Passa ai contenuti principali

riso e castagne: una "buona" idea per Onigiri Action 2020


Forse "non tutti sanno che" durante tutto il mese di ottobre è in atto l'Onigiri Action, un'iniziativa benefica mondiale in cui vari sponsor internazionali si impegnano a donare cinque pasti scolatici a bambini disagiati per ogni immagine di onigiri (おにぎり o più formalmente お握り) che viene pubblicata citando l'iniziativa, in rete o direttamente sul loro sito, dove saranno tutte visibili in questa cartina.

Ho deciso di aderire non solo inviando nei giorni scorsi le foto di alcuni degli onigiri che avevo già pubblicato qui nel blog, ma anche di prepararne uno dedicato specificamente all'Onigiri Action. E mi è subito venuto in mente un piatto della tradizione giapponese, tipico di questa stagione e facilmente trasformabile in un onigiri: il kuri gohan, 栗ごはん, quel riso alle castagne protagonista del menù autunnale su cui avevo tenuto un corso di cucina giapponese a Casa Cortella.

Mi piaceva la corrispondenza tra quel piatto ed il macch o mach, una antica minestra di castagne tipica del Norditalia (cui avevo già accennato qui) che, a seconda delle tradizioni locali, veniva preparata con castagne e riso, castagne e miglio o castagne e orzo... gli stessi tre cereali storici della dieta giapponese!

In Piemonte (dove mach significa "solo, solamente" e la minestra si chiama anche machët) castagne e riso si cuociono nel latte, in Valtellina (dove macch indica una zuppa densa o una polentina) se non cerano orzo o riso si usava il panìco, un cereale parente del miglio ora quasi scomparso, in Canton Ticino (dove macch è il termine dialettale per castagna secca) si usavano, appunto, castagne secche o la loro farina.

In generale in Lombardia a insaporire il macch c'era, quando possibile, la presenza del maiale: a volte parti poco nobili come cotenne e ritagli di macellazione, a volte lo zampetto, che una volta cotto veniva sminuzzato nella zuppa, a volte addirittura solo l'osso, ma nelle occasioni più fortunate apparivano i saporiti lardo o pancetta.

Mi aggancio a questo per inserire un elemento italiano nella tradizione giapponese, che se il kuri gohan prevede qualche aroma per l'acqua di cottura e al massimo una spolverata di sesamo nero come ulteriore sapore, in verità gli onigiri possono accogliere di tutto: in origine si chiamavano omusubi (おむすび, onorevole unione), tonjiki (頓食, letteralmente "cibo veloce" ma inteso come "boccone rotondo di riso/cibo") o nigirimeshi (握り飯, cibo/riso pressato a mano), in tutti i casi una chiara definizione della mancanza di limiti agli ingredienti, fatto salvo il riso pressato tra le mani.
  
Ma andiamo con ordine: oggi o-nigiri attribuisce la "o" onorifica ad una palla di riso pressato a mano, la stessa dei nigirizushi (握り寿司, letteralmente sushi fatto a mano), la forma di sushi più conosciuta in Occidente insieme ai maki. La differenza sostanziale tra nigiri e onigiri non sta tanto nella forma o nella presenza o meno di pesce crudo: è che il primo è a base di riso condito con aceto, sale e zucchero, il secondo invece no, è al massimo leggermente salato o cotto con acqua profumata da qualcos'altro. E comunque per il nigirizushi le forme tradizionali del riso  sono solamente queste.
Esistono invece tradizionalmente tre forme di onigiri: sankaku gata (三角型, a forma triangolare, che ricorda un monte, in omaggio alle divinità), che è la più nota in Occidente; tawara gata (俵型, a forma di "balla di fieno", quella cilindrica in cui si raccoglieva il riso nei campi per trasportarlo sulle spalle), che è di solito la più usata nei bento; maru gata (丸型, a forma rotonda), quella forse più semplice da realizzare, sferica o appiattita che sia. 
E poi dilagano gli onigiri "fantasia", che riproducono animali, fiori, personaggi dei cartoni animati e chi più ne ha più ne metta. Ma attenzione: se confezionato con riso da sushi condito, qualsiasi onigiri perde questa qualifica e diventa un fancy sushi!
Per essere un onigiri, invece, non c'è bisogno di avere una farcitura, (detta gu, 具, kanji che significa anche "ingredienti"): gli altri ingredienti possono essere anche posti sopra il riso, mescolati ad esso prima di pressarlo o non esserci proprio: un piccolo onigiri di riso bianco avvolto in alga nori croccante, ad esempio, è una delle mie golosità più semplici e profonde! 

L'alga è comunque utile per prendere in mano l'onigiri, che, in quanto storicamente spuntino, schiscetta e street food, nasce proprio per essere portato alla bocca con le dita, ma non è obbligatoria e per questo scopo può essere sostituita, a gusto, da foglie fresche di shiso, di insalata o altro.

Esistono molte farciture/decorazioni tradizionali con ingredienti, collocazioni e nomi che non sto ora ad elencare. Basti dire che finora non ho ancora trovato un onigiri come quello che presento qui, e mi sembra talmente strano che nessuno ci abbia ancora pensato che non vedo l'ora di essere smentita. 

Ricapitolando: castagne cotte e profumate insieme al riso come per il kuri gohan, ma poi separate per diventare farcitura nascosta insieme a delle italianissime striscioline di prosciutto crudo, che in giapponese si traduce per antonomasia  パルマハム parumahamu, da Parma ham, prosciutto di Parma (!), sufficientemente umami per accordarsi al resto e coerente con il saporito maiale del macch lombardo.

栗とパルマハムの秋の鬼切 - KURI TO PARUMAHAMU NO AKI NO ONIGIRI - ONIGIRI D'AUTUNNO CON CASTAGNE E PROSCIUTTO CRUDO
ingredienti per circa 10 onigiri:
2 bicchieri, cioè circa 240 g di riso giapponese oppure Originario
2 bicchieri, cioè circa 340 ml di brodo dashi leggero
8-10 castagne fresche, circa 100 g in tutto
15 g di di prosciutto crudo a fette spesse 2 mm
1 cucchiaio di sake
sale
pepe nero al mulinello

Sciacquare il riso "massaggiandolo" e strizzandolo in acqua fresca, scolare, sciacquare e ripetere l'operazione 3 o 4 volte, fino a che l'acqua risulta limpida. lasciarlo a mollo una mezz'oretta in acqua fresca poi scolare e lasciar sgocciolare circa 15 minuti.

Intanto lessare le castagne, oppure prendere la scorciatoia: inciderle come per farle arrostite e metterle a bagno in acqua tiepida per 30 minuti, poi aprirne leggermente la buccia, disporle a cerchio in un piatto o contenitore adatto al microonde in modo che non si tocchino, unire 3 cucchiai di acqua sul fondo, coprire e cuocerle a 800 W per 10 minuti. Sbucciarle e spellarle.

Versare il riso in una pentola non troppo grande, disporvi le castagne un po' affossate, coprire con tanto dashi quanto serve per superare il livello del riso di 5-7 mm, quindi unire il sake e un pizzico di sale.

Coprire, portare a bollore e, senza altare il coperchio, abbassare la fiamma e cuocere 10 minuti, quindi spegnere e, sempre senza aprire, lasciar riposare altri 15 minuti, in modo che riso e castagne terminino di cuocere.

Lasciare un paio di castagne nel riso, coprire di nuovo e schiacciare le castagne prelevate in una purea rustica e compatta; tagliare il prosciutto a striscioline, tenerne da parte una decina ed unire il resto alla purea, quindi pepare con generosità.

Con le mani ben bagnate (e una ciotola di acqua accanto per potersele re-inumidire ad oggi passaggio) prendere circa 50-55 g di riso e formare una palla compatta; formare un affossamento al centro, disporci una cucchiaiata della farcia, coprire con altri 5-10 g di riso e ricompattare bene il tutto.

Dare al riso la forma triangolare con l'aiuto dell'incavo tra pollice e indice (o sagomarlo come si preferisce), disporlo su un piatto di portata appena inumidito e preparare allo stesso modo gli altri onigiri.

Decorare la punta degli onigiri con una strisciolina di prosciutto e un pezzettino di castagna ricavato da quelle tenute intere. spolverare con una grattatina di pepe e servire. 

Si mangiano italianamente con le mani leggermente inumidite, oppure giapponesamente aiutandosi con un foglietto di alga nori. 
  • rivoli affluenti:
  • altre mie ricette di onigiri, giapponesi e non: qui
  • la foto del macch viene da qui, quella delle basi dei nigiri da qui, quelle degli onigiri classici qui, quella dell'onigiri creativo qui
  • English version here

Commenti

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!