Passa ai contenuti principali

il fascino discreto dell'etimologia

Nella varietà di destini a cui aspiravo da bambina quando mi chiedevano che avrei voluto fare da grande, tra la trapezista ed il medico missionario ho vissuto anche la fase della bibliotecaria/insegnante di lettere. Il fascino delle parole da allora non mi ha più abbandonato ed ogni tanto rispunta, anche se non in forma grave... L'altra sera a separare due giornate nuvolose è scoppiata una stellata da togliere il fiato e io, piccina piccina sotto quel cielo "infinito, immortale" ho ripreso per un momento il mio antico vizio...

Non mi è mai capitato che si avverasse un desiderio espresso in una notte di stelle cadenti, nonostante la parola stessa "desiderio" nasca dalle stelle. ... L'origine è controversa, perchè in latino de sideribus, significa "proveniente dalle stelle", cioè concesso dagli dei, ma anche "lontano dalle stelle" nel senso sacro o  irraggiungibile, o anche "che parla di stelle", cioè di una qualità superiore. Nel De Bello Gallico Cesare lo intende come "in attesa sotto le stelle" parlando dei soldati che la sera aspettano (vanamente) il ritorno dei compagni che non sono rientrati al campo con loro dopo la battaglia ed infatti in latino "desiderare" nel senso di "avere voglia di qualcosa" si dice cupio, mentre si usa desidero nel senso di "sentirne la mancanza", cioè aspirare a ciò che non sta in nostro potere ottenere.

In sostanza il desiderio è inteso come qualcosa che noi da soli non siamo in grado di realizzare. Nella tradizione cristiana ed ebraica la stella appare come segno soprannaturale di avvertimento per un grande avvenimento, ma un cielo stellato è stato anche per millenni uno strumento di orientamento e navigazione. In chiave moderna fonderei i due concetti, facendo delle stelle uno "strumento di riflessione". Credere che una stella possa realizzare un nostro desiderio significa affidarne la responsabilità a qualcosa più grande di noi. Davvero possiamo sperare solo in una fonte esterna, in qualcosa di superiore a cui delegare le realizzazione di sogni e speranze? No, ma anche l'eccesso opposto ha i suoi difetti...

Marcus, protagonista di un romanzo di Philip Roth, è uno studente universitario dal carattere ombroso e solitario, una sorta di giovane Holden dall'insofferenza razionalizzata. Marcus cerca di ottenere sempre il massimo dei voti per sfuggire al pericoloso destino di soldato semplice nell'imminente chiamata alle armi per la guerra di Corea, dove suppone che un ufficiale abbia maggiori probabilità di evitare la prima linea.

Si accende una discussione con il preside, che gli rimprovera di isolarsi troppo dalla vita sociale del campus e di non saper riporre fiducia ne' negli esseri umani ne' nel senso del divino. Il ragazzo in risposta cita uno scritto del '27 di Bertrand Russell: "La religione, dichiara, si fonda originariamente e principalmente sulla paura: paura dell'occulto, paura dell'insuccesso, paura della morte. [...]Conquistate il mondo con l'intelligenza, dice Russell, e non facendovi sottomettere come schiavi dal terrore che deriva dal vivere in esso. [...] Avendo studiato questi pensieri e avendoci riflettuto a fondo, intendo vivere in conformità ad essi, e certamente lei ammetterà, signore, che ne ho tutto il diritto."

Il suo è un orgoglio disperato (= senza speranza) e durissimo. Credo non si possa mai abbandonare il "desiderare", il confidare nell'aiuto altrui, divino od umano che sia, perchè la paura dell'insuccesso e dello sconosciuto non si sconfiggono con la sola razionalità. L'intelligenza può però aiutare a trasformare il passivo "desiderare" in attivo "considerare" (cum sidera, "con le stelle"), che significa tornare come gli antichi marinai a "valutare le stelle per orientarsi", ponderare un problema nei suoi vari aspetti in compagnia delle proprie certezze e delle proprie speranze per prendere una decisione. Farsi insomma illuminare il cammino dalla luce chiara e garbata delle stelle...


Comunque l'altra sera la stellata mi è rimasta talmente dentro che, oltre a tutti gli sproloqui di cui sopra, non ho potuto evitare di parlarne anche a tavola con la forma di questi ravioli...


Ravioli di sogliola e coste alle olive nere e limone

Ingredienti per 4 persone (8 pezzi circa a testa):
200 gr. farina 00 (+ quella per la spianatoia)
2 uova
100 gr. filetti di sogliola
150 gr. coste (dette anche "biete da taglio")
una dozzina di olive nere
1 limone
prezzemolo
1 bicchierino di vino bianco
olio extravergine
sale
pepe al mulinello

Impastare la farina con le uova sbattute, un pizzico di sale e mezzo cucchiaino di olio, lavorando energicamente la pasta fino a che è bella liscia e soda (a mano ci vorranno almeno una decina di minuti, con la planetaria 6 o 7), coprire e lasciar riposare un'oretta.

Lavare molto bene le coste e dividere i gambi dalle foglie, tagliando i primi a listarelle molto sottili e spruzzandoli con il succo di mezzo limone.

Scottare le foglie in un tegame coperto con un paio di cucchiai di acqua ed un pizzico di sale fino a quando si sono appassite ed il volume si è ridotto alla metà, quindi far asciugare a fuoco vivace e poi lasciar scolare bene in un colino.

Scaldare un cucchiaio di olio in una padella e adagiarvi i filetti di sogliola, cuocendo da entrambi i lati fino a che sono sbiancati, quindi unire il vino ed un pizzico di sale e lasciar cuocere un paio di minuti.

Scolare la sogliola lasciando il fondo nel tegame e sminuzzarne finemente la polpa, verificando che non ci siano lische residue.

Unire alla sogliola le foglie delle coste strizzate e tritate, metà delle olive tritate e la scorza di mezzo limone, regolare di sale e pepe e miscelare bene il tutto.

Stendere la sfoglia in un velo sottile, distribuirvi l'impasto di sogliola a mucchietti, coprire con altra sfoglia eliminando bene l'aria attorno al ripieno e ritagliare i ravioli con uno stampino (qui ho usato una stella), premendo poi bene sui bordi per sigillarli.

Scaldare i gambi delle coste con un cucchiaio di acqua, due di olio, le olive rimanenti tritate ed il resto del succo di limone; quando il fondo si è quasi ritirato e cominciano a dorarsi unirvi il fondo di cottura delle sogliole, ed abbondante prezzemolo, regolare di sale e pepe, far bene insaporire per un minuto e tenere in caldo.

Lessare i ravioli in abbondante acqua bollente salata (con mezzo cucchiaio di olio, perchè non si attacchino tra di loro), raccoglierli delicatamente con una schiumarola ed unirli al condimento, padellando un minuto perchè si condiscano bene, quindi spolverare con la scorza dell'altro mezzo limone e decorare con qualche foglia di prezzemolo od un paio di olive. Nel mio caso il condimento di gambi era abbondante e ne ho servito quindi anche una cucchiaiata a fianco dei ravioli.

  • rivoli affluenti: 
  • Philiph Roth, Indignazione, Einaudi
  • J. D. Salinger, Il giovane Holden, Einaudi

Commenti

  1. eh vabbe!!!!!! Allora vuoi sconvolgere le mie giornate di tranquilla pensionata se quando vado ad aprire il computer per visitare il tuo blog trove ricette e "pensieri" come questo!
    No, non voglio nè posso aggiungere altro....
    grazie!!!
    Paola

    RispondiElimina
  2. stella stellina..... carineeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!
    bisognerà che tu mi faccia un corso di pasta fresca accellerato, ora mi hai messo la voglia di cimentarmi :-)

    RispondiElimina
  3. Ecco, così mi piace: equa distribuzione di attenzione tra libri, intimità e cucina...

    Manca solo la confessione sul desiderio espresso (e non dire che non hai pensato nulla perchè non vale!)...

    RispondiElimina
  4. Che meraviglia ... la ricetta e ancor più i tuoi pensieri e le conoscenze che ci trasmetti ...

    RispondiElimina
  5. Arrivo a questo blog, tramite Virò e ne sono veramente contento. Ho letto solo il post di oggi e non appena avrò tempo spulcierò tutti gli altri. Premesso che adoro i ravioli di pesce, ti faccio i miei complimenti per la lettura piacevole e mai banale così come la ricetta semplice ed incisiva al tempo stesso. L'equilibrio nelle cose è un dono non da pochi. Complimenti ed a presto :-)

    RispondiElimina
  6. @paola: no... grazie a te di ed alla tua curiosità.

    @babs: va bene, tu ricambi con un corso di fotografia, magari...

    @virò: se e quando si avvererà lo dirò subito!

    @laura.lau: grazie, la cosa davvero meravigliosa è scoprire che ci siano persone interessate a dialogare con semplicità degli argomenti che piacciono anche a me!

    @gambetto: equilibrio ed armonia: una ricerca che vale una vita.

    RispondiElimina
  7. Le stelle si ammirano!!!!! ma raramente si mangiano . io conoscevo le pan di stelle barilla, ma devo dire che se togliamo il pan....... rimangono le stelle più belle. ma oggi abbiamo le più BUONE.

    RispondiElimina
  8. @pistacchietta: io sono più golosa di ravioli che di biscotti... sarà per quello?

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!