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Visualizzazione dei post da maggio, 2010

diamoci una mossa!

Ecco, appena mi lamento di non aver tempo per arrivare dappertutto... riparte la carovana di Marco Polo e mi stimola a frugare in dispensa e trovarci qualcosa di yemenita! Che devo fare, lasciar cadere lo spunto?! Giammai... altrimenti dove sta la famosa libertà di scegliersi i piaceri della vita di cui si parlava giusto l'altro giorno ?! Inutile dormire sugli allori delle divagazioni: diamoci una mossa e facciamo un rapido giro in cucina: non ho pesce secco ed i datteri oggi non mi ispirano. Però ho spezie in abbondanza ed anche del pollo, così mi viene il mente uno dei piatti della festa più diffusi in Yemen, qui declinato con i prodotti più o meno compatibili con l'epoca dei Polo. Be'... a dire il vero non so esattamente nello Yemen di fine '200 cosa usassero al posto del peperoncino in scaglie e quello nella salsa zhoug , ma oggi non ho il tempo di pormi ulteriori dubbi, quindi becchiamoci la ricetta così com'è, con una pausa dalla filologia superesatta!

parlare di sé a sconosciuti

Per un lungo periodo questo blog ha occupato una grande parte del mio tempo libero. E' stato un modo per "sparire dalla circolazione" senza assentarmi del tutto dal mondo civile, mi ha permettesso di concentrarmi su me stessa e su argomenti che mi appassionano tagliando fuori dai pensieri alcune brutture quotidiane, di ripiegarmi in un limbo privato senza però chiudermi completamente. Qualcosa ultimamente è cambiato. Le brutture non sono sparite dalla mia vita, che anzi si è ulteriormente complicata, ma ho cominciato a dedicare anche ad altro il mio tempo libero, rientrando con gesti e rapporti nella dimensione conceta della vita quotidiana senza più il filtro virtuale a proteggermi. Non so dire se sono più serena. Rientrare nel mondo mi costringe a fronteggiare anche quelle difficoltà che nel mio rifugio ovattato mi permettevo di non guardare. Mi sento insieme più forte, più agitata, più fatalista. Non sono sicurissima del senso di ogni avventura in cui mi sono butta

le regine di San Antonio

Riflettevo sulla diffusa, orgogliosa convinzione di noi Europei in merito alla presunta mancanza di tradizione gastronomica degli Stati Uniti, a cui avevo già accennato qualche tempo fa.  Così ho deciso di contribuire a sfatare un falso mito per provare a proporne un altro che coinvolga concretamente la (breve ma intensa!) storia americana: una parola spagnola che è invece diventata uno dei piatti nazionali statunitensi più misconosciuti: il chili . Frank Tolbert era un giornalista, romanziere e storico americano di inizio secolo scorso. Era anche proprietario di una serie di ranch nella regione del Big Band di Dallas già nel 1918 e più tardi di una catena di ristoranti di chili nell'area di Dallas. Tutto ciò spiega come fosse un grande amante del chili... Collaborò persino ad istituire l'annuale World Championship Chili Cookoffs   di Terlingua e nel '53 scrisse un libro che per gli Americani appassionati di chili divenne un vero testo-culto:  A Bowl of Red . Nonostant

l'angelo bianco

Ho conosciuto un signore giapponese con gli occhi brillanti di un ragazzino. Ho avuto l'onore di leggere i suoi libri e di ascoltare dal vivo la sua storia e così ho capito quale entusiasmo ha alimentato per tanti anni quegli occhi vivaci e curiosi. Shiro è un ragazzino già appassionato di gastronomia quando in Giappone lavora in diversi ristoranti e si iscrive alla famosa scuola di cucina giapponese del professor Sizuo Tsuji, un mito della cultura gastronomica nel suo Paese. L'allievo brilla talmente che il maestro, sapiente estimatore della cucina italiana, gli propone una sfida: trasferirsi in Italia e cercare di appassionare alla cucina giapponese una popolazione profondamente legata alle proprie, fortissime tradizioni nazionali. Detto fatto: il giovane Shiro nel 1972, a ventisei anni, approda a a Roma, dove l'unico ristorante giapponese presente allora in Italia cerca un cuoco esperto in sushi. Il proprietario è entusiasta di lui, peccato che iniseme debbano affron

orfana di odori

Si può dire che si sente la primavera solo perchè è maggio, anche se piove a dirotto da giorni ed il termomentro raramente supera i 10°? Io penso di sì... Dietro il velo della pioggia la città non appare totalmente uggiosa ma fresca e luccicante, i petali portati a terra dalla pioggia hanno creato pozze rosa e bianche sotto i rami rivestiti di tenere foglioline verdi, i pesanti cappotti invernali hanno lasciato spazio a giacche colorate, anche se a volte accompagnate da sciarpe svolazzanti e da un fiorire di cappellini impermeabili. Quel che manca veramente della primavera secondo me ora come ora sono i profumi. L'acqua lava l'aria da tutti i suoi aromi senza peraltro portarle ne' il profumo attutito della neve ne' quello intensissimo dei temporali estivi. Mi sento un po' orfana di odori, insomma... In questo senso, mentre trovo confortante rintanarmi nel tepore di casa a guardare l'acqua che scorre sui vetri e sul mondo, non mi appagano del tutto gli effluv

ingredienti preziosi?

Quanto la tavola è davvero rappresentativa della personalità di chi la allestisce e quanto invece è legata alle circostanze? Probabilmente è un mix di narrazioni, esattamente come l'abbigliamento: ogni giorno scelgo come vestirmi in base alla stagione ed alle circostanze in cui mi dovrò trovare, come credo sia ovvio per quasi tutti. In realtà però utilizzo solo in parte codici prescritti da galateo e convenzioni sociali, mentre per il resto mi rendo conto di cercare un'espressione personale di quel che voglio raccontare di me in quella giornata. Trascuratezza e fretta comprese, se mi va. E forse anche questo è relativamente diffuso, almeno per chi non ha professionalmente un obbigo (anche solo morale) ad una qualche forma di divisa. Non so se serva più a me od agli altri, ma la sensazione è proprio che chi ho davanti in quel momento venga aiutato ad inquadrare personalità, umore, gusti, tono dell'incontro e forse anche l'idea che io mi sono fatta dell'altro! E i

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!