Ebbene sì, siamo al mio quarto Capodanno del 2010... Sì, perché Il Nuovo Anno Persiano non coincide con il nostro ma comincia tra il 20 ed il 22 marzo con l'equinozio di primavera, il Tavhil, in armonia con la rinascita della natura. Le celebrazioni per Nowruz durano un paio di settimane ed i riti ricalcano gesti tradizionali di rinnovamento che si ripetono analoghi da centinaia di anni, a cavallo tra pubblico e privato, tra laico e religioso, tra Islam e devozioni ancora più antiche, tra usi contadini e sapienza di astrologi e filosofi...
Le famiglie in questo periodo si dedicano alla pulizia della casa e della persona, all'acquisto di nuovi abiti, alla confessione dei propri peccati, alle cerimonie per scacciare gli spiriti maligni, alla semina di germogli ed alla riaccensione dei fuochi domestici. Processioni di musicanti invadono le strade ed i loro abiti di seta rossa ricordano il sangue di Domuzi, l'antica divinità sumera che veniva uccisa alla fine di ogni anno per rinascere all'inizio dell'anno successivo. Feste e celebrazioni sovvertono i normali ritmi quotidiani, a cominciare dalla vigilia dell'ultimo mercoledì dell'anno per terminare dodici notti dopo l'equinozio (una per ogni cielo astrale).
Uno degli aspetti rituali che più mi ha colpito è che in ogni casa viene esposto sopra un prezioso tappeto il sofreh-ye haft-sinn, un gruppo di sette alimenti simbolici, tutti con l'iniziale "S", che rappresentano i sette araldi angelici della vita. Attorno al sofreh la famiglia si riunisce l'ultima sera dell'anno cantando, pregando, raccontandosi leggende e chiacchierando fino a che, nell'esatto momento dell'equinozio, la persona più anziana da inizio al nuovo anno distribuendo auguri, benedizioni, abbracci... e dolcetti!
I sette alimenti simbolo del nuovo anno sempre presenti sul sofreh sono:
A seconda della località e delle tradizioni della singola famiglia vengono anche utilizzati dei bracieri per bruciare erbe sacre come la ruta (il cui fumo tiene lontani gli spiriti malvagi), brocche di acqua di rose per il suo magico potere di pulizia, vasi di narcisi o giacinti per sottolineare il fiorire della vita e della natura, e spesso una coppia di candelieri ai lati di uno specchio con una candela accesa per ogni bimbo della casa, dove le fiammelle augurano felicità e chiarezza e lo specchio riflette le immagini della Creazione, che nella tradizione persiana ha avuto luogo proprio il primo giorno dell'anno.
Sullo stesso vassoio molte famiglie dispongono anche dei dolcetti, solitamente di sette tipi diversi, perchè la leggenda vuole che il Re Jamshid scoprisse lo zucchero proprio di Nowruz (non a caso il termine inglese candy, che descrive caramelle e dolcetti, deriva dal persiano qand, che significa proprio "zucchero"...). Il menù rituale di buon augurio che invece viene servito in tavola, che sia semplicissimo oppure molto raffinato, contiene sempre una zuppa di tagliolini, un piatto a base di pesce ed agrumi, delle erbe aromatiche (sabzi-khordan) ed un mix di frutta secca.
Il pane con formaggio fresco ed erbe è un tris onnipresente sulla tavola iraniana, segno di semplicità e di ospitalità (come il tè), perché per tradizione condividere il pane porta felicità e prosperità. Anche le miscele di frutta secca sono un classico persiano, e quella di Nowruz si chiama ajil-e moshkel gosha, "districatore di difficoltà". E se si esprime un desiderio e questo si avvera si deve distribuire frutta secca a profusione...
La pasta lunga (reshtet) è invece proprio tipica del Capodanno ma la si consuma anche prima di intraprendere una nuova impresa o dopo tre giorni dalla partenza di un congiunto per un viaggio. Gli spaghettini simboleggiano la scelta tra varie strade che la vita ci presenta, quindi ci si augura che, cuocendo la matassa di pasta nella zuppa e dunque sciogliendola in singoli fili, ciò sia di aiuto nello scegliere la giusta via o nel risolvere comunque un problema intricato, come fece Alessandro Magno tagliando il nodo di Gordio.
Il pesce è invece simbolo di vita e portafortuna; segna la fine dell'anno astrale sotto il cielo dei Pesci e nelle regioni lontane dalla costa è considerato comunque un cibo raro e ricercato. Viene spesso preparato con ingredienti acidi, immagino anche per una questione legata alle antiche difficoltà nel garantirne la freschezza.
Lo spezzare il pane, il guizzare del pesce, le uova dipinte, le candele, la famiglia attorno al desco... quanti simboli comuni con la nostra liturgia, anch'essa tanto legata al cibo! E a preparare un'intera cena rituale mi sarei anche divertita tantissimo... peccato non ne abbia avuto il tempo. Ho optato per il solo pesce semplificando una ricetta tradizionale persiana... però al osto del tradizionale riso l'ho accompagnata con dei tagliolini fatti a mano, in modo da riunire i simboli più importanti e da "ritualizzare" in qualche modo il mio stare in cucina con un gesto ed un tempo molto domestici anche per me.
Le famiglie in questo periodo si dedicano alla pulizia della casa e della persona, all'acquisto di nuovi abiti, alla confessione dei propri peccati, alle cerimonie per scacciare gli spiriti maligni, alla semina di germogli ed alla riaccensione dei fuochi domestici. Processioni di musicanti invadono le strade ed i loro abiti di seta rossa ricordano il sangue di Domuzi, l'antica divinità sumera che veniva uccisa alla fine di ogni anno per rinascere all'inizio dell'anno successivo. Feste e celebrazioni sovvertono i normali ritmi quotidiani, a cominciare dalla vigilia dell'ultimo mercoledì dell'anno per terminare dodici notti dopo l'equinozio (una per ogni cielo astrale).
Uno degli aspetti rituali che più mi ha colpito è che in ogni casa viene esposto sopra un prezioso tappeto il sofreh-ye haft-sinn, un gruppo di sette alimenti simbolici, tutti con l'iniziale "S", che rappresentano i sette araldi angelici della vita. Attorno al sofreh la famiglia si riunisce l'ultima sera dell'anno cantando, pregando, raccontandosi leggende e chiacchierando fino a che, nell'esatto momento dell'equinozio, la persona più anziana da inizio al nuovo anno distribuendo auguri, benedizioni, abbracci... e dolcetti!
I sette alimenti simbolo del nuovo anno sempre presenti sul sofreh sono:
- sabzeh, germogli di grano o di lenticchie che simboleggiano la rinascita
- samanu, una crema dolce sempre di germogli che rappresenta la trasformazione (ed anche la raffinatezza della cucina persiana)
- sib, le mele, segno di salute e di bellezza
- senjed, il dolce frutto essiccato del loto legato all'amore (si dice che quando il loto è in piena fioritura respirarne il profumo faccia innamorare e scordare tutto il resto...)
- seer, l'aglio, che simboleggia la medicina
- somaq, il summac dal colore vermiglio come il sole all'alba, quando la divinità sorge a sconfiggere il male
- serkeh, l'aceto, segno dell'avanzare dell'età, della saggezza... e della pazienza!
A seconda della località e delle tradizioni della singola famiglia vengono anche utilizzati dei bracieri per bruciare erbe sacre come la ruta (il cui fumo tiene lontani gli spiriti malvagi), brocche di acqua di rose per il suo magico potere di pulizia, vasi di narcisi o giacinti per sottolineare il fiorire della vita e della natura, e spesso una coppia di candelieri ai lati di uno specchio con una candela accesa per ogni bimbo della casa, dove le fiammelle augurano felicità e chiarezza e lo specchio riflette le immagini della Creazione, che nella tradizione persiana ha avuto luogo proprio il primo giorno dell'anno.
Sullo stesso vassoio molte famiglie dispongono anche dei dolcetti, solitamente di sette tipi diversi, perchè la leggenda vuole che il Re Jamshid scoprisse lo zucchero proprio di Nowruz (non a caso il termine inglese candy, che descrive caramelle e dolcetti, deriva dal persiano qand, che significa proprio "zucchero"...). Il menù rituale di buon augurio che invece viene servito in tavola, che sia semplicissimo oppure molto raffinato, contiene sempre una zuppa di tagliolini, un piatto a base di pesce ed agrumi, delle erbe aromatiche (sabzi-khordan) ed un mix di frutta secca.
Il pane con formaggio fresco ed erbe è un tris onnipresente sulla tavola iraniana, segno di semplicità e di ospitalità (come il tè), perché per tradizione condividere il pane porta felicità e prosperità. Anche le miscele di frutta secca sono un classico persiano, e quella di Nowruz si chiama ajil-e moshkel gosha, "districatore di difficoltà". E se si esprime un desiderio e questo si avvera si deve distribuire frutta secca a profusione...
La pasta lunga (reshtet) è invece proprio tipica del Capodanno ma la si consuma anche prima di intraprendere una nuova impresa o dopo tre giorni dalla partenza di un congiunto per un viaggio. Gli spaghettini simboleggiano la scelta tra varie strade che la vita ci presenta, quindi ci si augura che, cuocendo la matassa di pasta nella zuppa e dunque sciogliendola in singoli fili, ciò sia di aiuto nello scegliere la giusta via o nel risolvere comunque un problema intricato, come fece Alessandro Magno tagliando il nodo di Gordio.
Il pesce è invece simbolo di vita e portafortuna; segna la fine dell'anno astrale sotto il cielo dei Pesci e nelle regioni lontane dalla costa è considerato comunque un cibo raro e ricercato. Viene spesso preparato con ingredienti acidi, immagino anche per una questione legata alle antiche difficoltà nel garantirne la freschezza.
Lo spezzare il pane, il guizzare del pesce, le uova dipinte, le candele, la famiglia attorno al desco... quanti simboli comuni con la nostra liturgia, anch'essa tanto legata al cibo! E a preparare un'intera cena rituale mi sarei anche divertita tantissimo... peccato non ne abbia avuto il tempo. Ho optato per il solo pesce semplificando una ricetta tradizionale persiana... però al osto del tradizionale riso l'ho accompagnata con dei tagliolini fatti a mano, in modo da riunire i simboli più importanti e da "ritualizzare" in qualche modo il mio stare in cucina con un gesto ed un tempo molto domestici anche per me.
Reshteh-o mahi-e sir-dagh ba narenj - Pesce all'aglio e agrumi, con tagliolini
ingredienti per due persone:
160 gr. di reshteh iraniani o, come qui, di tagliolini all'uovo
2 filetti di pagello (o altro pesce bianco sodo) da circa 120 gr. l'uno
4 spicchi d'aglio
1 bella arancia succosa
1 lime
1 cucchiaio di farina
1/2 cucchiaino di summac
3 cucchiai di olio extravergine
sale
pepe al mulinello
Spremere e filtrare il succo dell'arancia e del lime ben lavati e conservarne le scorze; sbucciare e pestare l'aglio; portare ad ebollizione l'acqua per i tagliolini (i noodle iraniani necessitano di una cottura più lunga rispetto alle nostre ebitudini, regolarsi in base alla confezione per il momento in cui conviene calarli nell'acqua).
Miscelare la farina con il summac ed un pizzico di sale e passarvi i filetti di pesce, in modo che si ricoprano solo di un velo leggero e conservare la farina in eccesso.
Scaldare un cucchiaio di olio in un ampio tegame insieme all'aglio a fuoco medio, quindi deporvi il pesce e lasciar cuocere un minuto per lato, fino a che si è tutto schiarito.
Nel frattempo sciogliere con un frustino la farina rimasta dall'impanatura nel succo di arancia e lime, aromatizzando anche con una macinata di pepe fresco.
Versare il succo nel fondo del pesce, abbassare la fiamma e lasciar cuocere a fuoco delicato per 6 o 7 minuti, in modo che la salsa si addensi; nel frattempo salare l'acqua in ebollizione, unirci una delle mezze scorze del lime e lessarvi i tagliolini in modo da scolarli appena prima del termine di cottura del pesce (se sono pronti qualche minuto prima, condirli con l'olio rimanente eliminando il lime e tenerli in caldo, come ho fatto con i miei, che erano molto sottili e sono stati pronti solo in un paio di minuti).
Regolare la salsa del pesce di sale e pepe, spegnere ed utilizzarne un paio di cucchiai per condire la pasta, insieme anche a un paio di cucchiai di olio se non la si è già scolata e condita prima, quindi arrotolarla con un forchettone e deporla dentro le mezze scorze d'arancia ben pulite.
Deporre nei piatti e servire il pesce con il resto nella salsa accanto alle mezze mezze arance, decorando il tutto con gli spicchi d'aglio che dovanno essere rimasti morbidissimi ed appena dorati.
- rivoli affluenti:
- le notizie storiche, la prime due foto ed una traccia base per la ricetta sono tratte da: Najmieh Khalili Batmanglij, New Food of Life. Ancient Persian and Modern Iranian Cooking and Cerimonies, Mage Publisher
Letto tutot d'un fiato con curiosità! bellissimo scoprire le usanze di altr popoli e religioni e come tutto si leghi al cibo...sempre presente!
RispondiEliminaMa la tua è una passione approfondita o hai origini iraniane?
cmq grazie e complimenti anche per la ricetta che mi piace tantissimo!!!
Ciao ! mi piace fare questi viaggi insieme a te ! Grazie , un bacio . chiara
RispondiEliminaletto con molta calma e gustato fino in fondo è davvero bello e interessante grazie! bello e insolito ma cos'è il summac? grazie! ciao Ely
RispondiElimina@terry: le tradizioni iraniane per questa ricorrenza sono molto più vaste e profonde, è in lmio taglio personale concentrarmi prevalentemente sugli aspetti gastronomici...
RispondiEliminaMi interessava soprattutto il lato simbolico dei vari cibi; anche da noi molti piatti delle feste hanno significati precisi, peccato che ce ne siamo dimenticati molti.
Sono di orgine totalmente italiana (be'... con un pizzico di Svizzera, a dir la verità) ma mi piace moltissimo leggere, viaggiare e chiacchierare con persone dalle tradizioni differenti dalle mie. Ma non devo certo spiegarlo a te, che mi sembri altrettanto aperta nei confronti dello "straniero"...
@chiara: grazie te per tenermi sempre delicata compagnia.
@ely: il summac (nella prima foto "a ore nove") è una spezia ricavatte da delle bacche essicate. Di colore rosso e dal sapore un po' aspro, nella cucina mediorientale si usa spesso per aromatizzare come noi useremmo limone o aceto. La trovi nei negozietti etnici (o a Roma da Castroni, come al solito...)
Bella ricetta: meno complessa di quanto potesse sembrare all'inizio; bel post ed una curiosità: quanti capodanni ti ritrovi mediamente a festeggiare grazie alla tua grande passione per il cibo?
RispondiElimina@virò: di quelli che conosco un pochino mancano il capodanno tailandese a metà aprile e Rosh Hashanah, il capodanno ebraico, che si celebra verso la fine di settembre. Però ne ho saltato anche qualcuno, tipo quello cinese di metà febbraio che in realtà è interessantissimo. Va be', magari questi me li tengo per il prossimo anno...
RispondiEliminaE lo immaginavo che la ricetta ti sarebbe piaciuta...
che misura e che armonia...penso all'eleganza del riccio,( non il libro, solo il titolo!) aculei sì, ma fuori solo fuori! Buon viaggio in questa nuova settimana.
RispondiEliminaSe non avessi la certezza che NON sei napoletana avrei pensato ad un tentativo di festeggiare qualsiasi cosa con la scusa del fatto che ci fossero capodanni differenti in giro per il mondo!! Ahahahahaha :DDDDD
RispondiEliminaScherzo ovviamente. Piacevole lettura di usi e tradizioni a me del tutto sconosciuti così come anche la ricetta...moooolto più abbordabile per me di quello che pensavo all'inizio! Post da metabolizzare direi, soprattutto per il valore simbolico del cibo e per le similitudini con tradizioni a noi più vicine ;)
@iomilanese.laura: mi auguri "buon viaggio"? Ma che, sei un'indovina? Guarda un po' tra poco in che altra avventura mi sono andata a cacciare con questa mia mania del "viaggio con annessa cucina"...
RispondiElimina@gambetto: Diciamo che se non ti interessa una gitarella da Castroni per il summac puoi semplicemente aumentare di poco il lime e ti ritrovi una ricettina "sciuè sciuè"... senza neppure l'ombra di un'alga! Vedi a volte le sorprese della vita...
Adesso che fai mi legge nella mente?!:P
RispondiEliminaAhahahaaha :DD