Quanto la tavola è davvero rappresentativa della personalità di chi la allestisce e quanto invece è legata alle circostanze? Probabilmente è un mix di narrazioni, esattamente come l'abbigliamento: ogni giorno scelgo come vestirmi in base alla stagione ed alle circostanze in cui mi dovrò trovare, come credo sia ovvio per quasi tutti.
In realtà però utilizzo solo in parte codici prescritti da galateo e convenzioni sociali, mentre per il resto mi rendo conto di cercare un'espressione personale di quel che voglio raccontare di me in quella giornata. Trascuratezza e fretta comprese, se mi va. E forse anche questo è relativamente diffuso, almeno per chi non ha professionalmente un obbigo (anche solo morale) ad una qualche forma di divisa.
Non so se serva più a me od agli altri, ma la sensazione è proprio che chi ho davanti in quel momento venga aiutato ad inquadrare personalità, umore, gusti, tono dell'incontro e forse anche l'idea che io mi sono fatta dell'altro! E in effetti mi rendo conto che per me funziona così anche quando sto ideando un menù od una apparecchiatura...
Rifletto spesso su questo tema ultimamente, perchè in questo periodo ho occasione di frequentare persone che di cucina, di presentazione del cibo e del suo servizio hanno esperienza millenaria. Ne parlerò con calma a breve perchè è un argomento che presenta un sacco di spunti interessanti, di cui val la pena di parlare con cura ed attenzione e da cui ho moltissimo da imparare.
Ma le riflessioni hanno già trovato verifica pratica in quel che in effetti è successo l'altro giorno. Avevo a pranzo una persona conosciuta da poco, che quando ha accettato l'invito mi ha specificato: "Per me possiamo anche mangiare con molta semplicità e informalità, che poi è una cosa che mi piace un sacco..." Perfetto, mi son detta: servirò pane e cipolle!
E davvero così ho fatto, disponendo sulla tavola, insieme a formaggi, salumi, sottaceti artigianali, quadrotti di focaccia alle erbe di provenza (e a qualche fettina di frittata di pistacchi, che oramai negli antipasti non può più mancare...), anche delle belle e fumanti cipolle impanate...
L'idea di impanare delle cipolle intere l'avevo letta tempo fa su un testo di Renato Gualandi (... come: "chi è?!" Ma Lui! Citato anche qui...), che a sua volta riprendeva una preparazione di Vincenzo Corrado, cuoco e letterato della Corte Napoletana di fine '700. Anche se l'ho reinterpretata un pochino nei profumi e nella presentazione, resta comune alle storiche origini di tutte le versioni la volontà di rendere gustosa e "nobile" una vivanda molto semplice.
In effetti mi divertiva presentare un cibo poverissimo come fosse raro e prezioso, perchè ogni ingrediente in fondo lo è. Dunque ecco la frittura de cipola, qui accompagnata da una salsina veloce, contemporanea ed asprigna, il tutto posizionato insieme ad un pizzico di ironia dentro un guscio di capasanta... (!)
Cipolle impanate con salsa alle erbe
ingredienti per 4 persone come secondo, per 8 come antipasto:
8 cipolle bianche piatte
2 uova
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio di pecorino grattugiato
3 cucchiai di farina
1 tazza di pangrattato
2 cucchiai di maionese
1 cucchiaio di yogurt greco compatto (o di formaggina morbida)
1/2 bicchiere di vino bianco
1 foglia di alloro
2 foglie di curry
1 rametto di rosmarino
2 cucchiai di prezzemolo tritato
1 cucchiaio di erbe di Provenza
1/2 cucchiaino di paprika dolce
1 cucchiaio di aceto bianco
3 semi di coriandolo
3 grani di pepe
zucchero
sale
olio di oliva per friggere
pomodori sott'olio (ricetta qui ) o altra verdura in conserva all'aceto, per accompagnare
Portare a bollore 1 litro di acqua con il vino, le foglie di alloro e curry, un pezzetto del ramo di rosmarino, i grani di pepe e coriandolo, un cucchiaino di zucchero, una piccola presa di erbe di Provenza ed un pizzico di sale.
Mondare bene le cipolle, immergerle nell'acqua e, dalla ripresa del bollore, lessarle per una decina di minuti, quindi scolarle e lasciarle ben raffreddare sopra una gratella; tagliarle poi in due dischi sottili ed asciugare molto bene, tamponando con carta da cucina.
Lavorare la maionese con lo yogurt, metà del prezzemolo e delle erbe di Provenza rimaste, la paprika, l'aceto ed un cucchiaio o due di acqua, in modo da ottenere una salsina fluida e profumata, da coprire e tenere in frigo fino al momento di servire.
Sbattere le uova con i formaggi, un pizzico di sale, l'ultimo pizzico di erbe di Provenza ed il resto del prezzemolo.
Passare le cipolle ben asciutte prima nella farina, poi nell'uovo e poi nel pangrattato, ripetendo i passaggi in uovo e pangrattato una seconda volta se si vuole una crosticina più spessa e croccante.
Scaldare l'olio in un tegame e friggere le cipolle poche per volta, badando che si dorino uniformemente su tutti i lati e mettendole man mano a scolare su carta da cucina.
Tenere bene in caldo le cipolle fino all'ultimo in forno, e servirle fumanti, nel mio caso tagliate in due dentro a gusci di capasanta, accompagnate dai pomodori sott'olio e dalla salsina alle erbe, con un'ultima spolveratina di paprika per decorare.
In realtà però utilizzo solo in parte codici prescritti da galateo e convenzioni sociali, mentre per il resto mi rendo conto di cercare un'espressione personale di quel che voglio raccontare di me in quella giornata. Trascuratezza e fretta comprese, se mi va. E forse anche questo è relativamente diffuso, almeno per chi non ha professionalmente un obbigo (anche solo morale) ad una qualche forma di divisa.
Non so se serva più a me od agli altri, ma la sensazione è proprio che chi ho davanti in quel momento venga aiutato ad inquadrare personalità, umore, gusti, tono dell'incontro e forse anche l'idea che io mi sono fatta dell'altro! E in effetti mi rendo conto che per me funziona così anche quando sto ideando un menù od una apparecchiatura...
Rifletto spesso su questo tema ultimamente, perchè in questo periodo ho occasione di frequentare persone che di cucina, di presentazione del cibo e del suo servizio hanno esperienza millenaria. Ne parlerò con calma a breve perchè è un argomento che presenta un sacco di spunti interessanti, di cui val la pena di parlare con cura ed attenzione e da cui ho moltissimo da imparare.
Ma le riflessioni hanno già trovato verifica pratica in quel che in effetti è successo l'altro giorno. Avevo a pranzo una persona conosciuta da poco, che quando ha accettato l'invito mi ha specificato: "Per me possiamo anche mangiare con molta semplicità e informalità, che poi è una cosa che mi piace un sacco..." Perfetto, mi son detta: servirò pane e cipolle!
E davvero così ho fatto, disponendo sulla tavola, insieme a formaggi, salumi, sottaceti artigianali, quadrotti di focaccia alle erbe di provenza (e a qualche fettina di frittata di pistacchi, che oramai negli antipasti non può più mancare...), anche delle belle e fumanti cipolle impanate...
L'idea di impanare delle cipolle intere l'avevo letta tempo fa su un testo di Renato Gualandi (... come: "chi è?!" Ma Lui! Citato anche qui...), che a sua volta riprendeva una preparazione di Vincenzo Corrado, cuoco e letterato della Corte Napoletana di fine '700. Anche se l'ho reinterpretata un pochino nei profumi e nella presentazione, resta comune alle storiche origini di tutte le versioni la volontà di rendere gustosa e "nobile" una vivanda molto semplice.
In effetti mi divertiva presentare un cibo poverissimo come fosse raro e prezioso, perchè ogni ingrediente in fondo lo è. Dunque ecco la frittura de cipola, qui accompagnata da una salsina veloce, contemporanea ed asprigna, il tutto posizionato insieme ad un pizzico di ironia dentro un guscio di capasanta... (!)
ingredienti per 4 persone come secondo, per 8 come antipasto:
8 cipolle bianche piatte
2 uova
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio di pecorino grattugiato
3 cucchiai di farina
1 tazza di pangrattato
2 cucchiai di maionese
1 cucchiaio di yogurt greco compatto (o di formaggina morbida)
1/2 bicchiere di vino bianco
1 foglia di alloro
2 foglie di curry
1 rametto di rosmarino
2 cucchiai di prezzemolo tritato
1 cucchiaio di erbe di Provenza
1/2 cucchiaino di paprika dolce
1 cucchiaio di aceto bianco
3 semi di coriandolo
3 grani di pepe
zucchero
sale
olio di oliva per friggere
pomodori sott'olio (ricetta qui ) o altra verdura in conserva all'aceto, per accompagnare
Portare a bollore 1 litro di acqua con il vino, le foglie di alloro e curry, un pezzetto del ramo di rosmarino, i grani di pepe e coriandolo, un cucchiaino di zucchero, una piccola presa di erbe di Provenza ed un pizzico di sale.
Mondare bene le cipolle, immergerle nell'acqua e, dalla ripresa del bollore, lessarle per una decina di minuti, quindi scolarle e lasciarle ben raffreddare sopra una gratella; tagliarle poi in due dischi sottili ed asciugare molto bene, tamponando con carta da cucina.
Lavorare la maionese con lo yogurt, metà del prezzemolo e delle erbe di Provenza rimaste, la paprika, l'aceto ed un cucchiaio o due di acqua, in modo da ottenere una salsina fluida e profumata, da coprire e tenere in frigo fino al momento di servire.
Sbattere le uova con i formaggi, un pizzico di sale, l'ultimo pizzico di erbe di Provenza ed il resto del prezzemolo.
Passare le cipolle ben asciutte prima nella farina, poi nell'uovo e poi nel pangrattato, ripetendo i passaggi in uovo e pangrattato una seconda volta se si vuole una crosticina più spessa e croccante.
Scaldare l'olio in un tegame e friggere le cipolle poche per volta, badando che si dorino uniformemente su tutti i lati e mettendole man mano a scolare su carta da cucina.
Se si usano cipolline borretane, piccole cipolline novelle o cipollini lunghi a pezzetti, possono diventare dei bocconcini da fingerfood, da servire su stecchini, magari alternati a fettine di cetriolo o melanzana sott'aceto, con la salsina a parte come dip.
- rivoli affluenti:
- Renato Gualandi, Erbissima. Pregevoli suggerimenti per adoperar meglio: Spezie - erbe - condimenti - aromi, Leopoldo Fusconi Editore
Le sfumature di questo post le condivido in pieno, nel senso che anch'io rifletto molto su apparecchiatura menù ecc. (in modo ossessivo... manie direbbe qualcuno), ma capisco la lettura che si può dare ad ogni cosa.
RispondiEliminaPoi, come è successo ieri, mi invitano degli amici carissimi in piena informalità (per essere leggera nelle parole...) e sto benissimo e mi diverto un sacco lo stesso, nonostante il mio occhio critico, ma non cattivo, che pensa: questo non va, questo lo farei così ecc. (lasciando perdere perche cosciente delle mie manie).
C'è da dire che alle mie amiche l'ultima cosa che interessa è la cucina...
Attendo riassunti delle tue esperienze... ho da imparare anchi'io!!
Un abbraccio:)
Pat
oddio oddio oddio.... non farle vedere ne assaggiare alla cami!!!! :-)
RispondiEliminabacio!
Accidenti sei magica!!! (son tornato)
RispondiElimina@patricia: mi sa che se ci mettiamo insieme...
RispondiEliminaMa il nostro non è un occhio critico, semplicemente un occhio consapevole. E poi è piacevole conoscere le regole. Magari proprio per infrangerle, no?
@babs: e perchè, povera Cami? Che fanno anche tanto bene, le cipolle... Altro che onion rings, gli Americani non hanno inventato nulla!
@enrico: caspita se sei tornato! Ti sei letto quindici giorni di post tutti insieme?! Forse era meglio che ti riposassi... anche perchè adesso aspettiamo un po' di post sulla Cambogia. Che hai portato a casa di buono?
Niente di meglio del pane&cipolla - eppoi mettici chiacchiere e tranquillità di un bel pranzo ;-)
RispondiEliminaPerché la semplicità è vera ricchezza!
Per me il convivio a tavola è questa intesa, che non si può acquistare preconfezionata ma è il risultato dell'incontro tra persone...
mentre per tutto il resto, come sappiamo, c'è mastercard!
Tschüß
Semplicita'raffinata, goia nostalgica....questo mi trasmette questa ricetta!
RispondiEliminaBrava
Vai a raccontare ad una bambina la favola del Lupo Paseggero che mangiava pane e cipolle...e poi vedi cosa ti combina da grande!
RispondiElimina@stef: il convivio è formato dal piacere dell'intesa insieme a quello della condivisione. E i linguaggi della condivisione sono infiniti. A me divertono quasi tutti, tra cui anche quello della semplicità, che magari non sembra ma è davvero una conquista.
RispondiElimina@ilaila: infatti anche io sono rimasta intenerita da questa ricettina che in fondo, non so perchè, fa un po' anni '50...
@virò guarda che sul Lupo Passeggero ho già dato: 27 settembre 2009!
Me la ricordo anche io la pizza alla cipolla "zuccherina" ehehehehe
RispondiEliminaBellebellebelle queste cipolle!
PS
Mi piace lo stile informale ma più di tutti mi piace la naturalezza delle persone e se sono più "complesse" che ben venga lo stesso basta che la cosa non sia costruita appositamente...
@gambetto: in architettura spesso si dice che la vera semplicità è un risultato complesso. A livello di tavola e menù non è così vero, secondo me, a livello di rapporti assolutamente sì. Soprattutto per persone parecchio contorte (tipo me...) è difficile mantenersi semplici nelle relazioni con persone altrettano complicate. Sarà per quello che poi uno si sfoga in cucina...
RispondiEliminaAhahahahahaha...:DDDDDDDDDDDDDD
RispondiEliminaCon tutta semplicità ti dico che davanti a queste cipolle io non posso resistere! Sono bellissime, e poi io amo le cipolle in tutte le loro forme :-)
RispondiEliminaSarò costretta ad eliminare il formaggio dalla ricetta, ma in settimana voglio provarla! :P
Grazie!!!!
@muscaria: grazie a te! Al posto del formaggio potresti unire alle uova mezzo cucchiaino di pasta di miso oppure qualche goccia di salsa di soja, per rendere il tutto un pochino più sapido.
RispondiEliminaGrazie per i consigli, è una buona idea! :-)
RispondiEliminaFra l'altro non ho mai usato la pasta di miso, può essere l'occasione giusta.
@muscaria: attenta... il suo gusto umami può diventare una droga!
RispondiEliminaVoglio prenderla come una sfida, e mettere alla prova il mio quinto gusto :-P
RispondiEliminaNo, la verità è che io non mi tiro mai indietro davanti ad assaggi di qualsiasi tipo, anche se penso che una cosa possa non piacermi la assaggio comunque, perché devo sapere.
In più io uso il sale molto raramente, e quando lo uso lo uso in maniera da apprezzarlo come un "cibo" che uno si concede una volta ogni tanto. Nonostante ciò posseggo tutti i sali possibili ed immaginabili, dal fleur de sal de Guérande, al sale nero delle Hawaii, passando per quello rosa dell'Himalaya, etc.
Inoltre, non sono una patita del glutammato monosodico. Mangiando nella maniera in cui mangio io, mi capita di percepirlo come un sapore "finto" e di conseguenza non mi piace, lo sento come quell'ingrediente in più che a mio parere ha rovinato il gusto di un cibo.
Certo, è una bella sfida con la pasta di miso, essendo il glutammato il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del cervello, ed essendo io una che non impazzisce per certi gusti, sono proprio curiosa di vedere come si comporteranno i miei recettori :-)
Ti farò sapere appena sperimenterò!
Ooops ho scritto fleur de sal invece che "de sel" :-)
RispondiElimina@muscaria: uso pochissimo sale anch'io, spesso addirittura lo salto, tranne quando ho ospiti che potrebbero non capire il mio gusto per i sapori "reali"...
RispondiEliminaNon mi sono mai posta il dubbio che la pasta di miso contenesse glutammato, davo per scontato che fosse umami di suo (come il dashi, per dire...). Non posso neppure verificare al volo perchè le confezioni che ho il frigo sono scritte solo in Giapponese (eredità di un viaggio...), ma appena termino la scorta e ne acquisto un po' in Italia mi tolgo la curiosità!
Per le stesse questioni di gusto personale uso anche il glutammato con la stessa moderazione del sale, anche se priva di paure dopo i chiarimenti di Bressanini che sfatano leggende metropolitane in merito.
Attendo notizie sui tuoi ricettori, a questo punto davvero con molta curiosità!