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Visualizzazione dei post da novembre, 2019

Siena 1: antichi e nuovi artigiani. E una crema di cicerchie

Mi invitano al blog tour organizzato da CNA Siena . Scavo a racimolare un paio di giorni di tempo libero tutti attaccati e vado. Ed è oserei direi commovente scoprire aspetti della città che non conoscevo, nonostante l'avessi già visitata un paio di volte. Aspetti come l'intimo silenzio delle stradine di pietra sotto la pioggia novembrina, il calore delle persone che ti accolgono sempre con un sorriso, la folgorante bellezza di nobili affreschi trecenteschi e quella minuta della chiodatura geometrica di un vecchio portone, la squisitezza dei dolci senesi natalizi e non, e per me sopra tutto la poesia e la storia, la profonda, diffusa, esaltante STORIA che traspira da infiniti scorci, sapori e delizie poco conosciuti fuori dal territorio senese. CNA voleva mettere in luce con questo blog tour i dolci della tradizione natalizia senese; personalmente non ho uno  sweet tooth  particolarmente sviluppato e di alcuni dolci senesi avevo sempre assaggiato solo la versione commerci

curry di ceci e zucca: la semplice complessità dell'animo umano

Oggi si va di curry (*), a cercare spontaneamente lo speziato, novembrino conforto che possono darti ceci e zucca declinati genericamente all'orientale. Tra indiano e thai se proprio vogliamo trovare delle assonanze più geografiche.  E oggi si va di vegetariano. Non so bene perchè ma ultimamente mi prende spesso, un po' così, una sorta di semplicità dell'istinto. Riflettevo ieri insieme ad un'amica giapponese di quanto ci si faccia condizionare l'umore dal tempo meteorologico, a suo dire molto più in Italia che in Giappone. Io in verità mi sento abbastanza immune dalla meteoropatia (sarò un po' giapponese inside?), però sono piuttosto sensibile agli stati d'animo di chi mi sta attorno, anche se si tratta solo di incontri professionali o superficiali. Sintonia più con gli esseri umani che con la natura? Questo sarebbe da parte mia davvero molto poco giapponese! Tornando al punto: ad ispirarsi maggiormente al clima nel mio caso è il lato "cucinifero

torna lo Yamato-Maru, pesce sostenibile alla giapponese! Questa sera da Osaka, Milano

Prende il via da oggi a cura di AIRG, l'Associazione Italiana Ristoranti Giapponesi, il nuovo calendario dello Yamato-Maru , una serie di appuntamenti con la cucina giapponese più autentica: alcuni ristoranti dell'Associazione proporranno da novembre 2019 a marzo 2020 una serie di serate di degustazione con ricette tradizionali dedicate ai pesci ""poveri" di stagione, scelti tra quelli che i mari italiani hanno in comune con quelli nipponici. Il nome dell’iniziativa è traducibile un po’ come “il peschereccio della cultura tradizionale giapponese” e sottolinea come la pesca sostenibile sia parte storica del rapporto dei Giapponesi con il mare e come sopravviva ancora oggi sia nelle abitudini che nel gusto della gran parte della popolazione nipponica, il cui approvvigionamento ittico del Paese del Sol Levante è fornito tuttora per la maggior parte da piccoli pescherecci che operano a livello locale. Nello Yamato-Maru ogni serata vede protagonista un pesce

il senso giapponese del legame tra cibo e natura: Riserva San Massimo e un risotto alle patate dolci

riso pronto da mietere Qualche settimana fa, dopo il post sullo tsukimi  e sulla festività giapponese legata alla raccolta del riso, mi era venuta curiosità di verificare come avvenisse la stessa mietitura in Italia. Per un grande colpo di fortuna e per la grande disponibilità di chi mi ha accolto ho potuto parteciparvi in diretta in uno degli scenari più incredibili che si possano immaginare a pochi chilometri da Milano:  Riserva San Massimo . percorso tra i campi dorati All'interno di questa riserva naturale di oltre 800 ettari, a sua volta parte del Parco della Valle del Ticino, i campi in cui viene coltivato con tecnologie a basso impatto ambientale riso di altissima qualità nelle varietà Carnaroli e Rosa Marchetti, sono alimentati da fontanili e risorgive naturali e circondati da boschi, frutteti autoctoni e brughiera, dove trovano il loro habitat naturale caprioli, volpi, aironi e molte specie animali e vegetali che contribuiscono alla conservazione della biodivers

si può: una crema di cavolfiore che non sa di cavolfiore

Ho letto qualche tempo fa una ricetta americana di zuppa di cavolfiore che, giurava l'autore, no sa di cavolfiore! La cosa mi ha incuriosito parecchio: sarebbe perfetta per l'essere napoletano che mi vive a fianco e che sopporta la bianca brassicacea solo nella versione di pasta cu e cavulisciure  di mammà sua. La versione americana mescola cavolfiore a patate e altre verdure e lo insaporisce con bacon, sia in versione croccante che usandone il grasso fuso, lo rende cremoso sia con abbondante panna che con besciamella. Prendo il toro per le corna e stravolgo il tutto cercando di sgrassare un po': croste di formaggio per l'umami al posto del bacon e olio invece del suo lardo, latte in cottura per sostituire la panna e, per non perderne totalmente la rotondità, una nocina appena di burro. Lascio perdere il roux: le patate sono sufficienti per creare morbidezza senza necessità di trasformare la crema in una vellutata. Incredibilmente, anche se ho aumentato leggerme

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!