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Visualizzazione dei post da luglio, 2019

ceci e spezie del Punjab per un piatto dai troppi nomi

Il dettaglio forse più curioso del piatto di cui parlo oggi è il nome, che segue la sorte di molte parole entrate nell'uso comune nonostante si tratti in realtà di marchi commerciali. Chi di noi, ad esempio, non ha mai detto "fòrmica" per indicare il laminato plastico oppure "scotch" per parlare del nastro adesivo o "bic" di una penna a sfera? Ecco: nella regione del Punjab e dintorni, antico territorio ora politicamente suddiviso tra India e Pakistan, esiste uno stufato di ceci che si chiama semplicemente  chana o   chole  masala : chole,  cholay o   chana sono i ceci nelle varie lingue, mentre  masala significa in generale "misto di spezie", quello che noi Occidentali siamo abituati erroneamente a definire "curry" (...dalla parola tamil  cari , che invece significa salsa o, per esteso, il piatto con essa cucinato). Il chana masala , in Pakistan spesso detto familiarmente solo chole , viene tradizionalmente preparato versa

un tuffo nello Hunan cinese per una ricetta di noodle dalla memoria occidentale

Rimanendo in tema di noodle asiatici, questa volta al posto degli spaghetti di riso  racconto di una pasta decisamente cinese, i "silk noodles" tagliatelle di amido di patate dolci del lago Tianding (o Donting, o Tungting). Il bacino si trova nella provincia dello Hunan, che da esso prende  nome:  hu (lago) nan (sud), "a sud del lago". Si tratta di una provincia dalla cucina grandiosa, una delle otto grandi tradizioni culinarie che caratterizzano la gastronomia cinese. Qui da noi è ancora poco conosciuta: i  primi ristoranti cinesi apparsi in Italia una cinquantina di anni fa proponevano quasi solo cucina cantonese, spesso adattata in modo acritico ai gusti occidentali. Solo di recente hanno cominciato a prendere piede anche da noi locali  più attenti alla cucina regionale autentica. Una delle più diffuse attualmente è quella diretta e speziata del Sichuan, a cui la gastronomia dello Hunan in parte somiglia per l'uso di peperoncino, in parte si discosta

ispirazioni giapponesi di tacchino e melanzane... senza cocco!

Oggi collaboro all'articolo pubblicato da  Mag about Food sui molteplici utilizzi della  noce di cocco in cucina in versione sia dolce che salata, Quella rielaborata da me è la ricetta di una zuppa di ispirazione thailandese contenente polpettine di tacchino, per i cui dettagli basta seguire il link. Di conseguenza mi sono ritrovata in cucina già "pronti per l'uso" noodle di riso, verdure adatte ad un piatto orientale e un po' di polpa di tacchino tritata al coltello, E ho istintivamente provato l'irrefrenabile impulso (chissà come...) di girare tutto in chiave giapponese. Ho lasciato ovviamente da parte il cocco, ingrediente "esotico" anche in Giappone, dove viene utilizzato raramente e solo per dessert, ed ho accostato invece al resto degli ingredienti delle melanzane perline, quelle lunghe e sottili che tanto si usano nella cucina asiatica in generale e pure giapponese e che, per formato e sfumature viola chiaro, mi sembravano adattissime

le marachelle dell'essere: insalata di aringa affumicata alla salvia

"Oggi la spesa l'ho fatta io". Temo sempre questo genere di dichiarazione al mio rientro la sera, ma dovrei imparare a fidarmi di più perchè la maggior parte delle volte escono dalla sporta ingredienti interessanti e facilmente utilizzabili e la nostra cenetta si svolge tra grandi classici e curiose delicatessen, all'insegna della golosità. La maggior parte delle volte, dicevo. Capita ogni tanto (ma molto, molto raramente, ci tengo a precisare), che l'essere che mi vive a fianco si lasci un po' prendere la mano dalla sperimentazione oppure dall'innocenza, immaginando di poter organizzare una cena lampo con prodotti che non conosce ma che acquista lo stesso, pensando che assomiglino a cibi che già conosce. Tipo una bella aringa affumicata, che l'altra sera ho trovato sul tavolo nella sua confezione sotto vuoto e che, insieme al pacchetto di pane di segale a fette compatte che lo accompagnava, nella sua percezione sarebbe servita per prepararci al

l'allegra imperfezione di una ratatouille filo-giapponese

Per raccontare come inizia bene questa mia nuova parte di vita, comincio con una mancata ricetta di ispirazione giapponese: una variante della ratatouille  al miso... senza miso! C'è poco da spiegare: nella somma di mille idee e operazioni pratiche a cui si dedica la mia testa da quando mi sono ribaltata le logiche quotidiane, in sostanza mi ritrovo ogni istante a fare infinite cose insieme. In attesa di rientrare in una logica di pensiero più ordinata comunque ho continuato a cucinare, anche perchè avevo in testa una ricettina da dedicare ad  Emanuela  che volevo fosse come lei: insolita, positiva, curiosa e sprizzante energia. Cerco tante verdure, colori chiari e solari, nei toni finalmente estivi del giallo e verde, e profumi stranieri (i miei ovviamente sono asiatici ma chissà lei che preferisce, invece...) che raccontino viaggi, emozioni e scoperte. Tale è l'allegria di questa ricetta che, nonostante avessi pensato di insaporirla con un tocco finale di miso rosso..

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!