Sono deliziata: dopo aver seguito qui nel blog dal 25 gennaio al 24 giugno di quest'anno tutto il percorso di Uffizi da Mangiare con il mio umilissimo Inseguendo l'Arte da Magiare, scopro che per chiudere in bellezza l'anno le Gallerie degli Uffizi per Natale ne propongono l'estensione con Aggiungi un posto a Tavola. L'iniziativa riprende infatti con un post dell'8 dicembre sulla or pagina Facebook, che recita:
A partire da oggi entriamo nelle vostre cucine per sentire il profumo del Natale. Il cibo è Arte, in particolar modo in Italia, terra di cultura, tradizione, gusto e immaginazione. Nasce a Natale la prima call to action delle Gallerie degli Uffizi dedicata al connubio fra cibo e arte dove i protagonisti siete Voi, cuochi non professionisti con la passione per la buona tavola!
L’ispirazione viene dai dipinti del ‘600 delle nostre collezioni, dispense ricche o tavole imbandite con tutti gli ingredienti utili per preparare un piatto ad arte. Potete farvi ispirare da tre differenti tableaux per ricette di carne, pesce o vegeteriane. [...] I tre migliori piatti con le vostre ricette verranno postati sulla nostra pagina Facebook.
Nulla poteva darmi più gioia che riprendere il filo interrotto questa estate. Lungo quello splendido percorso tra nature morte ed altre opere della collezione degli Uffizi, avevo preparato piatti compatibili non solo con gli ingredienti raffigurati ma anche con il luoghi di vita degli autori e le date di realizzazione dei dipinti, ricostruendo di fatto una sorta di storia e geografia della cucina ispirata all'arte.
Oggi mi trovo particolarmente arricchita da quella esperienza, nonché facilitata nell'affrontare questo nuovo tema, visto che due delle tre opere proposte come spunto di ricette natalizie mi sono già molto familiari. I tre dipinti sono, infatti:
1) Dispensa con botte, selvaggina, carni e vasellami di Jacopo Chimenti,1624, di cui, inseguendo appunto, Uffizi da mangiare, avevo parlato qui, ricavandone la suggestione degli gnocchi di formaggio in brodo di pera.
Dello stesso autore, tra l'altro, era stata offerta un'altra Dispensa con porco..., da cui qui era nato un mio pasticcio di tacchino.
2) La Natura morta con vaso di cristallo di Willem van Aelst, 1652, con cui, insieme alla sua Natura Morta con frutta del 1656, che aveva fatto da logo al progetto Uffizi da mangiare, mi ero confrontata qui con il mio cramique all'uva
3) per quanto riguarda il dipinto di Giuseppe Recco Natura morta con pesci su un piatto, 1670-80 c.a
potrei anche recuperare i discorsi fatti qui sul Ragazzo con cesta di pesce soggetto di Giacomo Ceruti, che aveva ispirato le mie semplici polpette di pane e pesce,
... o quelli scritti qui sul vino con Caravaggio, da cui era spuntata una insalata di pesce al vino rosso...
Ma non sarebbe leale, visto che la prima ricetta era ispirata alla vita di un pittore lombardo quando il Ducato di Milano era conteso tra Francesi, Spagnoli ed Austriaci, e la seconda ad un pittore lombardo che operava prevalentemente a Roma, allora Stato della Chiesa. Tutta la famiglia Recco, invece, era napoletana e si trattava di una vera dinastia di pittori: il padre e lo zio di Giuseppe Recco, Giacomo e Giovan Battista, furono gli iniziatori del genere della natura morta napoletana, e anche due dei dodici figli di Giuseppe, Elena e Nicola Maria, seguirono le orme artistiche di famiglia.
Nella galleria d'arte antica dove ho lavorato fino al poco prima del Covid erano esposti un Vaso di fiori e due Nature morte con pesci dei Recco che, insieme al dipinto proposto dagli Uffizi, non solo mi danno grande familiarità con lo stile dell'autore ma non possono farmi accettare ricette senza un'anima partenopea per omaggiare la rappresentazione in chiave barocca di un'autore napoletano: tra l'altro il pesce sulla sua tela appare talmente vivo e guizzante che vorrei visivamente esaltarlo al massimo.
Per il Natale degli Uffizi con Aggiungi un posto a tavola posso tranquillamente immaginare di servire un pranzo delle feste che come primo contempli gli gnocchi di formaggio e pere e come secondo il pasticcio di tacchino ispirati a Ceruti, chiudendo poi con il dolce cramique suggerito dai dipinti di van Aest, ma per aprire il pasto richiamando Giuseppe Recco ci vuole qualcosa di appositamente studiato.
Occorre infatti ragionare su cosa si mangiasse a metà '600 nel Regno di Napoli, che in quell'epoca, a parte la breve repubblica seguita alla rivolta di Masaniello nel 1647-48, era da tempo stabilmente governata da viceré spagnoli, comprendeva grossomodo gli attuali Campania, Calabria, Puglia, Molise e Abruzzo ed era strettamente collegata dal punto di vista politico, economico e culturale pure con Sicilia e Sardegna, anch'esse sotto dominio spagnolo.
Non solo le abitudini gastronomiche di Napoli erano dunque aperte a parecchie contaminazioni, oltre a quella che noi oggi possiamo indentificare come spagnola, ma occorre capire anche in che ambito si muovesse Giuseppe Recco, dato che la stratificazione sociale corrispondeva a possibilità alimentari parecchio differenti.
Nacque a Napoli tra il 1634 in una famiglia di artisti già riconosciuti. Si dice abbia brevemente studiato anche in Lombardia ma non è certo, mentre è certo che studiò a Napoli con il padre e con Paolo Porpora e che era in contatto con Luca Giordano.
La sua committenza fu ben presto di di alto rango, sia aristocratica che borghese, tanto che lavorò anche direttamente per uno dei Vicerè di Napoli, il marchese De Los Vélez, e sembra che a 37 anni abbia ricevuto il titolo di Cavaliere. Venne infine invitato addirittura a corte dallo stesso re di Sagna Carlo II nel 1695, ma la sua nave naufragò e il pittore morì ad Alicante, sulla costa spagnola dove infine approdò, in seguito alle febbri contratte nei due mesi in balia delle onde. Curiosa sorte, per chi aveva saputo ritrarre in vita con tale passione i prodotti del mare...
Nella sontuosa cucina secentesca dell'alta società del Regno di Napoli, che a differenza del popolino consumava sia carne che pesce, erano ben considerate anche le verdure, come testimonia Antonio Latini, scalco marchigiano (quindi a stretto contatto con il regno di Napoli) che scrive a Napoli nel 1692. Sua, ad esempio la ricetta per una:
[Altra] Minestra di Foglia alla Spagnuola.
Prenderai tre libbre di vacca, un cappone con ceci abbastanza e li metterai al fuoco nell'istesso tempo che si mette a bollire la vacca e diapoi vi metterai dentro tutte le sorti di salati a proporzione; v'aggiungerai anche caoli cappucci, rape, cipolle, agli intieri numero due con zaffarano, sue spetierie ed erbette odorifere; quando sarà tutto bel cotto ne farai minestre ben calde, ma prima che sieno ben riposate.
Interessante notare come una minestra di verdura e legumi, di origine chiaramente popolana, si sia fusa qui con ingredienti costosi come carni nobili (a ricordare la olla podrida spagnola, direi, dove però si usavano gli scarti del maiale) e spezie rare. E' un concetto davvero rivoluzionario, destinato nel tempo a cambiare completamente la visione del "lusso a tavola", come si vedrà molto bene nel secolo successivo.
Ma altrettanto interessante è trovare tra le ricette di Latini pomodori, peperoni e peperoncini del Nuovo Mondo, che arrivarono nel Regno di Napoli prima che nel resto d'Italia proprio attraverso gli Spagnoli, anche se per vedere il pomodoro coniugarsi con la pasta e con la pizza si dovrà aspettare l'800. Infatti lui consiglia di utilizzare con tutt'altro la sua:
Salsa di Pomadoro, alla Spagnuola.
Piglierai una mezza dozzina di pomadore, che sieno mature; le porrai sopra le brage, a brustolare, e dopò che saranno abbruscate, gli leverai la scorza diligentemente, e le triterai minutamente con il coltello, e v’aggiungerai cipolle tritate minute, a discrezione, peparolo pure tritato minuto, serpollo in poca quantità, e mescolando ogni cosa insieme, l’accommoderai con un po’ di sale, oglio, & aceto, che sarà una salsa molto gustosa, per bollito, ò per altro.
Per rimanere coerenti con il dipinto di Recco possiamo magari tradurre queste due ricette a loro modo rivoluzionarie in un unico piatto di mare da presentare come antipasto nel nostro pranzo di Natale dedicato all'Arte?
Accoppiare a ceci e verdure del pesce al posto della carne, ad esempio, significa ri-comporre una ricetta nobile con un'idea nemmeno poi tanto contemporanea, visto che piatti di pesce e verdure si consumavano a Napoli già in epoca romana e che nel '600 sono comunque ben presenti in tutto il Regno, prescritti per i numerosissimi giorni "di magro".
Un'ulteriore ri-composizione può osar sostituire le spezie barocche della prima ricetta con le sue sole "erbette odorifere", interpretandone la definizione in senso allargato per accogliere i sentori dell'innovativa salsa della seconda ricetta. I pomodori gialli dei tempi, i primi che arrivarono da noi, nel Regno di Napoli del '600 erano molto costosi perchè ancora poco disponibili, dunque restiamo nell'ambito della cucina nobile: rappresentano di fatto un nuovo "oro" in tavola che sostituisce egregiamente lo zafferano.
Dunque se ci si muove con al dovuta cura si può rientrare concettualmente in quella linea storica di graduale innovazione dei cuochi del XVII secolo, che in ogni angolo del vasto Regno di Napoli stavano cominciando a percorrere.
Come in cucina, anche nella rappresentazione artistica si cominciò proprio allora a dare a tutti i cibi pari dignità. I pesci erano infatti protagonisti di tanti dipinti di Giuseppe Recco e famiglia e, insieme ai frutti della terra ed ai prodotti delle cucine, erano raffigurati nel nuovo genere, quello della natura morta, che cominciava proprio in quell'epoca ad abbellire le sale da pranzo dei grandi palazzi di tutta Europa.
Vista la sua abilità nel ritrarre i doni del mare, come pure quelli della terra, esaltandone la naturale bellezza e sottolineandone l'armonia, probabilmente Giuseppe Recco questa innovazione di un piatto marino abbinato a verdure l'avrebbe apprezzata, tanto più se profumato con quegli aromi nuovi ed elitari a cui i suoi committenti erano avvezzi.
Se poi pensiamo ai suoi ultimi due mesi di vita in mezzo al mare, in cui sicuramente quel poco di cui sarà riuscito a nutrirsi sarà stato proprio pesce, probabilmente una ricetta così l'avrebbe gradita assai...
INTINGOLO DORATO CON PESCE E VERDURE DEL REGNO DI NAPOLI
ingredienti per 4 persone:
1 bella sogliola da circa 800 g
50 g di ceci secchi
400 g di pomodorini gialli
2 piccole rape
8 foglie tenere di cavolo cappuccio
1 cipolla
1 spicchio di aglio
1/2 cucchiaio di foglioline di timo
1 foglia di alloro
aceto di Xeres
(peperoncini in polvere, facoltativo)
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
zucchero
sale
pepe nero al mulinello
Ammollare i ceci una notte, poi versarli in acqua fredda con 1 foglia di alloro e cuocerli a fuoco basso un paio di ore, fino a che sono morbidi, salando e lasciandoli poi intiepidire nel loro brodo.
Tagliare in due i pomodorini gialli e a falde mezza cipolla, spolverarli di sale, zucchero e un po' di foglioline di timo e metterli al forno con un filo di olio a 100 °C in forno statico per circa 1,5-2 ore.
Passarne poi la polpa al setaccio e restringere leggermente sul fuoco eventualmente, a gusto, con un pizzico di peperoncino in polvere (che io ho omesso, privilegiando nel piatto il pepe, la "spezia" per antonomasia; condire infine con un goccio di aceto di Xeres e lucidare con una cucchiaiata di olio.
Sfilettare le sogliole, tagliare i filetti per il lungo per ricavarne delle lunghe strisce larghe due dita, condirle con sale, pepe e un pizzico di timo, poi arrotolarle ricavandone degli involtini ben stretti.
Con l'acqua di cottura dei ceci, gli scarti del pesce, la mezza cipolla rimasta e l'aglio sbucciato e leggermente pestato preparare un fumetto e filtrarlo.
Scottare brevemente nel fumetto le foglie di cavolo e le rape sbucciate. Ridurre poi le rape a pezzettoni di 2 dita e privare le foglie della nervatura centrale, ricavandole delle strisce uniformi larghe poco più di 2 dita.
Avvolgere 8 nastri di cavolo attorno ai rotolini di sogliola e 8 attorno alle rape. Disporre i rotolini su un piatto forato rivestito con foglie di cavolo, coprire e cuocerli a vapore per circa 8-10 minuti sopra il fumetto in leggera ebollizione.
Scaldare i ceci scolati in un mestolino di fumetto e una presina di timo, regolando di sale se serve, fino a che il liquido si è asciugato, spegnere e pepare.
Scaldare la salsa e distribuirla sui piatti individuali; disporvi sopra gli involtini e completare con una cucchiaiata di ceci e una spolverata di pepe macinato al momento.
Avrei voluto usare piatti d'argento per citare visivamente i riflessi delle sogliole nel dipinto, peccato non averli...
- rivoli affluenti:
- per chi volesse partecipare basta inviare ricetta e foto del proprio piatto entro il 20 dicembre 2021 a: ricettanatale2021@uffizi.it
- se si segnala l'iniziativa sui social, come io ho fatto anche in Instagram e Twitter, l'hashtag è: #UffiziDaMangiare
- La citazione della "minestra" Antonio Latini è un brano del suo libro Lo scalco alla moderna, Napoli 1692-94, riportato in: Faccioli Emilio (cura), L’arte della cucina in Italia. Libri di ricette e trattati sulla civiltà della tavola dal XIV al XIX secolo, Einaudi Editore, 1987 e 1992, ISBN 88-06-59880-5
- Apicio Marco Tullio, Manuale di gastronomia, (c.a 400 d.C), traduzione di Adriana Bertozzi, Rizzoli, 2009, ISBN 978-88-17-02977-3
- Benporat Claudio, Storia della gastronomia italiana, Mursia Editore, 1990
- Capatti Alberto, Montanari Massimo, La cucina italiana. Storia di una cultura, 1999, Laterza, ISBN 88-420-5884-X
- Flandrin Jean-Louis, Montanari Massimo (cura), Storia dell’alimentazione, Editori Laterza, 1996, ISBN 88-420-5347-3
- la cartina del regno di Napoli è presa qui, la foto del testo originale di della "salsa" di Latini qui
- le fonti dell'immagine del dipinto di Recco è la pagina Facebook degli Uffizi citata prima; per gli altri dipinti, che avevo già pubblicato in precedenza, le fonti sono tutte citate nei link dei rispettivi post.
Bello il post e bello il piatto...ho scoperto la versatilità dei pomodorini gialli da non molto. Li trovo ancora anche al mercato e hanno quel non so che di speciale...
RispondiEliminaquesta tra l'altro è una ricetta super light, puoi anche levare l'olio dalla salsa se vuoi, che rimane più opaca ma lo stesso saporitissima.
EliminaQuesto ne lo devo leggere con calma mi piacciono questi resoconti del passato mirati ad un luogo e tempo ben precisi.
RispondiEliminaGrazie degli auguri, sai oltre riprendermi devo accettare psicologicamente in corpo estraneo che dirige i miei battiti.
Un abbraccio e intanto Buone Feste.
non pensarlo estraneo ma come una nuova parte di te, una specie di ritrovata volontà che ti rende più sana ed attiva.
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