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i cappelletti e il paradiso


Lo so: non è stagione di cappelletti in brodo... non è domenica.... e quelli nella foto non hanno nemmeno la forma dei cappelletti... Con tenerezza rendo omaggio ad una signora dell'Appennino Emiliano che ha vissuto novant'anni. La sua vita è stata talmente piena di episodi da romanzo che avevamo anche meditato di metterla per iscritto. Ora non potremo più, questo non è il libro che avrebbe voluto.

Le sue vicende restano private e l'esempio che tutti avremmo potuto trarne di coraggio, tenacia e generosità rimane esclusivamente un bene di famiglia, ma mi sembra giusto condividere più apertamente almeno la saggezza delle sue mani curve, operose ed infarinate.

Le sue ultime parole per me dicevano che l'amore è ciò che salva la vita e compensa di tutto il resto, perciò anche quando si rimane incompresi non si deve smettere di dare. Le sono grata per l'onore di quest'ultimo saluto e mi piace citare anche le prime parole che ho sentito da lei: "faccia la brava, mi raccomando", come fossi stata una bambina.

Le sue parole profumavano sempre di cucina anche quando parlava d'altro. Ci sentivi svolazzare la farina, soffriggere il burro, pungere la zucca per capire se fosse cotta a puntino. Mi ha sempre parlato così, con l'amore nascosto dietro i toni burberi o le frasi comuni. Ed era così il cibo da lei preparato, che esprimeva attraverso i sapori quell'amore per la famiglia che non era capace di comunicare altrimenti.

Naturalmente mi ha insegnato qualcuna delle sue ricette con le dosi rigorosamente a occhio (anzi: "a mano"), mi ha costretto a rivedere ingredienti e proporzioni di quasi tutto il mio povero libro di cucina reggiana, mi ha confezionato dei tortelli a parte senza il caffè nell'impasto (sono dei dolcetti natalizi; se ne riparlerà...) perchè mi sapeva intollerante, mi ha preso in giro per i miei movimenti impacciati nel chiudere i cappelletti...

Di certo lei condivideva istintivamente la visione pre-ambrosiana del paradiso, con i beati in un giardino fiorito, comodamente sdraiati su un triclinio davanti ad un banchetto di "refrigerio". Inoltre il suo piatto preferito era la pasta... Così oggi cappelletti. Le mie mani sono molto maldestre ed i cappelletti mi escono ancora più sghimbesci del solito, credo sia la malinconia. Pazienza, questa volta li confeziono a raviolo, al momento quello che mi importa è respirarne intensamente il profumo e sorriderle, perchè lei di certo se li sta gustando con me.

I cappelletti (inside) della Signora Olga


dosi per 8 porzioni (perchè l'impasto del ripieno fatto abbondante viene meglio!)
per la sfoglia:
1 kg. farina
10 uova
2 cucchiai d'olio
sale
per il ripieno:
200 gr. di carne di vitello (o maiale)
100 gr. di carne di manzo
150 gr. di carne di tacchino (o piccione)
1 gambo di sedano
1 cipolla
1 carota
1 spicchio d'aglio
5 chiodi di garofano
1 piccola stecca di cannella
100 gr. di lardo
3 cucchiai di olio
2 cucchiai di burro
(1/2 bicchiere vino rosso, che lei non usava ma la sua vicina di casa sì)
2 uova
300 gr. parmigiano reggiano (più quello per servire)
pane secco q.b. (regolarsi a gusto per quantità e tipo, vietato solo il pane all'olio!)
brodo di gallina
noce moscata
sale
pepe

Tritare grossolanamente sedano, carota, cipolla, aglio e lardo e ridurre le carni a grossi bocconi.

In un tegame capace scaldare olio, burro e lardo insieme a cannella e chiodi di garofano fino a che il lardo diventa trasparente.

Unirvi le verdure. farle bene saporire e poi versarci le cani, saltandole fino a che appena cominciano a schiarirsi.

A piacere sfumare con il vino rosso, regolare di sale quindi versarci un paio di mestoli di brodo, portando lentamente a cottura per un paio di ore, fino a che la carne si è quasi disfatta.

Nel frattempo preparare la sfoglia e lasciar riposare l'impasto sotto un panno umido.

Lasciare intiepidire, la carne, quindi scolarla (conservando il fondo) e passarla un paio di volte al tritacarne fino ad ottenere una grana morbida ed omogenea.

Spezzettare un paio di fette di pane secco nel fondo di cottura fino a farlo asciugare, far diventare quasi croccante di nuovo il pane quindi sbriciolarlo finemente ed unirlo alla carne.

Quando il tutto è ben freddo unire all'impasto il parmigiano, le uova, una grattata di noce moscata ed una macinata di pepe e lasciar riposare coperto.

Stendere la sfoglia, tagliarla a quadretti, disporvi un mucchietto di ripieno e piegare a cappelletto (oppure dividere l'impasto sulle strisce di sfoglia e poi ritagliarne dei ravioli, come in questo caso).

Lessare in acqua salata, a parte scaldare il brodo, tuffarci i cappelletti scolati e servire con una spruzzata abbondante parmigiano e, volendo, un cucchiaio di Lambrusco in ogni piatto.
  • rivoli affluenti:
  • storia e ricette casalinghe locali: Athos Nobili, La Cucina Tradizionale Reggiana, AGE
  • una qualche forma di paradiso visto da qui: Philippe Ariès, L'uomo e la morte dal Medioevo ad oggi, Editori Laterza

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