(... certo che con 'sti caspita di titoli appiccicati sopra ai post quando mai un motore di ricerca si accorgerà di me?! Mi sa che sotto sotto lo faccio apposta...)
In una situazione che avrebbe dovuto essere lavoro ho davvero "conosciuto" delle persone. Quasi paradossale ritrovarsi a confrontare anime simili in un contesto tanto inaspettato.
Una di queste persone forse si porterà via qualche giorno della mia estate, incredibilmente, concretamente, se appena riesco a dedicare a me stessa qualche momento in più di quanto potrei. Ma la vicenda merita un racconto a parte. Che arriverà, appena mi ci raccapezzo (che riesca o meno nell'impresa personale di scovare due giorni in più di ferie).
Un'altra di queste persone mi ha donato un libro di poesie. Senza sapere del mio nick, delle mie deviazioni nipponiche, senza conoscere i colori del mio blog ne' quelli dei miei puntini di sospensione. In copertina l'opera grigioazzurra di un artista giapponese; questa, aperta a caso, la composizione che da titolo alla raccolta:
Essere fiume
acqua viva
vorace
impeto di spazi
a lambire
vertigini d'amore
muri d'odio
a dissetare mute zolle
schiene curve...
Essere fiume
limpido specchio
di luci nuove
e quotidiani addii
dove scorre
lo sguardo
ad incontrare
linee di cielo
infiniti silenzi...
Caso? Paradosso? O solo la logica natura dello scorrere della vita...
Non so se questo lavoro andrà in porto. Non so cosa apprezzo o desidero di più, in merito. Difficile scavare la verità, in questo pastrocchio di priorità. Questo sì è paradosso.
"Il termine paradosso deriva dal greco ed e' composto da para (contro) e doxa (opinione). Indica una proposizione formulata in evidente contraddizione con l'esperienza comune o con i propri principi elementari della logica ma che sottoposta a rigorosa critica si dimostra valida.
I paradossi sono smagliature di assurdità nel tessuto della conoscenza: dapprima ci fanno dubitare delle nostre credenze e poi ci spingono a ridefinire i nostri concetti."
Situazione che apprezzo molto il paradosso, direi quasi che mi ci diverto: che c'è di meglio, come acqua che scorre, che ridefinirsi continuamente?! Forse è per quello che ogni tanto arrivo a cucinare cose paradossali. Come a cuocere una bibita salata (così, giusto per cambiare il tono della conversazione)...
Per dire: tutti son capaci di rispondere a questa semplice domanda: "zuppa da bere?!" "Gazpacho!" Sì, ma trovala tu poi una zuppa da bere "vera", cioè che non sia un frullato di verdure ma sia... cotta! (Che poi uno si chiede: ma perché le vengono in mente certe stronzate?! Chi può dirlo... Ma che aspettarsi in fondo da una che ama i paradossi...)
Ovvio che i momenti estivi climaticamente differenti dall'afa/caldo torrido virano le percezioni, perché di solito ci si può tranquillamente accontentare o di un vero e proprio frullato, oppure di una bella ciotola di zuppina servita a temperatura ambiente o persino tiepida, da sorbire ordinatamente con il cucchiaio...
Ma se si avesse voglia di bere una "zuppa vera"... perché accontentarsi del solito quando abbiamo a disposizione, appunto, il paradosso? Ed ecco che, ignorando con vero atteggiamento snob gli eccessi di calura, qui ci sono di mezzo brodo caldo e farina tostata.
La nostra vellutata però, dopo quei pochi minuti trascorsi ai fornelli, viene accuratamente custodita in frigo e debitamente allungata con ghiaccio a sciogliere nella mezz'oretta prima della degustazione. Insomma: parte come un'autentica zuppa per poi diventare a tutti gli effetti "veramente" qualcosa di sorseggiabile dal bicchiere, meglio ancora se attraverso una cannuccia.
Cuocere per poi raffreddare. Bah... Va be', oggi è così. Poi sta alla fantasia ed al buon cuore di chi la offre decidere a che punto del convivio e sotto che veste presentarla ai propri commensali. Io l'ho proposta, in posizione "classica" tra l'antipasto e la pasta fredda, come una:
Bibita vellutata di erbe e zucchine
ingredienti per 4 persone:
una montagna di erbe fresche dell'orto (qui, in ordine sparso: basilico, menta, timo, rosmarino, origano, prezzemolo, maggiorana e salvia), diciamo in tutto due belle tazze
4 zucchine
1 spicchio d'aglio
1 cucchiaio di farina di riso (ma anche farina comune o amido di mais, volendo)
1 lt. abbondante di brodo vegetale leggero
1 cucchiaio di olio extravergine leggero
sale
pepe al mulinello
Tagliare le zucchine a dadini; mondare bene tutte le erbe staccando le foglioline, ma conservare 4 rametti (tutti uguali o diversi tra loro) per la decorazione; sbucciare l'aglio ed inciderlo; portare a bollore il brodo.
In un tegame dai bordi alti saltare le zucchine con poco olio insieme all'aglio e, dopo due minuti, unire le erbe tranne basilico, menta e qualche foglia di prezzemolo, lasciando insaporire bene per un altro minuto.
Spolverare con la farina di riso e lasciar tostare leggermente per un paio di minuti, rimestando con una spatola piatta in modo che la farina non attacchi sul fondo del tegame.
Coprire con il brodo vegetale bollente, grattare ancora bene sul fondo con la spatola e, non appena riprende il bollore, coprire e cuocere 20 minuti.
Regolare di sale, quindi unire menta, basilico e prezzemolo e spegnere, lasciando intiepidire.
Eliminare l'aglio e frullare la zuppa lasciandola pure abbastanza liquida (se non si apprezzano i possibili pezzettini di erbette ma si vogliono texture e colore molto uniformi usare il passaverdure oppure passare il frullato al setaccio), quindi metterla in frigo in contenitore ermetico per almeno un paio di ore.
Una mezz'oretta prima di servire unire una tazza di cubetti di ghiaccio, in modo che si sciolgano quasi totalmente. Versare quindi in bicchieri da bibita e servire con una leggera macinata di pepe fresco, decorando con i rametti di erbe (nella foto origano quasi fiorito), qualche ulteriore cubetto di ghiaccio ed una cannuccia...
Queste stesse dosi valgono per 12-16 miniporzioni da fingerfood, servite in shot o bicchierini da grappa, senza cannuccia e con solo una fogliolina come decoro... ma abbondantissimo pepe!
In una situazione che avrebbe dovuto essere lavoro ho davvero "conosciuto" delle persone. Quasi paradossale ritrovarsi a confrontare anime simili in un contesto tanto inaspettato.
Una di queste persone forse si porterà via qualche giorno della mia estate, incredibilmente, concretamente, se appena riesco a dedicare a me stessa qualche momento in più di quanto potrei. Ma la vicenda merita un racconto a parte. Che arriverà, appena mi ci raccapezzo (che riesca o meno nell'impresa personale di scovare due giorni in più di ferie).
Un'altra di queste persone mi ha donato un libro di poesie. Senza sapere del mio nick, delle mie deviazioni nipponiche, senza conoscere i colori del mio blog ne' quelli dei miei puntini di sospensione. In copertina l'opera grigioazzurra di un artista giapponese; questa, aperta a caso, la composizione che da titolo alla raccolta:
Essere fiume
acqua viva
vorace
impeto di spazi
a lambire
vertigini d'amore
muri d'odio
a dissetare mute zolle
schiene curve...
Essere fiume
limpido specchio
di luci nuove
e quotidiani addii
dove scorre
lo sguardo
ad incontrare
linee di cielo
infiniti silenzi...
Caso? Paradosso? O solo la logica natura dello scorrere della vita...
Non so se questo lavoro andrà in porto. Non so cosa apprezzo o desidero di più, in merito. Difficile scavare la verità, in questo pastrocchio di priorità. Questo sì è paradosso.
"Il termine paradosso deriva dal greco ed e' composto da para (contro) e doxa (opinione). Indica una proposizione formulata in evidente contraddizione con l'esperienza comune o con i propri principi elementari della logica ma che sottoposta a rigorosa critica si dimostra valida.
I paradossi sono smagliature di assurdità nel tessuto della conoscenza: dapprima ci fanno dubitare delle nostre credenze e poi ci spingono a ridefinire i nostri concetti."
Situazione che apprezzo molto il paradosso, direi quasi che mi ci diverto: che c'è di meglio, come acqua che scorre, che ridefinirsi continuamente?! Forse è per quello che ogni tanto arrivo a cucinare cose paradossali. Come a cuocere una bibita salata (così, giusto per cambiare il tono della conversazione)...
Per dire: tutti son capaci di rispondere a questa semplice domanda: "zuppa da bere?!" "Gazpacho!" Sì, ma trovala tu poi una zuppa da bere "vera", cioè che non sia un frullato di verdure ma sia... cotta! (Che poi uno si chiede: ma perché le vengono in mente certe stronzate?! Chi può dirlo... Ma che aspettarsi in fondo da una che ama i paradossi...)
Ovvio che i momenti estivi climaticamente differenti dall'afa/caldo torrido virano le percezioni, perché di solito ci si può tranquillamente accontentare o di un vero e proprio frullato, oppure di una bella ciotola di zuppina servita a temperatura ambiente o persino tiepida, da sorbire ordinatamente con il cucchiaio...
Ma se si avesse voglia di bere una "zuppa vera"... perché accontentarsi del solito quando abbiamo a disposizione, appunto, il paradosso? Ed ecco che, ignorando con vero atteggiamento snob gli eccessi di calura, qui ci sono di mezzo brodo caldo e farina tostata.
La nostra vellutata però, dopo quei pochi minuti trascorsi ai fornelli, viene accuratamente custodita in frigo e debitamente allungata con ghiaccio a sciogliere nella mezz'oretta prima della degustazione. Insomma: parte come un'autentica zuppa per poi diventare a tutti gli effetti "veramente" qualcosa di sorseggiabile dal bicchiere, meglio ancora se attraverso una cannuccia.
Cuocere per poi raffreddare. Bah... Va be', oggi è così. Poi sta alla fantasia ed al buon cuore di chi la offre decidere a che punto del convivio e sotto che veste presentarla ai propri commensali. Io l'ho proposta, in posizione "classica" tra l'antipasto e la pasta fredda, come una:
ingredienti per 4 persone:
una montagna di erbe fresche dell'orto (qui, in ordine sparso: basilico, menta, timo, rosmarino, origano, prezzemolo, maggiorana e salvia), diciamo in tutto due belle tazze
4 zucchine
1 spicchio d'aglio
1 cucchiaio di farina di riso (ma anche farina comune o amido di mais, volendo)
1 lt. abbondante di brodo vegetale leggero
1 cucchiaio di olio extravergine leggero
sale
pepe al mulinello
Tagliare le zucchine a dadini; mondare bene tutte le erbe staccando le foglioline, ma conservare 4 rametti (tutti uguali o diversi tra loro) per la decorazione; sbucciare l'aglio ed inciderlo; portare a bollore il brodo.
In un tegame dai bordi alti saltare le zucchine con poco olio insieme all'aglio e, dopo due minuti, unire le erbe tranne basilico, menta e qualche foglia di prezzemolo, lasciando insaporire bene per un altro minuto.
Spolverare con la farina di riso e lasciar tostare leggermente per un paio di minuti, rimestando con una spatola piatta in modo che la farina non attacchi sul fondo del tegame.
Coprire con il brodo vegetale bollente, grattare ancora bene sul fondo con la spatola e, non appena riprende il bollore, coprire e cuocere 20 minuti.
Regolare di sale, quindi unire menta, basilico e prezzemolo e spegnere, lasciando intiepidire.
Eliminare l'aglio e frullare la zuppa lasciandola pure abbastanza liquida (se non si apprezzano i possibili pezzettini di erbette ma si vogliono texture e colore molto uniformi usare il passaverdure oppure passare il frullato al setaccio), quindi metterla in frigo in contenitore ermetico per almeno un paio di ore.
Una mezz'oretta prima di servire unire una tazza di cubetti di ghiaccio, in modo che si sciolgano quasi totalmente. Versare quindi in bicchieri da bibita e servire con una leggera macinata di pepe fresco, decorando con i rametti di erbe (nella foto origano quasi fiorito), qualche ulteriore cubetto di ghiaccio ed una cannuccia...
- rivoli affluenti:
- la poesia è in: Guido Olivieri, Essere fiume. Poesie, Casa Editrice Il Veliero
- la definizione di "paradosso" l'ho presa qui
Quando arrivi alla fine del post , e intendo questo post, rimani senza parole, sia per la poesia che per la bevanda. complimenti e ciao.
RispondiEliminaLa bevanda e' assai intrigante e l'ingrediente
RispondiElimina"una montagna di erbe fresche dell'orto" e' assolutamente Edouard de Pomiane,genio,scienziato e gastronomo extraordinaire.Quando uno dei suoi ascoltatori
(Pomiane conduceva un amatissimo programma radiofonico) chiese in quale quantita' avrebbe dovuto usare un certo ingrediente,lui rispose :
"tanto quanto un piccolo mazzo di violette".
E' quello che dici anche tu,vero?
Ma sto divagando...
I paradossi sono sempre presenti nel tran-tran quotidiano della cucina.Il mio preferito,tipicamente britannico, e' quello delle signore che vogliono la zuppa bollente per poi dover aspettare 10 minuti prima di aver la prima cucchiaiata,pena seria ustione della lingua.E, chiaramente,they are in a rush!!
Ciao,un abbraccio
in fondo, ma anche un po' prima, è sempre gioco. Con le parole, con gli ingredienti, con i minuti di ogni vita da (s)contare per arrivare al piatto finale. Cercherò il libro. E grazie
RispondiElimina@flavio: senza parole perchè con la cannuccia ti va di traverso?!
RispondiEliminaA parte gli scherzi: se così è troppo spiazzante basta non allungarla e torna ad essere una civilissima zuppina fredda...
@edith pilaff: esatto, quegli adorabili sinonimi di q.b. che in una sola frase ti raccontano tutta la persona che sta dietro la ricetta. Tipo "finisci con un sospetto di quella spezia" oppure "aggiungi liquido fino a quando vedi che che va bene".
Però il mazzo di violette mi mancava. Che genio, che grand'uomo!
(PS: 10 giorni all'attraversamento della Manica... Friggo come un uovo in tegame!)
@iomilanese.laura: ma quanto ci piace giocare con le parole, oltre che con i pentolini?!!
RispondiEliminaRicetta da archiviare sotto la C, per "Colpi di genio" :)
RispondiEliminaOff-topic....
Dato che anche a me piace giocare con le parole, ecco un contributo sulla parola che ho appena usato: genio.
Nota: contributo scopiazzato da autori vari :)
Deriva dal sanscrito G'ANYA che propriamente vale "forza naturale produttrice",da GENO, "generare". Il genio va dall'ingegno distinto, perche' sebbene l'uno e l'altro siano congeniti, questo (l'ingegno) e' l'attitudine dell'intelletto a comprendere, ragionere e con giustezza combinare le idee per trarne utili risultati (da cui "Ingegnere"), ed e' facolta' che non puo' essere disgiunta da memoria, moderata vivacita' di sentimento e da fantasia tranquilla (e qui l'Ingegnere c'e' tutto).
Quello invece, ossia il genio, e' facolta' creatrice dell'intelletto, scintilla vivificatrice, che presuppone l'ingegno, ma accoppiato a fantasia e passione, onde non solo ricorda e vede, ma esalta e ricompone le idee, e mirando al bello si passiona e la passione in altri trasfonde.
OK, ci sarebbe da parlarne per ore, qui -dato che parlavamo di cibo- definisco questo contributo "food for thought".
CIAO
Meriti ben altra ribalta ma come tutti i para-dossi ci sono i para-gnosti a dispensare para-bole gastronomico-culturali i cui vuoti para-digmi sbiadiscono nel para-llelo con chi ha fatto del proprio blog un piccolo para-diso di tutto merito.
RispondiEliminaNon che ci sia bisogno di un para-gone per svelare i para-culi ma il tuo spessore è comunque un richiamo al para-dosso di ciò che ci circonda...in cucina come nella vita.
Grazie come sempre :)
PS
Il fatto che abbia una stima incondizionata non vuol dire che ho perso di vista il divertissement di tirare la treccia alle tue compagne di banco eh?! ;P aahahahhahahaahahah
..sincronicitá ? Se come acqua che scorre ti facessi scivolare controcorrente a raggiungere zurigo andremmo a trovare il professor jung e gli chiederemo se é´sincronicitá o paradosso bevendo una fresca bibita salata...
RispondiElimina(sembre attenti ai para culi..ovviamente, Gambetto docet, mai abbassare la guardia...)
@corradoT: banalizzando... vuoi dire sia quella la sottile differenza tra ingegnere ed architetto? Nell'approccio alla materia, intendo, non per forza nei risultati.
RispondiEliminaO forse no, visto che la radice "genio" non c'è nella parola "architetto" (che, guardando bene, non c'entra neppure con "arte", significa solo "capo costruttore"...)
Comunque qua dentro mi sembra che niente, per fortuna, sia off-topic!
gambetto: quindi succede anche a te, di divertirti con le parole come con i pentolini...
Per fortuna conservi il lato umano di tiratrecce per le compagnucce un po' snob, altrimenti sareti conciato davvero come me, iomilanese e molti altri qua dentro, oramai persi per la loro tangente...
@glu.fri: paradosso, sincronicità... potremmo anche buttarci sula serendipità, quando si scopre una cosa non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un'altra.
Io ora sto cercando un momento per parlare di silenzio (contraddizione?!), chissà invece cosa troverò...
Sottile?
RispondiEliminaEhehehehehe...si sopravvive come si può al grigiore intorno...
RispondiElimina:))
@corradoT: dai, lasciami essere diplomatica...
RispondiEliminaAi tempi dell'università la marea di studenti in uscita dalla stazione del metrò si divideva in due flussi e già al primo sguardo si capiva chi si sarebbe incanalato in quello diretto verso la facoltà di ingegneria e chi in quello di architettura...
Gli studenti di ingegneria, prevalentemente maschi, trascorrevano però gli intervalli ad architettura, dalla popolazione molto più mista, a broccolare e si passava il tempo a prendersi in giro sulla mancanza di fantasia degli uni e sulla pressochè ignoranza tecnica degli altri. Ma poi ci si fidanzava lo stesso alla grande.
Per fortuna poi nella pratica quotidiana del lavoro spesso i pregiudizi si rivelano infondati, nel senso che ho trovato ingegneri creativi ed architetti strutturisti, ed anche delle vere capre in entrambe le categorie! Comunque la collaborazione è indispensabile e si lavora volentieri fianco a fianco, anche se un pochino di scherzosa rivalità ogni tanto rispunta fuori. Diciamo che Giò Ponti potrebbe mettere d'accordo tutti...
..urca...io era in via conservatorio, guarda un po' che mi sono persa! Il broccolaggio degli ingegneri, intendo..infatti 'sto con un architetto..e dagli ai paradossi, sincronicitá, serendipitá ...ta ta ta...
RispondiEliminaAh per i silezi ti consiglio Nono, Luigi...Baci
@gambetto: potrei sempre crecare colore dandomi anch'io all'arte... Il rosso ed il nero ronzanti qui non mancano, devo solo procurarmi delle ciabatte adeguate.
RispondiElimina@glu.fri: vedi che sei sempre un filo troppo lontana? Anni fa su un'altra linea di metrò, ora oltre un oceano... Datti una regolata in senso spaziale!
Nono lo frequento poco, sono più da Satie. Non è proprio silenzio ma esprime un suo lento perchè. Che fai, sei ancora mia amica?
Caso...o paradosso... chiamiomolo come vogliamo a me sti casi della vita mi stupiscono eccome... come a volte delle persone colgono l'essenza ...quella poesia ...le parole... azzeccate a pieno!!!
RispondiEliminaZuppetta poi delizosamente paradossale... ;) me ne berrei un bicchierone ora! :)
sempre un piacere leggerti mia cara... e vedi di trovare il tempo per te! ;)
@terry: e chissà che erbettine paradossali ci metteresti tu!!!
RispondiElimina...si si meglio Satie...
RispondiEliminaUh...poesia e blog hanno lo stesso colore: un vero paradosso!
RispondiEliminaUn bacione!!!
RispondiEliminaPrima o poi mi rimetto in pari, devo leggere ancora tutto :))))
@glu.fri: Satie, ombra, un bel libro, relax. E a settembre tutto il silenzio che vogliamo!
RispondiElimina@virò: eh sì, perchè capiterà anche di parlare di colori, prima o poi...
@muscaria: senza fretta.. tanto, a quanto pare, in questi giorni siamo tutti oltremanica!