Acido. Lek ascolta parlare il suo datore di lavoro e non le viene in mente altra parola per definire il tono di voce con cui in questi giorni si rivolge alle persone, i gesti stizziti con cui maneggia gli oggetti, il suo atteggiamento generale nei confronti della mondo.
Un peccato. Probabilmente un italiano che decide di ricominciare completamente da capo la propria vita in un Paese tutto diverso merita qualche chance in più. Invece Furio si ritrova, dopo sei anni di investimenti e impegno, di nuovo come non avesse costruito nulla. Come se la sua fatica non avesse avuto valore.
Lek è semplicemente la sua domestica ma sa. Un uomo solo in un Paese straniero ha bisogno di qualcuno a casa che si prenda cura di lui; lei stessa è approdata a quelle rive una decina di anni prima e sa quanto sia importante sentirsi accolti. Si è subito resa conto di avere a che fare con una persona buona e spezzata ed ha svolto i suoi compiti in modo impeccabile, mettendo in più cura e gentilezza in ogni cosa, perché lui ci si potesse rifugiare.
A poco a poco anche questo italiano diffidente e riservato si è accorto di non avere a che fare con una domestica qualsiasi: pur rimanendo sempre al posto che le competeva lei gli ha ridato giorno per giorno fiducia negli esseri umani. Niente di che: piccole attenzioni, silenzi comprensivi, sorrisi timidi ma sicuri. E pure i suoi fantastici piatti tailandesi per cena, un misto sapiente di aromi aspri e dolci e piccanti che gli hanno profumato ogni sera l'umore.
Cose così, minute. Però spontanee e costanti. Che a poco a poco hanno permesso a Furio di ritrovarsi, di alleggerire il cuore, di riprovare il sollievo per una esistenza tranquilla, per la vicinanza ad anime pulite.
In Italia quella brutta storia lo aveva annientato. Approfittarsi della sua buonafede e lasciare a lui debiti e responsabilità era stata da parte dei suoi soci una malvagità, ma comprendere che della trama faceva parte anche sua moglie, rivelatasi l'amante di uno di loro... ecco, forse era stato questo che gli aveva fatto perdere la voglia di lottare per riprendersi ciò che era suo.
Un paio d'anni di lavoro furibondo per rimediare onorevolmente a problemi creati da chi era sparito con la cassa, poi la vendita della vecchia casa dei suoi genitori, l'unico bene che la moglie non aveva potuto sottrargli, e infine la partenza per un luogo diverso, scelto quasi a caso sul mappamondo, pur di trovare un anonimato in cui leccarsi le ferite.
Ed ora eccolo qui, dopo quattro anni di vita straniera, investita in un nuovo lavoro di quelli impegnativi e complicati che non ti lasciano il tempo di pensare, a sentirsi dire che la crisi purtroppo colpisce anche le attività più meritevoli, che la sua piccola realtà è tra quelle spacciate e che va disfatto tutto, tanto non c'è speranza.
Furio non ha bisogno di chiedersi da dove vengano le risposte acide che gli escono di bocca o le frasi pungenti che vorrebbe aggiungere accanto alla firma che sottoscrive la sua resa. Se ne va dalla stanza senza nemmeno salutare, vive carico di asprezza gli ultimi giorni della chiusura e poi rientra definitivamente a casa, chiudendo fuori a chiave il mondo ma non il peso livido che ha sul cuore.
Lek lo aspetta. Sa tutto perché oramai gli legge dentro come fosse parte di lei. Lo saluta con un cenno e si muove silenziosa, cercando di non stargli troppo attorno ma di fargli sentire la sua presenza, se a lui servisse. Lui parla poco, sempre con questa assurda acidità nella voce. La vede preparare la tavola per lui e le dice bruscamente che non ha fame.
Lek tace e si sposta nel cucinotto. Se lo aspettava ed ha tutto pronto: pochi ingredienti, gesti veloci. Dopo qualche minuto si sprigiona nell'aria un profumo buono, di quelli tailandesi in cui aspro e piccante sono una cosa sola con dolce e sapido. Come nella vita.
Lek lo sa: non è mai o tutto bene o tutto male, va cercata l'armonia non la perfezione. Lo sa pure Furio, questa volta. Il mondo fuori è sempre ingiusto, ma ultimamente dentro casa Furio ha imparato a respirare dolcezza.
Allora si leva la cravatta, si sciacqua il viso, prende fiato, fa capolino dalla porta del cucinotto, guarda Lek e le sorride. "Ho apparecchiato anche per te, se vuoi" le dice con timidezza. Arrossisce e si ritrae. Niente più tracce acide nella sua voce.
Lek annuisce, porta la pentola fumante in tavola e distribuisce nei due piatti una montagna di cozze aromatizzate con una piccola nota piccante e tre gentili declinazioni di aspro, nell'armonia dolce e profumata della cucina tailandese. Poi si siede con lui. Per la prima volta. Di parole non c'è bisogno.
Cozze al lemongrass, lime e foglie di kaffir
ingredienti per 4 persone:
1.5 kg. di cozze
2 steli di lemongrass (*)
1 piccola cipolla
1 scalogno
2 lime
1 peperoncino rosso
8 foglie di kaffir lime (**)
3 cucchiai di nam-pla (***)
2 cucchiai di coriandolo fresco tritato
Pulire molto bene le cozze con una spazzola di ferro, sciacquarle sotto l'acqua corrente e metterle in una pentola con 2 cucchiai di acqua.
Unire il lemongrass tagliato a rondelle, la cipolla e lo scalogno a fettine sottili, il peperoncino fresco privato dei semi (se si usa secco prima va ammollato 20 minuti in una tazzina di acqua calda), il succo dei lime ed il nam-pla.
Coprire il tegame, accendere a fiamma viva e cuocere fino a che le cozze si saranno aperte, quindi servire come zuppetta, accompagnato eventualmente da riso bianco.
In alternativa si possono saltare velocemente dei noodle o degli spaghetti con il liquido delle cozze ed un po' di olio e mescolarvi poi i mitili.
* Il lemongrass, in italiano citronella, è un'erba che ricorda nell'aspetto un cipollotto e non è da confondere con la cedronella o melissa, l'erba verde aromatica dalle foglie simili alla menta. Ha un sapore caratteristico difficile da sostituire, chi non avesse ingredienti tailandesi a disposizione può eventualmente usare un cucchiaino in più di succo di agrumi.
** Le foglie di kaffir sono foglie di una varietà di lime dal profumo dolce ed agrumato, sostituibili abbastanza bene con foglie di limone (che però lasciano un retrogusto amarognolo che il kaffir non ha).
***Al posto del succo di lime si può utilizzare succo di limone addolcito con poco zucchero di canna e al posto del nam-pla va bene anche colatura di alici oppure una punta di pasta di acciughe sciolta in acqua.
Un peccato. Probabilmente un italiano che decide di ricominciare completamente da capo la propria vita in un Paese tutto diverso merita qualche chance in più. Invece Furio si ritrova, dopo sei anni di investimenti e impegno, di nuovo come non avesse costruito nulla. Come se la sua fatica non avesse avuto valore.
Lek è semplicemente la sua domestica ma sa. Un uomo solo in un Paese straniero ha bisogno di qualcuno a casa che si prenda cura di lui; lei stessa è approdata a quelle rive una decina di anni prima e sa quanto sia importante sentirsi accolti. Si è subito resa conto di avere a che fare con una persona buona e spezzata ed ha svolto i suoi compiti in modo impeccabile, mettendo in più cura e gentilezza in ogni cosa, perché lui ci si potesse rifugiare.
A poco a poco anche questo italiano diffidente e riservato si è accorto di non avere a che fare con una domestica qualsiasi: pur rimanendo sempre al posto che le competeva lei gli ha ridato giorno per giorno fiducia negli esseri umani. Niente di che: piccole attenzioni, silenzi comprensivi, sorrisi timidi ma sicuri. E pure i suoi fantastici piatti tailandesi per cena, un misto sapiente di aromi aspri e dolci e piccanti che gli hanno profumato ogni sera l'umore.
Cose così, minute. Però spontanee e costanti. Che a poco a poco hanno permesso a Furio di ritrovarsi, di alleggerire il cuore, di riprovare il sollievo per una esistenza tranquilla, per la vicinanza ad anime pulite.
In Italia quella brutta storia lo aveva annientato. Approfittarsi della sua buonafede e lasciare a lui debiti e responsabilità era stata da parte dei suoi soci una malvagità, ma comprendere che della trama faceva parte anche sua moglie, rivelatasi l'amante di uno di loro... ecco, forse era stato questo che gli aveva fatto perdere la voglia di lottare per riprendersi ciò che era suo.
Un paio d'anni di lavoro furibondo per rimediare onorevolmente a problemi creati da chi era sparito con la cassa, poi la vendita della vecchia casa dei suoi genitori, l'unico bene che la moglie non aveva potuto sottrargli, e infine la partenza per un luogo diverso, scelto quasi a caso sul mappamondo, pur di trovare un anonimato in cui leccarsi le ferite.
Ed ora eccolo qui, dopo quattro anni di vita straniera, investita in un nuovo lavoro di quelli impegnativi e complicati che non ti lasciano il tempo di pensare, a sentirsi dire che la crisi purtroppo colpisce anche le attività più meritevoli, che la sua piccola realtà è tra quelle spacciate e che va disfatto tutto, tanto non c'è speranza.
Furio non ha bisogno di chiedersi da dove vengano le risposte acide che gli escono di bocca o le frasi pungenti che vorrebbe aggiungere accanto alla firma che sottoscrive la sua resa. Se ne va dalla stanza senza nemmeno salutare, vive carico di asprezza gli ultimi giorni della chiusura e poi rientra definitivamente a casa, chiudendo fuori a chiave il mondo ma non il peso livido che ha sul cuore.
Lek lo aspetta. Sa tutto perché oramai gli legge dentro come fosse parte di lei. Lo saluta con un cenno e si muove silenziosa, cercando di non stargli troppo attorno ma di fargli sentire la sua presenza, se a lui servisse. Lui parla poco, sempre con questa assurda acidità nella voce. La vede preparare la tavola per lui e le dice bruscamente che non ha fame.
Lek tace e si sposta nel cucinotto. Se lo aspettava ed ha tutto pronto: pochi ingredienti, gesti veloci. Dopo qualche minuto si sprigiona nell'aria un profumo buono, di quelli tailandesi in cui aspro e piccante sono una cosa sola con dolce e sapido. Come nella vita.
Lek lo sa: non è mai o tutto bene o tutto male, va cercata l'armonia non la perfezione. Lo sa pure Furio, questa volta. Il mondo fuori è sempre ingiusto, ma ultimamente dentro casa Furio ha imparato a respirare dolcezza.
Allora si leva la cravatta, si sciacqua il viso, prende fiato, fa capolino dalla porta del cucinotto, guarda Lek e le sorride. "Ho apparecchiato anche per te, se vuoi" le dice con timidezza. Arrossisce e si ritrae. Niente più tracce acide nella sua voce.
Lek annuisce, porta la pentola fumante in tavola e distribuisce nei due piatti una montagna di cozze aromatizzate con una piccola nota piccante e tre gentili declinazioni di aspro, nell'armonia dolce e profumata della cucina tailandese. Poi si siede con lui. Per la prima volta. Di parole non c'è bisogno.
Cozze al lemongrass, lime e foglie di kaffir
ingredienti per 4 persone:
1.5 kg. di cozze
2 steli di lemongrass (*)
1 piccola cipolla
1 scalogno
2 lime
1 peperoncino rosso
8 foglie di kaffir lime (**)
3 cucchiai di nam-pla (***)
2 cucchiai di coriandolo fresco tritato
Pulire molto bene le cozze con una spazzola di ferro, sciacquarle sotto l'acqua corrente e metterle in una pentola con 2 cucchiai di acqua.
Unire il lemongrass tagliato a rondelle, la cipolla e lo scalogno a fettine sottili, il peperoncino fresco privato dei semi (se si usa secco prima va ammollato 20 minuti in una tazzina di acqua calda), il succo dei lime ed il nam-pla.
Coprire il tegame, accendere a fiamma viva e cuocere fino a che le cozze si saranno aperte, quindi servire come zuppetta, accompagnato eventualmente da riso bianco.
In alternativa si possono saltare velocemente dei noodle o degli spaghetti con il liquido delle cozze ed un po' di olio e mescolarvi poi i mitili.
* Il lemongrass, in italiano citronella, è un'erba che ricorda nell'aspetto un cipollotto e non è da confondere con la cedronella o melissa, l'erba verde aromatica dalle foglie simili alla menta. Ha un sapore caratteristico difficile da sostituire, chi non avesse ingredienti tailandesi a disposizione può eventualmente usare un cucchiaino in più di succo di agrumi.
** Le foglie di kaffir sono foglie di una varietà di lime dal profumo dolce ed agrumato, sostituibili abbastanza bene con foglie di limone (che però lasciano un retrogusto amarognolo che il kaffir non ha).
***Al posto del succo di lime si può utilizzare succo di limone addolcito con poco zucchero di canna e al posto del nam-pla va bene anche colatura di alici oppure una punta di pasta di acciughe sciolta in acqua.
- rivoli affluenti:
- ispirazione colta sfogliando: Judy Bastyra, Becky Johnson, The Cook's Encyclopedia of Thai Cooking, Hermes House, 2003, ISBN 1-84309-940-3
So touching.Dal post sprigionano,oltre a mille spunti dovuti alla ricetta,tante considerazione che vanno ben oltre e che mi toccano personalmente.
RispondiEliminaBuonissime le cozze con i profumi thai,le conosco bene con noce di cocco o senza.Concordo sulla citronella,e' difficilmente sostituibile.Qui a Londra c'e' una cara ragazza,Pat (Patcharee)che organizza,una volta ogni due mesi or so,delle straordinarie cene thai,cucinando il cibo della sua famiglia e della sua regione.Le cene,chiamate Pat's Thai (un gioco di parole riferito al piatto che hai proposto anche tu) sono dei veri eventi,all'ultima sono venute 80 persone.Fossi qui,ti ci porterei in un nanosecondo,ma il mio sospetto e' che tu,in una maniera o nell'altra,sia gia' lí.
Un abbraccio.
Come al solito le tue storie sono meravigliose e le tue ricette deliziose... :-)
RispondiEliminaLa prima foto è stupenda, oserei dire emozionante (ammesso che delle cozze possano esserlo!)...
RispondiElimina@edith.pilaff: se potessi essere lì fisicamente quanto ci sono di testa avrei probabilmente risolto tutti i problemi della mia vita!!!
RispondiEliminaUn abbraccio a te.
@mapi: e come al solito tu esageri.
@virò: ogni tanto i colpi di fortuna in fotografia capitano anche a me!
così intenso che sgranocchioerei anche le valve!
RispondiElimina@ iomilanese-laura: la prossima settimana magari ci proviamo sul serio!
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