Passa ai contenuti principali

maiale in forma giapponese per un MTC sottovuoto

Avevo deciso a priori che qualsiasi tema si fosse scelto per il prossimo MTChallenge questa volta avrei cucinato giapponese, e in specifico qualcosa che avesse a che fare con un piatto iconico. Insomma: in principio era un ramen.

"In the frattemp" ho pure cominciato a studiare davvero il giapponese e so dunque scrivere (e soprattutto leggere!) un sacco di parole in hiragana, quindi mi devo sfogare: per esempio ramen si scriveらめん! In realtà sto barando, visto che andrebbe scritto in katakana, cioè così:ラメン, ma con lo studio sono proprio all'inizio... e non ci sono ancora arrivata! Comunque d'ora in poi, per esercizio, ammorberò ogni mio post con la grafia originale di tutte le parole giapponesi, quindi mi preparo a perdere definitivamente i pochi lettori rimasti.

Torniamo a noi: sarà la full immersion nello studio della lingua, sarà l'autopunitiva astinenza dalla cucina jap che si è fatta sentire troppo nelle ultime settimane, ma avevo deciso a priori che la sfida MTC in versione Smart di questa settimana mi avrebbe portato lì. Se non che il tema si è rivelato la cottura sottovuoto...

Non mi fermo certo davanti al fatto che il ramen sia una delle preparazioni più lunghe e complesse della cucina popolare giapponese, ne' per la consapevolezza di non avere ne' roner ne' apparecchi per il sottovuoto (e nemmeno sto a raccontare cosa mi ha portato a casa al'essere incaricato della spesa al posto dei sacchetti con chiusura a zip!*), però alcuni problemi di carattere pratico si rivelano oggettivamente insormontabili: non avendo la possibilità di mettere sottovuoto dei liquidi pensare al brodo si fa impegnativo, sempre che abbia un senso, e comunque leggendo il regolamento mi rendo conto che non sono permesse ossa.

Insomma: alla fine devo per forza ri-assestare l'idea. E di tutte le molte componenti del ramen tengo solo il chasu (ちゃ す), la fettina di maiale che in Giappone è segno distintivo del piatto, che ogni cuoco prepara a suo modo e con i propri segreti, e che sarebbe la versione giapponese di quel meraviglioso char-sui cinese di cui avevo spiegato origini e differenze qui.

C'è da dire che anche il ramen è di origine cinese, in verità, accolto in Giappone solo a inizio '900, ed è per questo che, nonostante sia oramai diventato un classico della cucina nipponica ed annoveri ristoranti specializzati ovunque ed infinite varianti regionali, il suo nome è scritto con i caratteri katakana, quelli che i Giapponesi usano per le parole straniere!

Il chasu da ramen è carne di maiale, di solito spalla o pancia, arrotolata; nonostante il nome significhi "arrosto" viene più spesso lessata e contribuisce all'aromatizzazione del brodo, salvo poi essere dorata esternamente, per ottenere a fini estetici delle belle fette tonde dai bordi bruniti.

In questa nuova chiave però, dove dimentico del tutto il ramen, si fa strada un'altra lettura: al posto di preoccuparmi dell'aspetto del mio chasu colgo piuttosto il senso goloso del pulled pork occidentale e penso al maiale come una matassa di sfilacci da raccogliere dentro qualcosa che sia sempre jap ma non pane, e da accompagnare con qualcosa di saporito ed umido ovviamente jap che non sia coleslaw. Ed è qui che mi si accende una luce: preparo un onigirazu (おにぎらず)!
Nel panorama millenario della cucina giapponese si tratta di un'invenzione davvero recente, la cui paternità è incredibilmente certa e documentabile: spetta infatti a Tochi Ueyama, il fumettista giapponese autore del celeberrimo manga Cooking Papa.

La serie, oramai più che ventennale, racconta di un padre di famiglia ottimo cuoco, che però cucina malissimo se deve farlo fuori casa. Sul numero 22 del 1991 il protagonista si inventa un sandwich di riso e alghe farcito con le sue specialità del giorno e nel fumetto c'è la pagina in cui gli attribuisce un nome e spiega esattamente come assemblarlo.
Sembra che l'ispirazione sia venuta all'autore osservando la moglie che confezionava di fretta uno spuntino per il loro figlioletto e l'idea rimane latente per qualche anno fino a che, con il dilagare del social media e della "moda" della cucina anche presso i giovani, viene "scoperta" e ripresa in rete ed in breve tempo diventa un fenomeno virale, tanto che nel 2015 l'onigirazu riceve un premio come piatto giapponese dell'anno.

Molti ne parlano come di una nuova versione "pop" del sushi, farcibile con specialità della tradizione ma anche con prodotti "moderni" ed occidentali... ma attenzione: non lo è per niente, fosse solo perchè il riso del sushi è condito con una mistura a base di aceto, detta sushizu (すし酢), e quello dell'onigirazu no!

Ma già il suo nome lo spiega: il termine onigiri (おにぎり), ovvero la polpetta di riso a sagoma triangolare farcita, tipica di ogni bento e spuntino nipponico, in realtà significa "fatto a mano";
qui con l'aggiunta del privativo-razu diventa "non è fatto a mano", ovvero: non è difficile da confezionare come un onigiri perchè più veloce e semplice, ma, appunto, è a base di riso non condito, come la polpetta di partenza.

Decisa la forma a onigirazu e decisa la via del pulled pork, arrivano le scelte vere: aromatizzo il maiale molto più che se dovessi poi usarlo nel ramen, dove invece deve armonizzarsi con sapori delicati. Poi insaporisco il riso, non con il nobile sushizu ma con un furikake (ふりかけ) da bambini golosi, e accompagno la carne con fagiolini per la croccantezza, cipolle per la dolcezza, insalata per la freschezza, e con una salsa aromatica che leghi il tutto.

L'idea teorica è quella di creare strati alternati verdi e rosati e, giusto per ribadire l'estrema regionalità della cucina giapponese, i sapori della salsa si ispirano a quella con cui si condisce il maiale grigliato (tonteki,トンテキ) a Yokkaichi, cittadina della prefettura di Mie, che lì prende il nome di buta no tebukuru yaki, "maiale al guanto" (ぶた の てぶくる やき) per il taglio particolare della carne.
Il furikake che vorrei sarebbe a base di grani di miglio tostato e foglie di shiso (しそ): ovviamente nel supermercato sotto casa non esistono, quindi li sostituisco con semi di sesamo, rosmarino e pepe. Allo stesso modo le spezie per il rub, i liquidi di cottura del maiale e qualche ingrediente della salsa di accompagnamento risentono di modifiche all'Occidentale.

Come ingredienti puramente giapponesi restano invece la salsa di soia, di cui ho in dispensa un gallone e che questa volta ci tengo a non sostituire, lo zenzero, che abbinato con l'aglio è per me un amore folle, e l'alga nori, forse il sapore giapponese che più mi è mancato in questo periodo. Per chi volesse occidentalizzare proprio tutto direi pepe al posto dello zenzero, grosse foglie di bieta scottate al posto dell'alga... e niente per la soia. Tutto il resto possiamo quasi dire che vada da sé.
ONIGIRAZU CON CHASU SOTTOVUOTO E VERDURE
ingredienti per 2 persone:
per la carne:
200 g c.a di spalla di maiale
2 cucchiaini di salsa di soia
1 cucchiaino di aceto balsamico
1/2 spicchio di aglio
1 dadino di zenzero fresco grosso come l'aglio
1/4 di cucchiaino di zucchero (circa 1,5% del peso della carne)
1/4 di cucchiaino di sale (circa 1,5% del peso della carne)
pepe nero al mulinello

per la salsa:
1 cucchiaio e mezzo di salsa di soia
1/2 cucchiaio di salsa Worcestershire (meglio se homemade)
1/2 cucchiaio di ketchup
1/2 cucchiaio di miele fluido

per gli onigirazu:
100 g di riso giapponese oppure originario (che peserà circa 260 g da cotto)
1 piccola foglia di alloro
1 cucchiaio di semi di sesamo bianchi
1 cucchiaino di aghi di rosmarino fresco
sale
pepe nero al mulinello
2 fogli quadrati di alga nori

per completare:
60 g di fagiolini
1 piccola cipolla rossa
3 cm di scorza di limone non trattato
2 belle foglie di insalata riccia

Tagliare la spalla in modo da ottenere un pezzo rettangolare da circa 10 x 5 cm spesso circa 2 cm, dal peso di circa 120 g (i ritagli di carne li ho usati poi per un altro piatto); strofinarlo su tutti i lati con un rub di sale, zucchero e pepe, coprire e far riposare in frigo per circa un'ora.

Riempire di acqua una capace pentola di ghisa (in modo che per inerzia la temperatura resti costante) e portare il liquido a 65 °C. Riempire intanto un contenitore a parte con acqua fresca.

Infilare la carne in un sacchetto con chiusura a zip ed unire l' aglio e lo zenzero ridotti a lamelle, poi versare nel sacchetto la salsa di soia e l'aceto balsamico.

Immergere il sacchetto con l'apertura verso l'alto, quasi tutta chiusa, nel contenitore di acqua fresca, premendolo delicatamente in modo che NE esca tutta l'aria ma non il contenuto, e chiudere del tutto con il sigillo.
Appendere il sacchetto con delle mollette da bucato ad una griglia e disporla sopra la pentola di acqua calda, in modo che la carne dentro il sacchetto sia completamente immersa nel liquido (dopo la foto ho infatti abbassato leggermente il sacchetto).
Potendo è meglio chiudere con il coperchio per rallentare il raffreddamento dell'acqua. Lasciare il termometro immerso perchè la temperatura dell'acqua deve rimanere costante per un'oretta, quindi controllare spesso e, se serve, dare di tanto in tanto una fiammata per non scendere di temperatura.
Quando la cottura è terminata non smontare l'ambaradan ma levare solo  griglia e sacchetto, richiudendo subito il coperchio e riaccendendo il fuoco. Tuffare il sacchetto in acqua gelata in modo da bloccare la cottura, quindi lasciar riposare la carne prima di aprire.

Infilare in un altro sacchetto i fagiolini, lavati e spuntati, la cipolla a fette sottilissime e la scorza di limone. Ho messo nel sacchetto anche dei pesetti di ceramica alimentare perchè non galleggiasse, non so se ci sono altri sistemi più logici ma a me non sono venuti in mente.
Una volta che l'acqua arriva a 85° C ripetere le modalità di chiusura e cottura del sotto vuoto, questa volta lasciando cuocere le verdure per circa 30 minuti, poi raffreddando il sacchetto in acqua gelata.

Poco prima dell'uso aprire e scolare la cane, poi tagliarla a listarelle sottili (ho deciso strada facendo che non la volevo sfilacciare perchè mi piaceva poterla riconoscere alla vista, ma va a preferenze). Usare un coltello liscio, non seghettato, come ho fatto stupidamente io, non so perchè.
Aprire il sacchetto delle verdure, eliminare la scorza di limone e salare leggermente.
Sciacquare e cuocere il riso per assorbimento come spiegato qui con la foglia di alloro.

A parte tostare il sesamo fino a che è bello dorato e tritare finemente un cucchiaino di aghi di rosmarino, meglio se con qualche forellino.
Quando il riso è pronto rovesciarlo in una ciotola a fondo piatto, levare l'alloro ed unirvi rosmarino, sesamo, una grattata di pepe e un pizzico di sale. Mescolare con una spatola bagnata, dal basso verso l'alto, per condire il riso senza schiacciarlo. Coprire poi con un panno umido perchè il riso deve restare tiepido e non asciugare.

Per la salsa intiepidire la salsa di soia e sciogliervi bene il miele, quindi unire gli altri ingredienti, mescolare tutto e lasciar raffreddare.
Stendere un foglio di nori con la parte lucida in basso sopra un foglio più grande di pellicola per alimenti. Con le mani bagnate spianare delicatamente un quarto del riso al centro, compattandolo delicatamente e dandogli la forma di un quadrato più piccolo, ruotato di 45° rispetto all'alga.
Sul riso disporre una foglia di insalata, eliminando la parte più dura del gambo e piegandola per ottenere una sagoma quadrata, poi cospargere tutto a la superficie con metà delle cipolle.

Condire con qualche goccia di salsa e allinearvi sopra metà dei fagiolini, pareggiandoli in modo che non sporgano dal riso.
Adagiare sui fagiolini metà delle fettine di maiale leggermente sovrapposte, anch'esse pareggiate e disposte nello stesso verso dei fagiolini, e versarvi ancora con un poco di salsa.
Coprire con un altro quarto di riso, sempre con le mani bagnate, e creare uno strato uniforme e abbastanza compatto.

Con le mani ora ben asciutte ripiegare i quattro angoli dell'alga sopra il ripieno: unire due punte opposte al centro del quadrato di riso
 e chiudervi sopra le altre due come in una busta quadrata a quattro lembi, spingendo verso l'interno gli eventuali spigolini che si creano in basso.
Avvolgere subito nella pellicola (ai primi tentativi aiuta a tenere compatto il sandwich se l'alga non è chiusa perfettamente) e premere per dare all'insieme una forma regolare, possibilmente piatta e quadrata. Ricordarsi, con una farcitura come questa, di segnare con un pennarello il verso del taglio per poter poi vedere la sezione di carne e fagiolini.
Ripetere tutto per l' altro onigirazu e, se non si consuma al momento, conservare qualche ora in frigo. Meglio però tenerli a temperatura ambiente e servirli nell'arco di una mezz'ora, perchè il riso troppo freddo si indurisce mentre l'alga si rammollisce e diventa ciccosa e stupida, come succede sempre ai bocconi degli all you can eat.

Poco prima di servire tagliare ogni fagottino in due con un coltello a lama liscia bagnato: c'e chi li taglia a triangolo ma a me piacciono di più i rettangoli, e qui mi faceva gioco dal punto di vista estetico.
Eliminare la pellicola, disporre gli onigirazu su un vassoio o in un cestino con il lato del taglio ben visibile (tenendoli leggermente separati tra loro o le alghe, se inumidite, tenderanno ad appiccicarsi tra loro( ed accompagnare con il resto della salsa in piattini individuali.
Si mangiano con le mani, intingendo nella salsa un angolino di onigirazu per volta.
Piccola nota: sinceramente la carne mi è piaciuta molto ma per le verdure ho trovato troppo macchinoso il meccanismo rispetto al risultato simil-lesso. Forse con l'attrezzatura adatta avrei avuto risultati diversi ma è invece più probabile che io abbia proprio sbagliato approccio, quindi attendo numi dalle maestre.

Ed è proprio per la possibilità infinita di imparare che continuo indefessa ad apprezzare l'MTC, e che con questa ricetta partecipo, appunto, all'MTChallenge Smart sulla cottura sottovuoto.
  • rivoli affluenti:
  • * importante: ringrazio Giuliana per lo spaccio di sacchetti adatti e per il supporto morale!
  • per storia e geografia del ramen il testo base è: Hayato Ishiyama, The Ramen Book, 2015, Jitsugyo No Nihon Sha, ISBN 978-4-408-33122-5
  • qui un dettagliato approfondimento tecnico su come si seleziona, taglia e condisce una spalla di maiale per un perfetto chasu tradizionale, ma cotto sottovuoto
  • la foto del maiale al guanto è presa qui.

Commenti

  1. Certo, dall' MTC c'è sempre da imparare, ma tu sei sicuramente una di quelle da cui imparo di più!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. be' in questo caso direi proprio di no, per dirla elegantemente con il sottovuoto ho decisamente margini di miglioramento moooooolto ampi.

      Elimina
  2. Dev’essere una lingua molto complicata, complimenti! Anche per questo piatto che mi sembra buonissimo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. guarda, sono solo all'inizio e ancora non ti so dire, però ad ogni ostacolo corrisponde una profondità tale di storia e di cultura che ti rendi conto di come la lingua dia l'accesso davvero ad un mondo a parte.

      Elimina
  3. il post piú enciclopedico della storia della culinaria giapponese ! veramente, come dico spesso, "mitologico". いただきます!

    RispondiElimina
  4. Ora, tralasciando tutta la parte storico linguistica che già di per se si merita un plauso di quelli che durano circa dieci minuti senza interruzione con fischi e ole, tralasciando quello che si può dire? Nulla, io non trovo nulla da dire, anche perché oramai parlando di te ho finito commenti e complimenti, in semplicità mi piace tutto, ma proprio tutto. E quando partecipo devo sempre fare come se tu non partecipassi, che mi prende n'ansia da prestazione, che come Annalena c'è solo Annalena!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ora, tralasciando le capacità tue tecniche, la bellezza delle tue foto ed il senso profondo di quello che fai, che si può dire? Nulla. Solo, appunto, che mi piaci come cuoca e come blogger e che l'ansia da prestazione a te deve scivolare proprio sotto le scarpe, e ci devi pure camminare sopra.

      Elimina
  5. Ho letto il tuo post ieri, appena pubblicato, ma ero troppo presa da quanto letto e non avevo parole. Oggi ancora non le ho, ma ringraziarti mi sembra il minimo!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. so che sei un po' matta ma non ho capito di che mi ringrazi...

      Elimina
  6. Sei peggio di Mtc: una scoperta continua ed uno stimolo ad approfondire ed a superarsi. Certo, con il giapponese non ci provo neanche, Annalena, ma grazie, sempre.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. calma, calma...io con il giapponese ci provo ma non è assolutamente detto che ci riesca!!!

      Elimina
  7. buona fortuna per il Giapponese, io sto impazzendo da anni con il Mandarino, senza successo :) ma non ho né le tue basi, né la tua passione, né i tuoi neuroni. In compenso, ogni volta che leggo i tuoi post mi si accende la scintilla delle corrispondenze e mi veniva da pensare che il chasu da ramen in fondo è la carne del tuccu dei Genovesi e degli Argentini- che poi, è anche una antesignana del pulled pork (o meglio, pulled beef), visto che dopo mezza giornata in pentola si sfilaccia che è un piacere. Come del resto è la lettura di questa ricetta, affluenti compresi. Brava!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. grammaticalmente non lo so ma, se ti può consolare, il mandarino è molto più difficile del giapponese sia da scrivere che, assolutamente, da pronunciare!

      Elimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran...

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo ...

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,...

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento ...

peperoni farciti alla croata: massaia batte bustina millemila a zero!

Riprendere a parlare di cucina non è facilissimo, soprattutto con il tono scanzonato che avevo in mente per questo post. Mi limiterò all'aspetto "documentaristico" ed umano, che l'umore magari sa beneficiare della concentrazione e della dolcezza richieste da una simile impostazione. Dopo una lunga serie di articoli e ricette a base di riso penso di cambiare direzione dedicandomi ai peperoni bianchi croati che di solito si cucinano ripieni di carne, per scoprire poi che nella farcia è presente riso crudo. Quando si dice il caso... I peperoni bianchi, babura paprika, in Croazia sono reperibili facilmente proprio in questa stagione. Ne ho in frigo tre e decido di prepararli, appunto, come  punjene paprike , ovvero farciti e cotti nel pomodoro, ricetta tipica che con piccole varianti è diffusa anche in altri Paesi limitrofi e che ogni famiglia, ovviamente, prepara secondo i propri criteri. La versione più semplice prevede di profumare carne trita di manzo o m...

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz...

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!