Passa ai contenuti principali

per il Calendario del Cibo Italiano: gattò di patate sformato

Per la Giornata del Calendario del Cibo Italiano che oggi viene dedicata al Gattò ho voluto proporne una versione rivoluzionaria, a base di patate dolci, farcita di polpettine e servita in monoporzioni, 
per questo blog ho pensato invece a mutare non tanto la sostanza quanto l'aspetto, presentandolo come un sofisticato sformato.

L'impasto base qui è abbastanza classico, in base ai preziosi insegnamenti della mia napoletanissima amica Paola, che ringrazio per la scorza di limone nelle patate, oramai per me aroma imprescindibile. Per questa occasione speciale programmavo però di introdurre delle varianti sia nella farcitura che nell'impasto base di patate, ed ho quindi pensato di sperimentare prima alcuni  trucchetti "classici" appresi da due blog, super-autorevoli in tema di tradizione napoletana.

Così da A cucina e mammà ho imparato l'inserimento del burro a caldo e del latte invece alla fine a regolare la densità dell'impasto (un po' come faccio di solito per il purè, di fatto), e da La trappola golosa ho colto lo spunto per l'aggiunta del prezzemolo alle patate (che poi però qui, da stolta, ho dimenticato!) nonché la conferma della scorza di limone.

Formaggi e salumi a pezzetti che arricchiscono la base di patate qui sono veramente avanzi di frigo, in nome della reale natura di questa specialità campana che nasce proprio con quello che c'è. Alla fine ho ottenuto qui un effetto un po' ibrido tra tradizione napoletana e specialità di altre regioni, pur essendomi contenuta ed aver evitato bresaola, speck e gorgonzola, come nelle mie prime intenzioni.

Come dicevo qui ho giocato soprattutto con la forma ed ho sagomando il gattò in uno stampo che è quello del dolce Varese. Si tratta di una torta tipica della mia città di origine, che trova la sua variante più conosciuta nell'amor polenta lombardo e che in effetti qui nel blog ho spesso nominato ma non ho ancora pubblicato (...ecco un bel proposito per il 2021!).
Tornando al gattò: la logica dello stampo al posto della teglia, a prescindere dalla forma, è quella di permettere al gattò di essere servito nel suo contenitore se si preferisce l'aspetto rustico classico della crosticina, oppure di essere sformato su un piatto da portata se si vuole presentare come una preparazione elegante, magari guarnendola anche con roselline di salumi o fettine di verdura sagomate. 

Io, per stare nel mezzo, l'ho servito sformato e affettato, senza guarnizioni e con le fette disposte in modo da mostrare la parte della crosticina in evidenza. Non credo che visto così un Napoletano ci riconosca un gattò, però quello che mi vive a fianco se l'è spazzato in un attimo, a prescindere da forma e mortadella! 
SFORMATO DI PATATE CHE NON OSO CHIAMARE GATTO' 
per uno stampo da 30x11 cm, o comunque da circa 1,2 l:
850 g di patate vecchie, meglio a polpa gialla 
2 uova
200 g circa di latte
80 g di caciocavallo
80 g di mozzarella
80 g di parmigiano grattugiato
50 g di prosciutto crudo in una fetta sola
50 g di mortadella in una fetta sola
50 g di fondo di salame
2 cucchiai di prezzemolo tritato (qui dimenticati)
la scorza di 1/2 limone
2 cucchiai di pangrattato
50 g di burro (più una noce per stampo e crosta)
sale
pepe nero al mulinello

Tagliare le patate sbucciate a fette spesse 5 mm e cuocerle a vapore nel microonde per 15 minuti (oppure lessarle intere con la buccia), poi passarle allo schiacciapatate e, fino a che sono ancora calde, inserire il burro a pezzetti in modo che si sciolga e si amalgami perfettamente.

Ridurre a dadini di 5 mm caciocavallo e mozzarella, prima ben scolata, e tutti i salumi; unire la metà di tutto all'impasto, insieme al parmigiano, sale, abbondante pepe, prezzemolo e alla scorza di limone grattugiata finissima. 

Per ultime inserire le uova e, una volta incorporate, versare un po' di latte per volta fino a raggiungere la consistenza di un purè morbido. Qui ne ho impiegati 200 g ma se si cuociono le patate lessate probabilmente restano più umide e ne serve meno.

Imburrare lo stampo (*) e distribuirvi parte del composto, rivestendo fondo e bordi con uno strato di patate di circa 2 cm; distribuire la dadolata di formaggi e salumi rimasta nell'incavo centrale e coprire con il resto delle patate.

Spolverizzare in superficie con il pangrattato e finire con dei fiocchetti di burro. Cuocere in forno statico a 180 °C sul ripiano alto per 35 minuti e poi lasciar riposare almeno 20 minuti prima di servire: in teglia,
oppure sformato. 
  • rivoli affluenti:
  • (* riflessione a posteriori: in effetti per un effetto rustico globale si può cospargere lo stampo anche di pangrattato, dopo averlo imburrato. Meglio usare pane già tostato, però, per avere una coloritura dorata.)

Commenti

  1. Volevo proprio suggerire un po' di pangrattato nello stampo ma mi hai preceduto...in alternativa qualche minuto sotto il grill, una volta sformato.
    Comunque questo post e questa ricetta mi hanno davvero divertito...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. in effetti sformare un gattò è divertente come principio ma ha poco senso, visto che resta rustico, pensato con gli ingredienti tradizionali. Guardati invece quelllo di patate dolci e poi ne parliamo...

      Elimina
  2. P.s ogni tanto penso a quanto sia gastronomicamente fortunato l'essere che ti vive a fianco!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. la fortuna è reciproca, ance se non proprio gastronomicamente. Pensa invece la fortuna, pure gastronomica, se anche voi foste nelle vicinanze!

      Elimina
  3. Il dolce Varese insieme all'amor polenta è uno dei pochi dolci che mi piacciano... Questa versione salata con il cucù di salumi e formaggi è la sintesi perfetta tra forma e contenuto. E un tocco di friarielli...No? LG

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!