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Visualizzazione dei post da febbraio, 2020

ziti alla soia "quasi" italiani, in omaggio allo Straniero di Simmel

Come si percepisca generalmente lo "straniero" e quanto lo si identifichi in automatico come un pericolo l'ho imparato all'università, leggendo Simmel per il meraviglioso esame di Sociologia Urbana di quasi trent'anni fa. Ancora oggi, dopo oltre un secolo dal saggio del filosofo e sociologo tedesco, nonostante l'attuale società occidentale si ritenga da allora ampiamente evoluta il ruolo della paura nel muovere le masse non è cambiato: una buona parte del nostro Paese ha cercato di chiudere le frontiere a qualsiasi forma di immigrazione ed ora sono gli "stranieri" che gridano all'untore appena un Italiano supera i loro confini. Indipendentemente dalla ragioni sanitarie che giustamente invitano alla prudenza, senza la consapevolezza del ruolo sociale (purtroppo insuperato) della percezione del "diverso da sé" come "minaccia" è difficile leggere l'attualità, trovare il senso profondo delle recenti isterie e, di consegu

oltre i timori con il satay, lo spiedino giramondo

In questi giorni la vita di tutti, soprattutto qui in Lombardia, è diventata improvvisamente simile a quella delle province cinesi più colpite dal coronavirus e sto assistendo alla quasi desertificazione di strade e negozi, nonostante le autorità continuino a ripetere che per soggetti  sani non si tratti in verità di un rischio  superiore a quello di una comune influenza. I miei impegni nel mondo reale sono pesantemente condizionati dal prudente annullamento di molte attività che prevedono un piccolo o grande pubblico ma, anche se razionalmente io sono tranquilla, mi rendo conto che non posso reagire al terrore diffuso con iniziative che coinvolgano altre persone. Così decido di sfogare la mia voglia di agire attraverso la narrazione della cucina, assistendo sbigottita alla perdita di senso della réclame (adoro il termine vintage)  di moltissimi prodotti e vivendo una sensazione di sospensione, in attesa di capire l'evolversi del tutto in questa strana ed un po' isterica so

pizzoccheri chiavennaschi per il Calendario del Cibo Italiano MTC

So che parlare di pizzoccheri valtellinesi e pensare a listarelle di pasta di grano saraceno è tutt'uno, anche per il Calendario del Cibo Italiano by MTC, che oggi, come ogni 15 febbraio, celebra la Giornata Nazionale dei Pizzoccheri . Ma sulle Alpi esistono vari formati di pasta di grano saraceno, spesso a gnocchetti, e altrettanti gnocchi esistono preparati con altre farine. Curioso in Valtellina è il caso della Valchiavenna, che chiama i propri gnocchetti bianchi proprio pizzoccheri ! Mentre la Giornata del Calendario del 2019 si era riferita solo ai tradizionali e conosciutissimi pizzoccheri di Teglio, assurti a simbolo gastronomico della Valtellina, la  Giornata del Calendario del 2018  aveva già accennato della particolarità dei pizzoccheri della Valchiavenna, senza però entrare nei dettagli della ricetta. Ci entro oggi io, specificando, a scanso di equivoci, che non ne esiste (ancora) un vero disciplinare e che la preparazione, come ogni "classico" della tr

frittelline di maltagliati, per la TV ma anche per Carnevale

La settimana dedicata a Sanremo mi ha trovato a casa quasi tutte le sere.  E ho deciso, dopo credo una trentina d'anni che non lo facevo, di seguire un paio serate del festival. La cosa, al di là di ogni altra considerazione, mi ha dato una sensazione calda di appartenenza, come se d'improvviso mi fossi scoperta parte di una comunità, in specifico "quelli che vedono Sanremo". Dopo decenni mi sono trovata a capire di che si parlava sui social, sul tram e nella pagina "spettacolo" dei TG, a condividere gli sbadigli mattinieri di chi la sera aveva voluto resistere fino alla fine, a ridere delle  vignette satiriche, a comprendere le critiche a certi abiti, i giudizi sulle canzoni, i pronostici sulle classifiche. Ed è stato bello, per un attimo, provare questa sensazione dopo tanti anni. Tornando però alla chiave culinaria di questo blog, quello che più mi ha divertito in quei giorni è stato leggere i post americani delle ricette da "vassoio per la TV

giusto per mia sorella... le orecchiette fatte a mano

Una volta pubblicai una ricetta con delle orecchiette al limone fatte a mano e ci fu chi si stupì del fatto che le sapessi preparare by scrap . Mia sorella in particolare da quel giorno mi ha chiesto ripetutamente di spiegarle ne dettaglio quello che avevo imparato girando tra le stradine di Bari vecchia e mettendomi per caso a parlare con la signora Cosima che, sedia sull'uscio e tavola di legno davanti a sé, preparava orecchiette chiacchierando con le amiche ed accogliendo con grande gentilezza le domande dei passanti che, come me, si fermavano incuriositi dal lavorìo delle sue mani. Io da lei ho imparato a formare le orecchiette con la punta tonda di un vecchio coltello, anche se mi spiegava che sua cognata Sabina li faceva direttamente con le dita, utilizzando il pollice... anzi: i pollici visto che, a sua detta, preparava le orecchiette due per volta, una con la destra e una con la sinistra. Anche se mi sarebbe piaciuto vedere la cognata all'opera, devo dire che

spezzatino africano o asiatico? In ogni caso con patate dolci, arachidi e cocco

Qualche giorno fa per il Keep Calm & What's for Dinner , la rubrica salvacena giornaliera della dell' MTC  in versione facebook, Eleonora ha pubblicato una ricetta di pollo alle arachidi che al primo sguardo credo avesse origini thai, indiane o indocinesi in generale. Non sono riuscita a commentare, chissà perchè, quel post ma avrei voluto dire all'autrice che la ricetta a me suonava anche mooooolto africana, se ci fosse stato manzo al posto del pollo e qualche pezzo di patata dolce. Di conseguenza la lettura di quel post mi ha spinto a rituffarmi nei vecchi testi di cucina per verificare le ragioni di questa sensazione di familiarità. E saltano fuori il domada gambiano, il mafe  senegalese e infiniti altri stufati o zuppe dell'Africa Orientale, sempre a base di verdure ed in cui la carne compare raramente, se disponibile, in genere come ritagli di manzo, trippe, montone o pollo, ma anche pesce per i Paesi costieri. Hanno tutti in comune con la ricetta di

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!