Questa volta lo dico io, prima che qualcuno ci metta il becco a mia insaputa come successe lo scorso anno: oggi sono due anni che questo blog si è aperto al pubblico. Non trovo in verità sia un'occasione per festeggiare, nonostante un anno fa di questi tempi riflettessi sul valore rasserenante dei rituali e dei piccoli cambiamenti costanti. Questa ricorrenza in questo caso non appartiene a nessun rituale.
Nello stesso periodo l'anno ancora precedente parlavo della terapeutica capacità di reazione a situazioni destabilizzanti attraverso i piccoli passi quotidiani. Questa data specifica mi spinge inevitabilmente a meditare perché per me è stata dalla nascita un momento di levità, prima, da dieci anni a questa parte, costituisse casualmente anche (o invece) un punto fisso nella storia collettiva. Punto di chiusura, punto di partenza e di ri-partenza.
Le conseguenze degli accadimenti americani di dieci anni fa oltre ad incidere tragicamente sulle vite dei protagonisti, hanno cambiato anche molto direttamente la realtà di ciascuno di noi. Per me, ad esempio, è mutato radicalmente il lavoro, che ha a che fare con l'abitare e che ai valori di armonia, gusto, funzionalità e benessere già insiti nel mestiere ha dovuto da allora comprendere anche una accentuatissima valenza rassicurante e protettiva.
La mia vita, come quella di molti, si è trasformata anche dal punto di vista economico, perché tutti i mercati si sono fatti gradualmente da più prudenti a decisamente afflitti, incidendo inizialmente sulle motivazioni ancor più che sul potere d'acquisto e collaborando poi fortemente ad innescare quella spirale che ha modificato e ridotto consumi, stipendi e certezze sul futuro.
Non voglio citare poi le conseguenze politiche, militari, le guerre delle armi e quelle di cultura, il mutato modo per ciascuno di noi di poter pensare allo straniero, al viaggio, alla costruzione di una famiglia, anche solo ai semplici concetti di benessere e serenità. Sarebbe poi ridicolo lamentarsene. Lamentarsi è sempre profondamente inutile.
L'altra sera ho visto un documentario costruito sulle voci che quell'undici settembre sono rimaste incise nelle segreterie telefoniche dei parenti delle vittime, nelle registrazioni degli aerei dirottati, delle squadre di pompieri accorsi dentro le torri o del centralino del servizio di emergenza. Devastante dal punto di vista emotivo. Quasi un lutto personale, se dir così non suonasse in qualche modo blasfemo. E anche di questo dolore orrendo alla fine è giusto parlare ma è inutile lamentarsi.
Perché su diciassettemila persone presenti nelle torri quel giorno solo un quinto non si è potuto salvare. Perché, nonostante la tragedia abbia inciso indirettamente anche su ciascuno di noi, siamo ancora qui e possiamo parlarne. Con le nostre vite mutate, con le nostre paure cresciute e forse in parte domate, con il nostro quotidiano insieme complicato e rassicurante. Con il nostro presente, almeno. E con un passato che negli ultimi dieci anni che ci ha abbondantemente insegnato miliardi di motivi per continuare ad esserci.
Nel mio passato ci sono anche due anni di inatteso rapporto con la rete. C'è un blog nel mio presente. Che questa domenica mattina mi stimola, insieme a mille altre ragioni, a scendere dal letto e buttarmi nella vita. Con la gioia profonda di avercela, in fin dei conti, una vita e di potermela gustare in ogni attimo, nonostante sia incasinata e complessa. Come quella di tutti.
Incasinata e piena. Come quella delle vittime dell'undici settembre, o più di recente del terremoto giapponese, delle rivoluzioni nordafricane, dell'incidente stradale dietro l'angolo di un sabato sera qualsiasi. Come quella dei loro parenti, anche loro oggi presenti, vivi, con un presente da portare avanti ed un futuro da riempire.
In questo senso prendono corpo le passate riflessioni sul coraggio ed il potere della vita vissuta giorno dopo giorno, un passo alla volta, un piccolo sorriso che si somma ad un altro per riprendere confidenza con la parte lieve di noi stessi, quella che sopravvive ad ogni costo, quella che ricorda l'assenza di dolore e vuole caparbiamente riafferrarla. Non la gioia passiva di Leopardi ("uscir di pena è diletto tra noi") ma la pura felicità della consapevolezza della vita.
Piccolo sorriso che oggi è il dono di un cestino di funghi. Da cucinare con amore e sollievo, da condividere, se si può. Da assaporare in ogni sfumatura perché oggi, undici settembre, data simbolo del dolore universale, siamo qui con un anno in più, vivi e incasinati, a ridimensionare i nostri dolori personali, a gustarci il profumo dei funghi e la strabiliante ricchezza di un domani e del suo valore di prospettiva.
Doppia coppia di ceci e porcini con timo e noce moscata
ingredienti per 4-6 primi o per una ventina di fingerfood:
500 gr. di porcini freschi
220 gr. di ceci secchi
1 gambo di sedano
2 spicchi di aglio
3 rametti di timo fresco (o un cucchiaio abbondante di timo secco)
1 pezzetto di alga kombu (facoltativa*)
2 cucchiai di olio extravergine saporito
1 nocina di burro (circa 10 gr.)
noce moscata
sale
pepe nero al mulinello
Mettere a bagno i ceci per una notte in abbondante acqua fredda, sciacquarli poi bene sotto acqua corrente.
Tritare finemente il sedano e stufarlo in una casseruola con mezzo cucchiaio di olio a fuoco basso per un paio di minuti. Nel frattempo portare ad ebollizione circa 1.5 lt. di acqua
Unire i ceci ben scolati ed un rametto di timo, alzare la fiamma e lasciar insaporire un altro paio di minuti.
Versarvi sopra l'acqua bollente ed unirvi l'alga (che non contribuisce al sapore ma serve per evitare antipatiche conseguenze dei legumi sull'intestino...) ed una grattata di noce moscata, quindi lasciar sobbollire semicoperto fino a che i ceci sono morbidi, salando una decina di minuti prima della fine. I miei ci hanno messo un'ora e venti, ma dipende tanto dal tipo di cece e dalla durata dell'ammollo.
Nel frattempo pulire bene i funghi eliminando la terra con un panno umido e grattando con un coltellino, quindi tagliarli a fettine da circa 3 o 4 mm.
Scaldare mezzo cucchiaio di olio con i due spicchi di aglio schiacciati, unirvi i funghi e un rametto e mezzo di timo e saltare a fuoco vivace in modo che i funghi si ammorbidiscano (e, se sono quelli coltivati, rilascino la loro acqua).
Quando i funghi sono morbidi abbassare leggermente la fiamma aggiungere la noce di burro, in modo che si sciolga e contribuisca a dorare i funghi senza bruciare, ed un pizzico di sale. Quando i funghi cominciano a colorare e recuperano una certa consistenza spegnere, spolverare di pepe, eliminare l'aglio e tenere da parte nel loro fondo.
Eliminare l'alga e scolare i ceci conservando il liquido di cottura rimasto, metterne da parte un paio di cucchiaiate per la decorazione e schiacciare grossolanamente il resto, fino ad ottenere una crema compatta ma piuttosto rustica, non una vellutata uniforme, da regolare se serve di sale.
Se si vuole servire come mousse da fingerfood montare velocemente la crema di ceci con una frusta con l'ultimo cucchiaio di olio ed un'abbondante macinata di pepe, suddividere nelle ciotoline e decorare con le fettine di funghi, i ceci interi, qualche goccia del loro fondo, le foglioline di timo tenute da parte e, volendo, ancora un pizzico di pepe.
Se si serve come primo piatto rimettere la crema di ceci sul fuoco allungandola con il liquido di cottura dei ceci fino ad ottenere la consistenza voluta, tenere da parte una manciata di funghi per la decorazione ed incorporare gli altri con il loro fondo ai ceci, scaldando fino alla temperatura desiderata (la crema si può servire sia tiepida che calda).
Dividere la minestra nei piatti individuali e decorare con i funghi e il timo rimasti, una macinata leggera di pepe e qualche goccia di olio a crudo. Volendo un piatto praticamente unico la si può allungare decisamente di più e cuocervi una paio di manciate di ritagli di pasta all'uovo o qualche pugno di riso.
Se si preferisce usare dei ceci in scatola già cotti, ce ne vorranno circa 500 gr. (il peso che raggiungono 220 gr. di ceci secchi una volta cotti). Da rosolare comunque con il sedano e da cuocere poi con meno acqua per una decina di minuti, giusto per insaporirli un pochino prima di ridurli in crema.
Nello stesso periodo l'anno ancora precedente parlavo della terapeutica capacità di reazione a situazioni destabilizzanti attraverso i piccoli passi quotidiani. Questa data specifica mi spinge inevitabilmente a meditare perché per me è stata dalla nascita un momento di levità, prima, da dieci anni a questa parte, costituisse casualmente anche (o invece) un punto fisso nella storia collettiva. Punto di chiusura, punto di partenza e di ri-partenza.
Le conseguenze degli accadimenti americani di dieci anni fa oltre ad incidere tragicamente sulle vite dei protagonisti, hanno cambiato anche molto direttamente la realtà di ciascuno di noi. Per me, ad esempio, è mutato radicalmente il lavoro, che ha a che fare con l'abitare e che ai valori di armonia, gusto, funzionalità e benessere già insiti nel mestiere ha dovuto da allora comprendere anche una accentuatissima valenza rassicurante e protettiva.
La mia vita, come quella di molti, si è trasformata anche dal punto di vista economico, perché tutti i mercati si sono fatti gradualmente da più prudenti a decisamente afflitti, incidendo inizialmente sulle motivazioni ancor più che sul potere d'acquisto e collaborando poi fortemente ad innescare quella spirale che ha modificato e ridotto consumi, stipendi e certezze sul futuro.
Non voglio citare poi le conseguenze politiche, militari, le guerre delle armi e quelle di cultura, il mutato modo per ciascuno di noi di poter pensare allo straniero, al viaggio, alla costruzione di una famiglia, anche solo ai semplici concetti di benessere e serenità. Sarebbe poi ridicolo lamentarsene. Lamentarsi è sempre profondamente inutile.
L'altra sera ho visto un documentario costruito sulle voci che quell'undici settembre sono rimaste incise nelle segreterie telefoniche dei parenti delle vittime, nelle registrazioni degli aerei dirottati, delle squadre di pompieri accorsi dentro le torri o del centralino del servizio di emergenza. Devastante dal punto di vista emotivo. Quasi un lutto personale, se dir così non suonasse in qualche modo blasfemo. E anche di questo dolore orrendo alla fine è giusto parlare ma è inutile lamentarsi.
Perché su diciassettemila persone presenti nelle torri quel giorno solo un quinto non si è potuto salvare. Perché, nonostante la tragedia abbia inciso indirettamente anche su ciascuno di noi, siamo ancora qui e possiamo parlarne. Con le nostre vite mutate, con le nostre paure cresciute e forse in parte domate, con il nostro quotidiano insieme complicato e rassicurante. Con il nostro presente, almeno. E con un passato che negli ultimi dieci anni che ci ha abbondantemente insegnato miliardi di motivi per continuare ad esserci.
Nel mio passato ci sono anche due anni di inatteso rapporto con la rete. C'è un blog nel mio presente. Che questa domenica mattina mi stimola, insieme a mille altre ragioni, a scendere dal letto e buttarmi nella vita. Con la gioia profonda di avercela, in fin dei conti, una vita e di potermela gustare in ogni attimo, nonostante sia incasinata e complessa. Come quella di tutti.
Incasinata e piena. Come quella delle vittime dell'undici settembre, o più di recente del terremoto giapponese, delle rivoluzioni nordafricane, dell'incidente stradale dietro l'angolo di un sabato sera qualsiasi. Come quella dei loro parenti, anche loro oggi presenti, vivi, con un presente da portare avanti ed un futuro da riempire.
In questo senso prendono corpo le passate riflessioni sul coraggio ed il potere della vita vissuta giorno dopo giorno, un passo alla volta, un piccolo sorriso che si somma ad un altro per riprendere confidenza con la parte lieve di noi stessi, quella che sopravvive ad ogni costo, quella che ricorda l'assenza di dolore e vuole caparbiamente riafferrarla. Non la gioia passiva di Leopardi ("uscir di pena è diletto tra noi") ma la pura felicità della consapevolezza della vita.
Piccolo sorriso che oggi è il dono di un cestino di funghi. Da cucinare con amore e sollievo, da condividere, se si può. Da assaporare in ogni sfumatura perché oggi, undici settembre, data simbolo del dolore universale, siamo qui con un anno in più, vivi e incasinati, a ridimensionare i nostri dolori personali, a gustarci il profumo dei funghi e la strabiliante ricchezza di un domani e del suo valore di prospettiva.
Doppia coppia di ceci e porcini con timo e noce moscata
ingredienti per 4-6 primi o per una ventina di fingerfood:
500 gr. di porcini freschi
220 gr. di ceci secchi
1 gambo di sedano
2 spicchi di aglio
3 rametti di timo fresco (o un cucchiaio abbondante di timo secco)
1 pezzetto di alga kombu (facoltativa*)
2 cucchiai di olio extravergine saporito
1 nocina di burro (circa 10 gr.)
noce moscata
sale
pepe nero al mulinello
Mettere a bagno i ceci per una notte in abbondante acqua fredda, sciacquarli poi bene sotto acqua corrente.
Tritare finemente il sedano e stufarlo in una casseruola con mezzo cucchiaio di olio a fuoco basso per un paio di minuti. Nel frattempo portare ad ebollizione circa 1.5 lt. di acqua
Unire i ceci ben scolati ed un rametto di timo, alzare la fiamma e lasciar insaporire un altro paio di minuti.
Versarvi sopra l'acqua bollente ed unirvi l'alga (che non contribuisce al sapore ma serve per evitare antipatiche conseguenze dei legumi sull'intestino...) ed una grattata di noce moscata, quindi lasciar sobbollire semicoperto fino a che i ceci sono morbidi, salando una decina di minuti prima della fine. I miei ci hanno messo un'ora e venti, ma dipende tanto dal tipo di cece e dalla durata dell'ammollo.
Nel frattempo pulire bene i funghi eliminando la terra con un panno umido e grattando con un coltellino, quindi tagliarli a fettine da circa 3 o 4 mm.
Scaldare mezzo cucchiaio di olio con i due spicchi di aglio schiacciati, unirvi i funghi e un rametto e mezzo di timo e saltare a fuoco vivace in modo che i funghi si ammorbidiscano (e, se sono quelli coltivati, rilascino la loro acqua).
Quando i funghi sono morbidi abbassare leggermente la fiamma aggiungere la noce di burro, in modo che si sciolga e contribuisca a dorare i funghi senza bruciare, ed un pizzico di sale. Quando i funghi cominciano a colorare e recuperano una certa consistenza spegnere, spolverare di pepe, eliminare l'aglio e tenere da parte nel loro fondo.
Eliminare l'alga e scolare i ceci conservando il liquido di cottura rimasto, metterne da parte un paio di cucchiaiate per la decorazione e schiacciare grossolanamente il resto, fino ad ottenere una crema compatta ma piuttosto rustica, non una vellutata uniforme, da regolare se serve di sale.
Se si vuole servire come mousse da fingerfood montare velocemente la crema di ceci con una frusta con l'ultimo cucchiaio di olio ed un'abbondante macinata di pepe, suddividere nelle ciotoline e decorare con le fettine di funghi, i ceci interi, qualche goccia del loro fondo, le foglioline di timo tenute da parte e, volendo, ancora un pizzico di pepe.
Se si serve come primo piatto rimettere la crema di ceci sul fuoco allungandola con il liquido di cottura dei ceci fino ad ottenere la consistenza voluta, tenere da parte una manciata di funghi per la decorazione ed incorporare gli altri con il loro fondo ai ceci, scaldando fino alla temperatura desiderata (la crema si può servire sia tiepida che calda).
Dividere la minestra nei piatti individuali e decorare con i funghi e il timo rimasti, una macinata leggera di pepe e qualche goccia di olio a crudo. Volendo un piatto praticamente unico la si può allungare decisamente di più e cuocervi una paio di manciate di ritagli di pasta all'uovo o qualche pugno di riso.
Se si preferisce usare dei ceci in scatola già cotti, ce ne vorranno circa 500 gr. (il peso che raggiungono 220 gr. di ceci secchi una volta cotti). Da rosolare comunque con il sedano e da cuocere poi con meno acqua per una decina di minuti, giusto per insaporirli un pochino prima di ridurli in crema.
- rivoli affluenti:
- Il verso è tratto da: Giacomo Leopardi, La quiete dopo la tempesta, 1829.
Ecco: con questo post epicureo mi hai rubato la possibilità di fare la spia ma tanto gli auguri te li faccio lo stesso...
RispondiEliminaBUON COMPLEANNO!!!
A te ed al blog of course...
Che belle le tue parole, come al solito riesci a non essere mai banale.
RispondiEliminaUn bacione, e...mille di questi blog :-)
ho appena finito di scrivere una mail in cui racconto di una cosa che ci è capitata in queste vacanze, che sarà fra i ricordi più belli che ci porteremo dietro, negli anni a venire, e che mai avremmo fatto, se non fossimo stati in un momento in cui la precarietà della vita si fa sentire. e ho concluso, dicendo che bisognerebbe ricordarsi di vivere ogni giorno in modo pieno, con la consapevolezza delle ore e dei minuti che ci venogno donati e che di solito sprechiamo o, peggio, avveleniamo con preoccupazionom stress e tutto quanto fa "logorìo della vita moderna"
RispondiEliminaPoi passo di qui e leggo questo post :-)
E il resto, te lo lascio immaginare
tutti gli auguri di questo mondo
ale
stella, ma che è casualmente anche il tuo compleanno, al mondo non lo diciamo????? buon compleanno! buon compliblog! buon tutto!
RispondiEliminaCon consapevolezza e leggerezza auguri al blog a te e alla tua vita!
RispondiEliminaciao loredana
Tantissimi auguri nonostante tutti i problemi che la vita ci dà, tanti auguri a te e a tutti noi solo per il semplice motivo di esistere.
RispondiEliminaCiao.
Auguri, cara!
RispondiEliminaPer te, con un abbraccio grande e sincero!
Per il tuo blog, che è un'oasi di pacatezza e di buongusto, di intelligenza e di cultura. Per tutte le donne, che nel mondo, quotidianamente, affrontano difficoltà enormi, con coraggio e dignità.
Per quelli che ricominciano, con tenacia, ogni giorno, e sanno trovare lo spazio per un piccolo sorriso!
@virò: vedo che ti ho battuto sul tempo di poco, però!
RispondiElimina@arabafelice: inutile sottolineare come una consapevole gioia del vivere sia il principio base del TUO blog...
@alessandra: appunto. Che altro c'è da immaginare o da dire?!
@loredana: riuscire a restare un pochino lievi sopra le difficoltà è davvero un dono (o una conquista) da tenere prezioso.
@annamaria: "auguri a tutti noi per il semplice motivo di esistere". Non potevi dirlo meglio.
@babs: tana!
@patrizia: probabilmente il mio blog sembra un'oasi solo perchè ho un pochino di tempo per dedicarmici, a differenza di moltissime altre persone, anche più intelligenti e pacate, che impegnano ogni loro respiro a risolvere emergenze più impegnative delle mie.
Ieri eravamo in un gruppo di amici gastrofanatici (il motto del gruppo potrebbe essere "mangia-e-chiacchera") e ci siamo ricordati del tuo compleanno. Volevamo telefonarti, tutti assieme, ma nessuno aveva il numero.
RispondiEliminaAllora per parte mia: A-U-G-U-R-I !!!!!!!!
E ancora, ancora, ancora: AUGURI !
@corradoT: ma grazie! Come si dice "grazie" in fiorentino?!
RispondiEliminaIntanto auguri anche da parte mia.
RispondiEliminaPoi scusandomi per l'intromissione, ma non riesco ad inviare mail da dove sono (anche se le ricevo). Per me va benissimo la domenica. Ti sarò più preciso appena posso comunicare decentemente.
ciao
@enrico: non ti preoccupare, ne parliamo dopo il 16. E grazie per gli auguri.
RispondiElimina