergine
sale
pepe nero al mulinello

Formare una fontana con la farina sulla spianatoia, rompere al centro le uova con una forchetta, poi incorporare poca per volta la farina, impastando con energia per una decina di minuti e poi lasciando riposare l'impasto sotto una ciotola capovolta per un'oretta.

Con il matterello stendere in una sfoglia tonda e sottile, tagliare in quadretti da circa 3 cm, avvolgere su uno stecco dal diametro di circa 4 mm e rigare sull'apposito pettine o riga-gnocchi, premendo sui lati liberi del bastoncino (e non sulla sfoglia!) per farlo rotolare sulla superficie rigata.
Disporre man mano i garganelli su un telo infarinato: possono riposare un paio d'ore se si cuociono subito, altrimenti meglio farli asciugare per almeno 12 ore.
Ridurre il guanciale a striscioline e saltarlo con l'olio in una padella fino a che diventa croccante.

Pestare gli stimmi di zafferano e scioglierli in 3 cucchiai acqua bollente, lasciando riposare una decina di minuti, quindi mescolare l'acqua dorata con la ricotta, il pecorino, sale e pepe.

Lessare la pasta in abbondante acqua salata fremente, scolarla decisamente al dente e versarla nel tegame del guanciale, padellando un paio di minuti con qualche cucchiaio dell'acqua di cottura perchè si insaporisca bene, poi unire la ricotta.
Mescolare ancora, aggiungere acqua se serve cremosità, padellare mezzo minuto e spegnere. Spolverizzare con abbondante pepe e servire i garganelli ben caldi.
  • rivoli affluenti:
  • *questa estate sono stata a Navelli per cercare zafferano abruzzese ma era il momento sbagliato: tra restrizioni sanitarie e postumi del terremoto ho conosciuto un Abruzzo ferito ed orgoglioso, di cui non ho avuto ancora cuore di parlare ma che vale la pena di descrivere, appena ne troverò il coraggio.
  • la foto del pettine e la sua descrizione sono presi qui.

Commenti

  1. No, va be'...i garganelli fatti in casa mi lasciano senza parole...

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    Risposte
    1. ci vuole solo un pochino di tempo ma non sono difficili come sembrano!

      Elimina
  2. Che meravigliosi e golosi questi garganelli fatti in casa, ma soprattutto grazie per i bellissimi approfondimenti <3

    RispondiElimina

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