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la fiaba dei kaki

Nel periodo invernale sulle bancarelle dei mercati giapponesi fanno la loro comparsa gli hoshi-gaki, i cachi secchi. Ne esistono di varie qualità, i più ricercati sono prodotti artigianalmente e addirittura "massaggiati" a mano prima di essere compressi tra tavolette di legno. Il frutto del cachi ha profondi significati simbolici in Giappone, tanto è vero che è protagonista delle offerte religiose legate alla celebrazione del Capodanno: in ogni casa viene predisposto un piccolo altare su cui si impilano cibi rituali come tortini di riso, arance amare, alghe kombu e cachi secchi...


Sulle leggende tradizionali potrebbe essere curioso tornare in seguito, mentre un altro interessantissimo significato è stato attribuito alla pianta di cachi molto più di recente: al bombardamento atomico di Nagasaki il 9 agosto 1945 è miracolosamente sopravvissuto una piccolo alberello di cachi. Nel 1994 uno fitopatologo giapponese è riuscito a far nascere da quell’alberello alcune piante di seconda generazione ed il Museo del bombardamento atomico ha cominciato a distribuirle ai bambini in visita come segno di pace, di speranza e di rinascita.

L’artista contemporaneo Tatuo Miyajima ha poi deciso di trasformare questa attività in una forma d'arte e ha presentato alla Biennale di Venezia del 1999 la proposta che tutte le nazioni del mondo creassero attorno alla storia dei semini sopravvissuti un progetto artistico destinato ai bambini. Il migliore di ogni Paese sarebbe stato premiato con una piccola pianta di cachi. L’idea era quella di far sì che entro il 2000 ogni nazione del mondo ne avesse un esemplare e che nel 2010 il progetto si concludesse con “The Harvest of Kaki”, la raccolta dei cachi in tutto il mondo, da parte dei bambini, degli adulti e degli artisti che ne avrebbero reso possibile la crescita.

Per l'Italia su 198 partecipanti è stata scelta la scuola elementare di Morosolo, poco fuori Varese, e l’alberello di cachi è stato piantato nel 2000 sul sagrato della Chiesa di S. Giovanni a Casciago. Da allora ai bambini viene insegnato a nutrire e prendersi cura con costanza della pianta e ogni anno si ricorda il suo significato con giochi e lavoretti degli alunni e con spettacoli o installazioni di artisti locali.

La manifestazione che mi ha più colpito nel tempo è stato lo spettacolo del 2006, opera del burattinaio varesino Chicco Colombo, che ha messo in scena “La fiaba del kaki, una testimonianza di pace” con figure di carta e pupazzi creati ed animati da un centinaio di scolaretti. La storia attualizzava un'antica leggenda giapponese e raccontava di un Giovane Sole che, sopravvissuto alla bomba atomica, compie un viaggio affrontando metaforici ostacoli ed infine arriva nel piccolo paese italiano, trasformandosi in un albero di cachi, a testimoniare che la pace e l'impegno superano tutte le avversità se c'è chi li coltiva con passione e amore.

Quando oggi mangio un cachi non solo subisco il fascino orientale del frutto in sé, ma il pensiero non può che correre a questa affascinante fiaba di Chicco Colombo. Lui ha un suo modo tutto speciale di parlare ai bambini, come se fosse con loro un'anima sola, ma questo arriva in pieno anche agli adulti...

So che a questo punto abbinare i cachi alle costine di maiale potrebbe levare un poco di poesia al tutto... ma me la racconto pensando che in questa ricetta si legano la tradizione italiana e quella giapponese e non a caso ne esce un sapore sorprendentemente corretto.

P.S.: il nome giapponese del frutto è kaki, che in italiano diventa cachi, maschile singolare indeclinabile. La definizione "caco" è un neologismo derivato dalla retroformazione di un finto singolare. Ora credo siano accettate entrambe le forme, ma per la mia naturale propensione verso il Giappone io mi mantengo caparbiamente nel cachi...

P.P.S.: con questa ricetta partecipo all'iniziativa di CorradoT?! Mi sa di no.
Avevo già detto che stavo tramando una ricetta con i cachi in versione salata... ed una volta a punto è arrivata la richiesta di Corrado per il suo contest 3 SU 5, oovero una ricetta con almeno tre delle verdure autunnali da lui scelte. Castagne e cachi qui sono presenti e pure la verza, che è in qualche modo parente del cavolo nero toscano, a Corrado tanto caro ma sulle Prealpi lombarde davvero poco diffuso...  Questa ricetta così com'è non corrisponde dunque esattamente alle regole da lui stabilite (ci sono pure spezie mediorientali!), anche se in calce ho aggiunto la variante con il cavolo nero. Ma avendo già tutto cucinato, fotografato e programmato prima del suo intervento diventava macchinoso per i miei tempi rifare tutto da capo... E la stessa cosa varrà per la ricetta successiva a questa. Pazienza, sarà per un'altra volta. O forse è destino... Che io sia poco tagliata per i contest?!


Costine in marinata di cachi speziata

ingredienti per 4 persone:
500 gr. di costine di maiale
1 cachi
1 cucchiaio di miele di eucalipto
1/2 cucchiaino di eucalipto in polvere
1 cucchiaino di summac
1/2 cucchiaino di cumino frantumato
1 cucchiaino di origano selvatico
1/2 cucchiaino di peperoncino secco sbriciolato
1 limone
8 belle foglie di verza
12 castagne cotte (arrostite o lessate)
aceto di vino bianco
olio di oliva leggero
sale

Frullare la polpa del cachi e miscelarvi tutte le spezie, il succo  e la scorza grattugiata fine di mezzo limone, 2 cucchiai di olio, il miele ed un pizzico di sale, mettere da parte un paio di cucchiai del composto ed immergere nel resto le costine, lasciando poi in frigo coperto a marinare per almeno un paio di ore (ma anche tutta la giornata non gli fa male...)

Un'oretta prima di andare in tavola scaldare il frullato di cachi rimasto in un piccolo padellino e, quando comincia a fare le bollicine, unirvi 4 o 5 cucchiai di aceto, lasciando evaporare per un minuto a fiamma vivace.

Ridurre la verza a striscioline sottilissime, sciacquarla e scolarla bene e condirla con un pizzico di sale, quindi versarvi la salsa di cachi e aceto bollente, mescolare bene, unire un paio di cucchiaiate di olio, mescolare di nuovo e lasciare riposare coperto ma fuori dal frigo fino al momento di servire.

Se non si vuole aromatizzare tutta casa con i profumi delle costine grigliate ricordarsi di accendere la cappa aspirante PRIMA dei fornelli... Quindi scaldare bene una piastra di ghisa, disporvi le costine leggermente scolate della marinata e cuocere con cura a fuoco prima vivace e poi leggermente più basso ruotandole su tutti i lati, fino a che sono belle caramellate fuori e cotte ma ancora morbide internamente. Il tempo di cottura in realtà dipende dalla quantità di carne attaccata all'osso; nel mio caso le ossa erano piccole e la polpa abbondante, quindi ci sono voluti circa 20 minuti.

Qualche minuto prima di spegnere disporre sulla piastra anche le castagne, irrorandole con un cucchiaio o due della marinata avanzata, e lasciarle glassare su tutti i lati. Io ho usato delle caldarroste sbucciate ma anche le castagne lesse vanno bene, attenzione però che non si rompano nel voltarle.


Quando le costine sono pronte servirle su un letto di verze e decorare con le castagne glassate.


versione young+easy: anche senza verze e castagne le costine sono gustosissime da sole! Se non si trovano tutte le spezie si possono sostituire con altre a gusto (in cucina è anche bello sperimentare...), basta che non manchi il peperoncino. Anche il miele può essere di un tipo più diffuso, tipo quello di acacia o millefiori, sconsiglierei però il miele di castagno perchè qui risulterebbe un po' amaro.

versione per CorradoT: 
Se alla verza dovessi sostituire il cavolo nero lo scotterei qualche minuto in acqua bollente prima di ridurlo a julienne e lo salterei poi in padella con il frullato di cachi per insaporirlo meglio, sfumandolo con l'aceto verso la fine. E per quel che riguarda gli ingredienti "strani" che Corrado vorrebbe evitare... valgono le semplificazioni della versione young+easy. In fondo nei miei primi esperimenti di qualche anno fa impiegavo solo origano, poco cumino e un po' più di peperoncino e già non era male, anche se ora a me la versione speziata sembra più completa.
  • rivoli affluenti:
  •  il testo teatrale della "Fiaba dei kaki" non ce l'ho, ma altre storie e filastrocche del burattinaio con l'anima da bambino sono raccolte qui: Enrico Colombo, Le storie numerose, Macchione Editore

Commenti

  1. Leggevo il post e pensavo ma dove andrà mai a parare con i kaki...nooooo...con le costine di maiale vestite all'orientale...non ci posso credere :-P
    Lo sapevo...
    Per quanto il post fosse bello e delicato tanto più grande è stato il sorriso nel vedere questo accostamento. Prendendo a prestito una locuzione giovanile..."Un mito!" :-)))
    Buona giornata :)

    RispondiElimina
  2. Alcune osservazioni....
    1) - Kaki/Cachi come finto singolare: con te impariamo sempre qualcosa :-)
    2) - Il cachi e la cultura giapponese: vedi punto 1.
    3) - Spezie "rare o introvabili" - Mi riferisco al sumac, di cui non avevo mai sentito parlare (anche se forse l'ho mangiato). Se una cosa non mi e' nota non significa che sia da aborrire, tanto piu' che ho scoperto che viene usato nel Kebap, ormai ben introdotto anche da noi. Le altre spezie sono normalissime.
    4) - Anche nella versione per il mio contest la quantita' di cachi utilizzata e' piccola, tale -secondo me- da non qualificare l'ingrediente come prevalente, quindi non posso accettare questa ricetta nel contest.
    5) - PERO' questa ricetta mi piace moltissimo, per cui la ricetta e' accettata, ma non partecipera' alla classifica finale. Insomma una roba "fuori concorso", tanto per usare dei paroloni.
    6) - Voglio rifare questa preparazione, per mio piacere. Ma, Acquaviva: dove posso cercare il sumac?

    PS - Complimenti :-)

    RispondiElimina
  3. @gambetto: anche a me veniva da ridere quando ho cominciato a parlare di maiale dopo tutti i voli pindarici, d'altra parte il cachi, per quanto nbile, in questo contesto è comunque anche fortemente cibo...

    @corrado: quando l'avrai provata ti ricrederai: il caco sarà uno solo, ma il suo aroma è inconfondibilmente percepibile sia nella glassatura di carne e castagne che a crudo nell'insalata di verza...
    Assolutamente d'accordo con il fuori concorso, comunque, non fa assolutamente differenza!
    Il sumac a Roma l'ho trovato da Castroni, a Milano in un negozio di alimenti indiani in via Castaldi... a Firenze non saprei. Prova nei negozietti etnici gestiti da pakistani, in quelli cinesi non l'ho mai visto nemmeno qui.

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  4. @corradoT: PS: il summac ha un sapore abbastanza aspro. Se non lo trovi puoi aumentare semplicemente la dose di succo di limone odaggiungere un cucchiaio di aceto alla marinata, o ancora utilizzare un mezzo cucchiaino di pasta di melograno.

    RispondiElimina

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