Sono molto intrigata dall'idea di una raccolta che racconti ricette "fusion", proposta dal contest di Vaty di A Thai Pianist. E, nonostante mi siano nati dentro infiniti spunti, ho deciso di proporre una cosina molto semplice e spontanea, in realtà nata in modo assolutamente istintivo con la miscela di un'idea italiana ad alcuni ingredienti cinesi che avevo in casa.
Credo che il significato profondo di questa ricettina, che non è certo paragonabile a molte squisitezze e ad alcuni pensieri raffinatissimi che ho visto in raccolta da Vaty, stia proprio nella naturalezza con cui questo piatto se ne è uscito quasi da solo dalle mie mani e dal mio frigo. Nel senso che mescolare sapienze diverse è il mio modo "naturale" di cucinare...
La cucina è certamente espressione culturale e materiale di identità e di appartenenza per ogni popolazione. Va dunque prima di tutto conosciuta e rispettata nella sua espressione tradizionale, secondo me, perché senza conoscenza e rispetto non credo esista una reale possibilità di "fondere" alcunché ne' di essere autenticamente "creativi".
C'è una grande confusione a mio parere sulla definizione di "cucina fusion"o "cucina etnica creativa" che dir si voglia. Spesso identifica semplicemente lo scimmiottamento di ricette altrui da parte di chi appartiene a differenti culture, oppure l'unione quasi casuale di ingredienti o tecniche "stranieri", dunque carichi di fascino esotico. Il che accade di solito per semplici scopi commerciali o di visibilità.
Fare cultura gastronomica invece è un'altra cosa. Essere curiosi di capire che cosa cucinano "gli altri", come e perché apprezzano certi sapori, certe consistenze, certi accostamenti... questo sì è un approccio consapevole, che permette poi di rielaborare gli incontri fatti attraverso i propri canoni e di "fondere" autenticamente due culture, due palati, due storie. E di "creare" nuove armonie di gesti, di aromi, di confronti e di meraviglie.
Ben venga assolutamente la sperimentazione casalinga, l'acquisto compulsivo di ingredienti sconosciuti ed ogni tentativo, riuscito o meno, di comprenderne sapore ed utilizzo. Va benissimo giocare in cucina con la leggerezza di ignorare senza troppi scrupoli la storia e la geografia di ogni prodotto e farne un uso spensierato.
La cucina può essere cultura anche attraverso un approccio istintivo perché solo con il piacere vero di ciò che si fa, razionale od emotivo che sia, si arriva infine alla scoperta del significato intrinseco dei gesti e dei sapori altrui, e si arriva a questo punto a farli propri, finendo per utilizzarli in modo "naturalmente" armonioso.
Ma senza una consapevolezza finale ed un rispetto profondo per quello che si scopre è difficile "imparare", impossibile "creare", nella cucina etnica (di cui quella regionale italiana è ovviamente un fulgidissimo esempio) come in quella di famiglia. Così arrivo in fondo a tutto questo sproloquio e... preparo due semplici polpettine.
Probabilmente quello che negli anni mi si è sedimentato dentro di tutto il mio frequentare cucine straniere e domestiche emerge poi nel modo più casalingo possibile: aprire il frigo e combinare le cose come mi viene "naturale". Al momento mi comporto ancora da apprendista della cucina "fusion", insomma!
Conclusione? All'interno della riflessione dedicata alla proposta di Vaty in cucina ho certamente enormi margini di miglioramento...
Polpette caramellate ad andamento cinese
per circa 40 pezzi:
350 g di carne trita di manzo
4 salsicce cinesi all'anice (c.a 160 g in tutto)
1 uovo
1 spicchio di aglio
1/2 cucchiaio di prezzemolo tritato
1/2 cucchiaio di coriandolo fresco tritato
3 cucchiai di salsa di soia
2 cucchiai di vino di riso cinese
2 o 3 cucchiai di amido di mais
1/2 cucchiaio di olio di sesamo
2 cucchiai di olio di arachidi
1 pizzico di pepe di Sechuan
1 pizzico di zucchero
sale
Spellare le salsicce e tritarle grossolanamente; grattugiare l'aglio finissimo o pestarlo nel mortaio per ridurlo in pasta.
Miscelare in una terrina le salsicce, la carne, il prezzemolo, l'aglio, un cucchiaio di salsa di soia, il pepe e regolare, se serve, di sale. Formare delle polpettine grosse come tuorli sodi e passarle nell'amido.
Scaldare gli oli in un ampio tegame e rosolarci le polpette in un unico strato a fiamma medio-alta, fino a che sono ben dorate su tutti i lati.
Sfumare con il vino di riso, lasciar assorbire bene il liquido di fondo; intanto sciogliere lo zucchero nella soia rimasta.
Versare la soia sulle polpette e lasciar caramellare leggermente la superficie, quindi spegnere e servire: tiepide come secondo, accompagnate da un'insalata fresca, oppure come fingerfood a temperatura ambiente, infilate su spiedini.
Con questa ricetta partecipo semplicemente al contest di Vaty: Contaminazioni: la Cucina che unisce più Tradizioni... spero mi perdonerà!
Credo che il significato profondo di questa ricettina, che non è certo paragonabile a molte squisitezze e ad alcuni pensieri raffinatissimi che ho visto in raccolta da Vaty, stia proprio nella naturalezza con cui questo piatto se ne è uscito quasi da solo dalle mie mani e dal mio frigo. Nel senso che mescolare sapienze diverse è il mio modo "naturale" di cucinare...
La cucina è certamente espressione culturale e materiale di identità e di appartenenza per ogni popolazione. Va dunque prima di tutto conosciuta e rispettata nella sua espressione tradizionale, secondo me, perché senza conoscenza e rispetto non credo esista una reale possibilità di "fondere" alcunché ne' di essere autenticamente "creativi".
C'è una grande confusione a mio parere sulla definizione di "cucina fusion"o "cucina etnica creativa" che dir si voglia. Spesso identifica semplicemente lo scimmiottamento di ricette altrui da parte di chi appartiene a differenti culture, oppure l'unione quasi casuale di ingredienti o tecniche "stranieri", dunque carichi di fascino esotico. Il che accade di solito per semplici scopi commerciali o di visibilità.
Fare cultura gastronomica invece è un'altra cosa. Essere curiosi di capire che cosa cucinano "gli altri", come e perché apprezzano certi sapori, certe consistenze, certi accostamenti... questo sì è un approccio consapevole, che permette poi di rielaborare gli incontri fatti attraverso i propri canoni e di "fondere" autenticamente due culture, due palati, due storie. E di "creare" nuove armonie di gesti, di aromi, di confronti e di meraviglie.
Ben venga assolutamente la sperimentazione casalinga, l'acquisto compulsivo di ingredienti sconosciuti ed ogni tentativo, riuscito o meno, di comprenderne sapore ed utilizzo. Va benissimo giocare in cucina con la leggerezza di ignorare senza troppi scrupoli la storia e la geografia di ogni prodotto e farne un uso spensierato.
La cucina può essere cultura anche attraverso un approccio istintivo perché solo con il piacere vero di ciò che si fa, razionale od emotivo che sia, si arriva infine alla scoperta del significato intrinseco dei gesti e dei sapori altrui, e si arriva a questo punto a farli propri, finendo per utilizzarli in modo "naturalmente" armonioso.
Ma senza una consapevolezza finale ed un rispetto profondo per quello che si scopre è difficile "imparare", impossibile "creare", nella cucina etnica (di cui quella regionale italiana è ovviamente un fulgidissimo esempio) come in quella di famiglia. Così arrivo in fondo a tutto questo sproloquio e... preparo due semplici polpettine.
Probabilmente quello che negli anni mi si è sedimentato dentro di tutto il mio frequentare cucine straniere e domestiche emerge poi nel modo più casalingo possibile: aprire il frigo e combinare le cose come mi viene "naturale". Al momento mi comporto ancora da apprendista della cucina "fusion", insomma!
Conclusione? All'interno della riflessione dedicata alla proposta di Vaty in cucina ho certamente enormi margini di miglioramento...
Polpette caramellate ad andamento cinese
per circa 40 pezzi:
350 g di carne trita di manzo
4 salsicce cinesi all'anice (c.a 160 g in tutto)
1 uovo
1 spicchio di aglio
1/2 cucchiaio di prezzemolo tritato
1/2 cucchiaio di coriandolo fresco tritato
3 cucchiai di salsa di soia
2 cucchiai di vino di riso cinese
2 o 3 cucchiai di amido di mais
1/2 cucchiaio di olio di sesamo
2 cucchiai di olio di arachidi
1 pizzico di pepe di Sechuan
1 pizzico di zucchero
sale
Spellare le salsicce e tritarle grossolanamente; grattugiare l'aglio finissimo o pestarlo nel mortaio per ridurlo in pasta.
Miscelare in una terrina le salsicce, la carne, il prezzemolo, l'aglio, un cucchiaio di salsa di soia, il pepe e regolare, se serve, di sale. Formare delle polpettine grosse come tuorli sodi e passarle nell'amido.
Scaldare gli oli in un ampio tegame e rosolarci le polpette in un unico strato a fiamma medio-alta, fino a che sono ben dorate su tutti i lati.
Sfumare con il vino di riso, lasciar assorbire bene il liquido di fondo; intanto sciogliere lo zucchero nella soia rimasta.
Versare la soia sulle polpette e lasciar caramellare leggermente la superficie, quindi spegnere e servire: tiepide come secondo, accompagnate da un'insalata fresca, oppure come fingerfood a temperatura ambiente, infilate su spiedini.
- rivoli affluenti:
- fonti di ispirazione, per questa volta senza citazioni bibliografiche: infiniti libri di cucina cinese ed orientale, infiniti oggetti da cucina orientali stipati negli angoli più impensati di casa, infiniti barattoli e boccette di aromi orientali sparsi ovunque per la cucina, infinito amore per il vivere con curiosità.
- (a proposito di margini di miglioramento... come fotografa diciamo che non ho nemmeno cominciato a capire! Mi scuso ma le polpettine sono terminate prima che mi rendessi conto che non c'era una foto a fuoco e ci potessi riprovare)
Come posso resistere? W le polpettine che strizzano un occhio all'oriente :-)
RispondiElimina@elena: ciao stellina, e che dire dei dolci piemontesi con le perle di tapioca?! Mi sa che ci siamo un po' troppo perse di vista noi...
RispondiEliminaCompletamente d'accordo , brava!
RispondiEliminaUn post molto bello. Riflessivo e vero. Io credo che tu non abbia molto da migliorare ne in tema di "fusion" ne in tema di fotografie. !
RispondiEliminaInfatti sono molto attratta da questa proposta. Ma la salsiccia cinese di cui parli e' quella che vengono nei negozi etnici con quell'involucro color giallo o rosso? Sarei curiosa!
Intanto complimenti e grazie per la tua partecipazione:-)
Provvedo domani da pc ad inserire la ricetta. In bocca al lupo
Direi che la sparizione delle polpette è un indicatore della riuscita del piatto ! Bello il tuo post, quella lanciata da Vaty è stata una grande idea, e tu l'hai ben interpretata !
RispondiElimina@enrico: sarebbe interessante capire cosa ne pensava Marco Polo!
RispondiElimina@vaty: le salsicce che ho usato qui si chiamano lap-xuong wu xiang ed in effetti stanno in una busta rossa...
@latte e fiele: io ci ho provato.. ma è vaty che vive il tema tutti i giorni
@claudia: grazie, vengo volentieri a curiosare
RispondiEliminanell'autovalutazione sei una frana: le foto riescono a mettere l'acquolina in bocca!!!
RispondiElimina@virò: ...!!!
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