Avevo deciso a priori che qualsiasi tema si fosse scelto per il prossimo MTChallenge questa volta avrei cucinato giapponese, e in specifico qualcosa che avesse a che fare con un piatto iconico. Insomma: in principio era un ramen.
"In the frattemp" ho pure cominciato a studiare davvero il giapponese e so dunque scrivere (e soprattutto leggere!) un sacco di parole in hiragana, quindi mi devo sfogare: per esempio ramen si scriveらめん! In realtà sto barando, visto che andrebbe scritto in katakana, cioè così:ラメン, ma con lo studio sono proprio all'inizio... e non ci sono ancora arrivata! Comunque d'ora in poi, per esercizio, ammorberò ogni mio post con la grafia originale di tutte le parole giapponesi, quindi mi preparo a perdere definitivamente i pochi lettori rimasti.
Torniamo a noi: sarà la full immersion nello studio della lingua, sarà l'autopunitiva astinenza dalla cucina jap che si è fatta sentire troppo nelle ultime settimane, ma avevo deciso a priori che la sfida MTC in versione Smart di questa settimana mi avrebbe portato lì. Se non che il tema si è rivelato la cottura sottovuoto...
Non mi fermo certo davanti al fatto che il ramen sia una delle preparazioni più lunghe e complesse della cucina popolare giapponese, ne' per la consapevolezza di non avere ne' roner ne' apparecchi per il sottovuoto (e nemmeno sto a raccontare cosa mi ha portato a casa al'essere incaricato della spesa al posto dei sacchetti con chiusura a zip!*), però alcuni problemi di carattere pratico si rivelano oggettivamente insormontabili: non avendo la possibilità di mettere sottovuoto dei liquidi pensare al brodo si fa impegnativo, sempre che abbia un senso, e comunque leggendo il regolamento mi rendo conto che non sono permesse ossa.
Insomma: alla fine devo per forza ri-assestare l'idea. E di tutte le molte componenti del ramen tengo solo il chasu (ちゃ す), la fettina di maiale che in Giappone è segno distintivo del piatto, che ogni cuoco prepara a suo modo e con i propri segreti, e che sarebbe la versione giapponese di quel meraviglioso char-sui cinese di cui avevo spiegato origini e differenze qui.
C'è da dire che anche il ramen è di origine cinese, in verità, accolto in Giappone solo a inizio '900, ed è per questo che, nonostante sia oramai diventato un classico della cucina nipponica ed annoveri ristoranti specializzati ovunque ed infinite varianti regionali, il suo nome è scritto con i caratteri katakana, quelli che i Giapponesi usano per le parole straniere!
Il chasu da ramen è carne di maiale, di solito spalla o pancia, arrotolata; nonostante il nome significhi "arrosto" viene più spesso lessata e contribuisce all'aromatizzazione del brodo, salvo poi essere dorata esternamente, per ottenere a fini estetici delle belle fette tonde dai bordi bruniti.
In questa nuova chiave però, dove dimentico del tutto il ramen, si fa strada un'altra lettura: al posto di preoccuparmi dell'aspetto del mio chasu colgo piuttosto il senso goloso del pulled pork occidentale e penso al maiale come una matassa di sfilacci da raccogliere dentro qualcosa che sia sempre jap ma non pane, e da accompagnare con qualcosa di saporito ed umido ovviamente jap che non sia coleslaw. Ed è qui che mi si accende una luce: preparo un onigirazu (おにぎらず)!
Nel panorama millenario della cucina giapponese si tratta di un'invenzione davvero recente, la cui paternità è incredibilmente certa e documentabile: spetta infatti a Tochi Ueyama, il fumettista giapponese autore del celeberrimo manga Cooking Papa.
La serie, oramai più che ventennale, racconta di un padre di famiglia ottimo cuoco, che però cucina malissimo se deve farlo fuori casa. Sul numero 22 del 1991 il protagonista si inventa un sandwich di riso e alghe farcito con le sue specialità del giorno e nel fumetto c'è la pagina in cui gli attribuisce un nome e spiega esattamente come assemblarlo.
Sembra che l'ispirazione sia venuta all'autore osservando la moglie che confezionava di fretta uno spuntino per il loro figlioletto e l'idea rimane latente per qualche anno fino a che, con il dilagare del social media e della "moda" della cucina anche presso i giovani, viene "scoperta" e ripresa in rete ed in breve tempo diventa un fenomeno virale, tanto che nel 2015 l'onigirazu riceve un premio come piatto giapponese dell'anno.
Molti ne parlano come di una nuova versione "pop" del sushi, farcibile con specialità della tradizione ma anche con prodotti "moderni" ed occidentali... ma attenzione: non lo è per niente, fosse solo perchè il riso del sushi è condito con una mistura a base di aceto, detta sushizu (すし酢), e quello dell'onigirazu no!
Ma già il suo nome lo spiega: il termine onigiri (おにぎり), ovvero la polpetta di riso a sagoma triangolare farcita, tipica di ogni bento e spuntino nipponico, in realtà significa "fatto a mano";
qui con l'aggiunta del privativo-razu diventa "non è fatto a mano", ovvero: non è difficile da confezionare come un onigiri perchè più veloce e semplice, ma, appunto, è a base di riso non condito, come la polpetta di partenza.
Decisa la forma a onigirazu e decisa la via del pulled pork, arrivano le scelte vere: aromatizzo il maiale molto più che se dovessi poi usarlo nel ramen, dove invece deve armonizzarsi con sapori delicati. Poi insaporisco il riso, non con il nobile sushizu ma con un furikake (ふりかけ) da bambini golosi, e accompagno la carne con fagiolini per la croccantezza, cipolle per la dolcezza, insalata per la freschezza, e con una salsa aromatica che leghi il tutto.
L'idea teorica è quella di creare strati alternati verdi e rosati e, giusto per ribadire l'estrema regionalità della cucina giapponese, i sapori della salsa si ispirano a quella con cui si condisce il maiale grigliato (tonteki,トンテキ) a Yokkaichi, cittadina della prefettura di Mie, che lì prende il nome di buta no tebukuru yaki, "maiale al guanto" (ぶた の てぶくる やき) per il taglio particolare della carne.
Il furikake che vorrei sarebbe a base di grani di miglio tostato e foglie di shiso (しそ): ovviamente nel supermercato sotto casa non esistono, quindi li sostituisco con semi di sesamo, rosmarino e pepe. Allo stesso modo le spezie per il rub, i liquidi di cottura del maiale e qualche ingrediente della salsa di accompagnamento risentono di modifiche all'Occidentale.
Come ingredienti puramente giapponesi restano invece la salsa di soia, di cui ho in dispensa un gallone e che questa volta ci tengo a non sostituire, lo zenzero, che abbinato con l'aglio è per me un amore folle, e l'alga nori, forse il sapore giapponese che più mi è mancato in questo periodo. Per chi volesse occidentalizzare proprio tutto direi pepe al posto dello zenzero, grosse foglie di bieta scottate al posto dell'alga... e niente per la soia. Tutto il resto possiamo quasi dire che vada da sé.
ONIGIRAZU CON CHASU SOTTOVUOTO E VERDURE
ingredienti per 2 persone:
per la carne:
200 g c.a di spalla di maiale
2 cucchiaini di salsa di soia
1 cucchiaino di aceto balsamico
1/2 spicchio di aglio
1 dadino di zenzero fresco grosso come l'aglio
1/4 di cucchiaino di zucchero (circa 1,5% del peso della carne)
1/4 di cucchiaino di sale (circa 1,5% del peso della carne)
pepe nero al mulinello
per la salsa:
1 cucchiaio e mezzo di salsa di soia
1/2 cucchiaio di salsa Worcestershire (meglio se homemade)
1/2 cucchiaio di ketchup
1/2 cucchiaio di miele fluido
per gli onigirazu:
100 g di riso giapponese oppure originario (che peserà circa 260 g da cotto)
1 piccola foglia di alloro
1 cucchiaio di semi di sesamo bianchi
1 cucchiaino di aghi di rosmarino fresco
sale
pepe nero al mulinello
2 fogli quadrati di alga nori
per completare:
60 g di fagiolini
1 piccola cipolla rossa
3 cm di scorza di limone non trattato
2 belle foglie di insalata riccia
Tagliare la spalla in modo da ottenere un pezzo rettangolare da circa 10 x 5 cm spesso circa 2 cm, dal peso di circa 120 g (i ritagli di carne li ho usati poi per un altro piatto); strofinarlo su tutti i lati con un rub di sale, zucchero e pepe, coprire e far riposare in frigo per circa un'ora.
Riempire di acqua una capace pentola di ghisa (in modo che per inerzia la temperatura resti costante) e portare il liquido a 65 °C. Riempire intanto un contenitore a parte con acqua fresca.
Infilare la carne in un sacchetto con chiusura a zip ed unire l' aglio e lo zenzero ridotti a lamelle, poi versare nel sacchetto la salsa di soia e l'aceto balsamico.
Immergere il sacchetto con l'apertura verso l'alto, quasi tutta chiusa, nel contenitore di acqua fresca, premendolo delicatamente in modo che NE esca tutta l'aria ma non il contenuto, e chiudere del tutto con il sigillo.
Appendere il sacchetto con delle mollette da bucato ad una griglia e disporla sopra la pentola di acqua calda, in modo che la carne dentro il sacchetto sia completamente immersa nel liquido (dopo la foto ho infatti abbassato leggermente il sacchetto).
Potendo è meglio chiudere con il coperchio per rallentare il raffreddamento dell'acqua. Lasciare il termometro immerso perchè la temperatura dell'acqua deve rimanere costante per un'oretta, quindi controllare spesso e, se serve, dare di tanto in tanto una fiammata per non scendere di temperatura.
Quando la cottura è terminata non smontare l'ambaradan ma levare solo griglia e sacchetto, richiudendo subito il coperchio e riaccendendo il fuoco. Tuffare il sacchetto in acqua gelata in modo da bloccare la cottura, quindi lasciar riposare la carne prima di aprire.
Infilare in un altro sacchetto i fagiolini, lavati e spuntati, la cipolla a fette sottilissime e la scorza di limone. Ho messo nel sacchetto anche dei pesetti di ceramica alimentare perchè non galleggiasse, non so se ci sono altri sistemi più logici ma a me non sono venuti in mente.
Una volta che l'acqua arriva a 85° C ripetere le modalità di chiusura e cottura del sotto vuoto, questa volta lasciando cuocere le verdure per circa 30 minuti, poi raffreddando il sacchetto in acqua gelata.
Poco prima dell'uso aprire e scolare la cane, poi tagliarla a listarelle sottili (ho deciso strada facendo che non la volevo sfilacciare perchè mi piaceva poterla riconoscere alla vista, ma va a preferenze). Usare un coltello liscio, non seghettato, come ho fatto stupidamente io, non so perchè.
Aprire il sacchetto delle verdure, eliminare la scorza di limone e salare leggermente.
Sciacquare e cuocere il riso per assorbimento come spiegato qui con la foglia di alloro.
A parte tostare il sesamo fino a che è bello dorato e tritare finemente un cucchiaino di aghi di rosmarino, meglio se con qualche forellino.
Quando il riso è pronto rovesciarlo in una ciotola a fondo piatto, levare l'alloro ed unirvi rosmarino, sesamo, una grattata di pepe e un pizzico di sale. Mescolare con una spatola bagnata, dal basso verso l'alto, per condire il riso senza schiacciarlo. Coprire poi con un panno umido perchè il riso deve restare tiepido e non asciugare.
Per la salsa intiepidire la salsa di soia e sciogliervi bene il miele, quindi unire gli altri ingredienti, mescolare tutto e lasciar raffreddare.
Stendere un foglio di nori con la parte lucida in basso sopra un foglio più grande di pellicola per alimenti. Con le mani bagnate spianare delicatamente un quarto del riso al centro, compattandolo delicatamente e dandogli la forma di un quadrato più piccolo, ruotato di 45° rispetto all'alga.
Sul riso disporre una foglia di insalata, eliminando la parte più dura del gambo e piegandola per ottenere una sagoma quadrata, poi cospargere tutto a la superficie con metà delle cipolle.
Condire con qualche goccia di salsa e allinearvi sopra metà dei fagiolini, pareggiandoli in modo che non sporgano dal riso.
Adagiare sui fagiolini metà delle fettine di maiale leggermente sovrapposte, anch'esse pareggiate e disposte nello stesso verso dei fagiolini, e versarvi ancora con un poco di salsa.
Coprire con un altro quarto di riso, sempre con le mani bagnate, e creare uno strato uniforme e abbastanza compatto.
Con le mani ora ben asciutte ripiegare i quattro angoli dell'alga sopra il ripieno: unire due punte opposte al centro del quadrato di riso
e chiudervi sopra le altre due come in una busta quadrata a quattro lembi, spingendo verso l'interno gli eventuali spigolini che si creano in basso.
Avvolgere subito nella pellicola (ai primi tentativi aiuta a tenere compatto il sandwich se l'alga non è chiusa perfettamente) e premere per dare all'insieme una forma regolare, possibilmente piatta e quadrata. Ricordarsi, con una farcitura come questa, di segnare con un pennarello il verso del taglio per poter poi vedere la sezione di carne e fagiolini.
Ripetere tutto per l' altro onigirazu e, se non si consuma al momento, conservare qualche ora in frigo. Meglio però tenerli a temperatura ambiente e servirli nell'arco di una mezz'ora, perchè il riso troppo freddo si indurisce mentre l'alga si rammollisce e diventa ciccosa e stupida, come succede sempre ai bocconi degli all you can eat.
Poco prima di servire tagliare ogni fagottino in due con un coltello a lama liscia bagnato: c'e chi li taglia a triangolo ma a me piacciono di più i rettangoli, e qui mi faceva gioco dal punto di vista estetico.
Eliminare la pellicola, disporre gli onigirazu su un vassoio o in un cestino con il lato del taglio ben visibile (tenendoli leggermente separati tra loro o le alghe, se inumidite, tenderanno ad appiccicarsi tra loro( ed accompagnare con il resto della salsa in piattini individuali.
Si mangiano con le mani, intingendo nella salsa un angolino di onigirazu per volta.
Piccola nota: sinceramente la carne mi è piaciuta molto ma per le verdure ho trovato troppo macchinoso il meccanismo rispetto al risultato simil-lesso. Forse con l'attrezzatura adatta avrei avuto risultati diversi ma è invece più probabile che io abbia proprio sbagliato approccio, quindi attendo numi dalle maestre.
Ed è proprio per la possibilità infinita di imparare che continuo indefessa ad apprezzare l'MTC, e che con questa ricetta partecipo, appunto, all'MTChallenge Smart sulla cottura sottovuoto.
"In the frattemp" ho pure cominciato a studiare davvero il giapponese e so dunque scrivere (e soprattutto leggere!) un sacco di parole in hiragana, quindi mi devo sfogare: per esempio ramen si scriveらめん! In realtà sto barando, visto che andrebbe scritto in katakana, cioè così:ラメン, ma con lo studio sono proprio all'inizio... e non ci sono ancora arrivata! Comunque d'ora in poi, per esercizio, ammorberò ogni mio post con la grafia originale di tutte le parole giapponesi, quindi mi preparo a perdere definitivamente i pochi lettori rimasti.
Torniamo a noi: sarà la full immersion nello studio della lingua, sarà l'autopunitiva astinenza dalla cucina jap che si è fatta sentire troppo nelle ultime settimane, ma avevo deciso a priori che la sfida MTC in versione Smart di questa settimana mi avrebbe portato lì. Se non che il tema si è rivelato la cottura sottovuoto...
Non mi fermo certo davanti al fatto che il ramen sia una delle preparazioni più lunghe e complesse della cucina popolare giapponese, ne' per la consapevolezza di non avere ne' roner ne' apparecchi per il sottovuoto (e nemmeno sto a raccontare cosa mi ha portato a casa al'essere incaricato della spesa al posto dei sacchetti con chiusura a zip!*), però alcuni problemi di carattere pratico si rivelano oggettivamente insormontabili: non avendo la possibilità di mettere sottovuoto dei liquidi pensare al brodo si fa impegnativo, sempre che abbia un senso, e comunque leggendo il regolamento mi rendo conto che non sono permesse ossa.
Insomma: alla fine devo per forza ri-assestare l'idea. E di tutte le molte componenti del ramen tengo solo il chasu (ちゃ す), la fettina di maiale che in Giappone è segno distintivo del piatto, che ogni cuoco prepara a suo modo e con i propri segreti, e che sarebbe la versione giapponese di quel meraviglioso char-sui cinese di cui avevo spiegato origini e differenze qui.
C'è da dire che anche il ramen è di origine cinese, in verità, accolto in Giappone solo a inizio '900, ed è per questo che, nonostante sia oramai diventato un classico della cucina nipponica ed annoveri ristoranti specializzati ovunque ed infinite varianti regionali, il suo nome è scritto con i caratteri katakana, quelli che i Giapponesi usano per le parole straniere!
Il chasu da ramen è carne di maiale, di solito spalla o pancia, arrotolata; nonostante il nome significhi "arrosto" viene più spesso lessata e contribuisce all'aromatizzazione del brodo, salvo poi essere dorata esternamente, per ottenere a fini estetici delle belle fette tonde dai bordi bruniti.
In questa nuova chiave però, dove dimentico del tutto il ramen, si fa strada un'altra lettura: al posto di preoccuparmi dell'aspetto del mio chasu colgo piuttosto il senso goloso del pulled pork occidentale e penso al maiale come una matassa di sfilacci da raccogliere dentro qualcosa che sia sempre jap ma non pane, e da accompagnare con qualcosa di saporito ed umido ovviamente jap che non sia coleslaw. Ed è qui che mi si accende una luce: preparo un onigirazu (おにぎらず)!
Nel panorama millenario della cucina giapponese si tratta di un'invenzione davvero recente, la cui paternità è incredibilmente certa e documentabile: spetta infatti a Tochi Ueyama, il fumettista giapponese autore del celeberrimo manga Cooking Papa.
La serie, oramai più che ventennale, racconta di un padre di famiglia ottimo cuoco, che però cucina malissimo se deve farlo fuori casa. Sul numero 22 del 1991 il protagonista si inventa un sandwich di riso e alghe farcito con le sue specialità del giorno e nel fumetto c'è la pagina in cui gli attribuisce un nome e spiega esattamente come assemblarlo.
Sembra che l'ispirazione sia venuta all'autore osservando la moglie che confezionava di fretta uno spuntino per il loro figlioletto e l'idea rimane latente per qualche anno fino a che, con il dilagare del social media e della "moda" della cucina anche presso i giovani, viene "scoperta" e ripresa in rete ed in breve tempo diventa un fenomeno virale, tanto che nel 2015 l'onigirazu riceve un premio come piatto giapponese dell'anno.
Molti ne parlano come di una nuova versione "pop" del sushi, farcibile con specialità della tradizione ma anche con prodotti "moderni" ed occidentali... ma attenzione: non lo è per niente, fosse solo perchè il riso del sushi è condito con una mistura a base di aceto, detta sushizu (すし酢), e quello dell'onigirazu no!
Ma già il suo nome lo spiega: il termine onigiri (おにぎり), ovvero la polpetta di riso a sagoma triangolare farcita, tipica di ogni bento e spuntino nipponico, in realtà significa "fatto a mano";
Decisa la forma a onigirazu e decisa la via del pulled pork, arrivano le scelte vere: aromatizzo il maiale molto più che se dovessi poi usarlo nel ramen, dove invece deve armonizzarsi con sapori delicati. Poi insaporisco il riso, non con il nobile sushizu ma con un furikake (ふりかけ) da bambini golosi, e accompagno la carne con fagiolini per la croccantezza, cipolle per la dolcezza, insalata per la freschezza, e con una salsa aromatica che leghi il tutto.
L'idea teorica è quella di creare strati alternati verdi e rosati e, giusto per ribadire l'estrema regionalità della cucina giapponese, i sapori della salsa si ispirano a quella con cui si condisce il maiale grigliato (tonteki,トンテキ) a Yokkaichi, cittadina della prefettura di Mie, che lì prende il nome di buta no tebukuru yaki, "maiale al guanto" (ぶた の てぶくる やき) per il taglio particolare della carne.
Il furikake che vorrei sarebbe a base di grani di miglio tostato e foglie di shiso (しそ): ovviamente nel supermercato sotto casa non esistono, quindi li sostituisco con semi di sesamo, rosmarino e pepe. Allo stesso modo le spezie per il rub, i liquidi di cottura del maiale e qualche ingrediente della salsa di accompagnamento risentono di modifiche all'Occidentale.
Come ingredienti puramente giapponesi restano invece la salsa di soia, di cui ho in dispensa un gallone e che questa volta ci tengo a non sostituire, lo zenzero, che abbinato con l'aglio è per me un amore folle, e l'alga nori, forse il sapore giapponese che più mi è mancato in questo periodo. Per chi volesse occidentalizzare proprio tutto direi pepe al posto dello zenzero, grosse foglie di bieta scottate al posto dell'alga... e niente per la soia. Tutto il resto possiamo quasi dire che vada da sé.
ONIGIRAZU CON CHASU SOTTOVUOTO E VERDURE
ingredienti per 2 persone:
per la carne:
200 g c.a di spalla di maiale
2 cucchiaini di salsa di soia
1 cucchiaino di aceto balsamico
1/2 spicchio di aglio
1 dadino di zenzero fresco grosso come l'aglio
1/4 di cucchiaino di zucchero (circa 1,5% del peso della carne)
1/4 di cucchiaino di sale (circa 1,5% del peso della carne)
pepe nero al mulinello
per la salsa:
1 cucchiaio e mezzo di salsa di soia
1/2 cucchiaio di salsa Worcestershire (meglio se homemade)
1/2 cucchiaio di ketchup
1/2 cucchiaio di miele fluido
per gli onigirazu:
100 g di riso giapponese oppure originario (che peserà circa 260 g da cotto)
1 piccola foglia di alloro
1 cucchiaio di semi di sesamo bianchi
1 cucchiaino di aghi di rosmarino fresco
sale
pepe nero al mulinello
2 fogli quadrati di alga nori
per completare:
60 g di fagiolini
1 piccola cipolla rossa
3 cm di scorza di limone non trattato
2 belle foglie di insalata riccia
Tagliare la spalla in modo da ottenere un pezzo rettangolare da circa 10 x 5 cm spesso circa 2 cm, dal peso di circa 120 g (i ritagli di carne li ho usati poi per un altro piatto); strofinarlo su tutti i lati con un rub di sale, zucchero e pepe, coprire e far riposare in frigo per circa un'ora.
Riempire di acqua una capace pentola di ghisa (in modo che per inerzia la temperatura resti costante) e portare il liquido a 65 °C. Riempire intanto un contenitore a parte con acqua fresca.
Infilare la carne in un sacchetto con chiusura a zip ed unire l' aglio e lo zenzero ridotti a lamelle, poi versare nel sacchetto la salsa di soia e l'aceto balsamico.
Immergere il sacchetto con l'apertura verso l'alto, quasi tutta chiusa, nel contenitore di acqua fresca, premendolo delicatamente in modo che NE esca tutta l'aria ma non il contenuto, e chiudere del tutto con il sigillo.
Appendere il sacchetto con delle mollette da bucato ad una griglia e disporla sopra la pentola di acqua calda, in modo che la carne dentro il sacchetto sia completamente immersa nel liquido (dopo la foto ho infatti abbassato leggermente il sacchetto).
Potendo è meglio chiudere con il coperchio per rallentare il raffreddamento dell'acqua. Lasciare il termometro immerso perchè la temperatura dell'acqua deve rimanere costante per un'oretta, quindi controllare spesso e, se serve, dare di tanto in tanto una fiammata per non scendere di temperatura.
Quando la cottura è terminata non smontare l'ambaradan ma levare solo griglia e sacchetto, richiudendo subito il coperchio e riaccendendo il fuoco. Tuffare il sacchetto in acqua gelata in modo da bloccare la cottura, quindi lasciar riposare la carne prima di aprire.
Infilare in un altro sacchetto i fagiolini, lavati e spuntati, la cipolla a fette sottilissime e la scorza di limone. Ho messo nel sacchetto anche dei pesetti di ceramica alimentare perchè non galleggiasse, non so se ci sono altri sistemi più logici ma a me non sono venuti in mente.
Una volta che l'acqua arriva a 85° C ripetere le modalità di chiusura e cottura del sotto vuoto, questa volta lasciando cuocere le verdure per circa 30 minuti, poi raffreddando il sacchetto in acqua gelata.
Poco prima dell'uso aprire e scolare la cane, poi tagliarla a listarelle sottili (ho deciso strada facendo che non la volevo sfilacciare perchè mi piaceva poterla riconoscere alla vista, ma va a preferenze). Usare un coltello liscio, non seghettato, come ho fatto stupidamente io, non so perchè.
Aprire il sacchetto delle verdure, eliminare la scorza di limone e salare leggermente.
Sciacquare e cuocere il riso per assorbimento come spiegato qui con la foglia di alloro.
A parte tostare il sesamo fino a che è bello dorato e tritare finemente un cucchiaino di aghi di rosmarino, meglio se con qualche forellino.
Quando il riso è pronto rovesciarlo in una ciotola a fondo piatto, levare l'alloro ed unirvi rosmarino, sesamo, una grattata di pepe e un pizzico di sale. Mescolare con una spatola bagnata, dal basso verso l'alto, per condire il riso senza schiacciarlo. Coprire poi con un panno umido perchè il riso deve restare tiepido e non asciugare.
Per la salsa intiepidire la salsa di soia e sciogliervi bene il miele, quindi unire gli altri ingredienti, mescolare tutto e lasciar raffreddare.
Stendere un foglio di nori con la parte lucida in basso sopra un foglio più grande di pellicola per alimenti. Con le mani bagnate spianare delicatamente un quarto del riso al centro, compattandolo delicatamente e dandogli la forma di un quadrato più piccolo, ruotato di 45° rispetto all'alga.
Sul riso disporre una foglia di insalata, eliminando la parte più dura del gambo e piegandola per ottenere una sagoma quadrata, poi cospargere tutto a la superficie con metà delle cipolle.
Condire con qualche goccia di salsa e allinearvi sopra metà dei fagiolini, pareggiandoli in modo che non sporgano dal riso.
Adagiare sui fagiolini metà delle fettine di maiale leggermente sovrapposte, anch'esse pareggiate e disposte nello stesso verso dei fagiolini, e versarvi ancora con un poco di salsa.
Coprire con un altro quarto di riso, sempre con le mani bagnate, e creare uno strato uniforme e abbastanza compatto.
Con le mani ora ben asciutte ripiegare i quattro angoli dell'alga sopra il ripieno: unire due punte opposte al centro del quadrato di riso
e chiudervi sopra le altre due come in una busta quadrata a quattro lembi, spingendo verso l'interno gli eventuali spigolini che si creano in basso.
Avvolgere subito nella pellicola (ai primi tentativi aiuta a tenere compatto il sandwich se l'alga non è chiusa perfettamente) e premere per dare all'insieme una forma regolare, possibilmente piatta e quadrata. Ricordarsi, con una farcitura come questa, di segnare con un pennarello il verso del taglio per poter poi vedere la sezione di carne e fagiolini.
Ripetere tutto per l' altro onigirazu e, se non si consuma al momento, conservare qualche ora in frigo. Meglio però tenerli a temperatura ambiente e servirli nell'arco di una mezz'ora, perchè il riso troppo freddo si indurisce mentre l'alga si rammollisce e diventa ciccosa e stupida, come succede sempre ai bocconi degli all you can eat.
Poco prima di servire tagliare ogni fagottino in due con un coltello a lama liscia bagnato: c'e chi li taglia a triangolo ma a me piacciono di più i rettangoli, e qui mi faceva gioco dal punto di vista estetico.
Eliminare la pellicola, disporre gli onigirazu su un vassoio o in un cestino con il lato del taglio ben visibile (tenendoli leggermente separati tra loro o le alghe, se inumidite, tenderanno ad appiccicarsi tra loro( ed accompagnare con il resto della salsa in piattini individuali.
Si mangiano con le mani, intingendo nella salsa un angolino di onigirazu per volta.
Piccola nota: sinceramente la carne mi è piaciuta molto ma per le verdure ho trovato troppo macchinoso il meccanismo rispetto al risultato simil-lesso. Forse con l'attrezzatura adatta avrei avuto risultati diversi ma è invece più probabile che io abbia proprio sbagliato approccio, quindi attendo numi dalle maestre.
Ed è proprio per la possibilità infinita di imparare che continuo indefessa ad apprezzare l'MTC, e che con questa ricetta partecipo, appunto, all'MTChallenge Smart sulla cottura sottovuoto.
- rivoli affluenti:
- * importante: ringrazio Giuliana per lo spaccio di sacchetti adatti e per il supporto morale!
- per storia e geografia del ramen il testo base è: Hayato Ishiyama, The Ramen Book, 2015, Jitsugyo No Nihon Sha, ISBN 978-4-408-33122-5
- qui un dettagliato approfondimento tecnico su come si seleziona, taglia e condisce una spalla di maiale per un perfetto chasu tradizionale, ma cotto sottovuoto
- la foto del maiale al guanto è presa qui.
Certo, dall' MTC c'è sempre da imparare, ma tu sei sicuramente una di quelle da cui imparo di più!
RispondiEliminabe' in questo caso direi proprio di no, per dirla elegantemente con il sottovuoto ho decisamente margini di miglioramento moooooolto ampi.
EliminaDev’essere una lingua molto complicata, complimenti! Anche per questo piatto che mi sembra buonissimo
RispondiEliminaguarda, sono solo all'inizio e ancora non ti so dire, però ad ogni ostacolo corrisponde una profondità tale di storia e di cultura che ti rendi conto di come la lingua dia l'accesso davvero ad un mondo a parte.
Eliminail post piú enciclopedico della storia della culinaria giapponese ! veramente, come dico spesso, "mitologico". いただきます!
RispondiEliminaありがとう ございます
EliminaOra, tralasciando tutta la parte storico linguistica che già di per se si merita un plauso di quelli che durano circa dieci minuti senza interruzione con fischi e ole, tralasciando quello che si può dire? Nulla, io non trovo nulla da dire, anche perché oramai parlando di te ho finito commenti e complimenti, in semplicità mi piace tutto, ma proprio tutto. E quando partecipo devo sempre fare come se tu non partecipassi, che mi prende n'ansia da prestazione, che come Annalena c'è solo Annalena!
RispondiEliminaora, tralasciando le capacità tue tecniche, la bellezza delle tue foto ed il senso profondo di quello che fai, che si può dire? Nulla. Solo, appunto, che mi piaci come cuoca e come blogger e che l'ansia da prestazione a te deve scivolare proprio sotto le scarpe, e ci devi pure camminare sopra.
EliminaHo letto il tuo post ieri, appena pubblicato, ma ero troppo presa da quanto letto e non avevo parole. Oggi ancora non le ho, ma ringraziarti mi sembra il minimo!!!
RispondiEliminaso che sei un po' matta ma non ho capito di che mi ringrazi...
EliminaSei peggio di Mtc: una scoperta continua ed uno stimolo ad approfondire ed a superarsi. Certo, con il giapponese non ci provo neanche, Annalena, ma grazie, sempre.
RispondiEliminacalma, calma...io con il giapponese ci provo ma non è assolutamente detto che ci riesca!!!
Eliminabuona fortuna per il Giapponese, io sto impazzendo da anni con il Mandarino, senza successo :) ma non ho né le tue basi, né la tua passione, né i tuoi neuroni. In compenso, ogni volta che leggo i tuoi post mi si accende la scintilla delle corrispondenze e mi veniva da pensare che il chasu da ramen in fondo è la carne del tuccu dei Genovesi e degli Argentini- che poi, è anche una antesignana del pulled pork (o meglio, pulled beef), visto che dopo mezza giornata in pentola si sfilaccia che è un piacere. Come del resto è la lettura di questa ricetta, affluenti compresi. Brava!
RispondiEliminagrammaticalmente non lo so ma, se ti può consolare, il mandarino è molto più difficile del giapponese sia da scrivere che, assolutamente, da pronunciare!
Elimina